Granata Press, Zero, Mangazine, Kappa Magazine: dalla Fabbri alla prima grande invasione manga in Italia a inizio anni 90
Quando sono arrivati i manga in Italia? In massa, a partire dal '90, con le pubblicazioni Granata Press prima e Star Comics poi. Le riviste Zero, Mangazine, Kappa Magazine, e i Kappa Boys a fungere tra collegamento tra le due realtà editoriali. Ma non tutti i sanno che i primi manga pubblicati in Italia risalgono a molti, molti anni prima. Magari, senza saperlo, ne avete letto uno da ragazzini anche voi [...]
La preziosissima analisi sul mondo dei manga e degli anime condotta a fine '83 da Alfredo Castelli (il papà di Martin Mystère, sì) sulle pagine del numero doppio 11/12 di Eureka - rivista dell'Editoriale Corno che all'epoca dirigeva insieme a Silver - ci permette innanzitutto di scoprire tante cose. Vi ricordate quando abbiamo sfogliato l'intero albo su Twitch, tempo addietro?
Per chi si fosse perso quella live, il lungo reportage sul Giappone di questo Eureka indicava come primo manga in assoluto pubblicato in Italia "un episodio di Sungokoo, parodia della leggenda cinese Saiyuki, realizzato da Shifumi Yamane" e apparso su I primi eroi (Garzanti, 1962).
Si trattava di un volume curato dal francese François Caradec e con una prefazione del regista René Clair, che conteneva storie a fumetti pescate in tutto il globo. Un'antologia che affiancava appunto al Little Nemo di McCay e al Buster Brown di Outcaul, per fare qualche titolo, il fumetto di Yamane. Che però di nome faceva Hifumi.
Ma sì, si trattava di un Son-Goku degli anni 30, una delle tante riletture di Saiyuki, il nome dato dai giapponesi al classico romanzo cinese Il viaggio in Occidente, a cui si sarebbero ispirate generazioni di manga e anime, in serie come The Monkey, Dragon Ball, Starzinger, etc. Ne parlavi tempo addietro qui.
Nel corso degli anni 70 e nei primi anni 80 è la stessa rivista Eureka a pubblicare alcune storie manga, come il Golgo 13 di Takao Saito (agosto 1980. La copertina era tutta per il sicario di Saito). Il numero di cui sopra dell'83 sul Giappone conteneva del resto una storia del Black Jack di Osamu Tezuka.
Ma l'onore della prima serie manga pubblicata in Italia spetta al Grande Mazinga. Nel novembre del 1979, per cavalcare il boom di anime robotici, Fabbri Editori pubblica il primo di 25 albetti a colori in stile Corno, con una versione ribaltata e colorata del manga di Go Nagai disegnato da Gosaku Ōta tra il '74 e il '75.
Queste sono alcune pagine del numero 4, i colori sono spesso un po' così, il lettering traballante e alcuni passaggi sono stati modificati. Ma era il manga del Grande Mazinga: durante quei viaggi in treno interminabili verso il Piemonte, ne hai letti da infante almeno un paio di numeri. Non solo ti nutrivi di anime, ma stavi già leggendo i manga senza saperlo. Ancor prima di metter piede in una scuola elementare, oh. Ti sembrava la cosa più bella del mondo, e già la percepivi in qualche modo come più autentica rispetto ai fumetti autoctoni pubblicati sui magazine contenitore come Junior TV, La Banda TV, etc.
Il Grande Mazinga Fabbri cambierà titolo con il numero 8 ne Il Grande Mazinger e verrà pubblicato fino al luglio del 1980. Il suo successo spinge Fabbri a bissare con il giornalino di Candy Candy, che debutta nell'autunno dell'80 e resta in edicola fino al 1987, per la bellezza di 326 numeri. Al suo interno, la versione ribaltata e colorata del manga di Candy Candy di Kyoko Mizuki e Yumiko Igarashi, al termine del quale si è andati avanti con storie realizzate in Italia da Staff di If.
Sulle pagine di Candy Candy vengono ospitati inoltre altri manga come Lady Oscar di Riyoko Ikeda, Kitty la stella del circo (ovvero Tim Tim Circus, sempre di Mizuki e Igarashi), Susy del Far West, Georgie, Lo Specchio Magico, Una rosa un amore (Yoko Shoji), Ehi Juliet! (Chieko Hara), Rosa Pasticcio e Primo Amore della Ikeda (aka Shiroi Egmont e Hatsukoi Monogatari) e pure una parte del manga di Via col vento (di Mutsumi Tsukumo).
È un periodo in cui, per via dell'ondata di anime che ha travolto i palinsesti della miriade di reti private nate in Italia, i manga fanno gola a tutti. Tanto che anche il Corriere dei Piccoli inizia a pubblicarli. E così, accanto ai mai troppo lodati Ronfi di Adriano Carnevali, ai Puffi, alla Stefi di Grazia Nidasio, ai fumetti degli eroi degli anime realizzati qui da noi su licenza e agli animecomic in stile fotoromanzo (Jenny la tennista), arrivano le versioni colorate anche di manga veri e propri, come Hello! Spank (Shun'ichi Yukimuro e Shizue Takanashi), nel luglio dell'83.
Facciamo un altro salto in avanti e arriviamo al 1990. Gli ex bambini innamorati di quei primi cartoni venuti dal Giappone sono diventati ragazzi, una nuova generazione di appassionati pronta da un lato ad esplorare il mondo dei manga che sta a monte di quegli anime, dall'altro a spendere soldi per coltivare quella passione. Nel 1989, Luigi Bernardi fonda a Bologna Granata Press.
In quei mesi è nata lì a Bologna Mangazine, una fanzine pubblicata per cinque numeri a opera della Hobby Fumetto. A curarne i contenuti sono quelli che diventeranno noti come Kappa Boys: Andrea Baricordi, Massimiliano De Giovanni, Andrea Pietroni e Barbara Rossi. I quattro iniziano a seguire i prodotti editoriali della neonata Granata Press di Bernardi, che vuole presentare in modo strutturale i manga per la prima volta nel nostro paese.
Nel novembre del 1990 viene pubblicato il primo numero di Zero. 82 pagine che contengono la traduzione in italiano della versione USA di alcuni manga proposti oltreoceano da Viz Communications: Ken il Guerriero di Buronson e Tetsuo Hara, e Xenon di Masaomi Kanzaki.
Nell'editoriale di quel primo numero, Bernardi parla della prima rivista dedicata al fumetto d'autore giapponese in Italia, con l'obiettivo di abbattere tanti pregiudizi sul mondo dei manga. "Mi piace questo fumetto giapponese - scrive Bernardi, venuto a mancare prematuramente nel 2013 - perché non nasconde le piccole, grandi emozioni della vita dietro barocche architetture narrative (come i comics americani di supereroi) e neppure dietro improbabili suggestioni avventurose (come gran parte del fumetto europeo). A volte ingenuamente, ma sempre con grande pathos".
Sul numero 2 di Zero, il mese dopo, debutta accanto a Ken il Baoh di Hirohiko Araki. I redazionali si limitano a un paio di pagine: Zero sono un'ottantina di pagine praticamente tutto fumetto, ma è significativa la seconda di copertina del numero: una pubblicità dell'Akira di Glenat, che ha iniziato la sua avventura nelle edicole italiane qualche mese prima (aprile '90), anche lì partendo da un'edizione USA. Dell'Akira Marvel, e più in generale di tutta la storia del capolavoro di Otomo, si diceva in questo post. Insomma, Akira, Kenshiro e Araki sulle stesse pagine.
Nell'aprile del '91 arriva Mangazine in versione Granata Press: la fanzine è diventata un magazine da edicola, e i Kappa Boys lo imbottiscono di fumetti sempre presi dalla versione USA di Viz (sui primi numeri: Lamù di Rumiko Takahashi, Mai la ragazza psichica di Kazuya Kudo e Ryoichi Ikegami, il gekiga Kamui di Sampei Shirato), ma anche e soprattutto di reportage, approfondimenti, news dal Giappone.
È grazie a quei numeri di Mangazine che, già all'epoca, ti fai una cultura sugli anime di Hayao Miyazaki e i film dei Cavalieri dello Zodiaco, senti parlare di Gundam F-91 o di un certo Kokaku Kidotai, che di lì a poco ti avrebbe travolto con il titolo di Ghost in the Shell.
Granata Press, intanto, si è lanciata sui monografici, che affiancano in edicola le sue riviste. Su "Z Comix" c'è Crying Freeman di Koike e Ikegami, su "Manga Hero" Grey di Yoshihisa Tagami. È il formato che utilizzerà poi anche la Star: collane create per ospitare integralmente un manga e poi passare al successivo.
In seguito su Zero arriveranno serie come Silent Möbius di Kia Asamiya, Gunhed, Spriggan, Sanctuary. Sui monografici Devilman di Nagai, Mazinga Z, Horobi di Tagami, Dominion, Black Magic, 2001 Nights, I Cavalieri dello Zodiaco, Ken il Guerriero ("Zeta Compact", 112 pagine, 2.800 lire), Capitan Harlock. Nel 1991, Granata pubblica anche il fondamentale Anime, guida al cinema d'animazione giapponese dei Kappa Boys, con le schede di tutte le opere di animazione fino al 1988.
Nel volgere di pochi mesi, però, nel rapporto tra i Kappa e Granata qualcosa si rompe. I quattro traslocano, portandosi dietro progetti e idee. Nel luglio del '92 arriva in edicola il primo numero della gloriosa Kappa Magazine di Star Comics. Al timone ci sono i Kappa Boys, e che con Granata non si siano lasciati bene si intuisce vaghissimamente dall'editoriale di quel numero 1.
Prima di lasciar spazio ai sempre apprezzatissimi redazionali - che un giovine te stesso legge anche due volte di fila ogni mese - e ai fumetti (3x3 Occhi di Takada, Oh mia Dea! di Fujishima e Ghost in the Shell di Masamune Shirow), l'editoriale del numero 1, "Ricomincio da Kappa", si concentra più sull'interruzione del rapporto con il precedente editore che sui contenuti del nuovo magazine. Si parla di una Mangazine "ormai forzatamente in altre mani". Occhio al virgolettato nel box a fine pagina. Qualcosa, ecco, si intuisce. Molto tra le righe.
L'avventura di Kappa Magazine continuerà per quattordici anni e 173 numeri, fino al dicembre del 2006. Testa di ponte di quello che diverrà per anni il dominio Star Comics nel mercato del manga italiano. Dal lancio di monografici di grande successo come Kimagure Orange Road, Video Girl Ai (collane Starlight e Neverland, rispettivamente dal '92 e dal '93) e Le bizzarre avventure di JoJo (Action, novembre 1993) al fenomeno epocale di Dragon Ball (1995), il primo pubblicato con il senso di lettura alla giapponese.
Intanto, la Granata va avanti. Sul numero 20 di Mangazine (gennaio '93) leggi nell'elenco dei collaboratori tanti nomi noti, di amici con cui avresti lavorato nel corso degli anni (o vissuto viaggi impossibili in Giappone, come Nicola). Non sai bene come facessi ai tempi a comprare quasi tutto, tra albi USA, Bonelli e manga, con le tue finanze limitatissime da liceale, ma lo facevi. Ricordi perciò molto bene questi numeri con Patlabor, Lamù e Ranma 1/2.
E ricordi anche quanto ti facessero gola le VHS anime pubblicizzate, altro fenomeno esploso parallelamente al manga in quegli anni.
Le uscite Manga Video sui Cavalieri dello Zodiaco, Devilman e Ken il Guerriero, o quelle proposte da tanti altri editori (come Logica 2000 e i suoi "Japanimé", con l'accento: ai tempi era ancora vivo il dibattito sulla pronuncia della parola anime). Ma quelle videocassette costavano davvero tanto, troppo (25mila lire per tre episodi, o anche 40/50mila per un film).
Granata Press chiude nel '96, lasciando alcune serie incomplete. Serie come Maison Ikkoku o Ranma 1/2 di Rumiko Takahashi, che verranno poi riproposte in versione integrale - come praticamente quasi tutto il catalogo Granata - dalla Star e dalla sua divisione manga in mano ai Kappa Boys, sodalizio che proseguirà fino alla fine degli anni Duemila.
Vai a piangere un paio di fiumi di là, ma non sai se è il Genuino Momento Emozione dello sfogliare questi albi a distanza di trent'anni o semplicemente la polvere accumulata. Una delle due.
Per chi si fosse perso quella live, il lungo reportage sul Giappone di questo Eureka indicava come primo manga in assoluto pubblicato in Italia "un episodio di Sungokoo, parodia della leggenda cinese Saiyuki, realizzato da Shifumi Yamane" e apparso su I primi eroi (Garzanti, 1962).
Si trattava di un volume curato dal francese François Caradec e con una prefazione del regista René Clair, che conteneva storie a fumetti pescate in tutto il globo. Un'antologia che affiancava appunto al Little Nemo di McCay e al Buster Brown di Outcaul, per fare qualche titolo, il fumetto di Yamane. Che però di nome faceva Hifumi.
Ma sì, si trattava di un Son-Goku degli anni 30, una delle tante riletture di Saiyuki, il nome dato dai giapponesi al classico romanzo cinese Il viaggio in Occidente, a cui si sarebbero ispirate generazioni di manga e anime, in serie come The Monkey, Dragon Ball, Starzinger, etc. Ne parlavi tempo addietro qui.
Nel corso degli anni 70 e nei primi anni 80 è la stessa rivista Eureka a pubblicare alcune storie manga, come il Golgo 13 di Takao Saito (agosto 1980. La copertina era tutta per il sicario di Saito). Il numero di cui sopra dell'83 sul Giappone conteneva del resto una storia del Black Jack di Osamu Tezuka.
Ma l'onore della prima serie manga pubblicata in Italia spetta al Grande Mazinga. Nel novembre del 1979, per cavalcare il boom di anime robotici, Fabbri Editori pubblica il primo di 25 albetti a colori in stile Corno, con una versione ribaltata e colorata del manga di Go Nagai disegnato da Gosaku Ōta tra il '74 e il '75.
Queste sono alcune pagine del numero 4, i colori sono spesso un po' così, il lettering traballante e alcuni passaggi sono stati modificati. Ma era il manga del Grande Mazinga: durante quei viaggi in treno interminabili verso il Piemonte, ne hai letti da infante almeno un paio di numeri. Non solo ti nutrivi di anime, ma stavi già leggendo i manga senza saperlo. Ancor prima di metter piede in una scuola elementare, oh. Ti sembrava la cosa più bella del mondo, e già la percepivi in qualche modo come più autentica rispetto ai fumetti autoctoni pubblicati sui magazine contenitore come Junior TV, La Banda TV, etc.
Il Grande Mazinga Fabbri cambierà titolo con il numero 8 ne Il Grande Mazinger e verrà pubblicato fino al luglio del 1980. Il suo successo spinge Fabbri a bissare con il giornalino di Candy Candy, che debutta nell'autunno dell'80 e resta in edicola fino al 1987, per la bellezza di 326 numeri. Al suo interno, la versione ribaltata e colorata del manga di Candy Candy di Kyoko Mizuki e Yumiko Igarashi, al termine del quale si è andati avanti con storie realizzate in Italia da Staff di If.
Sulle pagine di Candy Candy vengono ospitati inoltre altri manga come Lady Oscar di Riyoko Ikeda, Kitty la stella del circo (ovvero Tim Tim Circus, sempre di Mizuki e Igarashi), Susy del Far West, Georgie, Lo Specchio Magico, Una rosa un amore (Yoko Shoji), Ehi Juliet! (Chieko Hara), Rosa Pasticcio e Primo Amore della Ikeda (aka Shiroi Egmont e Hatsukoi Monogatari) e pure una parte del manga di Via col vento (di Mutsumi Tsukumo).
È un periodo in cui, per via dell'ondata di anime che ha travolto i palinsesti della miriade di reti private nate in Italia, i manga fanno gola a tutti. Tanto che anche il Corriere dei Piccoli inizia a pubblicarli. E così, accanto ai mai troppo lodati Ronfi di Adriano Carnevali, ai Puffi, alla Stefi di Grazia Nidasio, ai fumetti degli eroi degli anime realizzati qui da noi su licenza e agli animecomic in stile fotoromanzo (Jenny la tennista), arrivano le versioni colorate anche di manga veri e propri, come Hello! Spank (Shun'ichi Yukimuro e Shizue Takanashi), nel luglio dell'83.
Facciamo un altro salto in avanti e arriviamo al 1990. Gli ex bambini innamorati di quei primi cartoni venuti dal Giappone sono diventati ragazzi, una nuova generazione di appassionati pronta da un lato ad esplorare il mondo dei manga che sta a monte di quegli anime, dall'altro a spendere soldi per coltivare quella passione. Nel 1989, Luigi Bernardi fonda a Bologna Granata Press.
In quei mesi è nata lì a Bologna Mangazine, una fanzine pubblicata per cinque numeri a opera della Hobby Fumetto. A curarne i contenuti sono quelli che diventeranno noti come Kappa Boys: Andrea Baricordi, Massimiliano De Giovanni, Andrea Pietroni e Barbara Rossi. I quattro iniziano a seguire i prodotti editoriali della neonata Granata Press di Bernardi, che vuole presentare in modo strutturale i manga per la prima volta nel nostro paese.
Nel novembre del 1990 viene pubblicato il primo numero di Zero. 82 pagine che contengono la traduzione in italiano della versione USA di alcuni manga proposti oltreoceano da Viz Communications: Ken il Guerriero di Buronson e Tetsuo Hara, e Xenon di Masaomi Kanzaki.
Nell'editoriale di quel primo numero, Bernardi parla della prima rivista dedicata al fumetto d'autore giapponese in Italia, con l'obiettivo di abbattere tanti pregiudizi sul mondo dei manga. "Mi piace questo fumetto giapponese - scrive Bernardi, venuto a mancare prematuramente nel 2013 - perché non nasconde le piccole, grandi emozioni della vita dietro barocche architetture narrative (come i comics americani di supereroi) e neppure dietro improbabili suggestioni avventurose (come gran parte del fumetto europeo). A volte ingenuamente, ma sempre con grande pathos".
Sul numero 2 di Zero, il mese dopo, debutta accanto a Ken il Baoh di Hirohiko Araki. I redazionali si limitano a un paio di pagine: Zero sono un'ottantina di pagine praticamente tutto fumetto, ma è significativa la seconda di copertina del numero: una pubblicità dell'Akira di Glenat, che ha iniziato la sua avventura nelle edicole italiane qualche mese prima (aprile '90), anche lì partendo da un'edizione USA. Dell'Akira Marvel, e più in generale di tutta la storia del capolavoro di Otomo, si diceva in questo post. Insomma, Akira, Kenshiro e Araki sulle stesse pagine.
È l'inizio di un'era. La prima sortita della grande invasione manga degli anni 90.
Nell'aprile del '91 arriva Mangazine in versione Granata Press: la fanzine è diventata un magazine da edicola, e i Kappa Boys lo imbottiscono di fumetti sempre presi dalla versione USA di Viz (sui primi numeri: Lamù di Rumiko Takahashi, Mai la ragazza psichica di Kazuya Kudo e Ryoichi Ikegami, il gekiga Kamui di Sampei Shirato), ma anche e soprattutto di reportage, approfondimenti, news dal Giappone.
È grazie a quei numeri di Mangazine che, già all'epoca, ti fai una cultura sugli anime di Hayao Miyazaki e i film dei Cavalieri dello Zodiaco, senti parlare di Gundam F-91 o di un certo Kokaku Kidotai, che di lì a poco ti avrebbe travolto con il titolo di Ghost in the Shell.
Granata Press, intanto, si è lanciata sui monografici, che affiancano in edicola le sue riviste. Su "Z Comix" c'è Crying Freeman di Koike e Ikegami, su "Manga Hero" Grey di Yoshihisa Tagami. È il formato che utilizzerà poi anche la Star: collane create per ospitare integralmente un manga e poi passare al successivo.
In seguito su Zero arriveranno serie come Silent Möbius di Kia Asamiya, Gunhed, Spriggan, Sanctuary. Sui monografici Devilman di Nagai, Mazinga Z, Horobi di Tagami, Dominion, Black Magic, 2001 Nights, I Cavalieri dello Zodiaco, Ken il Guerriero ("Zeta Compact", 112 pagine, 2.800 lire), Capitan Harlock. Nel 1991, Granata pubblica anche il fondamentale Anime, guida al cinema d'animazione giapponese dei Kappa Boys, con le schede di tutte le opere di animazione fino al 1988.
Nel volgere di pochi mesi, però, nel rapporto tra i Kappa e Granata qualcosa si rompe. I quattro traslocano, portandosi dietro progetti e idee. Nel luglio del '92 arriva in edicola il primo numero della gloriosa Kappa Magazine di Star Comics. Al timone ci sono i Kappa Boys, e che con Granata non si siano lasciati bene si intuisce vaghissimamente dall'editoriale di quel numero 1.
Prima di lasciar spazio ai sempre apprezzatissimi redazionali - che un giovine te stesso legge anche due volte di fila ogni mese - e ai fumetti (3x3 Occhi di Takada, Oh mia Dea! di Fujishima e Ghost in the Shell di Masamune Shirow), l'editoriale del numero 1, "Ricomincio da Kappa", si concentra più sull'interruzione del rapporto con il precedente editore che sui contenuti del nuovo magazine. Si parla di una Mangazine "ormai forzatamente in altre mani". Occhio al virgolettato nel box a fine pagina. Qualcosa, ecco, si intuisce. Molto tra le righe.
L'avventura di Kappa Magazine continuerà per quattordici anni e 173 numeri, fino al dicembre del 2006. Testa di ponte di quello che diverrà per anni il dominio Star Comics nel mercato del manga italiano. Dal lancio di monografici di grande successo come Kimagure Orange Road, Video Girl Ai (collane Starlight e Neverland, rispettivamente dal '92 e dal '93) e Le bizzarre avventure di JoJo (Action, novembre 1993) al fenomeno epocale di Dragon Ball (1995), il primo pubblicato con il senso di lettura alla giapponese.
Intanto, la Granata va avanti. Sul numero 20 di Mangazine (gennaio '93) leggi nell'elenco dei collaboratori tanti nomi noti, di amici con cui avresti lavorato nel corso degli anni (o vissuto viaggi impossibili in Giappone, come Nicola). Non sai bene come facessi ai tempi a comprare quasi tutto, tra albi USA, Bonelli e manga, con le tue finanze limitatissime da liceale, ma lo facevi. Ricordi perciò molto bene questi numeri con Patlabor, Lamù e Ranma 1/2.
E ricordi anche quanto ti facessero gola le VHS anime pubblicizzate, altro fenomeno esploso parallelamente al manga in quegli anni.
Le uscite Manga Video sui Cavalieri dello Zodiaco, Devilman e Ken il Guerriero, o quelle proposte da tanti altri editori (come Logica 2000 e i suoi "Japanimé", con l'accento: ai tempi era ancora vivo il dibattito sulla pronuncia della parola anime). Ma quelle videocassette costavano davvero tanto, troppo (25mila lire per tre episodi, o anche 40/50mila per un film).
Granata Press chiude nel '96, lasciando alcune serie incomplete. Serie come Maison Ikkoku o Ranma 1/2 di Rumiko Takahashi, che verranno poi riproposte in versione integrale - come praticamente quasi tutto il catalogo Granata - dalla Star e dalla sua divisione manga in mano ai Kappa Boys, sodalizio che proseguirà fino alla fine degli anni Duemila.
Vai a piangere un paio di fiumi di là, ma non sai se è il Genuino Momento Emozione dello sfogliare questi albi a distanza di trent'anni o semplicemente la polvere accumulata. Una delle due.
Grandissimo tuffo nei ricordi.
RispondiEliminaIn solaio ho ancora tutto quanto (non so in che condizioni), tra mangazine, zero e tutti i kappa magazine fino a non mi ricordo quale numero…
Che bello che era leggere Ghost in the Shell, 3x3 occhi, Gun Smith Cats… ora mi fermo ho una bruschetta nell'occhio di dimensioni ragguardervoli T___T
e sì... all'improvviso l'edicola solita inziò a riservare uno spazio anche alle riviste di fumetti giapponesi... c'erano, in una gran confusione e incertezza, sugli stessi scaffali, le riviste con materiale per adulti ("Lemon" di Another Life/Edizioni Vita e "Blue Japan") che durarono molto meno....
RispondiEliminaI Ken il guerriero della Granata Press mi iniziarono al mondo dei manga, iniziai per vedere come proseguiva la storia dopo la fine del cartone, poi piano piano li recuperai tutti, ad eccezione del numero 3, che era introvabile anche prima che la Granata fallisse. L'occidentalizzazione e la conseguente "ribaltatura" delle immagini portò a conseguenze involontariamente comica, a parte il fatto che erano tutti mancini, ricordo uno dei primi cattivi che tradisce il suo sgherro più fidato, e gli chiedono "ma non era il tuo braccio destro?" e lui "il mio braccio destro è qui" (e si tocca il braccio sinistro).
RispondiEliminaPoi arrivò la Star Comics, con Dragon Ball; ricordo ancora nell'intervallo coi miei compagni di classe tutto il tempo passato a cercare di capire come diavolo si leggesse, ma questo è l'inizio di un'altra storia.
Quanti ricordi legati alla Granata Press e proprio agli anni in cui c'erano i Kappa Boys... I manga comprati in edicola dalla grandissima "Signora Elena", sempre messa in difficoltà dalle mie strane richieste, ma che non mi ha mai deluso.
RispondiEliminaE poi le letture a scuola, soprattutto durante le interessantissime ore di filosofia... una vita fa, un'altra città, un altro me. Non nego che fra i motivi che mi spinsero ad andare a studiare a Bologna ci fu anche l'idea che fosse la città della Granata Press e dei Kappa Boys...
Ok basta, vado a prendere gli asciugatutto che qui ho fatto un casino con lacrime in stile manga
Mamma Mia!!!
RispondiEliminaKappa Magazine era una porta verso l'infinito. Questo post accende vecchi ricordi come la vecchia sede della Yamato in cui entravi e c'era un modellino di Godzilla (chi è di Milano ricorda). Il paradiso per il lettore di manga e l'appassionato di anime. Un posto in cui spesso i fumetti uscivano prima che in edicola e potevi recuperare tutti i manga possibili immaginabili, qualche edizione giapponese e in cui trovavi all'epoca i cd delle colonne sonore degli anime. Ho comprato i primi cd di Yoko Kanno in quel posto.
Era un età d'oro in cui c'erano valangate di manga già completi pronti per essere pubblicati da noi con regolarità. Oggi ci vogliano anni per vedere la fine di un manga, anche corto. I volumi granata delle serie incomplete spesso venivano recuperati per andare a vedere come andava avanti le storie ma poi ti rileggevi tutto mese dopo mese sui volumi Star Comics (feci così per Patlabor e Ranma 1/2) fino a tornare in pari.
PS: diventassi mai ricco mi recupero tutto Kappa Magazine.
Grande Drakkan!!!!
Eliminasulla "baya" non è impossibile recuperare tutti i numeri di Kappa, riesci a trovare numeri singoli a, tipo, 1 euro e 50 al pezzo, il trucco è di comprare tutti i numeri utili nello stesso negozio on linee risparmi sulle spedizioni, oppure se becchi qualche blocco o sequenza, te li vendono a prezzi onestissimi ^_^
uhh davvero? Allora sono ricco. Ho tutti i kappa magazine dal primo all'ultimo. Compresi gli ErotiKappa.
EliminaIniziai a leggere, pubblicato da Granata, il manga di Mazinger Z e poi del Grande Mazinger di Ota trovando un tono molto più adulto rispetto al cartone, che già non scherzava..cacchio che ricordi..
RispondiEliminaDoc, a quando un post su Japan Magazine e compagni?
Vorrei portare avanti il discorso con quanto successo nella seconda metà degli anni Novanta e a inizio anni Duemila.
EliminaE a proposito di discorsi da allargare. Vedo che questi post di approfondimento sulla storia del fumetto e dell'animazione vi piacciono, e ne sono felice. È peraltro un tipo di contenuti che credo sia perfetto per l'Antro.
Come sarebbe interessante un articolo sulla storia delle case editrici italiane di manga. I vari retroscena, i gossip... perché i Kappa lasciarono anche star e soprattutto che fine hanno fatto???
Eliminahttps://www.kappalab.it/chi-siamo/
EliminaLi trovi qua
Sì, sì Doc, ci piaceci!
EliminaQuesto di manga e anime è il mio ambiente naturale dove sguazzo come un girino nel fango, che i supereroi mi han sempre lasciato freddino...
Io sono favorevolissimo, altroché!
EliminaGuarda Doc, se si arrivasse anche fino al presente io sarei ancora più felice. Quindi ben venga qualsiasi ulteriore approfondimento!
EliminaBellissimo post. Candy Candy lo comprava mia sorella, e lo ricordo bene. L'ondata dei primi anni '90 l'ho vissuta come uno degli snodi fondamentali della mia vita. Ho vari ricordi legati all'epoca: un mio amico che prese Mangazine 1 e alla stazione, mostrandomi la ccpertina, disse quanto fosse bella Lamù. Io che a scuola leggo il dossier Miyazaki e tanti tasselli vanno al loro posto: Conan, Shun Miyazaki, Nausicaa su Rai 2, Il Castello Di Cagliostro... E tanto altro. Esperienze comuni a tantissimi qui (perlomeno, a quelli di una certa età).
RispondiEliminaDoc, mi piacerebbe se in futuro parlassi anche di Man-Ga!, una rivista che ho amato moltissimo, soprattutto nella sua prima serie (da edicola) del 1997-98. Nonostante la qualità, è stata una pubblicazione poco fortunata. Mi fa tristezza l'unico numero uscito della quarta serie (una decina di anni fa) non fosse altro che per la qualità che ancora presentava (bellissimo dossier su Tezuka, tra l'altro). Ma per dirla con un famoso pistolero, il mondo è andato avanti. Davvero non era più tempo per una rivista di quel tipo.
Ragazzi, mi avete commosso. Per l'articolo e per i tanti commenti pieni d'affetto. Grazie.
RispondiEliminaUnknown alias Massimiliano De Giovanni
RispondiEliminaGrazie a te, Massimiliano, di tutto. Mi chiedo come sarebbero stati quegli anni senza voi quattro.
EliminaGrande Massimiliano! Mi unisco ai ringraziamenti. E con non poca emozione, davvero.
EliminaCaro Unknown aka Massimilano de Giovanni, voglio dire solo una cosa a te e agli altri tre "boys". Grazie.
EliminaVi ho incontrati ad una Comiconvention a Milano, nel mitico Quark Hotel, ho ancora in libreria il primo numero di "Express" con i vostri autografi! Per anni voi quattro siete stati il punto di riferimento assoluto per noi appassionati di manga, i primi a trattare i fumetti del Sol Levante con la serietà e il rispetto che meritano, i primi a pubblicare un manga non ribaltato (oggi sembra scontato ma all'epoca fu una scelta incredibile), avete proposto le storie che ci hanno fatto sognare da bambini accanto a novità sempre interessantissime e devo quasi interamente a voi la mia passione per le robe giapponesi.
"Quasi" perché per quanto sembri incredibile l'altro mio punto di riferimento è Alessandra Valeri Manera, proprio lei, il "nemico" che con i suoi cartoni super-censurati ha iniziato tanti di noi a questo strano mondo.
Ma dopo 30 anni una curiosità me la devi togliere: che meenchia voleva dire "Gaùrro"??! :D
Qui da noi in Sardegna, almeno in certe zone, è uno dei vari modi per dire "grezzo". Tamarro, insomma 😂
EliminaGrande Massimiliano!!
EliminaRicordo ancora le prime Kappa Convention in quel teatrino minuscolo in quel di Bologna, il viaggio in treno con gli amici per arrivare da Milano, le proiezioni di cartoni rigorosamente in originale non subbato che appena appena cominciavo a capire (già studiavo la lingua all'epoca) e il mitico Kappaoke dove, contro ogni mia naturale inclinazione al cercare di passare inosservato, salii sul palco a cantare la mitica sigla italiana di Daitarn 3!!
Tanti, troppi ricordi.
Grazie a te e agli altri tre perchè senza di voi...
Cheers
Ciao Massimiliano, grazie infinite per aver reso la mia giovinezza una figata astrale!!! Mi vantavo di essere un lettore di manga e compravo praticamente tutte le vostre testate! Ringrazie te e Andrea Baricodi per avermi pubblicato in quel famoso numero di Jojo, non scorderò mai il "pelapatate sbucciaginocchi concentrico" ^_^
EliminaMi unisco anch'io ai saluti ed i ringraziamenti per i Kappa Boys: nel nostro piccolo all'epoca (seconda metà degli anni '90) cercammo con alcuni amici di imitare l'esempio creando una fanzine che durò forse 3 numeri (oppure il 3 non vide mai le stampe) e constava di contenuti che solo qualche anno dopo sarebbero più pertinentemente approdati su myspace o su di un blog (recensioni di anime e manga e riflessioni trasversali su tematiche comuni).
EliminaMa anche io vi ringrazio soprattutto per la serietà di aver portato a termine le serie da voi iniziate (la bellissima Rough, ma non solo), perché l'incertezza della conclusione non può che danneggiare tutto il settore (lettori ed editori), dato che la reazione più comune è quella che in anni recenti ho io stesso assunto: aspettare che una serie finisca e recuperarla in blocco, tanto la backlog di cose da leggere, vedere, giocare è ormai una presenza costante, mentre l'attesa per la prossima uscita fatta di mancanze ed anticipazione invece un lontano ricordo appartenente ad un altro periodo.
@capuleius: ma lo sai che io sto rivalutando le censure della Manera? specie dopo le porcherie di censure che sto trovando su netflix guardando jojo stardust crusaders: chiazze di nero senza un perché che a volte rendono incomprensibile certe inquadrature per quanto il fotogramma è stato oscurato...
Volevo ringraziarti anch'io, Massimiliano.
EliminaDi cuore, davvero.
Tu e gli altri siete stati i nostri miti. Miei, di mio fratello e dei miei amici con cui ho condiviso per anni la passione per manga e anime.
Grazie.
@Nathan: Ho letto commenti di gente che diceva "Meglio non portarli proprio in Italia piuttosto che censurati così! Se devi far vedere dei cartoni ai bambini trasmetti i cartoni per bambini, non storie per ragazzi censurate!"
EliminaOra, a parte che non è come, che so, sfregiare la Gioconda: è più come tradurre un romanzo in maniera discutibile, l'originale rimane lì in attesa che qualcuno lo riprenda con un adattamento migliore. Ma provate a pensare se la Signora non ci avesse fatto vedere quei cartoni in tenera età, pur censurati: esisterebbero gli appassionati di anime? Sì, forse, ma sarebbero molto più "tiepidi".
Se oggi qualcuno mi dicesse "Ma lo sai che in Kazakistan negli anni '80 e '90 hanno fatto dei cartoni stupendi?", io magari ne guarderei qualcuno, potrei anche appassionarmi ed interessarmi al fenomeno, ma i cartoni kazaki non mi daranno mai quel piccolo tuffo al cuore che mi danno i cartoni giapponesi, perché i ricordi degli anime si mescolano a doppio filo con i bei ricordi dell'infanzia.
C'è una vignetta animata sul blog di Zerocalcare, con lui bambino, in una sera autunnale, illuminato dai raggi colorati della sigla dei Cavalieri dello Zodiaco, che quando l'ho letta ho pensato: sì, era proprio così.
Tanto poi abbiamo avuto tutto il tempo e tutte le occasioni per approfondire l'argomento anime, infervorarci, pretendere accoratamente adattamenti più fedeli e "financo" (cit.) arrivare a gridare allarmati: "No! Fermi!! Così è TROPPO fedele!! Non si capisce una mazza!!!" :D
Anzi: non ci saremmo così accalorati se quei cartoni non ci stessero a cuore: e ci stanno a cuore proprio grazie a chi ce li ha fatti vedere al momento giusto.
E' un po' contorto, ma spero si capisca...
@capuleius si capisce benissimo, per quanto mi riguarda, e ripensando ieri a quel periodo della mia vita mi sono venute in mente proprio le stesse cose!
EliminaSi capisce assolutamente ed anzi, secondo me, va dato atto che - se censura ci deve essere - esiste quella operata dalla Manera che comunque risultava in un prodotto fruibile e veicolava una narrazione (per quanto modificata, distorta o stravolta, talvolta); ma d'altro canto esiste quella becera che oscura e basta, senza tener conto di fruibilità e narrazione.
EliminaCi sarebbe forse anche da riflettere su come la censura rifletta i tempi e come quella "oscurantista" sia molto più affine alla "cancellation culture" che sta affliggendo parte della nostra società odierna (ma qua in realtà non so a quando risalga la censura operata da netflix su jojo: io lo sto guardando adesso, ma potrebbe essere un contenuto disponibile magari anche da anni ormai...).
Della Granata Press comprai numeri sparsi (all'epoca ero in fissa con il fumetto argentino) ma non li ringrazierò mai abbastanza per quella copia di "2001 Nights" che mi capitò sottomano... l'era Star Comics/Kappa Boys invece me la sono fatta tutta ma proprio tutta (chi si ricorda i "mezzi numeri" di Kappa Magazine alzi la manina :-D )
RispondiEliminaTop, ho rimediato il 16/5 proprio recentemente!
EliminaMamma, che nostalgia.
RispondiEliminaA pensarci, i primi manga letti sono quelli del Corrierino, appunto il citato Spank! ma c'era anche Creamy, sempre ribaltato e colorato, mentre il resto erano i maledetti anime ridotti a fumetto, quelli con le foto.
Della Granata avevo acquistato, per caso, cercando una lettura da spiaggia, il primo numero di Maison Ikkoku, che ho ancora a casa, non avendo mai avuto il coraggio di buttarlo; l'avevo letto così tante volte (senza, ahimé, mai continuarlo) che quando ho acquistato la nuova edizione Star Comics dell'opera sono riuscita a fare il confronto tra traduzione vecchia e nuova, commuovendomi anche un po' per l'ingenuità dell'epoca.
Ah Kappa Magazine, quanto l'ho amata, infatti l'avevo cominciata a leggere nel '96-'97 e poi negli anni l'ho recuperata tutta. Fa ancora bella mostra di se in libreria. Quanto dispiacere quando è finita.
RispondiEliminaPresi all'epoca il primo numero di Mangazine, qualche altra cosa sparsa qua e là, finché mi capitò tra le mani il mio primo numero di dragonball: il 25. Fu amore a prima vista.
RispondiEliminaKappa Boys patrimonio dell'umanità!
RispondiEliminaSi capiva l'amore che avevano per i manga da quanto cercassero di tenerli il più possibile fedeli agli originali (vedi l'azzardo per l'epoca di lasciare Dragonball col senso originale, che nessun'altro voleva fare).
E infatti la differenza con Granata (tradotti dagli Usa) si vedeva.
Ricordiamoci anche delle polemiche per le scene lesbo di GitS nel primo numero di Kappa Magazine! Gli fece una bella pubblicità! XD
Troppi ricordi! Non c'è la faccio...
GITS è stato nulla in confronto a Gun Smith Cats!
EliminaQuanti ricordi...
Dragonball non ribaltato non fu solo un fumetto: fu un esperimento di "relativismo culturale".
EliminaChe non è una cosa brutta, come cercano di farci credere alcuni esponenti di spicco della gerarchia ecclesiastica, ma è quello che alla lunga salverà la nostra società dall'implodere in una spirale di razzismo, odio e incomprensione.
Dalla Treccani: "Il relativismo culturale è una modalità di confronto con la variabilità e la molteplicità di costumi, culture, lingue, società. Di fronte alla molteplicità l'atteggiamento relativistico è incline a riconoscerne le ragioni, ad affermarne non solo l'esistenza, ma anche l'incidenza e la significatività."
Ossia, "mettersi nei panni dell'altro, prima di sputargli in faccia perché è diverso da te".
Il primo numero di Dragonball mi pose davanti a un fatto. C'è gente che legge un libro in verticale, da destra a sinistra, dall'ultima alla prima pagina: per loro è strano e innaturale il mio modo di leggere almeno quanto per me lo è il loro, ed entrambi hanno lo stesso valore".
Una cosa così ovvia come il senso di lettura era scardinata dalle sue fondamenta: per il me stesso ragazzino fu un'importante lezione.
"GITS è stato nulla in confronto a Gun Smith Cats"
EliminaGià! Quelle scene erano decisamente porno! XD
Ripensando a quel periodo mi è venuto in mente quando recuperai tutta la prima edizione di Video Girl AI dopo aver letto DNA^2. Video Girl AI aveva il problema che ti rimanevano in mano le pagine se non lo trattavi con molta cura.
RispondiElimina"It's not a bug, it's a feature!". Le incazzature, dovevi rigorosamente prenderne due copie: una da lettura e una da collezione.
EliminaNovembre 90, abito davanti al palazzetto dello sport di Lucca e mi viene a trovare un amico col primo numero di Zero, un omaggio alla mia ossessione per Kenshiro.
RispondiEliminaRicordo quanto mi piaceva Xenon (poi ho provato a riprenderlo e, no, non ha retto bene gli anni).
Gli editoriali dei Kappa Boys trasudavano passione, e difatti i miei soldi li seguirono nel passaggio alla Star. Dedizione ripagata, perché loro facevano di tutto per portare a termine anche le serie che avevano meno successo, e così mi sono potuto godere fino in fondo due gioielli come F e Rough (capolavoro assoluto).
ricordo ancora distintamente l'emozione del me ragazzo che trovo in edicola il primo manga monografico de "i cavalieri dello zodiaco"
RispondiEliminaDella Granata mi sono rimasti giusto i due numeri di Dominion e i primi dodici numeri di Ushio e Tora.
RispondiEliminaChe non sfoglio neanche perche' se no finiscono in pezzi.
Sorte toccata a Ken e i Cavalieri, di cui poi ho recuperato gli albi Star Comics.
Diciamo che e' con la Star che ho iniziato a collezionarli.
Si, me lo ricordo la vecchia sede dello Yamato Shop, un paio di vie piu' indietro di dove si trova ora. O piu' avanti, dipende da dove si arriva.
Ma mi ricordo ancora meglio quando era nella stessa via, ed era solo un buco di negozio.
Praticamente ci andavo li' quasi tutti i giorni.
Da li' hanno iniziato a sorgere come i funghi.
Il mai abbastanza compianto Nypponia (li' Dragonball prima versione lo trovavi sempre, visto che esaurito in poche ore), poi il Dynamic Point, la Libreria Millepagine dove facevano pure gli eventi a tema e trasmettevano gli OAV...
Basta, troppi ricordi. Non li reggo.
Bellissimo post, Doc. Anche se mi ha fatto commuovere, mannaggia.
E non sono cose, il Lunedi'.
Via Lecco, ecco dov'era.
EliminaOggi e' in via Tadino.
Scrivevo poco sopra anche io della Yamato in Via Lecco n. 2, la stessa Via Lecco in cui trovavi la mitica Borsa del Fumetto (Via Lecco n. 16).
EliminaAnche la Borsa si è spostata dopo 40 anni di onorato servizio.
Eh sì, tra la Borsa, la Yamato (bellissima la vecchia sede, piccola e raccolta: quella di adesso è fantastica, sembra di entrare in un supermercato, ma le manca un po' quell'atmosfera intima a mio avviso), il Libraccio più in là, la Feltrinelli e un negozio di modellismo che purtroppo col tempo ha chiuso arrivavo in Porta Venezia di primo pomeriggio e 10 minuti dopo era già buio, vai a sapere perché :D
EliminaComunque in zona Politecnico c'era la mitica Defcon Zero, che vendeva fumetti, videogiochi, anime e roba di modellismo, Warhammer, ecc. Se ci fosse stato anche un reparto alimentari non avrei avuto bisogno di entrare in nessun altro negozio (e infatti spesso bivaccavo lì per delle giornate intere. E la mia ragazza mi ha sposato lo stesso!) XD
Anche loro non ci sono più, e il Poli è un po' più triste adesso.
Si, vi do pienamente ragione.
EliminaDiciamo che ho voluto omettere quelli non esclusivamente dedicati a manga e affini.
Tipo La Borsa, Supergulp, Milanofumetto (oggi Alastor) e poi un altro che non mi ricordo assolutamente, e che con tutta probabilita' nemmeno esiste piu'.
Quello, insieme ad un paio di altri negozi di console d'importazione, li ho proprio rimossi dalla memoria.
Pur essendoci andato, eh.
E' questa la cosa ridicola.
Sia i nomi che le ubicazioni.
Mi danno sui nervi, queste cose.
L'eta'...
Certo che tra negozi specializzati di modellismo, gdr, manga e anime, fumetti, sale giochi e videogames c'era da stare in ballo le intere giornate.
Erano i nostri bar. Erano un Sabato pomeriggio.
Ero sempre a Milano, a quei tempi.
Sempre.
Ora se ci metto piede una volta l'anno per Natale e' gia' tanto.
Ho perso i miei punti di riferimento.
Vai li' e a momenti non capisci piu' nemmeno dove sei, e dove ti trovi.
E le Messaggerie Musicali e il Virgin Megastore?
Hanno tirato su una generazione intera.
Sempre in zona Via Lecco c'era anche Avalon in Via Settembrini n. 20.
EliminaRicordo nelle estati assolate quando giravo tutte quelle fumetterie in cerca di arretrati.
A quell'epoca feci la casella alla fumetteria di Porta Romana che inizialmente era in Via Salmini e poi si spostò in Corso di Porta Romana.
Ad un certo punto chiuse senza preavviso. Avevo la casella 17.
Adesso ho la casella alla piccola Super Gulp di Via della Palla, dove c'era la Fnac. (quanti negozi chiusi ragazzi).
E chi se li scorda i giri allo Yamato Shop e tutti gli altri negozi per andar a prendere l'ultimo numero uscito (ed un sacco di altre cose ovviamente)...ed il gelato di McDonald's in grado di bucare anche i palloncini (Redferne lo sa bene)
EliminaOla, Simo!!!
EliminaCome la va?
Eh, quante ne abbiamo combinate…
Avalon me lo ricordo pure io, ogni tanto bazzicavo pure lì.
Fino a che é durato, il Nipponya (in fondo a via Melchiorre Gioia) restava la mia prima scelta.
Abituato com'ero ai negozietti di videogames import, se non si trovava in un postaccio anfrattato tra le natiche dei lupi non era ok.
Lì era perfettto: defilato, poco frequentato a parte fine settimana e trovavi sempre tutto (specie Dragonball, Simo. Che la priam edizione andava via come il pane).
Tra Giugno e Luglio era il periodo perfetto, comunque.
Finiva la scuola, chi poteva levava le tende al volo e Milano si svuotava.
Quanti vasche sotto a solleone in mezzo al torrido nulla, in una metropoli deserta.
Ma che per un paio di mesi l'anno tornava finalmente a misura d'uomo.
Ormai non c'é quasi più nulla.
Dovremmo tracciare un a cartina storica, in base alle memorie di ognuno.
E poi organizzare un pellegrinaggio con sosta nei negozi ancora in attività e un momento di raccoglimento, con tanto di minuto di silenzio, di fronte ai punti dove una volta c'erano i negozietti ormai estinti.
Obiettivamente un'idea cretina, ne convengo. Ma talmente strampalata da poter fare il giro e diventare pheega.
Ancora una cosuccia.
EliminaCome dicevo, della Granata mi é rimasto ben poco.
Diciamo che per me il boom é arrivato con la Star Comics, di cui se ne riparlerà senz'altro.
La Granata é durata fino a che ha potuto contare su Ken e i Cavalieri, di cui ho potuto leggere le parti inedite.
Si, oddio, su Ken meglio soprassedere. Visto come termina, tanto valeva farlo finire come il cartone.
Ma i Cavalieri, ragazzi...la mitica terza serie di Hades, su cui correvano voci incontrollate e che pareva non esistesse neppure, come il Megadirettore Galattico!
Dopo hanno azzeccato solo Ushio e Tora, a mio giudizio.
La loro resta comunque la versione migliore.
Ma qualcuno per caso si ricorda dello Studio 7 a Milano? Era in una casa privata, poi si trasformò in Nipponya. Ho ricordi vaghi, avevo 12 anni...
EliminaNausicaa Granata e le copie pirata dell'ultimo numero. Che tempi...
RispondiEliminaL'unica copia arrivata nell'unica fumetteria della mia città la comprò un mio amico, che mi permise non solo di leggerla ma anche di fare le fotocopie. Sudare freddo per non aprire troppo l'albo ma sufficiente per fare una fotocopia leggibile... che tempi! :)
EliminaOh cavolo, mi è appena entrata tutta la mia giovinezza in un occhio...
RispondiEliminaQuanti ricordi... La mia avventura coi manga è cominciata col numero 11 di Zero, attirato in edicola dalla cover raffigurante Kenshiro. All'inizio da bravo ignorante, pensavo fosse tutto Ken, infatti a leggere Xenon non riuscivo a ricordare quelle storie di cyborg nella saga del guerriero di Hokuto XD. Figuriamoci Baoh.
RispondiEliminaA proposito del manga di Mazinga, agli inizi degli anni 80 mi regalarono un fumetto del mitico robottone, era in grande formato e a colori. Io ne fui subito rapito, mi ricordo che studiai a memoria la pagina con la scheda tecnica del Mazinga con tutti i meccanismi interni rivelati. Mi ricordo bene anche una Jun Hono in piena pagina che si faceva la doccia, con la schiuma che copriva a malapena quello che doveva coprire :) Purtroppo appena se ne accorsero i miei genitori mi sequestrarono il fumetto e non lo vidi mai più, un Grande Rimpianto.
RispondiEliminaQuanta carta inscatolata!
RispondiEliminaSono ancora tutti lì: Zero e Mangazine dal primo fino all'ultimo numero di pubblicazione "regolare" (NON considero "regolare" quell'aborto che tirarono fuori l'ultimo anno... carta straccia con rubriche orrende ed evidente tentativo di confermare ogni singolo pregiudizio sugli Otaku). Kappa Magazine fino a che ha perso la sua spinta innovativa, ormai sommerso dai monografici da una parte e dal web che ti permetteva facili approfondimenti dall'altra.
Impossibili da vendere, impossibili da rimettere sugli scaffali, difficili da rileggere (quanto sono invecchiati in fretta Xenon, Compiler e 3x3 Occhi!!) ma impossibili da buttare via... anche ciò che è stato essenziale a farmi diventare quello che sono, può diventare un fardello inutile.
Così vanno le cose.
[ah... la facile filosofia dell'eterno immaturo...]
Passi per Xenon e forse in parte per 3x3 Occhi...ma Compiler invecchiato male proprio no! Sia lui che il compare Assembler OX continuano a farmi sganasciare come il primo giorno... sarà che sono e rimarrò sempre un fan sfegatato di Asamiya (appró, ma una versione completa di Silent Mobiüs potremo mai averla?)
Elimina3x3 occhi secondo me regge ancora bene, ma Compiler e Assembler non li ho sopportati. Troppo demenziali, di una comicità che non mi ha preso. Gun Smith Cats invece mi è sembrato ancora valido.
EliminaGranata Press, Mangazine, Kappa Magazine, i Kappa Boys...
RispondiEliminaTutto questo Meravigliosamente meraviglioso™ mi sta facendo attraversando tutte e tre le fasi della Nostalgia Canalis©: dal Genuino momento emozione© al Momento mariomerolo™, in un'esplosione di Lacrime napulitante™
Scusate, vado a togliermi una bruschetta dall'occhio.
Andrea Baricordi, Massimiliano De Giovanni, Andrea Pietroni e Barbara Rossi: vi devo ore, che dico ore, anni di vita. E scusate per quella Kamehameha in faccia...
quello dei soldi che in linea teorica non sarebbero dovuti bastare a comprare tutto quello che compravo è un problema che mi posi anche io all'epoca. Mi ero convinto che, se mi fossi messo a fare due calcoli, avrei preso coscienza dell'impossibilità della cosa, e quindi preferivo fare come il bombo, che in teoria non potrebbe volare ma, non avendo sentore della cosa, vola.
RispondiEliminaOddio Doc, questo è un tripudio vorticante di sentimenti mariomeroli. Questo lunedì non potrò scordarlo facilmente, mai! Grazie!
RispondiEliminaQuesto bellissimo post arriva proprio nel bel mezzo di alcuni rispescaggi storici usciti fuori dalla mia collezione (ho traslocato l'anno scorso e di roba ne è uscita fuori signora mia!), quindi mi trovi perfettamente allineato con ciò che hai descritto.
Ricordo che ero troppo piccolo per apprezzare i fumetti Fabbri, ma una volta chiesi a mio padre di comprarmi un fumetto dove c'era Mazinga e me lo fece trovare sul cruscotto della macchina la settimana dopo.
Poi le bellissime pubblicità di Kappa Magazine dietro gli albi dei supereroi Marvel della Star Comics e la grande curiosità per quei fumetti che tanto assomigliavano ai cartoni giapponesi che guardavo alla televisione (quanto mi manca quella sensazione di curiosità che si provava d'avanti a qualcosa di nuovo che volevi scoprire...). Poi quei numeri di Ken il guerriero e dei Cavalieri dello Zodiaco rimediati al mare in quelle edicole piene zeppe di fondi di magazzino, le ansie di provare le testate sconosciute (Bastard!!! e Jojo su tutte). Tra l'altro prima di allora non collezionavo fumetti nel senso stretto del termine, cioè non facevo le serie per intero. I manga invece potevano terminare dopo qualche numero ed era molto più avvincente leggerli!
Doc se posso darti una mano (non vederla come una precisinata, mi sta molto a cuore l'argomento) sul post, potremmo citare anche i meravigliosi "J-comics" della Play Press, passata insosservata nel pubblicare fumetti giapponesi con formato da graphic novel ameracana (alcuni colorati) come "Goku Midnight eye", "Cobra" e "Hotel Harbour View", per poi darsi a meno disinibite testate (La Clinica dell'Amore, Urotsukidoji, Gotaman), anche loro precursori in qualche modo ;)
Ciao, Zione. Vedi risposta ad Air Angelo: mi piacerebbe tornare sull'argomento per raccontare anche quello che è venuto dopo. Compresa la variegata (ma più che altro pinku) parentesi Play Press, sì.
EliminaGrandissimo Doc! Veramente mi piacerebbe vedere il seguito di questo post, per chiacchierare sulle uscite meno famose e tutte quelle robe che compravi in stato di astinenza, quando non potevi attendere che passasse un mese dall'ultimo numero di jojo XD
EliminaMinc*a, ripensandoci in effetti si comprava anche della roba veramente improponibile ;^_^
EliminaIo ricordo una via di mezzo tra manga e comic, Solarlord, durato tipo 3-4 numeri con storie probabilmente raccattate in giro, che non si capiva nulla tra l'una e l'altra.
Elimina@Diaspar:
Eliminaera come quando entravi nella salagiochi nell'87 ma il "bullo" era a giocare nel tuo gioco preferito. Non potevi aspettare e buttavi i soldi nel gioco accanto, che ti faceva schifissimo ma pur di giocare a qualcosa ti andava bene anche giocare a "Circus".
Quando iniziammo a collezionare manga (io, mio cugino e una manciata di amici), le testate non erano tantissime e nelle edicole di Penisville (2 in tutto) neanche uscivano tutti i titoli e manco regolarmente! Allora ti attaccavi a qualsiasi cosa trovavi arrivando a comprare pure i manga semi piratati di City Hunter oppure robe autoctone semi pornachos dalla copertina ambigua, sino alla roba general press che pubblicava Ninja High School di Ben Dunn! Anni pionieristici ^_^
@Air Angelo:
Solarlord fu la terza testata delle edizioni Jade (che se non erro era la divisione fumetti orientali della "Edifumetto", quella porno dello "squalo") che iniziò a pubblicare materiale cinese di Hong Kong sulla scia dell'ondata manga della Granata e della Star Comics. Il primo titolo fu Super Shen che pure non era un fumetto bruttissimo, era disegnato bene (anche se l'autore ricopiava a man bassa Ryōichi Ikegami) e la trama era inizialmente intrigante (anche se poi si perde in diversi "meh!") e molto action; seguirono 5 Generazione e, appunto, Solar Lord ;)
@Zione
EliminaDella Jade ho tutti i fumetti di Street Fighter e mi piacevano tutti un botto. Tra i nick che uso c'è Hokuro, personaggio di uno di questi fumetti.
Quella della Jade erano parecchio mal organizzati finché non sono implosi. Il loro stampatore spesso faceva casini; volumi a cui si staccavano le pagine e una volta invertì le copertine di due volumi. Ricordo con grande affetto le vicende del n. 5 di Street Fighter III che si dimenticarono di consegnare ai distributori di Milano. Un mio amico mi regalò la copia da edicola pescata da qualche parte ma io volevo quello con la costina blu da fumetteria. Lo trovai a Fano, dalle tue parti. Nella fumetteria vicino all'Arco di Augusto alla domanda "avete arretrati di Street Fighter III?" mi mostrano il n. 5 edizione da fumetteria dicendomi "solo questo".
Della Jade è bellissimo Super Gemini che inizia per caso.
Parlai con quelli della Jade ad una fiera del fumetto, stand super scarno e uno dei dipendenti che poverino aveva il viso tutto rosso perché la pelle si esfogliava tutta. Furono molto gentili, gli dissi che i loro fumetti erano stupendi ma che cercavo quel famoso n. 5 introvabile e qualche altro arretrato. Loro mi dissero di passare alla loro sede all'inizio di Via Forlanini (andando a linate vedo sempre la casa) e in quella occasione mi regalarono un po' di fumetti, tra cui Super Gemini. Mi chiese se lo stessi facendo perché per loro era il più bello che stavano pubblicando. Risposi che ero un po' scoraggiato dalla discontinuità delle uscite.
Super Gemini non ha mai visto la fine in Italia. Vorrei troppo sapere come va avanti perché il protagonista e la storia erano originali ma soprattutto interessanti.
@Zione, grazie! Almeno ho la conferma di non essermelo sognato!
EliminaFra l'altro Hobby Fumetto è il nome della storica e unica fumetteria di Imola e so che il proprietario aveva collaborato coi Kappa Boys agli inizi. Non credo il nome sia un caso.
RispondiEliminaUna cosa che ti è sfuggita: in un numero dei 5 Mangazine, versione fanzine, sono apparse le prime scanlation italiane (una storia di Ranma, ma potrei sbagliare, vado a memoria). Quindi i Kappa sono anche i precursori di questo fenomeno che tanto ha preso piede vent'anni dopo.
RispondiEliminaHo avuto la serie completa del Grande Mazinga Fabbri e ancora mi vien da piangere se penso che avevo rimosso tutte copertine per poi rilegare con ago e filo i fascicoli.... e di li a breve l'immodizia...
RispondiEliminaCome tutti i nati negli Anni 70 (a dire il vero proprio all'inizio, nel 1970) sono cresciuto a pane e anime, soprattutto del filone robottoni e affini, ma per quanto riguarda i manga ho delle lacune tremende, colpevoli e imperdonabili. I tuoi articoli aprono mondi su altri mondi affacciati su ennesimi universi, insomma leggo informazioni che stuzzicano la curiosità, mi fanno ripensare a personaggi del passato sotto una luce leggermente diversa che non rovina i ricordi, bensì li arricchisce. Pensavo alla tua osservazione sui manga di Mazinga originali, chiaramente distinguibili da quelli prodotti in Italia, ed è proprio vero: rammento bene un volumetto di Tetsuya e compagni che riprendeva l'atmosfera della serie arricchendola di sfumature che mi suonavano strane, ma allo stesso tempo giuste e complete.
RispondiEliminaInsomma sono sempre lieto di leggere questi post, complimenti davvero.
Che emozione e che lacrimoni, ma che momenti bellissimi Kappa e la sua Storia. Le Kappa Collection, I 2001 Nights che ho ancora, seppure incompleto, perché prestato ad amico non scaltri. Resterà per sempre come Lacrime nella pioggia.
RispondiEliminaBell'articolo doc! Io ho iniziato a leggere i primi manga proprio su Mangazine, ma molto sporadicamente perché nel mio paesino non arrivavano, di solito li leggevo in vacanza. Un anno (credo il 94 o 95) ero a riccione e entrando alla libreria Gulliver trovai i primi 35 numeri di Dragonball. Goku adulto? Si legge al contrario? Ma cos'è questa cosa bellissima?! Spesi tutte le mancette in arretrati. Da li iniziai i peregrinaggi alla fumetteria Imago a brescia dove a botte di 20-30 volumetti recuperai serie intere. Ricordo il sottocasco dello scooter pieno di Kimagure Orange Road, Ushio e Tora, Maison Ikkoku, Ranma, Bastard!!, Berserk, Hokuto no Ken etc etc...Non ho più smesso di leggere manga e guardare anime da allora.
RispondiEliminaRagazzuoli, io GUYVER tutta la vita dal primo numero del 1994, comprato alla Borsa del Fumetto a Milano quando era in piena espansione! Occupava la sede storica e pure un negozio di fronte con pile e pile di manga! Che tempi! Che ricordi! E che grandissima nostalgia canaglia.
RispondiEliminaGli anni '90 e i manga.
RispondiEliminaChi è troppo giovane probabilmente non può capire, c'è stata una strana congiunzione astrale.
Il nostro primo incontro è stato negli anni '80, grazie alla Signora. E chi non sa chi è la Signora vada subito a ripassare su Twitch, prego ;). Censurati, controversi, quello che volete, ma ci hanno fatto innamorare, non dite di no.
Poi, e qui passo alla storia personale, mi sono allontanato, ero alle medie, ero una persona adulta ormai, cos'è, mi guardo ancora i cartoni dei bambini?! Folle.
In prima o seconda liceo chiacchieravo con un amico alla scuola di musica: "Ma tu li leggi i manga?" "Che sono?" "I fumetti giapponesi" "Ah no, queste robe da bambini non mi piacciono, io leggo Nathan Never, che è da adulti super-maturi, è in bianco e nero sai?" (all'epoca per me "bianco e nero" = "fumetto per adulti").
"Guarda qua", mi dice, e mi dà una copia di Japan Magazine.
E niente, è stato come in quella puntata dei Simpson quando Barney aveva smesso di bere per fare l'astronauta e gli hanno offerto un bicchiere di champagne analcolico. "Oh nooo! Si ricomincia!!!" e sono rientrato in un tunnel da cui non ho ancora trovato l'uscita.
Ero nel mezzo della grande ondata dei manga di inizio anni '90: evidentemente erano tutti come me, perché c'è stato un boom pazzesco. All'improvviso si poteva ricominciare a parlare dei cartoni giapponesi, però con un piglio da espertoni radical-chic, che sapevano tutti i nomi di autori, disegnatori, registi, erano informati su tutte le novità e soprattutto erano uniti nella Grande Battaglia, quella contro la censura.
"Oh, ma lo sai che Sabrina in realtà si chiama Madoka?" "Nooo!" "E ci sono un sacco di puntate censurate!" "Vergogna!!"
E ci siamo tutti raccolti intorno ai mitici Kappa Boys, che ci hanno informati e ci hanno proposto cose che neanche nei nostri sogni migliori.
Riguardo alla censura sono ben presto giunto a miti consigli, quando ho scoperto che il mercato dell'home video proponeva tutto integrale e in più collezionabile: ma cosa protestate che in fumetteria vi potete comprare tutta la serie non tagliata? "Eh, ma bisogna proporla così in televisione!" "Ma và, ma và, che la TV la guardano i bambini dell'asilo, probabilmente tu non ti ticordi quanto faceva paura l'Uomo Tigre ma io sì"
I manga degli anni '90 erano una sotto-cultura, come l'heavy metal: ci avete fatto caso che molti degli appassionati di manga sono anche metallari? Lo ero (sono ancora) anch'io, lo eravamo tutti. Vero Zione? :D
Perché leggere manga era non dico un atto di protesta, ma di confronto generazionale sì: ricordo mia mamma, che si opponeva a queste "cinesate" (sic) e non voleva che ne comprassi perché temeva che avrei smesso di leggere libri (tsk, follia! ma ti pare, mamma?...), così io li compravo e li nascondevo manco fossero riviste osé.
Scusate, sto avendo un attacco di noncelafaccio,troppiricordite...
"I manga degli anni '90 erano una sotto-cultura, come l'heavy metal: ci avete fatto caso che molti degli appassionati di manga sono anche metallari? Lo ero (sono ancora) anch'io, lo eravamo tutti. Vero Zione? :D"
EliminaQuanto è vero... quanto è vero... ;)
Invece io ero l'unico fan dell'eurodance tra quei lettori primigeni di manga. Benché circondato da amici lettori metallacci, il suddetto genere ha continuato a farmi schifo.
EliminaGiusto qualche mese fa ho dovuto presentare un progetto sull'arrivo dei manga in Italia e nel leggere il tuo articolo mi sento molto sollevata perché ritrovo le stesse cose che ho scritto.
RispondiEliminaOra ho la certezza di non aver scritto cazzate.
Grazie doc
Ciao! Che pioggia di ricordi! Solo una precisazione però, sul primo numero di Zero. Non è uscito a Novembre ma io ne ho comprato una copia il 21 Agosto del '90 alla stazione di Torino Porta Nuova. Me lo ricordo bene perché quella sera sono partito per il servizio militare (Nocera Inferiore, ma questa è un'altra storia) ed ho tenuto il primo numero per un mese nell'armadietto facendolo leggere ai miei compagni di stanza.
RispondiEliminaIl mese di copertina, riportato anche all'interno dell'albo, è novembre. Com'è possibile allora che tu l'abbia comprato prima? Spesso, soprattutto in passato, per alcune pubblicazioni si tentavano prima alcune piazze, per vederne i risultati. In mancanza di altre indicazioni, ipotizzo che sia successo qualcosa del genere.
EliminaCuriosamente arrivai ai manga direttamente con Kappa Magazine, affrontare gli arretrati della Granata era troppo per le mie finanze. Ma non mi feci mancare nulla della Star Comics, o quasi, compresi alcuni titoli a dir poco discutibili. Ho recentemente riletto i primi 50 Kappa Magazine. E niente, la storia che riciccia è sempre quella: aumento del prezzo della carta, editoriali contro la censura, discussioni sui nudi (di GitS in quel caso)... gli argomenti da 30 anni a questa parte non mi sembrano molto cambiati. Alcuni fumetti sono invecchiati bene, altri secondo me decisamente male, ma pur fra alti e bassi il lavoro dei 4KB è stato importante.
RispondiEliminaI ricordi in questo caso sono un'onda anomala che mi travolge, mentre leggevo il post ho avuto l'impressione di sentire ancora il profumo che avevano le pagine stampate di quelle pubblicazioni.
RispondiEliminaAh il mio primo amore...l'esplosione dei manga. Io ho iniziato accompagnando il mio vecchio (che all'epoca stava recuperando vecchi numeri Corno, prinicplamente F4) da D'Angiò fumetti che aveva aperto una succursale a Padova, in un posto che oggi (che vuol dire 10 anni fa quand'ero all'Uni) è diventato Aula Studio. Lì vidi Kenshiro campeggiare da una copertina di Zero e fu l'inizio della fine. Per 5-6 anni ho comprato TUTTO quello che usciva, compreso roba che non ho mai letto in 30 anni tipo Black Magic. Bei ricordi, grazie Doc.
RispondiEliminache ricordi..
RispondiEliminaall'epoca leggevo solamente fumetti italiani quando un giorno trovai in edicola uno dei primi numeri di Ushio & Tora, credo il 5, e fui letteralmente fulminato sulla via di Damasco (anche se dire Tokyo in questo caso è più corretto 😁) e cominciai a recuperare vecchi numeri di tutto quello che trovavo che venisse dal sol Levante.