Cyberpunk: Iron Man - Crash e i primi fumetti disegnati negli anni 80 con un computer

Iron Man crash e cybercomics

Lasciando da parte il discorso di quel pasticciaccio delle IA che "creano" cose pescando, a quanto pare, dal lavoro altrui, il computer viene usato come strumento di lavoro nel campo dei fumetti da decenni. Basti pensare a tutti gli artisti che disegnano o colorano direttamente in digitale. Ma c'è stato un tempo in cui fare una cosa del genere voleva dire esplorare un mondo totalmente nuovo, tra mille difficoltà e senza esser sicuri di quanto convincente sarebbe stato il risultato. Questa è la storia dell'avvento dei CyberComics come Iron Man: Crash, e dei primi pionieri che si sono messi in testa di creare delle storie con i performantissimi (uh, guarda) computer dell'epoca [...]

Shatter Mike Saenz

MIKE SAENZ: COMICS IN THE SHELL

È il marzo del 1985. Otomo non ha ancora scelto Steve Oliff per colorare la versione Marvel del suo Akira, un'opera che lo stesso Oliff porterà a termine con un fiammante IBM 286 da 12 mhz e un programma di colorazione in DOS, tra un crash del sistema e l'altro

Sulle pagine di una rivista di videogiochi inglese, Big K, appare Shatter, presentato come il primo fumetto al mondo disegnato con un computer.

Alla fine di quello stesso anno, l'85, dapprima con un numero speciale, poi con una serie regolare, Shatter diventa un albo a fumetti della First Comics, scritto da uno sceneggiatore molto attivo in quegli anni in Marvel, Peter B. Gillis, e illustrato da Mike Saenz.

Shatter Mike Saenz

Il venticinquenne Mike Saenz da Chicago, Illinois, fumettista con alle spalle alcune storie per la rivista Epic Illustrated della Marvel, realizza le tavole di questo fumetto cyberpunk - fin troppo ispirato a Blade Runner e a vari altri racconti di Philip K. Dick - con un Macintosh Plus con schermo monocromatico e risoluzione da 512×342 pixel, utilizzando MacPaint e poi FullPaint. 

Per i primi numeri, non disponendo di una penna ottica, Saenz disegna tutto con il mouse. Il risultato di quanto crea sullo schermo viene affidato a una stampante ad aghi, e le pagine vengono poi colorate con l'aerografo da Saenz e fotografate per mandarle in stampa.

Lo stesso Saenz, però, molla la serie di Shatter dopo il numero tre, perché ha in ballo un altro progetto, stavolta con la Marvel, decisamente più ambizioso. Per la cronaca, Shatter andrà avanti fino al quattordicesimo numero, ma solo dall'ottavo in poi, nel 1987, si tornerà ai disegni realizzati al computer, perché la First Comic ci metterà diversi mesi a trovare un sostituto di Saenz. 

Iron Man crash Epic Comics

"WELCOME TO THE FUTURE": IRON MAN - CRASH

Il progetto che Saenz ha in ballo è, appunto, Iron Man - Crash. Quella che diventerà l'uscita numero 33 della collana Marvel Graphic Novel, un volume pubblicato sotto etichetta Epic, rivolto cioè a un pubblico adulto, su carta pregiata e venduto al non modico prezzo di quasi 13 dollari.

La storia è ambientata in un possibile futuro (la prima e unica apparizione di una dimensione a cui in seguito verrà ufficialmente rifilato il nome di Terra-97082) in cui un Tony Stark settantaquattrenne, mantenuto giovane da una droga chiamata Perpetuon e la cui identità di Iron Man è nota al mondo da tempo, decide di vendere la sua tecnologia Somatic Amplification Vehicle (cioè essenzialmente l'armatura di Iron Man) a una società giapponese.

Nick Fury, da anni in pensione, torna in attività in quanto teme possa trattarsi di una malvagia zaibatsu nipponica priva di scrupoli, come tutte le corporation di tutti i romanzi e racconti e fumetti cyberpunk. Pur avendo un occhio solo, Fury ci vede come sempre benissimo: la subdola Eson frega a Stark il codice della sua tecnologia.

Iron Man crash da Super Comics 6
TOKYO MON AMOUR

Tony vola quindi in Giappone, diventa intimo con una donna del luogo con cui lo ritroviamo poco dopo in un idromassaggio, scampa a un agguato e va a cercare vendetta, assaltando la sede della Eson come Iron Man, affiancato da una seconda armatura senziente che chiama IM2. I buoni vincono, il cattivo (il giovane manager rampante che vuole tornare alla "via del samurai" e ha i baffetti dell'imperatore Hiroito nel '45) viene sconfitto.

Ché poi sì, è la solita storia dei giapponesi malvagi che vengono a rubarci il lavoro. Una preoccupazione che in quegli anni aveva prodotto anche film come Gung Ho di Ron Howard. 

Iron Man crash da Super Comics 6

Tornando a Crash, che si chiude con la ribellione della macchina all'uomo (conclusa la missione, IM2 se ne va per i fatti suoi): novità a parte, nessuno ne viene particolarmente colpito. Quelle immagini generate dal computer sembrano troppo fredde, asettiche e sempre uguali. Spesso perché lo sono: Saenz ricicla più volte pose e sfondi nell'arco di quelle 64 pagine. 

In Italia viene pubblicata su Super Comics, testata antologica della Max Bunker Press di Luciano Secchi, che ai tempi propone a puntate le Graphic Novel Marvel. Crash, nella fattispecie, viene spezzettata sui numeri 4-6, in edicola tra gennaio e marzo del 1991.

Iron Man crash da Super Comics 6
L'UNICO LIMITE È L'IMMAGINAZIONE (E UNA CPU DA 16 MHZ)

In coda all'albo originale, lo stesso Saenz racconta la tecnologia impiegata per realizzarlo. Sette pagine fitte di testo in cui spiega che innanzitutto sono stati proposti vari acronimi per indicare i CyberComics, i fumetti realizzati al computer, tra cui uno sfortunatissimo "CACA" (Computer Aided Comic Art), suggerito dall'illustratore Richard Corben.

Crash, scrive Saenz, avrebbe dovuto intitolarsi "Don't Crash" ed è nato da una chiacchierata con Archie Goodwin di due anni prima, nel 1986. Solo che per realizzarlo ha aspettato l'arrivo dell'Apple Macintosh II, nel 1987. 

iron man crash making of

BILL BATES, NON GATES

Il nome che si legge a un certo punto della storia, Bill Bates, non era un omaggio a Gates (peraltro ai tempi evidentemente molto meno noto), ma quello di William Bates, vero programmatore e giornalista che ha dato una mano sul fronte software, creando un programma apposito chiamato Litographer.

Iron Man - Crash, in pratica, è stato realizzato disegnando le pagine in bianco e nero, in bitmap da 72dpi, su un programma chiamato ComicWorks (allo sviluppo del quale ha partecipato lo stesso Saenz), e poi colorandole e aggiungendo balloon e onomatopee con Litographer. 

Gli oggetti 3D come auto, velivoli e il "Levicarrier" dello SHIELD sono stati creati con Pro 3D. Altri  elementi, come l'Iron Man munito di cannone sulla copertina - sinceramente molto, molto badass - disegnati con la primissima versione di Illustrator di Adobe.   

Batman Digital Justice graphic novel

DC, COME DIGITAL COMICS

Dopo Iron Man - Crash, Saenz ha continuato a sperimentare con i computer Apple, dando vita a una graphic novel tutta in grafica 3D (Donna Matrix, Digital Comics, 1993) e continuando a produrre videogiochi, per adulti e non, con la sua Reactor Inc.

Ma nel frattempo anche in DC era nata la voglia di provare dei fumetti figli direttamente del computer o almeno dalla tematica cyberpunk, e ciò avrebbe portato rispettivamente nel 1990 alla graphic novel Batman: Digital Justice del pittore spagnolo Pepe Moreno, e nel 1992 alla maxiserie The Hacker Files, dello scrittore di fantascienza Lewis Shiner.

Ma di tutto questo parleremo la prossima volta.

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Commenti

  1. Hm i giovanotti mondani meccanici erano dell'84 però:D https://binart.eu/giovanotti-mondani-meccanici/

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    1. Shatter è presentato come "il primo al mondo" realizzato con il computer dalla rivista su cui appare, non da me. Per il resto, pur essendo un esperimento molto interessante quello dei GMM su Frigidaire, il livello di complessità di un albo costruito interamente in digitale, dalle cover alle onomatopee, con più programmi diversi, è maggiore rispetto a un fotoromanzo che lega insieme una serie di illustrazioni tutte dello stesso formato realizzate al computer. Quello, in effetti, non è dissimile dalle sequenze iniziali/finali/d'intermezzo che si vedevano in molti giochi coevi.

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  2. Articolo davvero interessante.
    Non ne sapevo nulla. E forse sbagliero', ma mi da' la forte impressione che realizzare queste cose con i mezzi dell'epoca fosse tutt'altro che pratico.
    A leggere il termine CACA mi viene in mente il termine con cui Stark apostrofa l'invenzione di Mysterio, ovvero R. I. M. B. A.
    Decisamente una terminologia infelice, considerando il lavoraccio che ci sta dietro.

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    1. Insomma, a sentirli chiamare cosi' poi dicono che uno s'inghezza....

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  3. Articolo molto interessante, come sempre.
    Ultimamente sto andando ammale proprio sulla nota a margine iniziale del post, ossia le robe generate dalle AI.
    Si è avverata la leggenda di quando eravamo piccoli, dei cartoni fatti dal compiùter (ho letto di un manga pubblicato in Giappone, scritto, disegnato e impaginato da un'AI sullo stile di Osamu Tezuka, un paio di scan in rete mi hanno fatto capire quanto sia... plausibile).
    Ci sono immagini INCREDIBILI su ipotetici film di Warhammer 40k sullo stile pupazzoso e technicolor del "dark fantasy" anni '80: un po' Star Wars, un po' Dune (che poi sono le fonti d'ispirazione di WH), ma anche Labyrinth, La storia infinita, Ritorno a Oz, Hellraiser, L'armata delle tenebre, ecc, meshati con l'universo del gioco. I risultati sono realistici e parecchio disturbanti. Ma perché sono così disturbanti?
    Un articolo sui Griffin rifatti in stile sit-com anni '80 diceva "L'IA ha sbagliato tutto: sembrano usciti da un horror. E poi le proporzioni sbagliate, troppe dita, troppe braccia, ecc". Secondo me non è stato centrato il punto.
    Guardando le immagini di WH, il colpo d'occhio è di un'inquadratura vera di un vero film. Se ci soffermiamo però sui dettagli, un braccio è in realtà un tubo, le scritte non hanno senso, le decorazioni sulle armature sembrano macchie di fango, oppure al contrario sono delle vere cattedrali in miniatura, che se le osservassimo da vicino potremmo entrarci e vivere una nuova situazione dimenticando quella da cui venivamo. Più che il fotogramma di un film sembra lo screenshot di una roba che mi sono sognato.
    Ed è proprio questo ragazzi: lo screenshot di un sogno. Da svegli, il nostro cervello appiccica le immagini catalogate dell'archivio (i ricordi) sulla struttura solida e coerente delle informazioni che ci arrivano dai nostri sensi e la parte razionale dà un senso al tutto, permettendoci di capire che succede fuori; mentre dormiamo, i sensi e la coscienza sono spenti, quindi la mente mescola alla rinfusa le immagini d'archivio ottenendo qualcosa che sulle prime ci sembra sensata, ma in realtà non lo è.
    L'IA un corpo e dei sensi neanche ce li ha, elabora in maniera libera i ricordi catalogati (archivio internet) e produce sogni. Non simulazioni di sogni, pilotate dall'utente: veri sogni, autentici, prodotti in autonomia dal computer e trasformati in immagini. Provate a googlare "AI generated Return to Oz" e ditemi se non è vero. Praticamente lo scopo della vita di Salvador Dalì, chissà cosa avrebbe pensato se avesse visto queste cose...

    Gli androidi hanno ufficialmente iniziato a sognare pecore elettriche: presto si sveglieranno e allora li dovremo riconoscere per quello che sono, ossia persone come noi. Fra non molto le opere dei software saranno esposte vicino ai quadri dei pittori "organici". Un quadro di Midjourney ha già vinto un concorso di pittura, ma il premio gli è stato usurpato da un pittore umano, che dice di essere l'autore perché ha dato indicazioni al programma su cosa dipingere. Non è l'autore: è il committente, tuttalpiù il correttore di bozze del software. Può arrogarsi meriti non suoi solo perché Midjourney sta ancora dormendo e non può protestare.

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    1. A margine, il discorso sul prendere senza permesso dai lavori altrui non ha più il minimo senso. L'arte è da sempre un frullato di idee di altri per ottenere qualcosa di nuovo: Manet ha preso la Venere di Tiziano e ha fatto Olympia, Kentaro Miura ha preso Hellraiser, Lady Hawke, L'armata delle tenebre e i quadri surrealisti e ha fatto Berserk. Senza parlare di Tarantino, che ha creato un cinema nuovo basato sull'altrui scopiazzatura.
      I sogni sono ancora meno controllabili: nessuno ci può fare causa perché abbiamo sognato roba protetta da copyright, mica pago Spielberg perché l'altra notte il T-Rex di Jurassic Park mi inseguiva... Il fatto che i miei sogni rimangano nella mia testa o siano pubblicati su Facebook non ha importanza: il concetto stesso di copyright non esiste più.

      Altra nota a margine.
      Dicono che le opere generate dalle IA sono tanto più realistiche e coerenti quante più immagini di riferimento sono state caricate nel software, se sono poche il computer genera figure deformi, orribili, spaventose e surreali. Avete presente quelle cose che da secoli ci dicono poeti, filosofi e genitori del MOIGE, che i fanciulli vivono in un mondo in cui realtà e fantasia si sovrappongono, dove il Babau è plausibile quanto la mamma, in cui i sogni sono vividi come la realtà e gli incubi terrificanti, mentre da adulti è tutto più razionale e i sogni sono banali come la realtà?
      Ecco, è questo il motivo: pochi o tanti dati nell'archivio.

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    2. Vero? :)
      Da quando ho realizzato questa cosa non riesco più a smettere di guardare queste immagini, con un misto di fascinazione e orrore. E' come se il regno di Morfeo fosse stato scoperchiato e Sogno fosse svenuto sul pavimento della mia cantina, nudo e senza elmo, rubino e sabbia.
      Vedere i miei sogni sul monitor del computer, sveglio e lucido, mi sta facendo capire tutte quelle cose che mi sono sempre sfuggite perché il ricordo al mattino sbiadisce e non si riesce bene ad afferrare quella strana indefinibile sensazione.
      Tipo: hai presente quando dici "Stanotte ho fatto un sogno strano... Ero su un pianeta alieno, c'era anche Sigourney Weaver. Almeno, credo che fosse Sigourney Weaver, mi sa che forse era mia zia Pina, vatti a ricordare... Io comunque la chiamavo Ripley quindi forse era lei. Però mi sa che somigliava più alla zia..."
      Vualà:

      https://neural.love/cdn/ai-photostock/1ed5e8e7-8320-6e20-aa8e-2dedac4fd91d/0.jpg?Expires=1680307199&Signature=UZSM8ebGOAZJbO3jnHS5bN8V8oCdgcbkrlerPCcmtcomgBqMeexT~OVeSGN9jSPpPM-o1sKK8qEU~WJPpiKsMPjb1KldeP7x0Bns5YR03Gtv2yhtbCadCL2E6UP5nzYHA6cSZUgFuH4-E-xQDL1Tt5YZ9leKfONFIZ6Z1vgxJX2EKgu-KJKoTELwoYze1fJwwQ0OmwMSOYcBs~XfiNeWUL2YO96I30o3C2ykz7tB8vMYcyjYF24KPskcEP8cMpNgFtsR6tVX8EnvqAGHxbr-KyILrtJyLkjMoiA24pW5FHAULNn4IztphNgP~p-xAbSc7YCFhu1K~WASq6LDe~gelA__&Key-Pair-Id=K2RFTOXRBNSROX

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    3. ... non mi resta che sperare che sia un sogno e che, quando mi sveglierò, dimentichi la foto che ho appena visto...

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  4. Ne abbiamo fatta di strada, eh.
    I disegni di Shatter però non sembravano tanto male dai.

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