POP ポップ: come la cultura giapponese ha conquistato il mondo (nel bene, ma non solo)

POP ポップ Matt Alt

Quello che ti piace di più, quando leggi un saggio che copre un lungo lasso di tempo nella sua analisi, è il modo in cui riesce a rendere organico il tutto. A legare tra loro i singoli capitoli del suo discorso. Ed è proprio quello che fa POP ポップ. Come la cultura giapponese ha conquistato il mondo, un libro di Matt Alt estremamente interessante per chiunque abbia mai subìto il fascino dell'intrattenimento giapponese, o si sia mai chiesto come abbia fatto un Paese ridotto in ginocchio da due atomiche e nugoli di bombe incendiarie a diventare una potenza economica prima, e una fonte d'influenza fortissima sulla cultura pop planetaria subito dopo. E quest'ultima cosa - la parentesi nel titolo del post ce l'hai messa tu - tanto nel bene, quanto in una serie di ripercussioni orribili [...]

POP ポップ Matt Alt

Segui Matt Alt su Twitter da una vita, perché, in qualità di traduttore e reporter USA trapiantato a Tokyo da tanto tempo, il suo è sempre un punto di vista molto lucido sul mondo dell'intrattenimento nipponico. POP ポップ, che in Italia è stato appena tradotto da add editore (430 pagine, 22 euro), divide il suo discorso in due parti.

Nella prima, spiega l'evoluzione del Giappone post-bellico, la sua grande rincorsa, attraverso le figure di menti geniali e sufficientemente folli che con le proprie idee hanno cambiato volto a un determinato settore. Piccole ma importanti rivoluzioni che poi hanno finito per contagiare il resto del mondo, negli anni del boom economico del Giappone.

E allora i giocattoli di latta, un'industria rinata letteralmente tra le macerie e dalla spazzatura, utilizzando i simboli dell'occupazione americana (la Jeep e i bombardieri B-29), il sogno televisivo del dio dei manga Osamu Tezuka, il karaoke, il culto del kawaii sdoganato in tutto il globo da Hello Kitty, il Walkman.

Per ogni oggetto una persona e la sua storia, per ogni storia un sogno, che Alt contestualizza raccontando in modo molto efficace il contesto: il perché Tezuka abbia portato Atom in tivù e come quest'ultimo sia riuscito a sfondare negli USA (semplicemente perché costava poco), l'invenzione del karaoke resa possibile solo dalla vita d'inferno dei salaryman, e così via. Con una quantità di spiegazioni sullo stile di vita giapponese e sul suo mutare nel corso di quei decenni che non hai trovato neanche in testi storici sullo stesso argomento.

POP ポップ Matt Alt
Lo sprezzante Miyazaki, l'unica voce fuori dal coro, racconta Alt, alla scomparsa di Tezuka

La seconda parte del saggio indaga invece quello che è successo a partire dal "Decennio perduto", come chiamano in Giappone gli anni 90. Con il grande paradosso che proprio nel momento in cui esplode la sua bolla speculativa e abbandona i suoi sogni di conquista (commerciale) del pianeta, il Giappone inizia ad esercitare un'influenza di altro tipo, squisitamente culturale, su scala globale.

Il periodo in cui videogiochi giapponesi, anime e manga invadono l'Occidente, diventando il principale substrato culturale per almeno un paio di generazioni. Non tanto, spiega Alt, per un nuovo Giapponismo come quello che aveva impallinato Van Gogh e i pittori francesi nella seconda metà dell'Ottocento, ma perché la globalizzazione aveva reso quelle nuove generazioni pronte ad assorbire alla perfezione quegli stimoli. 

E fin qui, tutto bene. L'ultimo capitolo di POP ポップ parla di un altro tipo di influenza. Racconta come, attraverso la nascita di 2channel in Giappone e poi del suo omologo 4chan negli USA, il mondo otaku abbia prodotto tra le altre cose, su entrambe le sponde del Pacifico, anche risultati aberranti. 

Come, trattandosi di segmenti di utenza estremamente omogenei e spesso animati da astio nei confronti del "mondo là fuori" da cui si sentivano esclusi, vi abbiano preso piede anche il razzismo e il sessismo più beceri, alimentando schifezze come il Gamergate o fornendo a Bannon la carne di cannone che gli serviva per la campagna di Trump. 

L'alt right, insomma, e quella radicalizzazione del nerd fatta di battaglie online risibili ma dalle conseguenze a volte reali, che impattano sulla vita di persone vere. Una cosa che non sempre, purtroppo, sembrano capire gli utenti italiani quando sui social spendono, senza conoscerne l'origine, la terminologia tanto cara a questi soggetti. 

Nella sua introduzione al volume, Vincenzo Filosa completa l'ultimo tratto, con alcuni esempi di come lo stesso discorso sia stato applicato volutamente anche da noi. 

Da leggere. 


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Commenti

  1. Se questa è l'evoluzione di Microletture, molto bene.

    Il libro sembra davvero interessante. La parte su 2channel mi ha stupito, non se ne sente parlare normalmente quando si tratta di cultura pop giapponese, ma ci sta. E ha senso considerato che l'autore è statunitense e quindi conosce bene i frutti avvelenati di 4chan e company

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    1. Lì, tra l'altro, Alt spiega anche come al di là dell'ispirazione iniziale, a un certo punto 2ch e 4ch siano finite per essere legate anche nel loro proprietario.

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  2. Non ho capito la didascalia su Miyazaki e Tezuka

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    1. Si riferisce a quanto il Miya disse, come riporta l'autore del libro, alla morte di Tezuka, per il suo ruolo nella storia dell'animazione (e non dei manga). Spoiler: non erano complimenti.

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  3. Dei tristi rapporti tra Bannon e la colonizzazione del mondo nerd a suon di razzismo, sessismo e ideologie simili ne sto parlando in giro per gli eventi nerd all'interno di un panel di cui sono co-autore. Prossima tappa: Mantova questo weekend: Doc, ci sarai? (non credo, non ho visto il tuo nome in programma, ma oh, sai mai...)

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    1. No, sarò venerdì a Catania per Etnacomics.

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    2. Capisco! Spero di ribeccarti ad un qualche evento, una qualche volta!

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    3. Dai (punta a Lucca, ché lì ci sono sempre) ;)

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  4. È stato veramente un piacere averti incontrato con la tua consorte ad Etnacomics. Max Fiorito.
    **mi scuso dell’anonimato ma non riesco a loggarmi con Google…

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