Tiene in piedi anche una festa di merda - 4

rugby

NOTA:
 la prima parte la trovate qui, la seconda qui, la terza qui

C'era una vecchia che urlava cose incomprensibili, in una lingua arcaica, totalmente ermetica, proveniente da chissà dove, chissà quando. C'era un cane che abbaiava fortissimo. Ma soprattutto c'era un ragazzo appeso a una cacchio di ringhiera di un balcone, che gridava aiuto e sarebbe potuto venir giù da un momento all'altro. Domenico Mammone non aveva tempo per riflettere, doveva agire. Lasciò lì Jenny e le sue due amiche e si lanciò attraverso il portone già aperto e su per le scale, come un toro. "Agente, dobbiamo chiamare i soccorsi?", gli gridò dietro Ester Caucaso, con le mani a imbuto ai lati della bocca.

L'appuntato scelto Mammone si fermò sul mezzanino, si voltò, e preso e serio come il ruolo, la situazione e la sua formazione da potenziale action hero imponevano, rispose già sudatissimo: "Non sono un agente. E non serve. SONO IO i soccorsi". E riprese a correre su per gli scalini come una furia. E al primo piano si fermò a prendere l'ascensore, ché gli stava già scoppiando la milza [...]

Ligabue Il giorno di dolore che uno ha

Al terzo piano, la padrona di casa e titolare della festa di compleanno, Iris Passalacqua, non si era accorta del suo spasimante appeso al balcone dei vicini di casa, perché impegnata a sedare una rissa. La solita rissa.

Deborah Marrelli e Maia Vollaro si stavano prendendo per i capelli. Di nuovo. Iris sospirò, poi afferrò la prima per le braccia e provò ad allontanarla dall'altra. Sempre così, quelle due. 

La loro era una storia molto complicata, frutto di un triangolo amoroso di quelli che avrebbero messo in imbarazzo pure la posta di Cioè. Maia amava un tale Piero Petazzi, che aveva perso la testa per Deborah, da sempre invaghita di Maia. 

Il che creava una tensione costante tra le due ragazze, che un po' era amorosa, un po' era gelosia, un po' vallo a sapere, magari amavano il wrestling e si divertivano ad azzuffarsi a ogni occasione, e porca la miseria ladra pure alla festa mia? E che cazzo, dai, diceva Iris, con la pazienza (pochissima) del paciere che deve pure stare attento a non prendersi qualche cinquina volante, così, gratis.

A contemplare l'alterco degenerato in scontro fisico c'era anche l'involontario motore dello stesso, Vito, dall'alto del suo metro e novantadue. Vito Debosci, detto Vitellozzo o anche l'Inamovibile, era il pilone della squadra di rugby under 21 locale, un armadio da 120 chili capace di imprese epiche, dentro e fuori dal campo. Da anni girava per tradizione orale una leggenda secondo la quale, durante una trasferta, aveva mangiato 27 cornetti di fila all'autogrill di Sala Consilina, salutato dall'ola di una comitiva di turisti tedeschi.

Vito non sopportava quelle due, sue ex compagne di classe alla ragioneria di Rende, perché lo mettevano sempre in mezzo alle loro storie da Beautiful. Quando aveva visto Maia avvicinarsi, con quell'aria da Ultimate Warrior che scuote le corde sul ring prima di un match, sapeva già come sarebbe potuta andare a finire. E che per evitare casini, doveva stare molto attento a misurare le parole.

Il problema è che durante una mischia dell'ultima partita - una tiratissima gara con la capolista Battipaglia, resa ancora più accesa dall'espulsione nel primo tempo del loro allenatore, Gianvincenzo Mircozzi, che colto da raptus agonistico era corso a mostrare il culo ai tifosi avversari - Vito aveva rimediato una ginocchiata all'orecchio. 

Gli era venuto un acufene talmente forte che, gli avevano spiegato al pronto soccorso di Cosenza con gergo tecnico, non sentiva letteralmente un cazzo. 

Mettici la musica ad alto volume, mettici che Ligabue stava urlando che quando tira un po' di vento che ci si rialza un po' e la vita è un po' più forte del tuo dirle grazie no, c'erano tutti gli ingredienti per un bel disastro.

E infatti.

Scostandosi dalla fronte la frangetta alla BrendadiBeverlyHills, Maia gli chiese se era vero, secondo lui, che con quei pantacollant viola sembrava un po' zoccola. 

L'inamovibile sentì solo qualche sillaba, in mezzo al Tu ru ru Tu ru ru di Ligabue. Che gli stava dicendo, mo'? Boh? Magari cercava complimenti non spontanei, come al solito. Non voleva stare a spiegare a Maia il problema del fischio all'orecchio e di Gianvincenzo bersagliato da lattine e chitemmuort per quella storia del culo, così Vito si limitò ad annuire. Più volte. 

"Ah, sembro una zoccola, EH? E te l'ha detto Deborah, magari? Che me lo va ripetendo da inizio serata, QUESTA, EH?"

Quando la ferita brucia la tua pelle si farà, sopra il giorno di dolore che uno ha, Tu ru ru Tu ru ru... E ora? Che ha chiesto? Stringendo in mano il suo bicchiere di plastica con un fondo di crodino, Vito annuì nuovamente. Deciso.

7 (Sette)

Le porte dell'ascensore si aprirono e un già distrutto Mimmo Mammone si fermò un attimo a prender fiato e studiare la situazione. C'erano solo due appartamenti su quel piano: il balcone con il tizio appeso doveva essere quello al centro.

Prese a suonare il campanello e a sbattere sulla porta, con tutta la virilità catanzarese di cui disponeva, ma da dentro arrivava solo l'abbaiare di un cane. L'appuntato scelto Mammone fece lo stesso con l'altra porta, da cui proveniva invece una musica assordante. Dopo qualche secondo la musica si fermò completamente, soppiantata da un greve silenzio. 

La porta venne aperta e una manica di ventenni trafelati lo fissavano terrorizzati. 

Davanti a tutti c'era una ragazzetta dal viso pallidissimo. Dietro, varia umanità sulla ventina. Sullo sfondo, due che si menavano e si lanciavano bottiglie di coca cola mezze vuote e insulti. 

"Io... sono qui per..." provò a dire Mimmo, ostacolato dal fiatone. E quelli muti. Terrorizzati.

"Ah, certo. Ho capito... Sentite... Non me ne frega un cazzo se stavate fumando o del volume della musica, c'è un tizio... un tizio con una camicia, appeso al balcone dell'appartamento qui accanto!"

Minchia, Johnny! pensò Iris. E il suo volto si fece ancora più pallido.

Appurato che in casa non c'era nessuno, perché i signori Schelotto erano fuori e avevano lasciato da solo il pinscher Rex, a fare la guardia e rompere l'anima agli altri condomini, Mimmo capì che avrebbe dovuto sfondare quella porta.

E che problema c'è?, si disse. Erano anni che aspettava un'occasione come quella. E continuò a ripeterselo, anche se con la prima spallata la porta non l'aveva smossa di un millimetro e già gli faceva male tutto il braccio. 

Ce la posso fare, si disse dopo il terzo tentativo, quando ormai l'intorpidimento aveva raggiunto pure l'alluce destro. Dopo il quarto, parimenti privo di risultati, Mimmo gridò I CHIMU TI CANTANU A MISSA, NCULU A TIA! E lo urlò così forte che il cane smise per un attimo di abbaiare.

Fu solo allora che si fece avanti l'Inamovibile, e con un paio di colpi che avrebbero messo in ginocchio un elefante africano, Vito spalancò di colpo la porta di casa degli Schelotto. 

Mimmo si fiondò all'interno dell'abitazione, ma si trovò davanti quel cazzo di cane.

In quell'istante, il cane Rex si fiondò verso la porta, ma si trovò davanti un cazzo di estraneo vestito di nero, con un cappello in testa. 

Un estraneo che aveva avuto la bruttissima idea di entrare in casa loro, cioè in casa sua, seguito da una banda. Proprio mentre quell'altro stava cercando di farlo dal balcone. Era chiaramente in atto un'invasione coordinata su più fronti. 

Domenico Mammone detto Mimmo, ripensò agli insegnamenti del sensei Capachiuovo. Un giorno d'estate, ormai lontano nel ricordo ma sempre presente nel suo cuore, il maestro gli aveva spiegato che le bestie feroci annusano la tua paura. Per fermarle, devi far capire loro chi comanda, NON PROVARE PAURA e mettere in chiaro chi è il vero leader alfa di tutta la dannata piramide alimentare e...

"Sì, sensei?" aveva chiesto Mimmo, ansioso di sapere come si concludesse quel prezioso insegnamento dispensato dalla sua figura guida.

"E no, niente, questo", aveva chiosato il maestro, il cui discorso era rimasto apparentemente appeso solo perché gli stava tornando su la peroni e doveva fare un rutto forte. 

Il pinscher Rex chiuse gli occhi, pensò al suo nemico naturale in quel palazzo, cioè la vecchia del primo piano, spalancò la bocca e si lanciò all'attacco.

Mimmo Mammone chiuse gli occhi, pensò a quello che gli aveva detto il maestro Capachiuovo, assunse una posizione da combattimento e cacciò un urlo devastante alla Bruce Lee.

Un secondo dopo, Domenico riaprì gli occhi e vide che il cane non c'era più. Era sparito. Ancora una volta, la via tracciata dal suo sensei si era rivelata quella illuminata e giusta. L'unica. 

Grazie, maestro!, disse a voce alta, con gli occhi gonfi di lacrime di commozione, e corse verso il balcone a cui sperava di trovare ancora appeso quel coglione.

AHIA NCULAACHITEVIVU! MOLLAMISTUCANIIMMERDA! gridava intanto, qualche metro dietro di lui, Vito Debosci detto Vitellozzo, con i denti di un pinscher di quattro anni particolarmente incazzoso serrati attorno a una gamba.

Rimasto solo, nel salone mezzo devastato dell'altra casa, Ligabue commentava amaro che quando sposti appena il piede lì il tuo tempo crescerà, sopra il giorno di dolore che uno ha, Tu ru ru Tu ru ru Tu ru ru.


[CONTINUA E FINISCE. GIURI]

Vetrina Antro su Amazon
Antro Shop: felpe, magliette e tazze della deboscia
15 

Commenti

  1. ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh
    che ansietà!
    tu-ru-ru tu-ru-ru..

    RispondiElimina
  2. I tormentoni di ligabue stanno tornando, aiuto!
    Comunque dai, Minmo non sta facendo un brutto lavoro dopotutto

    RispondiElimina
  3. Due intere puntate di cliffhanger in senso stretto e lato, è insostenibile la tensione che uno ha. Tu ru ru Tu ru ru.
    Ad ogni modo vorrei imparare ad imprecare in calabrese con la dizione corretta. Eventualmente scambio con corso di bestemmie in friulano adatte ad ogni occasione.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sul mitico 610 di Radiodue Pasquale Dianomarina (alias Lillo) tiene da anni il corso di calabrese estremo, disciplina assai pericolosa, si badi, perché le aspirate possono mandare in iperventilazione.

      Elimina
    2. Il corso di calabrese estremo, quanta bellezza! Però Lillo è un virtuoso, sconsigliato per i principianti. "Soppressata" penso di riuscire a pronunciarlo in modo accettabile, ma quando ho osato "la tata di Totti è tutte tette" sono svenuto.

      Elimina
  4. Altro che serie tv. Non vedo l'ora arrivi il prossimo episodio.

    RispondiElimina
  5. Gianvincenzo Mircozzi esempio di vita!

    RispondiElimina
  6. Doc mi chiedevo una cosa ... aldilà delle esperienze personali, c'è qualche autore che ti ispira nella stesura delle storie di vita irreale, dal punto di vista dello stile e/o tematiche?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Beh, diversi. Ma direi soprattutto Ammaniti ed Enrico Brizzi, di cui ho letto tutto. Più che per le tematiche, per l'approccio ai personaggi.

      Elimina
  7. Sono anche io lì, appeso da momenti interminabili scanditi riga dopo riga.
    Però sento i Litfiba. È grave?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sentire i Litfiba almeno fino a (si dai perchè no) "Mondi Sommersi" era cosa buona e giusta

      Elimina
  8. Intrigante, character "new entry", un gigantesco appuntato Mammone (che sono sempre più convinto abbia prestato servizio a Penisville una decina di anni dopo questa storia) e il feroce cagnoletto nella parte del bassista carismatico della storia, ce n'è per tutti.

    soliti commenti in calce:
    » Ho avuto fin da subito un'immedesimazione nel Vito Vitellone della storia. Non tanto per la stazza, più che altro per l'attitudine a trovarsi in situazioni assurde senza che lui faccia una mossa per ficcarcisi. Potrebbe tranquillamente scambiare una lavatrice in un'asciugatrice a Kyoto, per esempio...

    » Ligabue l'ho sempre calcolato poco. Ok, erano i tempi per me di Irona Maiden, Guns'n'Roses, Nirvana e Offspring (pure Skid Row), però, se ogni tanto si voleva sentire parlare in italiano, la gente di solito "buttava sù" il buon Luciano tra un "Fear of the Dark" e un "Passion". Io preferivo i Daham!

    RispondiElimina
  9. La comitiva di turisti tedeschi pare sia la stessa che gira(va) ininterrottamente dal 1981, e Pasquale Amitrano ne sa qualcosa 😁

    RispondiElimina

Posta un commento

Metti la spunta a "Inviami notifiche"per essere avvertito via email di nuovi commenti. Info sulla Privacy