Il manga di Arrivano i Superboys: la vera storia di Shingo Tamai e i drammi sportivi (e non) di Ikki Kajiwara
È strano, ma nonostante la grande popolarità avuta da Shingo Tamai e da Arrivano i Superboys nel nostro paese, prima dell'arrivo di Holly & Benji, il manga originale di Ikki Kajiwara e Mitsuyoshi Sonoda era inedito in Italia fino a pochi giorni fa. Con tutto che Akakichi no Eleven ("Gli undici rosso sangue"), come si intitola in originale, è stato scritto dallo stesso autore di Rocky Joe e L'Uomo Tigre, e condivide tantissimo con queste due opere. Anche a causa della vita vera e assurda di Kajiwara [...]
We are the Eurokids, take us so long!, cantavano gli Eurokids, appunto, in "Goal", brano ufficiale degli Europei di Calcio del 1980 giocati in Italia, poi riciclato come sigla di questo anime giapponese tutto fango e sudore, Arrivano i Superboys. Andato in onda da noi a partire dall'80 sulleTV locali e subito argomento di discussione nelle scuole e nei campetti di tutto lo Stivale.
In Giappone, l'anime era stato trasmesso tra il 1970 e il 1971 su Nippon Television, per 52 episodi, ed era tratto da un manga in sei volumi dello stesso periodo.
Akakichi no Eleven, il primo manga sul calcio, pubblicato proprio in questi giorni da Dynit Manga. Come tanti altri spokon, prendeva spunto da un evento reale, e Kajiwara ci aveva messo dentro gli elementi classici delle sue storie di drammoni sportivi. Anche e soprattutto a causa del fatto che lui stesso ha avuto una vita breve e tumultuosa, con un'adolescenza molto simile a quella di Joe Yabuki.
Esattamente come Mimì e la nazionale di pallavolo (Attack no. 1), che era stato ispirato dalla medaglia d'oro della nazionale femminile a Tokyo ’64 - e dai metodi di allenamento super-sadici del suo coach, Hirofumi Daimatsu detto il Demone - anche Shingo Tamai era figlio dell'interesse per uno sport scoppiato in Giappone dopo degli apprezzabili risultati rimediati ai giochi olimpici.
Nel primo numero del manga di Arrivano i Superboys, il professore di educazione fisica Tempei Matsuki, ex portiere della nazionale nipponica, racconta come il Giappone allenato da Dettmar Cramer abbia battuto l'Argentina a Tokyo 64 e sia arrivato terzo in Messico quattro anni dopo, superando nella finalina per il bronzo i padroni di casa. Ce n'era abbastanza per tirarne fuori un manga e spiegare questo strano sport ai giapponesi. Magari bastava aggiungerci una storia vera di successo nel calcio giovanile, perché ce n'era una già pronta.
Quella dell'Urawa Minami, un liceo che nel ’69, solo sei anni dopo la sua fondazione, era stato in grado di vincere tutti i trofei scolastici nazionali legati al calcio, a cominciare dal prestigioso "Kokuritsu invernale", aggiudicandosi una sorta di triplete del pallone per le superiori.
Il nome del neonato liceo è diverso nel manga (Shinsei), ma diversi altri elementi vengono da lì, e perfino Shingo pare fosse in parte ispirato a un giovane calciatore di quella squadra.
L'approccio è lo stesso di Tiger Mask, con tiri e acrobazie descritti con una punta di misticismo, per cui la rovesciata è una "tecnica segreta", e chi ha contribuito a diffondere quella disciplina sportiva nell'arcipelago viene descritto come un grande maestro dinnanzi al cui ricordo tocca inchinarsi. Come il wrestler Rikidozan, il "padre del puroresu", ne L'Uomo Tigre o il tedesco Rettmar Cramer, il "padre del calcio giapponese", qui in Arrivano i Superboys.
Anche se il tono, quantomeno nel primo volume, è molto più allegro e casinista, e molto meno tetro, rispetto alla trasposizione anime, in Akakichi no Eleven ci sono tutti i temi tipici delle storie sportive di Ikki Kajiwara, nato Asaki Takamori e noto anche come Asao Takamori. Più nomi per il semplice fatto che dopo il successo di Tommy, la stella dei Giants (Kyojin no hoshi, 1966-1971, disegni di Noboru Kawasaki), Kajiwara ha lavorato parallelamente tra la fine degli anni 60 e i primi anni 70 a tante serie diverse. Per testate diverse.
Arrivano i Superboys era pubblicato su Shonen King, come Giant Typhoon (altro manga sul wrestling), e contemporaneamente proseguiva la pubblicazione di Tiger Mask e Ashita no Joe su Weekly Shonen Magazine, e di altri manga ancora. Era un autore molto prolifico, Kajiwara, e mai tranquillo.
Dicevi, i temi. Shingo Tamai vive nel Giappone del boom, in cui interi quartieri sorgono dal nulla nella vasta periferia di Tokyo. Il benessere piove dall'alto, ma non per tutti allo stesso modo, e anche se in famiglia i soldi non mancano (la famiglia di Shingo ha un ristorante di sushi), Tamai ha un padre violento come quello di Tommy, che gli ricorda come comportarsi a suon di cazzotti.
Come Naoto Date e Joe Yabuki, Shingo vuole fare all'inizio di testa sua, rifiuta l'autorità e la figura di un mentore, ma poi capisce che lo sport è una guerra e se vuoi vincere devi applicarti, ci vuole disciplina. Non mancano pure qui la figura femminile che funge da catalizzatore degli eventi (Ryoko, come la Yoko Shiraki di Ashita no Joe), il rivale dal fisico colossale da principio violentissimo e poi compagno d'avventure del protagonista (il portiere Ohira, come Mammuth Nishi), l'antagonista supertecnico e stiloso (Jun Misugi, come Rikiishi).
E anche se c'è molta più commedia e molta meno pioggia, se Shingo nelle prime pagine sembra una controparte più alta di Gigi la trottola e se i volti disegnati da Mitsuyoshi Sonoda sono molto torvi e adulti rispetto a quelli dell'anime, nella figura di Shingo ci sono tutti i tratti del protagonista ribelle alla Joe.
Personaggi che Kajiwara/Takamori scriveva così, traendo semplicemente ispirazione dal suo passato. Perché è stato anche lui un Joe Yabuki, e ha vissuto una vita incredibile.
L'anime di Tommy la stella dei Giants. L'amore per il baseball inculcato a cinquine. |
La sua carriera scolastica fu costellata di risse, espulsioni, trasferimenti, fughe. Il giovane Takamori si dà al taccheggio, finisce in riformatorio. Ma gli piace anche scrivere, e a 17 anni un suo racconto sulla boxe vince un concorso e viene pubblicato sulla rivista Shonen Gaho. È il 1953 e Takamori sceglie come pseudonimo Ikki Kajiwara, prendendo il cognome da una ragazza che avrebbe voluto sposare.
Dopo anni di racconti illustrati dedicati alla boxe e soprattutto al puroresu, il wrestling giapponese (molti dei quali sulla figura del menzionato lottatore Rikidozan), Kajiwara è convinto che si occuperà solo di narrativa. Ma a inizio anni 60 inizia a scrivere i suoi primi manga sportivi, come Champion Futoshi, disegnato da Tatsuo Yoshida e ancora legato al wresting.
Il grande successo arriva con Tommy la stella dei Giants nel '66, sulle pagine di Weekly Shōnen Magazine. E lì Kajiwara non si ferma più. Almeno fino a quando non l'arrestano.
Tiger Mask, Hulk Hogan e Antonio Inoki, con il collega Seiji Sakaguchi, alla morte del promoter canadese Frank Tunney, nell'83. |
Gli anni 70 per Kajiwara sono estremamente tumultuosi, e nei primi anni 80 le cose vanno anche peggio. Grazie alla popolarità di Tiger Mask - diventato un wrestler in carne e ossa (Satoru Sayama) per la NJPW, in un'operazione congiunta al lancio della seconda serie anime, L'Uomo Tigre II - Kajiwara continua a occuparsi di puroresu, se ne va in giro con Antonio Inoki e gli organizza anche degli incontri. Tra le altre cose, scrive pure, ai tempi, un manga intitolato Pro Wrestling Superstar Retsuden, con le biografie romanzate di vari wrestler, come, tra gli altri, André the Giant e un certo Hulk Hogan.
I suoi manga sportivi l'hanno reso molto famoso, e perciò la notizia del suo arresto finisce su tutti i giornali nipponici.
È il 1983, Kajiwara ha 46 anni e finisce in carcere per aver pestato a sangue un editor della Kodansha. Il processo porta a galla tutta una serie di altri crimini da lui compiuti in precedenza: violenze, estorsioni, minacce, presunti giri di cannabis e stimolanti. Esce su cauzione, poi lo condannano a due anni. I manga di cui si occupa a quei tempi, violentissimi gekiga sul karate, vengono interrotti.
L'omaggio agli autori di Rocky Joe, Ikki Kajiwara (che firmò l'opera come Asao Takamori) e Tetsuya Chiba. Kajiwara è quello a sinistra. |
Kajiwara muore poco dopo, nell'87, a 50 anni. Di pancreatite, che lo aveva già colpito qualche anno prima, pare causata dall'abuso cronico di alcolici. Il disegnatore di Arrivano i Superboys, Mitsuyoshi Sonoda non è campato molto di più: una malattia si è portato via presto anche lui, a 57 anni. Non era un tipo tranquillo neanche Sonoda, va detto, e durante la realizzazione del manga di Shingo Tamai, spesso scompariva. Gli piaceva il gioco d'azzardo, non sopportava le polemiche di quei tempi contro i manga militari (genere a cui si è dedicato spesso nella sua carriera).
Tra il '79 e l'81, Ikki Kajiwara si era sposato in seconde nozze con la cantante taiwanese Pai Bing-bing. Dieci anni dopo la morte di Kajiwara, nel '97, la loro figlia, all'epoca di sedici anni, viene rapita e uccisa. Un caso terribile, che sconvolse Taipei, chiuso da scontri a fuoco, da una caccia all'uomo e da una condanna a morte per l'ultimo sopravvissuto dei tre responsabili.
È triste, perché il destino terribile a cui i suoi personaggi non sembravano spesso sottrarsi, la cenere bianca di Joe e la morte assurda di Naoto, non hanno interessato solo Ikki Kajiwara, che la sua esistenza l'ha vissuta tutta sopra le righe, sulla corsia di sorpasso destinata a un frontale, ma anche una povera ragazza che ha fatto giusto a tempo a conoscerlo.
Torni alle pagine di Arrivano i Superboys. E pensi a quanto questo soggetto dalla vita sregolata, un autore ribelle e rissoso, ha contribuito al vostro immaginario. Ha scritto lo spokon più bello di sempre, ha creato Tiger Mask, e per anni, da rEgazzino, neanche sapevi che quelle due serie animate e quei personaggi fossero nati nella testa della stessa persona.
Con Shingo Tamai, ha insegnato a un'intera generazione di giovani calciatori da campetto di periferia che se non sudi sotto la pioggia, non stai davvero giocando a pallone.
Supertiri, calcioni negli stinchi da film di arti marziali, palloni che sfondavano la rete per conficcarsi nel cemento e continuare a ruotare, formazioni assurde e così via. Era surreale, era violento, era bellissimo.
Senza contare la triste storia di Ken Santos, spietato oriundo mezzo brasiliano e mezzo giapponese il cui allenatore gli passava sulle gambe con le ruote di un fuoristrada. Per irrobustirle, diceva.
Poi sarebbe cambiato tutto. L'arrivo di quel pistola sorridente di Oliver Hutton avrebbe riportato il sole sui campi infiniti dell'animazione calcistica nipponica, ricavati su un piccolo asteroide. Gli insegnamenti di Tenpei Matsuki e del suo maestro tedesco dimenticati, il campo in fango trasformato in impianti fighetti da 300mila spettatori.
Ma, ecco, in tutto questo, chi c'era lo ricorda. Tu, Shingo Tamai, non l'ha mai dimenticato. Tanto è vero che anni dopo la sua sigla riciclata è diventata l'inno dell'Antro FC, e l'hai usata pure come entry theme l'unica volta che hai fatto il wrestler in vita tua, per qualche secondo. Come Tiger Mask, tutto torna.
And it's a long long way... GOAL! We come to see the game.
(Il primo numero del manga lo trovate qui. Il secondo esce a fine mese).
1) Certo che a confronto con Tommy e Joe l'infanzia di Andre Agassi è stata montessoriana.
RispondiElimina2) Quando il Doc salì sul ring io c'ero, mi pare fosse Mantova Comics 2013, che ricordi ("Sei tu che dici 'bresslin'? Si dice 'wrestling'!").
:)
EliminaPrima dell'evento di Holly e Benji, ho letteralmente divorato i Superboys...
RispondiEliminaCon il Giappone in pieno boom c'era anche il riferimento al mondo rurale con Yamagata e il suo tiro ad effetto figlio della terra che si trasformava in una specie di tornado, il mitologico portiere Kamioka Go che parava bendato e che è stato sconfitto solo dal tiro incrociato e dal tiro "uovo" (wtf?!)
Domanda: secondo le Sacre Leggi dell'Antro, chi sarebbe il bassista carismatico? Misugi? (Yan, mentre Julian Ross era Jun Misugi..)
Misugi. Come Toru Rikiishi lo era di Joe. Sottocategoria rivale stiloso, supertecnico (e serio nell'approccio allo sport sin da subito) e silenzioso, ma alla bisogna sbruffone pure lui.
EliminaDoc, quale sarebbe lo "spokon più bello di sempre"? Rocky Joe spero
EliminaOvviamente. L'ho scritto tante volte: per me, ancora oggi insuperato, insuperabile (come il tonno).
EliminaFaccio il Sommobuta della situazione e raccomando a tutti gli orfani di Yabuki la lettura di Hajime No Ippo, manga di boxe considerato l'erede spirituale di Ashita No Joe, del quale non avrà l'afflato eroico e le pennellate neorealistiche ma che compensa con disegni stratosferici, personaggi sfaccettati e una conoscenza enciclopedica dello sport. 1300 capitoli di scan in inglese me li sono bevuti in un mese e ne volevo ancora, ma tanto è in corso.
EliminaAppoggio in pieno. Sta piacendo un sacco pure a me.
EliminaIn un certo senso lo considero l'erede spirituale di Rocky Joe, pur non raggiungendo gli stessi picchi drammatici. Anche se...
Purtroppo, dubito fortemente di vederlo qui da noi.
Mah, forse come bassista proporrei Taki, l'ultimo arrivato in squadra.
RispondiEliminaLui e Shingo si legnano, all'inizio. Per poi formare un tandem d'attacco come Tsubasa e Taro anni dopo.
Alla fine qui da noi, come da italica tradizione, i fan si spaccarono in due fazioni. Non rendendosi conto che senza Shingo Holly e Benji non sarebbero mai esistiti.
Certo che chi ebbe la fortuna di nascere in quegli anni poté godere di un periodo assolutamente unico. E irripetibile, per certi versi.
Cartoni doppiati come i film da gente a suo modo in gambissima ma che non avevano idea di quel che stava facendo. Con sigle pazzesche spesso prese da contesti che non c'entravano nulla (tipo questa).
Senza contare che il Giappone lo si vedeva come un paese misterioso e irraggiungibile.
E' incredibile pensare che solo molti anni dopo si scoprì che era tutta farina del sacco di un sol uomo.
Rocky Joe, Naoto, Tommy, Shingo...li ha fatti tutti Kajiwara.
Un tizio che sembra uscito dritto dritto dalle storie che raccontava.
Proprio vero, quando dicono che un autore non può fare altro che raccontare la propria vita e le sue esperienze, riadattandole in modo opportuno.
Le sue opere sono indubbiamente figlie del suo tempo. Un Giappone che probabilmente, all'arrivo in Italia dei cartoni in questione, già non esisteva nemmeno più.
Un paese in pieno boom, alle prese con la ricostruzione. Ma dove gli echi della guerra (e della sconfitta) si sentivano ancora belli forti.
Un paese dove gli orfani di guerra esistevano ancora, e spesso finivano per ritrovarsi sulle spalle responsabilità enormi. E non avevano altra scelta che crescere, e prima del tempo.
A tutto ciò va aggiunto l'arrivo della contestazione giovanile. Ma che non arrivava solo da un certo tipo di frangia politica, ma anche dalla parte più estremista della fazione che sosteneva il governo.
Non si può negare che nei suoi lavori ci sia una sorta di esaltazione di quello spirito nazionalistico con cui gli americani dovettero irrimediabilmente fare i conti.
Quello che di fatto impedì loro di piegarli dal punto di vista morale e ideologico.
Se da una parte fu proprio quello spirito nazionalistico a compattare il popolo e a spingerlo alla rinascita economica, dall'altra non perdonarono alle autorità il fatto di essersi venduti alle potenze straniere e di aver perso la propria identità ed indipendenza.
Una situazione esplosiva.
Shingo, come Naoto, Joe e altri, é un outsider. Una rilettura in chiave moderna della figura del Ronin, sotto certi aspetti. Una figura che doveva costituire una sporadica eccezione, ma che in una società rigida come quelle nipponica spesso diventa la norma. Specie in un periodo turbolento e di conflitti.
I suoi compagni lo vedono con un misto di ammirazione e timore. E contiamo che bastava girare coi bottoni della divisa slacciati per apparire come teppisti.
Shingo é un ribelle. Ma la sua rabbia non deriva da una povertà di spirito, tutt'altro.
La mia idea é che abbia dentro di sé energie e normi, non completamente armonizzate tra loro. E che non sappia come mettere a frutto, col rischio di sprecarle malamente.
L'incontro con Matsuki é fondamentale. Ma come ogni maestro, quest'ultimo dovrà prima spezzare la testardaggine dell'allievo. Solo una volta ricondotto a più miti consigli, Shingo potrà finalmente ascoltare e capire che il suo allenatore ha davvero qualcosa da insegnargli.
Con lui come guida, Shingo potrà finalmente diventare un uomo.
Si può dire quel che si vuole. Sono opere forse esageratamente enfatiche, sopra le righe, eccessive.
Ma ringrazio il cielo di averle viste. Per me sono state una scuola di vita.
Le cose si ottengono con la fatica, il sudore e talvolta pure la sofferenza. Non ci sono scorciatoie.
Oggi quello spirito é andato totalmente perso.
Ma che ne sanno, i ragazzi di oggi?
Tu ti vedi cartoni come Naruto o Demon Slayer (che pure mi é piaciuto parecchio) e vedi i protagonisti sottoporsi a degli allenamenti che sembrano le prove a squadre di un centro estivo.
Che post, Doc.
Che post.
Complimenti davvero.
Grazie :)
Elimina"Tu ti vedi cartoni come Naruto o Demon Slayer (che pure mi é piaciuto parecchio) e vedi i protagonisti sottoporsi a degli allenamenti che sembrano le prove a squadre di un centro estivo."
EliminaOk boomer
Sul serio, che caspio significa ?
Premetto che posso essere tacciato di essere un boomer.
EliminaFatta questa debita premessa, nei manga di Ikki Kajiwara, la crudeltà degli allenamenti e della sofferenza che tali pratiche portavano era estrema. L'allenamento di Tanjiro di Demon Slayer crea molte sofferenze al protagonista ma non trasmette la stesso senso di sofferenza e crudeltà.
Nel caso di Tanjiro la difficoltà e lo sforzo sono motivati dal fatto che andrà a combattere con degli essere sovrumani e rischierà la vita. I protagonisti dei manga di Ikki Kajiwara praticavano semplicemente uno sport, anche quello rende in proporzione ancora più allucinanti quel tipo di allenamenti.
Ma sono manga e tempi diversi su,
EliminaCosi come sono diversi gli intenti, cioè il focus di Demon Slayer non sono mica gli allenamenti.
Poi a quel povero disgraziato di Tanjiro gli è ne capitano di ogni, gli vogliamo pure dare gli allenamenti crudeli
Piccola curiosità che forse non c'entra nulla: mi ricordo degli Urawa Red Diamonds, una delle prime squadre di calcio a diventare un club professionistico con l'introduzione della J League.
RispondiEliminaFurono i primi a vincere tre trofei nel corso della medesima stagione, tra campionato e coppe di lega (praticamente un triplete) e vinsero anche un paio di edizioni dell'equivalente asiatico della Champions League.
Affrontarono anche il Milan in semifinale di Coppa Intercontinentale, facendogli sudare sette divise (rossonere) prima di venire sconfitti.
E...no, in attacco non c'era Shingo. Ma il brasiliano...no, nemmeno Ken Santos. Ma un certo Washington.
Un cartone che non non ho mai visto essendo io un po' più giovane.
RispondiEliminaLa vita dell'autore è incredibile e mi chiedo come facesse a stare dietro a tutti quei manga contemporaneamente.
Parlando di manga finalmente, seguendo tue indicazioni, sto recuperando Akira. Mi sono letto i tre usciti e aspetto gli alti tre tomi mancanti
Il lifestyle giapponese si potrebbe sintetizzare con gli immortali versi dei CCCP:
Elimina"Produci, consuma, crepa!
Produci, consuma, crepa!
Sbattiti, fatti, crepa!
Sbattiti, fatti, crepa!"
...
"mi chiedo come facesse a stare dietro a tutti quei manga contemporaneamente". Ma infatti non ci è riuscito mica a starci dietro. Manco lontanamente, giusto per ritornare un attimo sul discorso dell'altro giorno a proposito del povero Kentaro Miura. Si faceva di cannabis e stimolanti, che spacciava tra i colleghi, era iroso e violento, ha pestato a sangue il suo editor, l'hanno arrestato. Poi è morto a 50 anni. Il suo disegnatore continuava a cercare di scappare, poi è morto a 57 anni. Non è proprio il profilo di gente che "ce la fa" a star dietro a tutti quei manga contemporaneamente...
EliminaA conti fatti mi sa che i mangaka producono quanto un fumettista occidentale che campa fino a 100 anni (anche se pure dalle nostre parti i nomi di quelli che ci lasciano presto non sono proprio pochi, temo...), perché vanno a mille ma poi scoppiano ancora giovani... E la cosa peggiore è che comincio a temere che il giapponese medio sotto sotto pensi che questa sia una fine gloriosa anziché qualcosa da cui fuggire. Che gran peccato.
Ma veramente ci sono parecchi mangaka pure abbastanza vecchiotti, il disegnatore di Yabuki no Joe è ancora vivo, e comunque tieni conto che un tempo i manga erano molto più brevi, quindi c'era pure più tempo per scrivere più serie.
EliminaNon si puo fare di tutta l'erba un fascio, oggi ci sono mangaka come Mashima e Boichi che riescono pure a lavorare su più serie e mangaka che invece si prendono i loro tempi-
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EliminaProprio quest'oggi è stato annunciato che Jujutsu no Kaisen, manga che Shonen Jump sta provando a far diventare importante grazie all'anime, andrà in pausa per almeno un mese poichè l'autore ha problemi di salute. Non vi dico le reazioni a questa notizia ora che la gente comprende un po' di più le condizioni di lavoro dei mangaka.
EliminaSuccede continuamente
Perché???? PERCHÉ 3??????
EliminaPrimo, non sta provando
EliminaE' importante.
Secondo...
Quindi ? Non è la prima volta che succede.
Ripeto, e quindi ?
Mah. E quindi niente: si rifletteva solo sul fatto che non ci pare giusto ammalarsi e morire per il troppo carico di lavoro. Il fatto che non sia la prima né l'ultima volta che succede non mi consola granché, è come il discorso sulle molestie alle giovani attrici durante il provino: "Eh, quanto la fai difficile, succede a tutte". Vero, ma non è mica tanto giusto :)
Elimina"Una volta i manga erano più brevi". Verissimo!!! Basti pensare solo a Lone wolf and cub e i suoi 2-3 fascicoletti da 20 pagine l'uno XD
O anche a "Yabuki no Joe", che io nella mia ignoranza ho sempre pensato si intitolasse "Ashita no Joe"...
Noi siamo Shingo Tamai
RispondiEliminaMa non dirottiamo aerei.
EliminaShingo Tamai giuro ancora oggi mica lo sapevo fosse sempre della stessa capa di rocky Joe e Tommy!
RispondiEliminaMa lo sai manco io -_-
EliminaMa l'Antro FC quando scenderà in campo?
RispondiEliminaA una prossima Lucca organizziamo davvero. Una partitella 30 contro 30.
EliminaNon fate l'errore di mettermi a porta, sono un buon difensore
EliminaComincio a preparare i palloni infuocati per allenarmi.
EliminaChe personaggio Kajiwara! Mica li sapevo tutti questi retroscena sulla sua vita, e quanto ci fosse del autobiografico nelle storie che scriveva. Grazie Doc! Arrivano i Superboys, li ho persi perchè non ho alcun ricordo di questa serie, troppo piccola. Ma Rocky Joe e Tommy, quelli si me li ricordo molto bene. Tommy non mi piaceva ma Rocky Joe... tra l'altro ho avuto occasione di leggere il manga un paio di volte e mi ha tenuta incollata fino alla fine. Gran bel manga!
RispondiEliminaPs: ho scoperto... ma non so se sia vero... che Ashita no Joe, fu il manga preferito da Yukio Mishima. Vedeva in Joe come un esempio da seguire.
Sconvolgente, difficile immaginare che il "pacato" Giappone abbia prodotto soggetti di questa caratura, proprio vero stiamo parlando di genio e sregolatezza ^_^
RispondiEliminaE' stato veramente interessante scoprire questi dettagli stupefacenti di questi autori di manga sportivi. Da piccoletto non ero un grande fan degli spokon, non amavo moltissimo neanche Holly e Benji, che seguivo solo quando non c'era altro in TV (anche se poi quando ero lì la puntata mi lasciava col fiato sospeso).
Se escludiamo Tiger Mask, Mr Baseball (grandissimo Taro Hiamada), Rocky Joe, Forza Shugar e sostanzialmente tutti i cartoni sportivi di mazzate, difficilmene mi appassionavo agli altri sport. Però i Superboys da piccolo mi rimasero molto impresso, perchè erano un sacco veri, si facevano male, non so, trasudava sofferenza. Era serio e molto lontano da un "Forza Campioni", il calciatori giovani ma realistici, così simili a quelli che si vedevano nelle copertine de "I'Intrepido", quando il calcio mi sembrava più una cosa seria, lontano da parrucchieri e veline.
Un ricordo: in un breve periodo della mia vita lavorai in fabbrica per comprarmi il computer nuovo. Gli argomenti dei colleghi, tra un cablaggio e uno schienale da frigorifero erano sempre quelli, motori, calcio e fi.... Tutti sapevano che io ero quello grosso e strano che suonava metal e leggeva i fumetti e per trovare punti di contatto i ragazzi che lavoravano con me mi chiedevano di Holly e Benji, unico cartone che vedevano da ragazzi. Ad un certo punto un capo reparto mi dice: « ma sul calcio non c'erano altri cartoni? » e io (saccente) « Certo...(e parto con la lista)». Quando arrivo ai Superboys la faccia del collega si illumina e inizia a parlare con tutti gli altri di questo cartone che da piccolo lo appassionava un mondo...
Quando sarebbe bastato parlare di birra, mannaggia a loro a saperlo prima :D
EliminaChe poi dai anche di un argomento su tre di quelli citati te ne intendi zione non essere modesto :D :D :D
E non fa rima ne con TORI ne con INTRALCIO :D
Eliminaahahaha XD
EliminaLa birra la bevevamo a fiumi al turno di notte ^_^
che dire? per noi sette-ottenni, già impegnati in discussioni da ricreazione di terza media sul Milan in B, la Juve e la Roma fortissime e, nel mio caso, il Palermo a vivacchiare in B, un cartone animato calcistico giunse come qualcosa di fantasmagorico...con quei personaggi, poi... il mio preferito (per me, piccolo portierino assolutamente negato nel gioco con i peidi) era il mitico Kamioka... personalmente, poi, mi trovai a divorare ogni cosa che, nel mondo dell'intrattenimento rivolto ai piccoli, avesse qualche riferimento con il pallone... tipo il cartone promozionale pre mondiali 1982, con la mascotte Naranjito in gieo per il mondo a raccontare la storia della Coppa.... poi arrivò il 9 luglio e, beh, a otto anni ti senti il re dei campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo...
RispondiEliminaPer prima cosa un saluto a tutti, poichè è la prima volta che scrivo un commento qui anche se leggo l'Antro da parecchi anni.
RispondiEliminaSono ormai in dirittura dei 50 anni ma per me la Trinità non è il classico padre/figlio/spirito santo (e nemmeno un pistolero disteso su un trascinabile) quanto piuttosto Tamai/Yabuki/Young.
Circa un anno fa ho approfittato del lockdown per rivedermi Arrivano i Superboys, a distanza di buoni 35 anni dall'ultima volta. Mi capita tante volte di iniziare una serie di quegli anni e lasciarla dopo qualche episodio, in quanto la realtà non regge il confronto con il ricordo che mi hanno scolpito da bambino. Qui invece sono riuscito a guardare con piacere tutti e 52 gli episodi, segno che il senso del meraviglioso della serie per me è rimasto immutato. Non è cosa da poco ritrovarsi negli anni 80, anche solo a blocchi di 20 minuti alla volta, con gli occhi di allora.
Nell'articolo e nei commenti avete già detto tutto dello spirito dell'anime, volevo solo ricordare un piccolo episodio che mi ha lasciato a bocca aperta: ad un certo punto della storia (non saprei dire dove con precisione, credo verso il 30/35° episodio) vediamo Shingo come spesso accade su di giri che si avvicina al solito fiume che solca il solito paesaggio tipico dell'Arizona, spianate desertiche che ti pare sempre di vedere Actarus a cavallo passare sullo sfondo. Ebbene, sulla riva del fiume c'è un complessino jazz composto di studenti in divisa che suonano allegramente. Shingo si mette alla batteria e comincia a suonare con loro, con un'espressione felice e sudata, come se non avesse fatto altro in vita sua.
Boh! Mi guardo intorno e non vedo mozziconi strani o lacci emostatici, è successo davvero.
Ora che ho letto le note biografiche del Doc su Kajiwara me lo spiego meglio.
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RispondiEliminaScusate ma di questi cartoni potrei parlarne per delle ore.
RispondiEliminaGiusto per rimanere in tema con quanto detto da NicolaP., anche a me é ricapitato di vederlo anni dopo. Da adulto.
E insomma...dicono che la prerogativa dei capolavori é quella di rimanere al passo coi tempi.
Ci sono cose che possono essere interpretate secondo molteplici chiavi di lettura. Che magari, all'epoca in cui é uscita l'opera in questione neanche esistevano.
Ti riguardi un vecchio cartone convinto di trovarti davanti ad un ammasso di vecchiume, e invece scopri che non é invecchiato per nulla. E anzi, alcuni dettagli hanno acquisito persino un senso nuovo.
Ci hanno guadagnato, dall'inesorabile scorrere del tempo.
Da piccolo di Arrivano i Superboys mi interessavano soprattutto i supertiri, le mosse speciali...e le mazzate.
Si, perché qui a giocare una partita di calcio SI RISCHIA LA VITA.
Ma poi, rivedendotelo anni dopo, scovi un sacco di dettagli che ti erano sfuggiti.
Del tipo...non vorrei sopravvalutare la mia memoria, ma ad un certo punto si scopre che il padre di Shingo non é il suo vero padre. Ma che lo ha adottato.
Il suo vero padre era il miglior amico del suo padre attuale. Ed é morto insieme a sua madre per...le radiazioni di Hiroshima.
E già. Avevano vissuto lì, all'epoca della bomba atomica. E avevano contratto entrambi un male incurabile.
Idem per Taki, che vive con suo nonno. Lui i genitori li ha persi a Nagasaki, per lo stesso motivo.
No, dico...rendiamoci conto.
RENDIAMOCI CONTO.
Continuo a sostenere che i cartoni di oggi che guarda mia figlia vadano benissimo così. Perché, a conti fatti, eravamo noi quelli fuori posto. Che guardavano cartoni che un bambino non avrebbe potuto assolutamente vedere. E per via di un meraviglioso quanto madornale equivoco.
Ma non farei mai a cambio.
Rendiamoci conto, gente. Rendiamoci conto con che razza di cartoni siamo venuti su noi.
Roba a a base di drammi umani e famigliari, lutti, guerre, tragedie della solitudine, orfani e ragazzini come noi che si ritrovavano a combattere per il destino dell'intero pianeta.
Il tutto condito da un costante senso di pericolo.
Oggi é tutto più innocuo. Appena arriva un rischio lo stroncano sul nascere, che si sa mai che i piccoli spettatori si impressionino troppo.
Formidabili, quegli anni. Come già detto...non farei mai a cambio.
Mamma mia, che boomerata...
EliminaMadonna, ma quanto è triste e ridicolo scrivere boomer? Ma veramente c'è chi si crede figo a scrivere una roba del genere?
EliminaA parte che dare del boomer a uno nato nel 1977, ovvero quasi VENTI ANNI dopo il boom economico, dice già tutto.....
Vabbe ma scrivere boomer su un post di SHINGO TAMAI è come cercare dementi in casa di chi scrive boomer....vai a colpo sicuro :D
EliminaHo un ricordo un pò vago della serie, purtroppo surclassata da Holly e Benji, ma voglio sottolineare che a mio avviso non c'è nome più figo di Shingo Tamai, da parecchi punti a tutti. La storia della figlia di Ikki l'avevo seguita anni fa e mi fa sempre venire un brivido per quanto sia terribile. 👋
RispondiEliminaIn Holly e Benji i protagonisti sono all'ultimo anno delle elementari, questo spiega alcune differenze.
RispondiEliminaLo jun misugi di h e b secondo me è una citazione di quello di arrivano i superboys.
Inoltre hanno in comune molte caratteristiche la grande tecnica la sportività la razionalità.
A proposito di "ARRIVANO I SUPERBOYS". La serie è precedente; eppure io sono sicuro, visto che all'epoca di anime non me ne perdevo neanche un minuto, di avere visto una puntata in cui è raffigurata l'immagine dell'Italia Campione del Mondo 1982. Se la memoria mi sostiene sarebbe interessante approfondire.
RispondiEliminaQuella immagine è presente nella primissima puntata di Captain Tsubasa/Holly e Benji.
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