I Manga e le ragioni del loro successo: perché piacciono così tanto

Manga ragioni successo

Si sono ritagliati da qualche anno interi reparti nelle librerie di varia. Fanno capolino spesso e volentieri nella classifica settimanale dei dieci libri più venduti in Italia. Hanno scomodato i pezzi grossi dell'editoria nostrana. Sono, con il loro inseparabile gemello (le trasposizioni anime), una fetta fondamentale dell'entertainment di ragazzi e ragazze di oggi, e non solo. Ma perché i manga piacciono così tanto? E, facciamola difficile, cosa può imparare dal loro successo il fumetto occidentale, e in particolare quello italiano? [...]

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Quelle che seguono, ovviamente, sono solo le tue considerazioni sul boom definitivo di un fenomeno - l'avvento dei manga in Italia - di cui hai assistito come tanti sia ai primi vagiti, sia alla fase di energica esplosione adolescenziale (come raccontato qui). 

Il gigantesco boom vissuto dal fumetto e dagli anime giapponesi nell'ultimo paio d'anni non è evidentemente un salto quantico improvviso, ma il completamento di un percorso di crescita che ha interessato, oltre all'Italia, praticamente tutto il mondo Occidentale a partire dagli anni 90. 

Che però un cambio di passo ci sia stato, soprattutto in termini di presenza e percezione del fenomeno, è evidente.

Hanno contribuito le piattaforme di streaming e la grande disponibilità di serie anime nuove e vecchie, certo, ma il risultato è che se in questo momento vi recate in una libreria qualsiasi della vostra città, ci troverete una parete infinita con le intere run di decine e decine di manga, storici e ancora in corso, e a corredo un manipolo di ragazzi intenti a spulciarli. 

Il che ci riporta, appunto, alla domanda di partenza: perché i manga spopolano? Proviamo ad analizzare un po' di probabili concause? Dai.

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1) UN INVESTIMENTO EMOTIVO APPAGANTE

In quanto limitato generalmente nel tempo e "completo". Se scopri un manga, o vuoi leggere un altro fumetto di un autore che ti piace, devi recuperare un tot di volumi. Quale che sia il numero di albi in questione, sarà tutto lì. Quella storia, quei personaggi, quel mondo. 

Se invece, attraverso un film, scopri Spider-Man e ne vuoi leggere le storie a fumetti, da dove devi partire? Come? Al di là dei singoli volumi, recuperare oltre sessant'anni di vita editoriale è molto difficile, facciamo pure virtualmente impossibile agli occhi di chi s'interessi all'improvviso alla cosa. 

Un manga è invece un'esperienza di per sè fatta e finita, con una sua closure - sempre in linea generale - soddisfacente. 

Un finale che, salvo i casi noti che conosciamo, prima o poi arriva e chiude non solo quella storia, ma quel capitolo nella vita di un lettore. Non si va avanti all'infinito, reinventando la ruota con nuovi autori e colpi di scena che alterino lo status quo solo per un breve periodo, come invece accade in molti fumetti occidentali.

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2) UN LINGUAGGIO IMMEDIATAMENTE ACCESSIBILE

Fanno sorridere, con il senno di poi, i dubbi che gli editori italiani avevano sul senso di lettura alla giapponese, da destra a sinistra, arrivato anche da noi solo con Dragon Ball a metà anni 90. Perché oggi la forma e la struttura di un manga sono un linguaggio immediatamente riconoscibile per migliaia e migliaia di ragazzi.

Ma andando al di là della forma e passando ai contenuti, la suddivisione originale del mercato manga in target prima che in generi, con dei pubblici ben definiti (e nello shonen il perenne tentativo di trovare un nuovo Dragon Ball o One Piece) ha dato vita a dei format narrativi ben distinti. Se parli di un "fumetto occidentale sul wrestling" può essere di tutto.

Se dici che Slam Dunk è uno spokon manga sul basket, per chiunque abbia mai letto uno spokon non devi aggiungere altro.  

Il fatto che gran parte dei manga sia il frutto del lavoro di un autore unico (con uno stuolo di assistenti) è un altro assist all'accessibilità: sai, grosso modo, cosa aspettarti da un nuovo manga di Naoki Urasawa. Cioè, al di là del fatto che sarà un nuovo, dannatissimo capolavoro.

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3) LE IDEE VINCENTI IN PARTENZA

Quando comprate un manga, quello che leggete non ha convinto in Giappone solo un editor o un caporedattore, e non è solo una formula di successo (come, dicevamo, ad esempio quella degli shonen a base di combattimenti) replicata all'infinito, ma è molto spesso il frutto di una selezione feroce.

Per continuare la loro pubblicazione originale in capitoli su un magazine, molti manga, come gli shonen della più grande rivista del settore - e occasionalmente anche quelli pubblicati altrove - devono sopravvivere al meccanismo dei sondaggi tra i lettori. Solo ciò che piace va avanti, settimana dopo settimana, e il resto scompare. 

Questo comporta inevitabilmente che uno di quei manga non può permettersi una partenza lenta: deve andare a cannone da subito. 

Se vi siete mai chiesti come mai tanti manga partano da un'idea così avvincente, e due righe di sinossi bastino spesso a incuriosirvi, beh, ora lo sapete.

Aggiungiamo a questo il fatto che gli editori italiani pescano (o cercano di pescare) prevalentemente tra i manga che hanno già avuto successo in Giappone, se completi, o che lo stanno avendo ora, se in corso di pubblicazione. Vuol dire che da noi la corrente porta soprattutto delle super-carpe koi allevate per vincere. 

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4) IL CIRCOLO VIRTUOSO

Un manga, in Giappone, non è un prodotto culturale a sé, un qualcosa da cui poi, solo eventualmente, nascerà una trasposizione in un altro media. I manga sono parte integrante e fondamentale di un ecosistema, quello dell'entertainment nipponico, in cui tutto opera in sinergia.

Si trasforma un fumetto in un anime quando ancora il manga è in corso di pubblicazione (a volte viceversa), e si esplodono brand e personaggi in una miriade di prodotti derivati, dai romanzi ai videogiochi. Ma in tutte quelle declinazioni dell'idea originale, i personaggi sono sempre identici a sé stessi e perfettamente riconoscibili. Può cambiare qualche tratto del loro carattere, ma c'è sempre una coerenza stilistica ferrea.

Goku è sempre Goku, su qualsiasi supporto. E lo stesso vale per Monkey D. Luffy, Saitama, Giorno Giovanna, Hanamichi Sakuragi e tutti gli altri.

Tornando all'esempio di Spider-Man usato prima: quanti Peter Parker diversi ci sono nei fumetti? Uno per ogni disegnatore che si è cimentato con il personaggio, vale a dire centinaia. E nei film? Nelle serie animate? Nei giochi? 

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5) UN PIZZICO DI FOMO

O, che è poi la stessa cosa, tanta voglia di seguire ciò che va forte, piace agli altri. E i manga sono LA lettura dei ragazzi di oggi, esattamente come per noialtri semianziani lo era, ai tempi delle superiori o delle medie, il Dylan Dog degli anni 90. 

Provate a intavolare una conversazione con un under 20. Se vi piacciono i fumetti, avrete buone probabilità di trovare un terreno di discussione comune parlando di manga. Magari leggerete entrambi Chainsaw Man, Tokyo Revengers o Demon Slayer. Anche perché i manga hanno questa cosa di esser leggibili, indipendentemente dal target iniziale, a qualsiasi età.

Ora, tornando alla conversazione di cui sopra, riprovateci parlando di musica. Buona fortuna.

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6) PRESENZA FISICA E SOCIAL

Lo dicevamo all'inizio. I manga sono ovunque. Non solo hanno preso d'assalto le librerie e le classifiche di varia, le stazioni della metropolitana o le strade - per esempio con le domination di Star Comics, lo scorso anno, nella metro di Milano e durante il Comicon di Napoli - ma hanno raggiunto l'ambito status di sinonimo di "passatempo giovane", esattamente come i videogiochi.

Se fate un giro all'Ikea, scoprirete che le camerette per ragazzi ora hanno due temi: a) antri bui da gamer con lucette e tavoli sagomati, b) anime/manga (con tanto di quadretti di Ponyo dello Studio Ghibli).

È un tema vincente perché funziona non solo per il target principale che si mira a raggiungere, ma anche per un'intera generazione di quaratenni e trentenni che con gli anime ci è cresciuta, e si trova oggi a galleggiare in un eterno riflusso di nostalgia. Ma con il potere d'acquisto di chi ha un lavoro.

E allora sui social manga e anime classici hanno una presenza costante, e si moltiplicano pure qui - in Giappone è già così da decenni: basti guardare al mercato dei pachinko -  collezioni e iniziative che strizzano l'occhio agli stessi, come quella proposta da Max Mara qualche mese fa. Se vi è capitato di guardarne le vetrine in quel periodo, o se avete visto passarvi davanti un tram con il volto di Oscar François de Jarjayes, sapete.

Quanto alla presenza fisica nelle librerie, alimentata da un flusso continuo di ristampe da parte di Panini, Star, JPop e gli altri editori attivi nel settore manga, significa banalmente anche che recuperare i classici o tutti gli arretrati di un best seller attuale è molto facile.

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COME SI APPLICA TUTTO QUESTO AL FUMETTO OCCIDENTALE?

O più che altro, si applica? È possibile? Bella/e domanda/e. Se andiamo a vedere quali sono gli autori o il tipo di pubblicazioni a fumetti italiani che leggono i fruitori - anche quelli molto giovani - di manga, troviamo però delle indicazioni concrete.

Il successo di Zerocalcare, Sio, Mirka Andolfo, Giacomo Bevilacqua e tanti altri è, prima di ogni altra cosa, oltre che del loro talento e della loro bravura, frutto di stile, contenuti e tematiche ben distinti e immediatamente riconducibili a quegli autori e autrici. 

Vanno forte gli autori unici, e i volumi completi e più in generale i progetti finiti, non infiniti, anche perché - appunto - c'è un pubblico enorme che non è abituato al concetto di serialità perpetua, priva di un approdo all'orizzonte, per quanto lontano.

Restano pertanto alcuni tratti apparentemente inconciliabili con il formato, il ricambio continuo di autori e il tipo di mercato che realtà storiche hanno costruito in decenni. Vale per le edicole e Bonelli quanto per le fumetterie popolate da Marvel e DC.

Gigaciao

Eppure qualcosa si muove: per scelta o necessità (da noi la triste moria delle edicole), il fumetto occidentale si è accodato a quello che i francesi fanno da una vita, scoprendo le librerie, puntando su volumi e miniserie. Si salta il passaggio della grande diffusione di base, che è proprio quello che alimenta il mercato dei manga con le riviste, prima dell'arrivo su tankobon, ma lo scenario è complesso e i problemi non di facile soluzione.

Ci sono realtà nuovissime come la Gigaciao messa in piedi da Sio, Dado, Fraffrog e Keison, che è una casa editrice e uno studio creativo e grafico, e ha già prodotto un corto animato da sei minuti con tanto di Freezer con la voce del doppiatore di Freezer (Federico Zanandrea). C'è il successo internazionale di Strappare lungo i bordi o di Sweet Paprika.

E proprio per questo, di fondo, vale sempre il concetto che le idee forti non funzionano solo per i manga, ma per qualsiasi tipo di storia, in qualunque modo la si racconti. Sono quelle ad aver portato al successo molti nostri autori e alla base di tutti i fenomeni editoriali. 

Perciò magari, prima di ogni altra cosa, prima dei discorsi sul formato e sulla distribuzione, al fumetto - anche occidentale - servono buone storie, mi suggerisce il maresciallo de La Palice. Quelle, non sempre ma molto spesso, funzionano.

Voi cosa ne pensate?


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Commenti

  1. Analisi lucida, come sempre.
    Personalmente però ritengo che il fenomeno dei manga in Italia abbia già iniziato la sua fase di declino - almeno sul fronte dei canali tradizionali a cui noi vecchie ciabatte siamo abituati.
    La moria delle edicole e la progressiva transizione verso le librerie in settori specializzati e - soprattutto - la lettura online hanno un peso non indifferente in questo processo.
    Parlo per me: ho smesso da tempo di leggere manga. I motivi sono, oltre a quelli sopra descritti, la mancanza di spazio in casa e la sempre minore voglia di imbarcarmi in una serie di cui difficilmente vedrò la conclusione (quante sono le testate proposte negli ultimi cinque anni dai localizzatori italiani che sono terminate in madrepatria? Poche, troppo poche).
    Nel contempo osservo mia figlia sedicenne che ha un concetto di fruizione del contenuto totalmente diverso dal mio e che spazia dalla (saltuaria) lettura dei volumetti fisici al recupero delle scan su siti più o meno legali (coff coff) alla visione dell'anime su crunchyroll o similari o all'occasionale acquisto del libro di illustrazioni.
    Vista da fuori mi sembra più una esperienza mordi e fuggi, tipica della sua generazione, senza che io percepisca una fidelizzazione verso un determinato autore o un genere.
    E ovviamente dei manga che segue lei non ne conosco uno.
    Non so, ormai mi sembra di essere un pesce fuor d'acqua.

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  2. Il problema della "serialità infinita" è la ragione che mi ha tenuto lontano dal fumetto americano e che mi rende difficile approcciare una serie tv se non ho la certezza che abbia un finale degno di questo nome. I manga possono durare anche decenni ma tolte le eccezioni a quel finale ci arrivano sempre (per gli anime il discorso è più complesso perché non tutte le trasposizioni vanno a buon fine).
    L'esempio del Doc lo ritrovo interagendo con un mio parente che va ancora al liceo: finché c'è da parlare di anime e manga è facile intavolare un discorso, coi videogiochi faccio fatica ma me la cavo mentre se provo a parlare di musica è come se fossimo nati in ere geologhiche diverse.

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  3. Doc, seguo da tanti anni il mondo manga, diciamo che sono cresciuto in adolescenza con i big three (bleach, naruto e one piece) che erano in pieno spolvero, fine '00 inizio '10. E' stato un periodo di svolta, con le scan che iniziavano ad arrivare online (ok, c'erano gia prima ma non in maniera cosi popolare) e i forum a tema (anche io ne gestivo uno).
    La tua analisi è stra interessante, il mondo del fumetto occidentale marvel e dc presenta, per me che sono cresciuto con autori e storie strettamente connesse tra di loro, il problema di non essere affatto "seguibile" da un punto di vista narrativo.
    Cosa che non avviene con i fumetti occidentali da te citati (ma pensiamo anche alle grandi graphic novel, da sandman a il corvo che tuttora continuano a funzionare per il suddetto motivo).
    Il mercato giapponese è una chimera, e questo da molti punti di vista (non tutti) aiuta a far emergere storie interessanti e, qualche volta, innovative. In ogni caso, come concludi tu, emergono storie e situazioni che funzionano.
    Comunque proprio questo natale parlavo con un ragazzino di 10 anni di Naruto e Demon Slayer, anime che conosco bene, nonostante i quasi 20 anni di differenza tra me e lui. Cose impensabili anche solo 10 anni fa

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  4. Ecco, bellissimo, non fa una piega chiaramente, ma in tutto questo sembra esserci un de profundis per il fumetto USA.
    Come se ne viene fuori?
    (Non contando nemmeno che le ultime storie Marvel e DC sono a dir poco imbarazzanti)

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    1. Il problema, più che del fumetto USA (che di cose interessanti continua a sfornarne) sembra essere proprio di Marvel e DC. Una delle ragioni principali, e non sono io a dirlo, è che - fatti salvi alcuni contratti di esclusiva - la maggior parte degli autori brillanti della nuova generazione preferisce portare altrove le sue storie (Image, Dark Horse, ovunque) per conservarne i diritti e sperare di diventare il nuovo Kirkman con una serie TV.

      Le piattaforme sono a caccia di idee, è un business enorme e tutti ne vogliono una fetta. E le idee migliori finiscono altrove. E per quanto meraviglioso sia il tratto di tanti artisti che lavorano oggi per le due major del fumetto USA, senza una buona storia è difficile sfornare tanti capolavori.

      Sono i miei gusti, e quindi a livello globale non conta niente, ma per amor di discussione: se penso ai migliori fumetti super-eroistici che ho letto negli ultimi cinque anni, solo una manciata erano Marvel o DC. Paradossale, per quanti ne buttano fuori ogni mese, no?

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    2. Ottima analisi! Aggiungo che, a mio modo di vedere, il primo passo in Marvel (ma anche in DC) verso il decadimento della qualità media fu la rinuncia al concetto di continuity, che era certo di difficile gestione, ma che ti permetteva di entrare in un mondo in qualche misura coerente. Per creare buone storie non serve reinventarsi la ruota ogni volta, serve essere in grado di scrivere buone storie. Come fai a continuare a leggere storie dove un Hulk dà un pugno ad un Osservatore o dove Peter Parker non è più sposato con Mary Jane? Come puoi riconoscere/riconoscerti nei personaggi? Anche prima dei manga, se volevi storie "chiuse" ti potevi rivolgere al mercato BD francese o alle diverse produzioni italiane e non (che certo non avevano ampia diffusione, ma esistevano), se volevi un fumetto seriale lo facevi per entrare in un "mondo" che ti dava un senso di vastità e complessità, che ti fidelizzava, ma che ovviamente era perlopiù coerente con sé stesso. Ecco, senza tale coerenza (fornita dalla continuity), quale sarebbe la ragione per rivolgersi ad un fumetto seriale?

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    3. Caro Wendell, la continuity che tu invochi è bella, ma si è dimostrata irrealizzabile. Nessuna storia può proseguire all'infinito e mantenere coerenza e leggibilità: per far questo è necessario che il personaggio evolva (e quindi si sposi, invecchi, muoia...) portando come è logico a una conclusione e quindi a una saga finita nel tempo oppure inevitabilmente l'amata continuity è destinata a collassare su sé stessa a suon di retcon e reboot. Se poi invece di un personaggio ne abbiamo a dozzine coesistenti in un universo "coeso" e magari dozzine di autori che si alternano ognuno con la propria visione e le proprie storie da raccontare, il collasso è dietro l'angolo. La Marvel se l'è tirata per anni perché è partita subito con un unico universo, un'unica supervisione e con 30 anni di ritardo rispetto alla DC, ma alle soglie degli anni duemila, con 40 anni di storia alle spalle (gli stessi che separavano il Superman di Siegel e Shuster da quello che faceva lo speaker alla TV), l'universo Marvel ha iniziato a sconquassarsi e - in termini di coerenza - non si è più ripreso. Così come quello DC, tra l'altro. È semplicemente impossibile. Non credo che il paradigma Manga sia applicabile al fumetto USA, ma penso che con le modalità di fruizione attuale sia il concetto di fumetto seriale a dover essere abbandonato. Superman, Batman, Spider-Man, gli X-Men ormai sono icone, come Zorro, Tarzan, Sherlock Holmes, e come tali andrebbero trattati. Non è sempre necessario (anche se è divertente farlo, grazie Steven Moffat) fare un reboot per scrivere delle belle storie di Sherlock Holmes. Perché non scrivere delle maxi-serie sullo Spider-Man di Conway e Romita, o sul Batman di Neal Adams o sul Superman (abortito) di Mark Waid, o i Fantastici 4 di Byrne ambientati nei rispettivi anni? Perché continuare a lanciare serie dal numero 1vol38 e riempastare continuity che ormai non possono funzionare più? Credo che i tempi siano maturi.

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  5. hai centrato i vari punti:
    - serie "finite" che ti promettono un finale e non infinite storie. anche se ci sono serie che vanno avanti da un quarto di secolo e ancora non si vede la fine: One Piece, Detective Conan, Berserk a cui è morto anche l'autore, per citare le più famose;
    - tutte dello stesso autore, cosa che rende la qualità omogenea;
    - una selezione tremenda alla base, che è il motivo per cui è proliferato il fumetto USA: sulle strisce sindacate venivano prodotte centinaia di serie e tutte in lotta per ottenere la pubblicazione nel poco spazio dei quotidiani, per questo oggi ci ricordiamo del Topolino di Gottfredson, del Braccio di Ferro di Segar, di Dick Tracy, dell'Uomo Mascherato, di Mandrake, di Flash Gordon ecc ecc e non di una caterva di serie morte nell'indifferenza generale. Ed è il motivo per cui Bonelli e Disney sono proliferate in Italia, dato che c'erano altre realtà in cui gli autori alle prime armi potevano fare esperienza e poi finire nei colossi con contratti migliori (quanti autori italiani sono passati da Bianconi a Disney o addirittura fatti le ossa sui "soft-porno con lo squalo"?). Adesso o sei da Serie A subito o puoi continuare a fare vignette su FB...
    - gli anime. Inutile girarci attorno, il modello giappo premi i manga migliori e li trasforma in un prodotto dall'esposizione mondiale, invertendo causa ed effetto nel resto del mondo: noi abbiamo comprato i manga dei CdZ, Dragon Ball, Orange Road, Ranma, One Piece, Naruto, ecc... DOPO aver visto gli adattamenti animati che riprendono le saghe lette su carta più o meno fedelmente (in alcuni casi migliorandoli, almeno graficamente, vedi i CdZ o Orange Road). Un bambino che vede l'ottimo "Into the Spiderverse" poi trova la stessa storia su carta o trova tutt'altro? Perché siamo stati incapaci di rendere in animazione perfino Rat-Man?

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  6. Aggiungo un elemento: che dopo il fumetto per ragazzi e adolescenti, con le loro formule codificate, nel manga c'è tanto fumetto più adulto che quelle formule le supera. E non è solo una conseguenza del mercato più grande: è così fin dall'inizio, da Tezuka in avanti. L'idea che crescendo l'unica via possibile sia l'eterno ritorno a quel che ci piaceva da ragazzi è di una tristezza indicibile. E per quanto l'industria (anche giapponese) su queste cose ci campi, il manga dimostra anche che, se vuoi, c'è vita dopo la nostalgia.

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    1. vero. vuoi per la diversa cultura, ma i manga travalicano i target come li intendiamo noi...

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  7. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  8. Non conosco così approfonditamente i comics USA e quindi potrei anche dire una cavolata, comunque dando per acquisito il fatto che alla base di una buona vendita deve esserci una buona storia credo che ciò che stia decretando a livello modiale il successo dei manga è anche che per i giapponesi il fumetto è più assimilabile ad una forma letteraria come il romanzo che non ad uno specifico genere di letteratura. Si possono quindi fare manga su tutto, perfino su un ricercatore che deve scrivere un vocabolario (giuro) e declinarlo in tutte le forme possibili, dalla più seria alla più faceta, una cosa che invece per il fumetto soprattutto USA (ma anche europeo o sudamericano) mi sembra assai più difficile se non in contesti più ristretti come quelli della satira sociale o del giornalismo a fumetti.

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    1. Scusa l'intromissione, ma immagino tu ti riferisca a "La grande Traversata".
      Ho letto il romanzo, ma non sapevo l'avessero adattato in manga e anime.
      E mi e' piaciuto un sacco. Perche' ci ho trovato gli elementi tipici dello shonen. Con una spruzzata di shojo, relativa alla love story tra il protagonista e una giovane vicina di casa.
      Probabilmente e' una questione culturale, ma ogni cosa da loro puo' venire considerata DO, ovvero una disciplina che permette la crescita e il miglioramento dell'individuo mediante l'assidua pratica quotidiana.
      Da qui penso derivi la loro tipica esaltazione dello spirito perseverante dell'uomo, che procede nonostante le innumerevoli difficolta'.
      E in effetti persino la progettazione e la realizzazione di un vocabolario diventa quasi una sfida sovrumana tra i controlli ossessivi, scelta dei materiali e dei collaboratori.
      Senza contare la casa editrice che li ostacola perche' non ritiene il progetto abbastanza redditizio.
      Una vera storia di formazione, con tanto di vecchio autore che sceglie un allievo a cui tramandare la sua arte, in modo che lui potra' occuparsi delle successive edizioni dopo la sua morte.

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    2. Ah, scusa.
      Sono Redferne.

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    3. Si esatto, è proprio quello: io non consocevo il romanzo, ho iniziato a seguire l'anime proprio perchè ero incuriosito dalla storia e mi ha tenuto incollato allo schermo fino alla fine... ma avrei potuto fare altri esempi, tipo mi viene in mente "Grand Blue" che per certi versi si potrebbe definire spokon ma con le pinze...

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  9. Immagino quindi che il fatto che quest'anno (anzi, a questo punto, l'anno scorso) SaldaPress abbia avviato il via alla collana "RamenBurger", composta da fumetti occidentali che però hanno elementi dal gusto orientale (che può andare dallo stile di disegno/colorazione al formato simil-tankobon) non sia "un caso"...

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    1. Scusate, avevo dimenticato di firmare.
      Gig.

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  10. Primo articolo dell'anno, e riflessione interessante.
    Cosa ne penso, Doc?
    Tutto il bene possibile.
    Da cultore forse meno appassionato, rispetto a un tempo. Ma i manga, come gli anime, i videogames, le arti marziali e qualunque cosa e' arrivata dal Giappone, avranno sempre un posto speciale nel mio cuore.
    Magari non ne fruisco piu' come una volta, ma cerco di rimanere sempre sul pezzo riguardo alle uscite.
    Viene anche naturale chiedersi quando iniziera' la crisi e il declino, visto che in genere dopo l'espansione si arriva alla saturazione e di conseguenza all'inevitabile flessione.
    Alla fine, come diceva Araki (quello di Jojo) nel suo saggio, si basa tutto su una bolla.
    I manga, dal fumetto in se' fino al mercato che li gestisce, sono una bolla speculativa.
    Destinata a esplodere, ma che pero' funziona.
    Sono costruiti per aver successo. E tutto, dalla selezione spietata fino ai ritmi infernali, sono finalizzati a quello.
    Io ho sempre apprezzato il fatto che si privilegi l'autore invece che la serie o il personaggio, come invece si fa in occidente.
    Per questo non vedo di Buon occhio il fatto che molti abbiano deciso di riesumare manga ormai chiusi, morti e sepolti.
    Per la loro natura non possono durare mezzo secolo. Ma neppure vent'anni.
    E non solo. Non apprezzo nemmeno il fatto che molti lettori arrivino a interferire con l'opera.
    Tipo Naruto. Kakashi doveva morire, a un certo punto. Kishimoto lo ha sempre detto.
    Ma era troppo popolare, e quindi l'editore si e' opposto.
    Ma voi vi immaginate se in Ken non moriva nessuno?
    Tolte le varie riflessioni, mi sto godendo il momento.
    E' pur vero che molte opere odierne non mi dicono nulla.
    Il fatto e' che li considero quasi tutti estremamente derivativi, nel senso che non fanno altro che riprendere roba gia' fatta in precedenza e altrove. E forse fatta pure meglio.
    Ma il piu' delle volte si tratta di supponenza da parte mia.
    E quando mi sono tolto la puzza al naso ho scoperto roba che mi ha levato grandi soddisfazioni.
    Tipo L'attacco dei Giganti, anche se io faccio il tifo per i giganti.
    Un po' come in Starship Troopers. Io quel branco di ragazzini non lo sopporto, mi paiono tutti un branco di montati.
    Poi Haikyuu!!, che mi ha regalato le stesse sensazioni di roba come Captain Tsubasa e Slam Dunk, anche se in maniera piu' annacquata.
    E Made in Abyss, che mi ha rifilato due cazzottoni allo stomaco che mi hanno fatto malissimo, oltre a proporre un cattivo che non odiavo cosi' tanto dai tempi di Dio Brando.
    Per il resto e' l'avverarsi di un sogno che trent'anni fa giudicavo irrealizzabile.
    Certo, non credo che avremo mai un Akihabara qui a Milano, ma...i manga e gli anime hanno finalmente sfondato.
    Se ne occupano i quotidiani, fanno le pubblicita' e li trovi dappertutto.
    Persino in biblioteca.
    Sai che ho trovato i volumi di Rocky Joe, in prestito?
    Pazzesco.
    Non ci credi. Come quando al tg fanno un servizio su una nuova console in uscita.
    Ed e' bellissimo.
    Persino su Disneypiu' stanno per arrivare, a quanto ho letto.
    E il realizzarsi di un sogno, dicevo.
    Cosi' come poter parlare sul lavoro coi miei colleghi di vent'anni piu' giovani di manga, anime e videogames.
    Ma quando mai avrei potuto farlo io, alla loro eta'?
    A quei tempi potevo parlarne giusto dentro ai negozi specializzati o col mio gruppetto di amici.
    Quindi vale davvero la pena? Era davvero meglio quando si stava peggio?
    No, gente. Io preferisco cosi', anche se forse non c'entro nulla e gran parte della roba che viene pubblicata non e' chiaramente per me.
    Rimane anche un certo orgoglio, forse.
    Perche' se siamo arrivati a questo ritengo che il merito sia in parte anche nostro.
    Di noi "vecchietti", che gia' impazzi amo per manga e affini quando non importava niente a nessuno.
    Forse getta amo gia' le basi, senza saperlo.

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    1. Essendo della stessa generazione, non posso fare a meno di pensarla come l'amico Redferne, a proposito, ciao!
      Quando ho cominciato ad appassionarmi ai mangia, una trentina di anni fa, erano una cosa di nicchia (come direbbe il buon Natalino Balasso). Conosciuti da pochi, mal distribuiti, proposti da appassionati per appassionati, quindi reperibili in poche edicole, men che meno nelle librerie, se non si escludevano alcune selezionate, oppure delle videoteche specializzate, in più cari, almeno per uno perennemente squattrinato come me. Questo non ha impedito a persone come Red di tirarsi su una collezione, resa ancora più preziosa date tali difficoltà. Quindi ben venga l'epoca attuale dove sono facilmente reperibili a prezzi accessibili e anche con una discreta scelta. Comunque post molto interessante del Doc, nell'inizio dell'anno per l'Antro, grazie.

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    2. Ehila', Daniele!!
      Concordo. Trovo che sia facile cascare nella trappola del "Si stava meglio quando si stava peggio", se non si fa attenzione.
      E' un attitudine tipica, col passare degli anni.
      Ammetto che c'era la passione, c'era il senso di sfida dovuto al fatto che era una roba per pochi, e per trovare informazioni su quel che ti piaceva ti dovevi sbattere come una bestia.
      Erano tempi pionieristico, davvero.
      Ma e' meglio oggi.
      Non voglio generalizzare, ci mancherebbe. Ma se ti mettevi a parlare di queste robe per certa gente eri un cretino, punto.
      E non parlo solo dei coetanei, non so se mi spiego.
      Quindi era davvero meglio allora?
      O adesso, dove un ventenne puo' parlare liberamente delle proprie passioni con uno che ha vent'anni e piu' sul groppone senza venire per forza giudicato o ignorato, se non addirittura deriso?
      No, gente. Per parafrasare Rocky...io sto con Paulie, stavolta.
      Ho deciso che non vale la pena vivere nel passato, con certe cose.
      A proposito...riguardo ai miei fumetti sto sistemando il garaga in modo da portarmi a casa un po' di roba.
      Dopo quasi undici anni di esilio forzato a casa dei miei per mancanza di spazio...tornano a casa, finalmente.

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  11. hanno successo perchè non hanno la piaga del politicamente corretto

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  12. Concordo con tutto. Effettivamente i protagonisti del fumetto occidentale vivono in uno status quo perenne, che non può essere alterato (si pensi ad Asterix o alla Disney). E anche quando lo si altera, si riazzera tutto per continuare con un altro status quo (vedi Dc e Marvel). Questo alla lunga stufa, perché i personaggi in effetti sono come delle maschere, non crescono mai veramente perché non c’è davvero una continuità. È difficile portarvi un’idea nuova, sviscerarla e darle peso se devi rispettare certi paletti (anche se ci sono esperimenti riusciti, come PKNA). I manga invece non risentono di queste costrinzioni: i personaggi crescono, magari vedono morire altri personaggi, assistono a dei mutamenti che li formano e poi la loro storia ha una fine. Questo inevitabilmente ti coinvolge emotivamente, ti induce ad immedesimarti, a paragonare le tue idee con quelle dei personaggi, ti lascia nostalgia quando termini la lettura, in una maniera che non può essere eguagliata dal fumetto occidentale. Forse l’unica eccezione sono quei fumetti occidentali legati ad uno specifico autore, alla cui morte la storia non viene continuata (penso a Peanuts).

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  13. Io non leggo i manga ( e non sono neanche esperta di fumetti, visto che li ho letti solo da ragazzina) non mi piacciono come fumetti ma mi piacciono i disegni. Quindi ciò che attira sono anche i disegni. C'è tutto un proliferare di giovani che vogliono disegnare manga e infatti son stati aperti corsi e accademie anche molto costose. Non sapevo che esistessero i manga ebook ma vedo che tanti ragazzi si appassionano a questo genere solo perchè altri lo fanno e non per una passione personale. Io credo sia una moda che passerà come tutte le mode. 😁

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  14. mi domando quanto influiranno queste letture sulla vita dei più giovani, nello specifico per quanto riguarda l'appassionarsi al Giappone. mi auguro che per loro sia altrettanto bello e intenso come lo è stato per alcuni di noi.

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  15. Spesso e volentieri, Doc, ci ricordi quanto tu scriva bene. Complimenti! (Scott)

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  16. Aggiungo un dubbio: non è che i giapponesi rischiano di occidentalizzare troppo alcuni loro successi? Mi spiego: una volta serie come Saint Seya o kenshiro sembravano "lunghe". Ora è più facile incappare in serie lunghe o interminabili. Sarò invecchiato io, ma i nuovi manga mi sembrano difficili da approcciare perché contano tantissimi numeri e, essendo manga in corso, richiedono mesi per nuove uscite. Insomma, preferivo i manga di una volta, magari con seguiti vari, ma con archi narrativi più brevi e certi

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    1. In realtà in campo shonen ci sono serie lunghe e infinite (vedi One Piece, Detective Conan) ma anche serie più corte: mi vengono in mente hit come Demon Slayer (23 volumi), Jujutsu kaisen (21 in corso ma ne hanno annunciato la chiusura a breve), Attacco dei Giganti (34) per non parlare delle varie riedizioni deluxe che tengono ad accorpare più volumi. Poi dipende anche dal genere, shojo e seinen di base tendono ad essere molto più corte e a restare sui 10-15 volumi.

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  17. Daccordo su tutto con la sola esclusione degli esempi italiani che fai. Nei lettori italiani di manga mi pare di notare una affezione più ai personaggi che agli autori (con l'esclusione di pochi casi come Urasawa o Asano). Gli appassionati di Dragon ball forse conoscono anche Arale ma più raramente hanno letto tutto Toriyama. Il brand di successo è più Dragonball che Toriyama mentre gli italiani sono più famosi come autori che per i loro personaggi. L'unica eccezione che si può confrontare col fenomeno manga è Zero calcaree dove il personaggio fisso c'è ed è sempre lui.

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  18. Un'altro elemento da sottolineare è la grande quantità di manga che hanno come protagonisti adolescenti e/o situazioni scolastiche e/o familiari del presente cosa quasi inesistente in ogni altro paese (se si esclude il primo Spider-man).

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  19. La cosa che mi ha colpito e' come il "mondo manga" oggi sia diventato la "normalita'": un tempo chi aveva questo tipo di passione era considerato nerd e aveva pochi compari con cui rapportarsi; oggi tu, gggiovine e frequentante ambienti gggiovini, se non conosci i manga, se non ne stai leggendo uno, sei l'asociale e l'escluso del gruppo. Per forza di cose, volenti o nolenti, ci sono tutti dentro. E' facile trovare in giro vari prodotti, e se non hai la disponibilita' economica per procurarteli (ai miei tempi, almeno per me che ero POVEVA, mettere insieme una collezione significava rinunciare ad acquistare altro -cosa che ben volentieri facevo-) ci sono comunque sempre scappatoie.
    Al di la' della bonta' e dell'attrattiva di certe storie e certi disegni, devo confessare che ne ho spulciate tante (evviva le librerie ammmericane, dove ti siedi a terra con un volume e lo leggi per mezza giornata senza che nessuno ti disturbi, o le biblioteche pubbliche, dove li prendi addirittura in prestito per casa), a mio avviso insignificanti: l'unica ragione che trovo nel fatto che vengano pubblicate e' il fatto che comunque qualcuno cui possano piacere, in questo vasto mercato, alla fine si trova. Tanti prodotti, non tutti eccelsi, per un mercato che va fortissimo per varie ragioni: come tu hai sottolineato la varieta', la fidelizzazione, il circolo virtuoso, la semplicita', ma aggiungerei anche il conformismo che tanto ci tranquillizza.
    By the way, ero entrata anche per solidarizzare con Redferne e col ritorno a casa dai pacchi dei suoi tesori: i miei sono rimasti nelle scatole del trasloco dal 2008 fino alla scorsa estate, a poco a poco stanno tornando sugli scaffali, anche se posso accedervi solo due mesi l'anno. E niente, mammamia quante lacrime napulitane!!!

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    1. Beh, visto che si parla di scatoloni un bel po' di roba me la dovro' tenere li' dentro, almeno all'inizio.
      Ma va bene cosi'. Un passo alla volta.
      Tornando a bomba, manga e anime fanno tendenza.
      Ma stavolta l'impressione e la percezione del fenomeno le trovo differenti.
      Che fossero tornati per restare lo si era capito sin dalla seconda e definitiva ondata, con l'arrivo dei manga nelle edicole e nelle fumetteria, e il fiorire di negozietti specializzati.
      Ma adesso si stanno propagano a macchia d'olio in diversi settori, come dice il Doc.
      Stanno influenzando la cultura, la moda, l'abbigliamento e l'arredamento.
      E pure l'informazione, pur con tutte le cautele del caso.
      Avreste mai immaginato di vedere un servizio del tg a una fiera del fumetto, con tanto di interviste ai cosplayers?
      Io no. Ci speravo, ma lo giudicavo irrealizzabile.
      Inutile nascondersi: il modello di riferimento dalle nostre parti sono sempre stati gli states, a parte una sporadica eccezione che invece guardava a oriente.
      Ma bisogna contare che il Giappone per noi era una terra esotica, lontanissima e misteriosa, di cui si sapeva poco e niente.
      Ora i social e la rete hanno annullato le distanze, ma soprattutto abbattuto confini che non hanno piu' ragione di esistere.
      E le culture possono convivere. Ma soprattutto il mercato europeo è americano, per la loro editoria, e' diventato fondamentale tanto quanto in madrepatria.
      Rilancio con una provocazione: come dicevo, non credo avremo mai un'Akihabara anche qui a Milano, o una statua gigante del Grande Mazinga a fianco del Pirellone.
      Ma mi domando se un giorno non possano diventare un fenomeno di costume o addirittura un'industria in grado di smuovere il prodotto interno lordo come laggiu'.
      Potra' mai avvenire una "giapponesizzazione" dell'Italia?
      Chissa'.

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    2. Un altro esempio stupido: piu' di un anno fa passo lungo il naviglio e m'imbatto nella vetrina di un pittore.
      E che quadri c'erano? Goldrake e gli altri robottone di Nagai.
      Cosi'.
      No, e' pazzesco. Uno non ci crede.
      E qualche anno addietro m'era capitata la stessa cosa in un paesino nei pressi del lago di Garda.
      Io lo trovo meravigliosamente assurdo.

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    3. Al di la' della ricerca dei propri simili, tipica dell'Umanita' (che del resto ha riunito la TheBoscia), con l'eta' si diventa piu' "coraggiosi" per quanto riguarda il bisogno di comunicare: i tanti Goldrake che circolano potrebbero riflettere questa fase delle nostre vite. Non mi stupirei comparisse una statua da qualche parte, in qualche comune con assessori e giunta "nerd". Adesso che siamo "grandi" (ovvero abbiamo voce in capitolo e potenza d'acquisto) potremmo benissimo organizzare il tutto.

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    4. Come dicevo...chissa'.
      Tutto potrebbe succedere.
      La cosa bella e' che non ci si vergogna piu' delle proprie passioni.
      A Riyadh l'hanno fatta per davvero, la statua di Goldrake.
      E indovina un po'? Pare ne vogliano fare pure una a Torino.
      E stando a quanto ho letto, pare che da qualche parte in Toscana ce ne sia gia' una.
      E' bellissimo, davvero.
      Te ne racconto una io, giusto per parlare di un mio collega di lavoro piu' giovane.
      Un bel giorno si presenta sul lavoro con una felpa di Naruto.
      Il giorno dopo, giusto per fargli capire che parliamo la stessa lingua, arrivo con una t-shirt di Jojo.
      Vent'anni fa era impensabile.
      Per fortuna...le cose cambiano, come diceva un tale.

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    5. L'abbigliamento! Grande forma di comunicazione! Io sarei anche la capa di un gruppo che va dagli 80 ai 20 anni, e ultimamente mi sono presentata al lavoro con magliette di Goldrake, Capitan Harlock, Devilman, e in un giorno di poggia anche con la mantellina del Corpo di Ricerca di AOT... ho stanato impensabili seriosi professionisti e acceso l'ammirazione dei giuovini. Il dramma e' che una volta mi hanno beccato a sorpresa i giornalisti, e l'intervista con la maglietta di Zoolander e' ancora li' a farmi sotterrare (ve bene la spavalderia, ma non esageriamo). Non ho ancora avuto il coraggio di sfoggiare Pollon in carcere che dichiara "sembrava talco" :-D

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  20. Concordo sulla serialità infinita del fumetto americano, avevo provato a leggere qualcosa (Batman - Spiderman) ma preferisco storie che abbiano una conclusione... e nell'ultimo anno vedere che nelle due librerie in centro a Milano la zona cinema ha lasciato il posto ai manga (ma anche anime e gadget) fa pensare...

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