Cenni di architettura contemporanea di Batcaverne e Avengers tower
Bentrovati. Sono l'architetto norvegese Donald Påare Raasse. Torno ad approfittare dell'ospitalità del padrone di casa, cui mi lega una profonda amicizia da oltre settant'anni, per parlarvi oggi della grande rilevanza nel mio campo delle soluzioni adottate nella costruzione di rifugi e basi dei cosiddetti super-eroi. Strutture innovative, avanguardistiche, tracotanti e totalmente dimentiche dei più basilari principi di salvaguardia del territorio [...]
Edificanti, ma soprattutto edificate storie di palloni enormi e merluzzi dallo sguardo severo, luogo di vita e teatro di battaglia per scienziati e giovani guerrieri che avevano a cuore solo una cosa, la fi [BZZZZZ]
[BZZZZ] sica. Ancora problemi con il software di dettatura, Manhattan? Dopo tutti questi anni? A ogni modo.
Qualche tempo dopo, il testimone fu raccolto dalla mia collega portoghese, la celebre archistar Andorra Pedalesas, che disquisì con il suo usuale garbo di Castelli del Teschio Grigio e Tane delle Tigri.
Oggi riprendiamo il discorso, con un esame di covi e basi, più o meno segrete, di uomini adulti che sfrecciano sui tetti e nei cieli delle nostre città indossando pigiami colorati. Vantando nomi buffi figli della fantasia della scuola primaria e malcelando mai risolti, profondi problemi emotivi e comportamentali. Perché ognuno ha i salvatori che si merita, diremo.
BATCAVERNA
La collana di perle, Zorro, e il resto di una origin story che conosciamo fin troppo bene. Ma se sei ricco e traumatizzato, obietteranno gli invidiosi, probabilmente esistono modi migliori di combattere il crimine e fare qualcosa per gli altri, rispetto al travestirsi da chirottero umano, chiamare ogni oggetto che ti circonda batqualcosa e diventare il luminoso polo d'attrazione per decine di maniaci criminali che vogliono partecipare alla tua festa di Halloween perpetua.
Peggiorando sostanzialmente le condizioni della città in cui vivi. Come si dice qui a Oslo, Quånnu ællampa aru citråru, fuja fuja aru pagliåru.
Va d'altro canto sottolineato come l'attenzione di Batman, nel plasmare nel corso dei decenni la sua base operativa, non possa perdersi in dettagli di poco conto come il dare un tetto decente alla sua caverna. O procedere a una doverosa disinfestazione della stessa. Ché per quanto sia apprezzabile la fonte d'ispirazione, la folgorazione dell'immagine potentissima di un pipistrello che incuta timore nel cuore dei malvagi, vivere in mezzo al guano di pipistrello e a rischio di essere il paziente zero del salto di specie di qualsiasi nuovo virus potrebbe anche non essere, in fin dei conti, questa grande pensata.
Ma io, del resto, faccio l'architetto, non il vigilante.
E a Batman comunque poco importa. L'unico vezzo che si è concesso, com'è evidente, lo ritroviamo nell'interior design della batcaverna: un dinosauro gigante, una monetina enorme, la carta con la gigantografia di un pagliaccio. Forti, decisi gusti da quattrenne. Manca solo il dado con le prime letterine. Macchinine, in compenso, ne ha quante ne vuole.
E a chi rimprovera a Bruce Wayne il fatto che nella batcaverna ci sia una storica, drammatica penuria di fi[BZZZZZ]
[BZZZZ] gure femminili, e che i rendez vous amorosi con Catwoman siano destinati sempre agli scomodi tetti di Gotham City, bisognerà ricordare quanto i pipistrelli abbiano la pervicace, ostinata abitudine di impigliarsi nelle capigliature al vento. Ad Alfred poco importa, evidentemente, ma per chiunque abbia delle chiome fluenti è alto, in buona sostanza, il rischio di uscire da un batamplesso curu culu ruttø e senzå ciråsi, come si suol dire qui in Norvegia.
AVENGERS TOWER
Ma per ogni eroe che si nasconde nel sottuosolo e vive felice vive sereno vive in mezzo ai topi con le ali, ce ne sono tanti che invece il loro ruolo e nome lo gridano al mondo. Come gli Avengers, che in uno slancio di amore e rispetto per la corrente brutalista, hanno eretto nel centro di Manhattan una gigantesca torre con la foggia di macchinetta del caffè a cialde.
Le Stark Industries, responsabili dell'edificio, producono anche quello. Oltre alle armi di distruzione di massa.
Laddove il collega Bruno Taut e il suo movimento moderno inseguivano un ideale di bellezza come relazione diretta tra una struttura e il suo scopo, Tony Stark propone invece una domus per i suoi sodali in costume che ricordi a tutti la sua plutocratica sicumera. E faciliti peraltro il compito di ogni nuovo invasore alieno o intelligenza articiale con un debole per il genocidio.
Perché non andare subito al dunque, saltando preamboli e primi atti di film fiacchi? Perché far perder tempo ai nemici nel cercare chi difende un pianeta popolato da sette miliardi (occasionalmente 3,5) di abitanti, quando possono nuclearizzarli tutti in un colpo solo da un satellite, mentre giocano a pinella il giovedì sera?, si chiede Stark.
Una grande provocazione, uno sferzante fouet frutto di una mente geniale, futurista, infinitamente brillante, o forse solo non ancora distante a sufficienza dai noti e dolorosi trascorsi con l'alcol.
WATCHTOWER DELLA JUSTICE LEAGUE
Ben più irrequieta, frenetica, mai doma la ricerca di una propria identità per un'altra torre, quella della Justice League. Gli eroi del DC Universe hanno di volta in volta popolato torri che erano in realtà satelliti orbitanti o, perché no, basi costruite sulla Luna.
Perché edificare sulla Terra, quando puoi prender possesso di un altro corpo celeste? A chi importa davvero del risparmio energetico, quando puoi andare e venire dal nostro satellite naturale con dei comodi teletrasporti, il cui impiego ha un fabbisogno energetico tale da illuminare interi stati del terzo mondo per decenni?
La Justice League deve difendere il pianeta, ti dice la sua Torre di Guardia lunare, nel silenzio dello spazio: non può perder tempo dietro a concetti astratti come l'architettura sostenibile. Ricordatevi voialtri umani di spegnere la luce in cucina quando siete in un'altra stanza, ché qui c'è Superman che ogni cinque minuti deve andare a far finta di lavorare al giornale e Wonder Woman che ha l'appuntamento dal parrucchiere.
Perché gli dei sono tra noi, e il loro Olimpo, quale esso sia, non si discute. Non sempre c'è qualcuno dalla pungente onestà intellettuale e dal sottotesto iconoclasta di uno Zack Snyder che li costringe a fare le scale.
In seguito la torre di guardia lunare venne abbandonata, in favore di altre incarnazioni della sala della giustizia. Non è mai stato chiarito se perché venne effettivamente distrutta in uno scontro, o se perché arrivarono a citofonare i testimoni di Geova pure lì, per quell'equivoco insito nel nome del complesso.
CASA DEL DOTTOR STRANGE
La corrente architettonica della hubris supereroica viene però bilanciata, quanto meno, da casi più virtuosi, come quello della dimora del Dottor Strange. Una modesta villa su tre livelli al 177A di Bleecker Street, nel Greenwich Village di Manhattan, New York City, dal valore stimabile in decine di milioni di dollari. E con un nome quasi francescano, per quanto dimesso e umile: Sanctum Sanctorum, santo tra le cose sante.
Ma se vivi per oltre mezzo secolo in bilico tra una vita da hippy fuori tempo massimo, demoni di altre dimensioni e l'influsso di sostanze, per così dire, magiche, poi è probabilmente il meno.
Sia quel che sia, la magione di Strange è pronta a reggere l'assedio di forze al di là della comprensione. E quando privo del chiacchiericcio inopportuno di un giovane dai poteri di aracnide su cui scaricare opportunamente, quando serve, la colpa di un complesso pasticcio multidimensionale, il Sanctum Sanctorum è un luogo di pace e meditazione.
Non a caso, sul tetto della facciata in arenaria, ispirata all'architettura barocca francese, spicca da sempre all'ultimo piano la "Finestra dei Mondi", una vetrata con il simbolo del Vishanti, cioè un enorme granturchese da inzuppare nel latte della magia.
Oltre che baluardo nei confronti dell'ignoto, il Sanctum Sanctorum è del resto anche il nido dell'amore che Strange nutre per Clea.
Da sempre, nonostante i legami familiari impegnativi di lei, in quanto nipote del demoniaco distruttore di mondi noto come Dormammu. Ma come recita un celebre proverbio norvegese, Kåzzu arrittåtu nøn canuscia paræntatu.
di Donald Påare Raasse
[CONTINUA. Forse]
...sorprendente!!! ...io non mastico il norvegese.... ma abitando in una regione molto vicina (la Svezia), ho capito perfettamente...
RispondiEliminaNorvegese nuova lingua preferita ever!
RispondiEliminaQuella cosa dei detti norvegesi, e della loro assonanza con l'aspro dialetto dotrakhi ce la devi spiegar meglio. Scott
RispondiEliminaFun fact: in un episodio Alfred si era davvero ammalato, a causa del guano di pipistrelli. Bruce aveva quindi deratizzato tutto ma, una volta che il suo maggiordomo era guarito, li ha fatti tornare a fare baccanale.
RispondiEliminaL'esimio architetto! Quanto tempo! Che piacere!
RispondiEliminaBuonasera, voglio a mia volta approfittare del ritorno su queste pagine dell'Archistar Påare Raasse (non sia modesto) per chiedere il Suo qualificato parere sull'esperienza del Collettivo Xavier. L'ardito progetto di convertire un'antica magione di epoca coloniale in un centro educativo all'avanguardia, financo comprensivo di contributi extra-terrestri, ha proposto una struttura massiccia come argine non solo alle intromissioni delle autorità governative e di gruppi di privati cittadini ma anche all'esuberanza esplosiva dei giovani occupanti. Ciononostante le frequenti opere di demolizione e ricostruzione fanno sorgere dubbi sull'efficacia di questo approccio. In sintesi, un'esperienza da archiviare o un'idea innovativa che potrà trovare in futuro rinnovata applicazione ?
RispondiEliminaSuo, Ruper Zooli
Ultimamente la combriccola di Xavier ha traslocato su un amena isola, chiamata Krakoa
EliminaGià, le isole sono l'altra location con cui gli X-tizi scambiano periodicamente la scuola... Muir, Utopia, Genosha, Krakoa e via andare.
EliminaQuanto ci era mancato, caro architetto!
RispondiEliminaSolo una parola...grazie! Esimio architetto bentornato!
RispondiEliminaGenio. Senza se e senza ma.
RispondiElimina(Che poi il 177 di Bleecker Street e' sotto casa mia, e recentemente il Board del Department of Building di NYC ha decretato di coprirne la facciata con un'anonima infilata in sequenza di brownstones con botteghe di sali & tabacchi, laboratori di tatuaggi, e sale da the' alla tapioca serviti da procioni: un perfetto Nascondismo per evitare di dare nell'occhio, elemento precipuo anche delle garconnieres, prealtro).
Lei è proprio un genio Doc Manhattan !
RispondiEliminaUna volta lessi un aforisma reputato a John Lennon- " Il genio è pena ".
Mi illumini la prego.
È vero ???
Quånnu ællampa aru citråru, fuja fuja aru pagliåru...
RispondiElimina...quånnu ællampa all'Amåndìa pija a zåppa e 'bba fåtìa.
Questa la sapevo pure io...
Vedi ad averci genitore nato ad Oslo? xD
una sola parola : chapeau
RispondiEliminaesimio architetto è un piacere leggerla, però per cortesia mi illumini sui detti norvegesi , essendo io nipote di danesi in teoria dovrei capire, infatti il lessico non mi è del tutto sconosciuto però fatico a capirne il significato , magari dei disegnini aiuterebbero
Grazie, ragazzi. Giro i vostri complimenti al maestro.
RispondiEliminaMagari, oh, ce ne scrive pure un altro. Hai visto mai.
Maestro, un indizio sui suoi prossimi saggi, la prego!
RispondiEliminaSi ringrazia l'esimio Architetto per tale saggio.
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