Sì, i Fantastici Quattro li ha creati Jack Kirby (anni prima dei Fantastici Quattro)
E se Jack Kirby avesse già scritto le origini dei Fantastici Quattro anni prima della nascita dei Fantastici Quattro? Ok, ora togliamo quel periodo ipotetico, perché questo non è un What If...? e Kirby lo ha fatto davvero: nella sua run per la DC Comics dei Challengers of the Unknown, nella seconda metà degli anni 50, il Re aveva già tracciato il destino di Reed Richards e compagni. Immaginandone perfino i poteri e le origini spaziali di questi ultimi [...]
Tutti gli appassionati di fumetto americano sanno che figure come quelle di Jack Kirby e Steve Ditko furono così centrali nella nascita del Marvel Universe perché non erano dei semplici disegnatori che davano corpo alle idee di Stan Lee. Erano co-creatori che nella genesi di quei personaggi ci hanno messo tantissimo. A volte anche quasi tutto.
Tanto che, semmai, negli ultimi anni il discorso si è ribaltato, e si cerca di capire di caso in caso cosa sia stato effettivamente farina del sacco di Stan Lee.
Il Metodo Marvel inventato da Lee per portare avanti tante serie contemporaneamente faceva sì che lui abbozzasse uno striminzito soggetto per ogni numero, a volte raccontandolo semplicemente a voce. Il disegnatore creava a quel punto tutto il resto, dando corpo alla storia e ai suoi snodi. Nell'ultimo passaggio, a disegni già completati, Lee aggiungeva dialoghi e didascalie.
Ora, è indubbio che il segreto del boom dei primi eroi Marvel era quel mix dirompente di storie e personaggi efficaci. Difficile dire, in altre parole, quanto quel successo si sarebbe ottenuto senza la novità dei super-eroi con super-problemi introdotta da Lee, senza quel nuovo tipo di caratterizzazione dei personaggi in costume.
Ciò non toglie però che a creare lo Spider-Man che conosciamo non era stato il solo Lee ma anche e soprattutto Steve Ditko (ne abbiamo parlato qui e qui), o che l'idea dei Fantastici Quattro poggiasse su storie già portate su carta dal solo Jack Kirby diversi anni prima.
Anche qui: è universalmente noto che nei Fantastici Quattro Kirby riversò delle idee che aveva coltivato tempo prima, come autore completo, nel suo ciclo dei Challengers of the Unknown per la DC Comics.
Quanto fosse, se non tutto, già scritto almeno in gran parte in quelle storie dei Challengers of the Unknown lo si può appurare però solo rileggendole.
Apparentemente, le somiglianze si fermano al fatto che protagonisti dei due fumetti sono due quartetti di avventurieri. Apparsi per la prima volta sulle pagine di Showcase 6, nel febbraio del 1957, i Challengers of the Unknown erano quattro tizi spericolati (tutti maschi), ciascuno specializzato in un certo campo, che si ritrovavano assieme per caso e decidevano di affrontare - appunto - le sfide dell'ignoto. Vale a dire una serie di minacce tra l'alieno e il paranormale.
I quattro erano il campione di lotta olimpica Rocky Davis, l'esperto di immersioni Professor Haley, lo scavezzacollo Red Ryan (che sin dalla prima copertina ripete il suo "Great Scott!", come un Doc Brown ante litteram) e il pilota di aerei Ace Morgan.
I quattro non si incontrano per caso, ma per lo schianto di un aereo che li stava portando a un programma radiofonico a cui erano stati invitati:
E se il "Siamo sopravvissuti? Ma allora mettiamoci insieme e viviamo tante avventure" sembra in effetti un incipit piuttosto spiccio, tipico delle storie dell'epoca, va ricordato che con i Fantastici Quattro, qualche anno dopo, andrà grosso modo nella stessa maniera.
Dopo qualche mese, a Kirby si affianca lo sceneggiatore Dave Wood (che secondo alcune fonti avrebbe contribuito a creare i personaggi. Secondo altre, il ruolo spetterebbe al socio storico di Kirby, Joe Simon). Quel che è certo è che dopo qualche apparizione su Showcase i Challengers ottengono un loro mensile, e Kirby resta a curarne le storie fino all'estate del 1959.
Nei numeri successivi di Showcase, e poi sulla loro testata personale, i Challengers of the Unknown vivono avventure figlie di quegli anni: insidiosi alieni nascosti sul nostro pianeta (prove generali per gli Skrull che affronteranno i Fantastici Quattro), robot fuori controllo, mostri provenienti dagli abissi o dal sottosuolo, viaggi nel tempo...
Finché non arriviamo al terzo numero di Challengers of the Unknown, data di copertina settembre 1958. E lì, beh, Kirby getta le basi di molto altro per i suoi Fantastic Four.
Lo spiegone di copertina qui sopra è già sufficientemente chiaro di suo, ma a ogni modo: in questa storia, Rocky, uno dei membri del quartetto, affronta un volo sperimentale nello spazio con dei componenti chimici provenienti dal cosmo e il suo corpo viene trasformato.
Prego notare la ragazza bionda in copertina: si chiama June Robbins ed è di fatto il quinto membro dei Challengers, visto che li affianca in molte avventure.
Nella storia, Rocky viene estratto a sorte per la missione e si fa il giro nello spazio con i misteriosi componenti chimici. Quando torna sulla terra, privo dei ricordi, Rocky - non c'è bisogno di ricordarvi che vuol dire "roccioso" - è in grado di usare diversi poteri, come scagliare fiamme (oltre che neve o lampi) dalle mani, diventare gigante e perfino invisibile. Vi dice niente?
Il numero era interamente scritto e disegnato da Jack Kirby, e alla nascita ufficiale del Marvel Universe odierno, cioè all'uscita di Fantastic Four 1 (agosto 1961), mancavano ancora tre anni.
GLI ALTRI POST DI STORIA DEL FUMETTO
La figura di Stan Lee, il suo essere L'Uomo, il suo ruolo nella creazione dei vari personaggi della Marvel... è interessante che più passa il tempo più alcune cose vengano messe in dubbio, e da un certo punto di vista è anche un po' triste pensare a tutto il tempo in cui i co-creatori, e in alcuni casi i veri autori, siano stati messi in qualche modo in ombra da questa figura mitologica onnipotente e onnipresente. Non per sminuire l'importanza e il ruolo centrale del Sorridente, eh...
RispondiEliminaIl buon vecchio Stan e' stato un gran furbacchione, certe volte.
RispondiEliminaCome Bob Kane, tanto per citare un altro furbastro.
Ed erano altri tempi, sicuramente.
Grossomodo facevi il tuo lavoro, tendevi a fidarti della gente con cui lavoravi e confidavi nella loro onesta' senza badare troppo alla paga o ad altre cose.
Tipo le ferie.
Oggi sono le prime cose che uno chiede, quando viene assunto.
Una volta non osavi.
Erano altri tempi, ribadisco.
C'era la mentalita' salariale, e non ci si curava di diritti di sfruttamento, proprieta' intellettuali e altri cavilli.
Logico che chi era un attimino piu' sgamato su certe cose la faceva comodamente franca e in barba a tutti.
Pero' e' davvero triste, per non dire squallido.
Quasi quanto la riabilitazione postuma nei confronti di chi non c'e' piu', che puzza di grossissima presa per i fondelli. E di patetico quanto malriuscito tentativo di lavarsi la coscienza.
Da come la vedo io, la torta era abbastanza grande da esserci spazio (e guadagno) per tutti.
Ma come sempre, l'avidita' prende il sopravvento.
McFarlane, nei suoi eccessi, ha comunque contribuito a sollevare il polverone su una realta' editoriale che era di fatto rimasta piu' o meno immutata dai tempi della sua realizzazione.
Poi come sempre si e' passati da un estremo all'altro. Dal lavoratore sfruttato e sottopagato alla superstar viziata ed esosa.
Mai una via di mezzo, oh.
Momento PDF: il Professor Haley non era uno sciatore, ma un sommozzatore. Ed ora, come Milord, posso dire: il mio lavoro qui è finito! Scott
RispondiEliminaGiustissimo dare a Kirby e Ditko (e poi a Johnny Romita) il ruolo che hanno realmente avuto e che per troppo tempo è stato a loro negato. Ma senza Stan Lee Spider-Man e i Fantastici Quattro sarebbero stati fumetti rivoluzionari? Avrebbero lasciato un segno nella storia del fumetto mondiale?
RispondiElimina"Ora, è indubbio che il segreto del boom dei primi eroi Marvel era quel mix dirompente di storie e personaggi efficaci. Difficile dire, in altre parole, quanto quel successo si sarebbe ottenuto senza la novità dei super-eroi con super-problemi introdotta da Lee, senza quel nuovo tipo di caratterizzazione dei personaggi in costume."
EliminaE grazie! Ma proprio su questo volevo sentire un tuo parere più sbilanciato ;) per conto mio Stan Lee è stato FONDAMENTALE nel processo di creazione, non solo in quello di supervisione.
EliminaAlla fin fine da quello che leggo, il ruolo di Stan Lee mi sembra accostabile a quello, per esempio, di Sergio Bonelli: grande capo che tira le fila della casa editrice (e ci mette la faccia, prendendosi onori e pernacchie) e che coordina un team di sceneggiatori e disegnatori che si occupano di inventare personaggi e storie, dando indicazioni e correggendo il tiro qua e là per rimanere nei binari della linea editoriale e del tipo di storie che vuole vengano raccontate: ruolo importantissimo e tutt'altro che semplice.
RispondiEliminaPerò, rispetto a Lee, il nostro Sergione mi sembra sia stato più corretto: nessuno ha dubbi sul fatto che Dylan Dog sia un personaggio di Sclavi, o che Nathan Never sia di Medda-Serra-Vigna con volto e impermeabile ideati da Castellini, così come è scritto nero su bianco sulle pagine di Alfacom che il passaggio dal taglio cyberpunk a storie di fantascienza più classiche, o il trasferimento di Nicola Mari da DyD a NN, siano state esplicite direttive di Sergio Bonelli (una delle due da me apprezzatissima, l'altra... insomma :D ).
Il ruolo di ognuno è chiaro: se si fossero comportati come in Marvel o DC magari oggi penseremmo che era tutto farina del sacco di Sergio Bonelli e i meriti degli altri sarebbero saltati fuori un po' alla volta, con disegnatori e sceneggiatori in pensione o, peggio, al cimitero.
Erano altri tempi, per fortuna oggi non si fa più così. Però alla fine questo sistema rischia di offuscare la memoria di un professionista come Lee, i cui meriti restano enormi ed indiscussi anche tributando il giusto onore alle giuste persone...
Capuleius
Stan aveva un ego grande come Galactus, ma una volta soddisfatto quello non ha mai nascosto (semmai ridimensionato) i ruoli e i meriti di disegnatori e, più tardi, autori. I nomi erano lì, il "metodo Marvel" era cosa nota, il Bullpen: la Marvel era un team, seppure con un leader molto ingombrante. Non si può paragonare Stan Lee a Bob Kane, il quale ha tenuto nascosti i nomi dei suoi collaboratori per convenienza per decenni e ha completamente negato a Bill Finger qualsiasi riconoscimento, senza contare le continue prove di copiature e di appropriamento di altrui lavoro che vengono costantemente reperite. Un disegnatore (credo Sprang, ma poteva essre Moldoff) ha raccontato di aver dovuto tracciare le matite (invisibili) su dei poster che poi Kane avrebbe ripassato a pennarello davanti a un pubblico fingendo di disegnare all'impronta, e questa era prassi comune per lui, per dire. Stan Lee poteva essere poco simpatico e magari non sarà stato sempre equo con i suoi principali collaboratori, ma non ha mai negato il ruolo di tutti i suoi collaboratori nel costruire l'universo Marvel (la cui creazione attribuirei comunque a lui, senza se e senza ma).
RispondiEliminaSergione era un'altra pasta d'uomo, ma il suo ruolo era comunque diverso, e non avrebbe potuto reclamare la paternità dei personaggi della sua casa editrice neppure volendo, e per dirla tutta era anche contrario al concetto di un universo condiviso alla base della fortuna della Marvel. Tuttavia sì, è quanto di più vicino l'Italia abbia avuto a uno Stan Lee.
la cosa che ho sempre trovato coinvolgente dei F4 è il fatto che fossero una famiglia. Per me è quello che aggancia il lettore ancora adesso.
RispondiEliminaCiao vorrei iscrivermi alle newsletters è possibile? grazie.
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