Kyoto International Manga Museum, il museo del manga di Kyoto: lacrime ナプリタンテ

Kyoto International Manga Museum il museo del manga di Kyoto
Al museo del manga di Kyoto c'eri già stato un anno fa. Ma, ormai l'avrete capito, in una giornata di sole accompagnata da un'esplosione di sakura tutto sembra più bello. Anche un museo al chiuso ricavato in una vecchia scuola elementare, a metà tra Hogwarts e una caserma imperiale degli anni Trenta. Se ieri si diceva di una tappa imperdibile per chi fa un salto a Tokyo, il Kyoto International Manga Museum è invece meta di pellegrinaggio irrinunciabile per ogni bravo debosciato in visita alla vecchia capitale. Dentro, migliaia e migliaia di manga liberamente consultabili, la storia del fumetto giapponese, la magia, una fenice. E la spiegazione del perché gli occhi delle eroine shojo brillano in quel modo [...] 

Aperto nel novembre del 2006, il Kyoto International Manga Museum sorge a pochi passi dalla stazione della metro Karasuma Oike e si raggiunge a piedi dal centro di Kyoto. Il celebre mercato di Nishiki, per capirsi, con quella roba inquietante di tonno, è a qualche centinaio di metri. Quello qui sopra è l'ingresso del museo, e se ingrandite la foto vedrete davvero i petali di ciliegio precipitare al suolo alla velocità shinkaiana di 5 cm al secondo. Parola.
Il biglietto costa 800 yen, il museo è aperto dalle 10 del mattino alle 6 del pomeriggio (ma l'ultimo ingresso è alle 17,30). Le centinaia di studenti e visitatori aficionados che ci trovate accampati, però, non fanno il giornaliero: esiste una tessera da 6mila yen (prezzo intero; molto meno per gli studenti) che permette di entrarci tutto l'anno. 45 euro e puoi leggere tutti i manga che ti pare, insomma. Mica male. Ma appena fatto il biglietto alle macchinette all'ingresso, il periglio è in agguato: devi attraversare lo shop, dove trovi di tutto. Dalle bottigliette d'acqua con la firma di Leiji Matsumoto (foto sopra)
alle caramelle della Principessa Zaffiro e di Black Jack. Ma anche magliette, poster, libri, merchandising di ogni tipo. Hai comprato un po' di libri e di penne copic, ma purtroppo hai dovuto lasciare lì per ragioni di spazio QUESTO:
 un set di stampe di Katsuhiro Otomo. La meraviglia. Piangiamo.
La prima sezione del museo è il Manga Expo, un'esposizione di manga provenienti da una cofana di paesi in giro per il mondo.
 La sezione italiana conta una decina di scaffali, grosso modo. 
Sempre al piano terra (che per la magia della numerazione buffa dei piani alla giapponese è il 1F) ci sono un'area dove farsi fare una caricatura in stile manga - ma o arrivate presto o trovate gli slot esauriti, occhio - e dei computer per sperimentare con un software per creare i manga.
Il pezzo forte del museo è al primo piano (2F), con la galleria principale divisa per anni, dal '45 al 2005. Come si diceva un anno fa, è figo vedere cosa è uscito di rilevante quando sei nato, scoprire che un certo manga è partito molto prima o molto dopo rispetto a quanto ricordassi, semplicemente lasciarsi portare e sfogliare quello che capita.
E se riconoscete tutti i personaggi sulle costine del manga di Capitan Tsubasa siete anche voi dei Precisini della Fungia come Oliver Hutton, chiaro. Un altro paio di fotine, torni tra un attimo:
Il clima che si respira tra quelle tonnellate di carta è particolarissimo. No. Non per gli acari. Intendi che si respira l'amore per il manga e si percepisce in ogni angolo, anche e soprattutto per le spiegazioni in inglese, lo scopo del museo: preservare la cultura manga, trasmetterla alle nuove generazioni e aiutarne la diffusione nel mondo, in quanto genuina forma d'arte e d'espressione popolare che rappresenta "la nuova cultura del Giappone". Katsuhiro Otomo come Katsushika Hokusai. 
In un grande pannello viene mostrata l'evoluzione del media, dagli albori ai giorni nostri. Ed è essenzialmente l'unica occasione che avete per vedere dal vivo una copia di Japan Punch, la rivista satirica pubblicata nella seconda metà dell'Ottocento a Yokohama da Charles Wirgman, tra gli antesignani del manga moderno. In realtà solo 50mila dei volumi e delle riviste del museo (in totale oltre 350k) sono esposti al pubblico. Il resto, tenuto al riparo dalle manine dei giovani lettori più esuberanti, può essere visto in un'apposita sala di consultazione previa richiesta tramite il sito ufficiale del museo. 
Le maggiori emozionivery™ te le ha date curiosare tra le annate più vecchie, sfogliando le prime edizioni in tankobon di classici formativi della tua generazione. Lì, tra i manga di fine anni 60/inizio anni 70, dove pescavi pescavi era una bruschetta. Per dire:
 Tiger Mask 
e Ashita no Joe (l'usura dei volumetti testimonia quanto questo manga fondamentale continui ad esser letto e riletto anche dalle nuove generazioni. Bene).
Ed è tutto lì. Puoi sfogliare i numeri, guardare le pubblicità che accompagnavano alcune edizioni, contemplare in religioso silenzio IL finale degli spokon manga. Certo, il religioso silenzio è in realtà una cacofonia di cigolii prodotti dal vissutissimo parquet dell'ex scuola, ché Castello di Nijo scansati un attimo, ma occhèi.
 E ancora: Giatrus il primo uomo 
e Attack No.1, alias Mimì e la nazionale di pallavolo. Stranamente, questi volumetti erano nuovissimi, ché Mimì non se la caga nessuno non esercita lo stesso fascino intergenerazionale di Joe Yabuki, si vede. 
 Urliamo tutti insieme "Renatooooooo!!!" e andiamo avanti.
La parte centrale dell'immensa sala è un interessante spottone del mercato manga. Che vende per anni e anni le stesse storie (ennetante edizioni di Versailles no Bara, Lady Oscar)
e che è ancora capace di fare numeri pazzeschi per il resto del pianeta. Questa è la diffusione dei due manga best-seller del 2015 (aprile 2015-marzo 2016): tre milioni e seicentomila copie per One Piece 80, 2.466.000 per L'Attacco dei Giganti 16. Cifre da restaurazione meico.
In quest'area si può giocare invece con i rodovetri di nasi, occhi ed espressioni facciali assortite, sovrapponendoli alle figure per formare dei volti.
La gigantesca fenice sul ballatoio del 2F è ispirata a quella di Osamu Tezuka ed è stata realizzata nel 2009 in collaborazione con la Tezuka Productions. È in legno dipinto, larga 11 metri e alta 4 e mezzo. Il brilluccichio degli occhi, spiega una targa, ricorda quello dei Buddha del periodo Kamakura (la cosiddetta tecnica gyokugan, con l'inserimento di pezzi di vetro o cristallo negli occhi delle statue). Così ora sapete da dove viene tutto quel mondo di lucine e triangolini nei fanali delle protagoniste degli shojo.
E a proposito di storia e cultura. Un altro antenato del manga e degli anime è il Kamishibai, uno spettacolo in cui artisti itineranti raccontavano delle storie mostrando al pubblico delle illustrazioni. Il Kamishibai è una forma di intrattenimento vecchia di secoli, nata nei templi buddisti e tornata in auge negli anni Venti del Novecento. È nel Kamishibai che è nato, nel 1931, Ogon Bat, alias Fantaman. Ogni giorno, al museo, si svolgono degli spettacoli di Kamishibai: alle 11,30 e alle 12 durante la settimana, alle 12, 1,30 e alle 3 nei festivi e nei week-end. Già che siamo in argomento da colonnino informativo: il museo è aperto tutti i giorni tranne il mercoledì. A uso giapponese, se il mercoledì è festivo, però, il museo resta aperto e la chiusura settimanale slitta al primo giovedì non festivo.  
In questa sala sono esposti invece i calchi delle mani di grandi mangaka, con i loro autografi, una dedica e uno sketch.
 Artisti del calibro di Monkey Punch, 
Motoo Abiko (parte del duo Fujiko Fujio di Doraemon, Carletto, Nino il mio amico ninja... Questo Carletto è semplicemente meraviglioso)
 Tetsuya Chiba (va' che roba),
 Kunio Okawara (il mecha designer di Gundam)
 Yoshikazu "Yas" Yasuhiko, uno dei tuoi mangaka preferiti di sempre.
C'è spazio anche per alcuni mostri sacri stranieri, perlopiù gianfransuà, come Moebius. Se non scuote il vostro animo da debosciati fan del fumetto passeggiare in questa sala, niente lo farà mai al mondo.  
L'angolo delle mostre temporanee ospitava questa volta una galleria di stampe e originali di tre autrici, Keiko Takemiya, Akiko Hatsu e Chiki Ohya.
Non avevi familiarità con nessuna delle tre, ma i lavori di Chiki Ohya (che mangaka lo è stata solo per un breve periodo, a inizio anni 90, prima di dedicarsi quasi esclusivamente all'illustrazione), sono splendidi. 
E poi c'è il Wall of Manga. Oltre duecento metri di scaffali divisi sui vari piani della struttura. Qui i manga sono catalogati per genere e per autori, anziché per anno: all'1F gli shonen, al 2F gli shojo, al 3F i seinen. Qui sopra, la sezione di Yas. Ci sono ancora alcune sue storie che non hai mai letto, il mondo è un posto migliore.
Nel bar accanto all'ingresso, infine, le pareti sono decorate con illustrazioni e dediche giganti di vari mangaka: fateci un salto. Sul prato sintetico, intanto, si legge svaccati sotto il sole della deboscia. I volti sono distesi, sorridenti. C'è l'amore per i manga nell'aria, per queste storie disegnate a cui tanto devono due generazioni di italiani, anche quelli che non hanno mai letto un manga in vita loro. Perché quella cultura lì, vuoi pure solo attraverso la puntata di un cartone, è entrata sotto pelle a tutti. Fuori, intanto, continuano a piovere petali di sakura, posandosi sulle teste dei lettori, sui loro volumi, sui loro sogni. È tutto troppo una scena di un anime per essere vero, reale. Bel tentativo, Kyoto. Bel tentativo.
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Commenti

  1. Che posto meraviglioso!

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  2. La sfiga della chiusura del museo quando son stato a Kyoto fu inenarrabile! Da tornarci apposta...

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  3. Ci sono stato tante volte, anche per assistere a conferenze (e in un'occasione, per parteciparvi). Ho visitato i sotterranei con gli archivi del materiale ancora in fase di catalogazione e dove c'è anche una cella frigorifera per la preservazione dei pezzi più rari. Il museo vive anche di moltissime donazioni spontanee ogni anno da parte di lettori di tutto il mondo che inviano manga e il museo ormai non ha più lo spazio (anche perché molti sono doppioni) e però non ricordo se ho chiesto che cosa ne fanno di tutto il materiale soverchio. Di certo non ricordo la risposta.
    Il museo di Kyoto è una gran cosa, fondamentale, ma ritengo che debba vivere in dialogo e risonanza con (gli) altri musei e biblioteche del manga giapponesi, ciascuno dei quali offre probabilmente aspetti e chicche specifici.
    Fatte le debite distinzioni, pensiamo al Museo della Pace di Hiroshima e a quello di Nagasaki: per chi li ha visitati entrambi è impossibile non accorgersi della armoniosa complementarità di due atteggiamenti diversi nella progettazione dei due musei. A Hiroshima, lo choc anche visivo della morte e distruzione della Bomba (non so se abbiano già tolto i manichini dei moribondi con la pelle sciolta, c'era stata una polemica sul togliamoli - non togliamoli) e a Nagasaki un racconto degli eventi che rinuncia alle scene orrorifiche e si concentra sulla speranza per un futuro senza guerre.
    Il solo difetto, secondo me concettualmente/storicamente grande anche se ai più potrà apparire un dettaglio insignificante (ma non a noi italiani, di certo) è che nella mappa del mondo che mostra la presenza dei manga nei vari paesi e aree del pianeta, l'Italia non è segnalata. Tu pensa.
    Ho fatto notare l'errore varie volte alla ex direttrice esecutiva del museo e ai suoi assistenti, ma a quanto pare costa troppo rifare quel pannello... farina del sacco di un team giapponese, non internazionale, e pertanto testimonianza indiretta del “bias” (distorsione) percettivo e anche scientifico circa le reali proporzioni del successo dei manga in Italia.

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    1. Vero. La faccenda dell'Italia assente dalla mappa dei manga nel mondo è assurda. Almeno il numero di volumi in italiano, per quel che vale, è aumentato.

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    2. ...e quando mai, Marco non glielo faceva notare!!!
      comunque, è davvero una cosa incredibile... se sapessero che mostri hanno creato, con la diffusione di manga e anime in Italia...

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  4. Eh niente, 3 tentativi andati a vuoto, un giorno siamo arrivati troppo tardi, quello successivo era chiuso e il terzo ci siamo persi... magari l'anno prossimo staremo più attenti, salteremo più in alto, correremo più forte.

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  5. Un incrocio tra biblioteca, museo e santuario. Molto bello.

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  6. Fantastico.
    Certe volte mi chiedo se Chiba, Matsumoto e gli altri grandi sappiano quanto le loro opere abbiano influenzato ed ispirato i ragazzi di un paese oltreoceano di cui, a quei tempi si sapeva poco e niente...piu' o meno come doveva apparire a noi ragazzi di quell'epoca il Giappone. Lontano, esotico e misterioso.
    Comunque, che differenza. Li' Ashita no Joe e' stra-letto e stra-riletto tutt'ora (anche dopo cinquant'anni), qui da noi se lo nomini ad un ventenne ti dice che non sa neanche di cosa stai parlando (mi e' successo in fumetteria, e mi piangeva il cuore. E forse un paio li ho convinti, a leggerlo).
    Figurati che volevo regalare la PERFECT EDITION alla mia biblioteca (io ho la vecchia versione, dopotutto) proprio perche' ritengo che certe cose vadano TRAMANDATE AI POSTERI.
    E qui si apre un discorso interessante. Per il sottoscritto se aprissero un luogo simile nel nostro paese, anche solo dedicato ai fumetti nostrani (accade gia' in biblioteca: molti fumetti, libri e dvd prestati non fanno piu' ritorno. Ma li' a Kyoto, se non altro, se ne puo' usufruire solamente IN LOCO, se ho capito bene) nel giro di un mese FREGHEREBBERO TUTTO O DISTRUGGEREBBERO TUTTI I VOLUMI. Perche' qui manca ancora il senso civico, purtroppo.

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  7. Questa strana idea di santuario in cui puoi toccaree sfogliare tutto ti accompagna per tutto il tempo in cui resti in quel luogo.
    Purtroppo per noi occidentali, il fatto che le opere siano quasi tutte in giapponese non aiuta la fruizione.
    Mi ci sono comprato una fichissima maglietta con sopra un Atom olografico e la tengo come una reliquia :)

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  8. bellissimo, ti fa capire (se mai ce ne fosse ancora bisogno)l' enorme rispetto e importanza dei manga in giappone (gia' immagino otaku in pellegrinaggio con cilici e corone di spine)... purtroppo da noi una cosa del genere è impossibile ,ma gia' il fatto che alcune biblioteche siano presenti dei volumi a fumetti è gia' un bel risultato..

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  9. Io, l'appassionato lettore che si commuove alla vista delle foto:
    "Purtroppo non esiste un posto del genere qua."

    Io, il debosciato che passerebbe li dentro il resto della vita scordandosi doveri e famiglia:
    "Per fortuna non esiste un posto del genere qua."

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  10. Ho i brividi.

    Patrimonio dell'umanità, senza se e senza ma.
    Quanto vorrei andarci almeno una volta nella vita...

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  11. Ho i brividi.

    Patrimonio dell'umanità, senza se e senza ma.
    Quanto vorrei andarci almeno una volta nella vita...

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  12. Ci sono stato nel 2012, bellissimo.
    Con la mia compagna ci siamo andati a cercare tutti finali che ci mancavano dei vari manga.
    Quanta nostalgia.

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  13. Da bambina, io contavo i piani degli edifici come li contano i giapponesi. Il pianoterra era il primo piano, per me. perché è fisicamente il primo che si stacca dal suolo e che conti per stabilire quanti piani ha la struttura.
    Con l'età ho imparato il meccanismo piano terra - primo piano, ma confesso che ancora lo trovo illogico :P

    Bellissimo il museo. Ma se i manga sono a disposizione di tutti e in libera lettura, come si supplisce all'usura dei volumi? Hanno una miniera di collezioni storiche doppie-triple-quadruple-nple cui attingere per sostituire gli albi distrutti dalle troppe letture? O_o

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  14. Deve essere bellissimo poter respirare "aria di manga" ma leggendo questo post un pochino lo si riesce ad immaginare. L'illustrazione dopo la foto del calco di Moebius è fantastica.

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  15. Ma è stupendo!
    Spero di visitarlo un giorno :D

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  16. Hey doc. Due domande:
    1) si potevano fare foto o hai fatto l'italiano ribelle?
    2) collegata alla prima: hai fatto mica le foto a quel bellissimo pammpann che spiegava chi guadagnava e quanto di tutta la filiera del manga?

    Lo chiedo perché io ci sono stato in estate, ma mi ero imparanoiato pur la storia delle foto e non ne ho scattata nessuna, e adesso rosico di non aver fotografato quel pannello la, che ovviamente non trovo da nessuna parte del web :(
    .. Non è che...?

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  17. Ehm.. il pammpam e come il mio correttore automatico etilico ha interpretato la parola "pannello"..

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  18. ci sono stato... esattamente dieci anni fa, aprile 2008, ero in viaggio di nozze... come passa il tempo

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