Tiene in piedi una festa anche di merda - 1

Cassettina anni 90

Magari quindici anni dopo sarebbe stato diverso. Ma erano ancora gli anni Novanta, nessuno era tornato a usare il termine hipster (e ad usare i risvoltini alti di Steve Urkel), e Johnny the Head, della sua 126 color ramarro metallizzato, si vergognava come un ladro. 

Quella Fiat 126 prodotta in Polonia era stata brevemente di sua madre, che l'aveva comprata da un ex ultrà della Roma. Per questo il lunotto era coperto quasi totalmente da una faccia di Geronimo con il logo CUCS. 

Johnny aveva provato a raschiarlo via con acqua calda, olio di gomito e una riserva sufficiente di maledizioni rivolte agli avi di chi aveva avuto l'idea di metter lì quella roba, ma l'adesivo non voleva saperne di schiodare. E così il vetro era ancora coperto quasi totalmente da una faccia stilizzata del fiero capo Apache, ma senza un orecchino e una ciocca di capelli [...]


Il motore a sogliola della 126 si spense definitivamente, forse anche per sempre, a un paio di isolati dalla sua destinazione. Johnny la lasciò accanto a un cassonetto ribaltabile verde, con il quale faceva inquietantemente pendant. 

Scosse la testa, facendo ondeggiare il cespuglio di ricci rossi che emergeva sopra le tempie rasate. I ricci si chiudevano in una specie di mezzo codino dietro la nuca, tenuto insieme da un elastico, mezzo chilo di gel verde del supermercato e un filo esile di speranza. "Uà, minchia, sei uguale a Mic coso, là, quello dei Sempre Red!", gli aveva detto il responsabile di quell'opera d'arte, il suo barbiere di fiducia, Gianni, due ore prima.

Alla prima occhiata nello specchio, Johnny aveva deciso che avrebbe cambiato barbiere di fiducia. 

Percorse a piedi il resto del tragitto, cercando di motivarsi al meglio per quello che lo attendeva. Il fatto è che Johnny the Head odiava le feste. E sì, anche che Johnny the Head non era ovviamente il suo vero nome. Un attimo e ci arriviamo. 

Era stato più o meno ai tempi dell'infelicissima parentesi negli scout che era saltato fuori quel nomignolo. Quanto recitato dalla carta d'identità, Gionatan Capisciolto, era in effetti troppo, beh, troppo. Troppo biblico, troppo Ambrogio Fogar, troppo dipendente dell'anagrafe che scrive un nome come si legge, ché alle 12 si stacca, vi siete presentati alle 11 e 50, felicitazioni generiche per la nascita, ma io devo andare a casa.

Qualcuno aveva preso a chiamarlo Johnny the Head, e a Gionatan era piaciuto. Faceva fico, oh. E comunque sempre meglio di quello vero, no? Oddio, no. Non se gli avessero spiegato subito per cosa stava quell'head, parte dello scarno ma coloritissimo bagaglio linguistico che Pieruzzo Spadadora della squadriglia Gabbiani si era trascinato dietro al rientro da un viaggio studio a Bristol, l'agosto precedente.

Ma quando Gionatan l'aveva scoperto era troppo tardi. Perfino sua madre e metà del corpo decente della sua classe lo chiamavano Johnny. Johnny the Head, che con la sua capa rossa sembrava quasi un nome da super-eroe crepato di sonno.

Dov'era quel posto? Gli avevano detto un palazzo grigio, ma era circondato da brutti esempi di edilizia da fine anni 70 di qualsiasi colore, tranne il grigio. Alzò il volume e il walkman-delle-grandi-occasioni, cioè quello senza sportellino delle pile attaccato con il nastro adesivo, gli urlò nelle orecchie una grande hit del suo idolo e Maestro di vita, il filosofo Lorenzo Cherubini. Senza neanche rendersene conto, Johnny chiuse gli occhi e iniziò a cantare.

Se t'incontro per strada non riesco a parlarti
Mi si bloccano le parole non riesco a guardarti

"Ma chi cazzu ti guarda?"

Johnny aprì gli occhi. Due studentesse con un cono gelato a testa gli stavano ridendo in faccia. Era pieno, da quelle parti. La zona attorno al bar Mery era popolata da studenti fuorisede dell'Unical che perdevano tempo a qualsiasi ora del giorno e della notte. Johnny scrollò le spalle e non rispose. Non tutti erano in grado di comprendere del resto il messaggio profondo delle parole di Lorenzo. Quella sera gli interessava altro. Un fiore che da tempo aspettava diventasse pure frutto. E allora che fai? Golosamente aspetti, diceva il sommo. E lui minchia se aveva aspettato.

Il fiorefrutto in questione si chiamava Iris Passalacqua, titolare della festa a cui era diretto. Iris l'aveva conosciuta sei mesi prima, durante una disastrosa partita a Terremoto in un pub-ludoteca da quelle parti. Era dovuto andare a raccogliere i mattoncini in giro per i tavoli di tutto il locale, e uno - chiaramente spinto dal destino - s'era incastrato sotto la sedia di Iris. E com'è, come non è, e cosa fai, e cosa non fai, si erano rivisti in giro un po' di volte, e grazie anche a un'amicizia comune - quella stronza insopportabile di Laura Minervazzi - Iris aveva invitato Johnny alla sua festa.

Grigio. Il palazzo, era finalmente grigio. Più o meno. Quanto meno lo sembrava, sotto la luce gialla dei lampioni e il cielo indaco. Esplosa da una portafinestra del terzo piano, Bow Chi Bow faceva vibrare tutti i vetri nel raggio di cinquanta metri. 

Baubau cibau cibau baubau cibau cibau Johnny si sistemò l'elastico del mezzo codino nello specchietto retrovisore di una Panda baubau cibau cibau baubau e poi nel vetro del portone dopo aver citofonato a sei interni diversi perché non trovava il cognome di Iris baucibau baubau cibau cibau baubau e poi ancora fissandosi torvo nello specchio dell'ascensore.

E lo stava facendo anche guardandosi nel profilo metallizzato del portoncino blindato dell'appartamento accanto, quando Iris aprì la porta. 

"Molla quei capelli ed entra, va', roscio", gli disse. E gli sorrise. E Johnny dimenticò per un istante che a lui le feste, e in particolar modo quelle di compleanno, stavano sul cazzo come poche cose al mondo.

2 (Due)

Chiuditi nel cesso, lì vedrai nessuno ti toccherà, suggeriva Max Pezzali dalle casse dell'impianto Technics di Iris, a una fauna poco assortita di tardoliceali e matricole universitarie, nuove leve di quello che passava il convento come ricambio generazionale, in quel di Rende, Cosenza, Calabria, Italia, Europa, Mondo a fine Ventesimo secolo. Non che Johnny, arrivato già alla terza Adelscott, avesse paura di essere toccato da qualcuno, ma al cesso ci andò lo stesso. 

Era sudato come un lottatore di sumo a fine allenamento, la camicia azzurra a righe, che aveva scelto dopo un'attenta selezione che aveva coinvolto tutte e tre le camicie a maniche lunghe del suo armadio, mostrava i primi, inequivocabili cenni di carta geografica. E se c'hai l'Australia sulla schiena non è il massimo, quando vuoi far colpo su qualcuno, metti.

Iris parlava a voce alta con una sua amica, lì vicino. Ballava poco, rideva tanto, spesso faceva saettare quegli occhi da furbetta nella sua direzione. Il che aumentava la temperatura di Johnny, già alle prese con la sauna di quella serra piena di testosterone, teen angst, gilet e musica di merda. 

C'era forse caso che ce ne fosse davvero? Che per una volta non fosse tutto un suo flash mentale, uno dei suoi tanti, troppi sogni romantici a occhi aperti alimentati dalle canzoni del poeta Jovanotti? E del resto, quando si erano incontrati, quando quel mattoncino di Terremoto sembrava volesse restarsene lì incastrato tutto il tempo necessario a farli conoscere, lei non gli aveva forse detto "Ma sai che c'hai una bella capa?", condendo quelle parole con un buffetto sulla nuca?

Se non l'inizio perfetto di una grande storia d'amore quel buffetto, cosa lo era?

Johnny si diresse verso il bagno, nuotando in mezzo a una massa di braccia e gambe aizzate dall'ugola di Marie Claire D'Ubaldo, e the rythm is magic, feel it in your soul, sì, ma fatemi passare, grazie, zio ballerino, diceva senza che nessuno lo ascoltasse.

Una volta chiusa alle sue spalle la porta di quel bagno tutto piastrellato di blu cobalto, Johnny si accorse che la situazione era ulteriormente peggiorata. Strisciando attraverso la mandria del ritmo magico si erano aggiunti alla mappa anche l'Africa e tutta l'Eurasia. 

Ripassò a mente quello che avrebbe detto a Iris alla prima occasione utile, di lì a poco. Quel "Sono timido ma l'amore mi dà coraggio per dirti che da quando io ti ho visto è sempre maggio". Magari poco originale, d'accordo, ma di sicuro effetto in quanto parole provenienti direttamente dal cuore. Non il suo, quello del suo Maestro di vita, ma faceva lo stesso. 

"Johnny, a me sembra 'na bona minchiata. Anche perché SIAMO a maggio," aveva obiettato qualche ora prima l'unico testimone del suo piano, il suo amico fraterno Cenzino Chiappetta, posando solo per il tempo necessario il pad della pleistescion.

Ma Lorenzo Cherubini non l'aveva mai tradito, e Johnny confidava non lo avrebbe fatto neanche stavolta. Prima, però, doveva trovare il modo di asciugare quella camicia. Un fon o qualunque cosa gli togliesse di dosso la cartina del Risiko con Giappone e Stati Uniti Occidentali sotto le ascelle.

C'era però un odore strano e pungente in quel bagno. E non era il fumo di sigarette e sigarette modificate che formava una nebbia sottile sotto il soffitto. Era qualcos'altro. 

Fu allora che Johnny lo vide. Un mostro all'interno del water. Affiorava dall'acqua, come quello di Lock Ness. Se il mostro di Lock Ness fosse stato uno stronzo gigantesco. Johnny scosse i ricci scolpiti nel gel e tirò lo scarico. Uno, due, tre volte. Ma il mostro non si muoveva di un millimetro.

Erano passati almeno cinque minuti da quando era entrato nel bagno blu cobalto, la camicia era ancora uno schifo, ma quello era diventato un problema secondario. Johnny ebbe un lampo di consapevolezza: doveva uscire da lì e in fretta, prima che qualcuno lo associasse a quella mostruosità. Si diresse alla porta e fanculo il fon o...

"Chi s'è chiuso dentro da una vita e mezzo? Lasciamo libero il bagno, raga, per cortesia. Andate a fumare fuori al terrazzo". Urlò qualcuno da fuori. E quel qualcuno era Iris.

"Eh... un attimo solo, esco".

"Johnny, sei tu?"

Sì, era lui. Ed era fottuto. 

Quello che Johnny pensò, in quel lungo istante in cui comprese di non avere scampo, lo sa solo lui. A due isolati di distanza, intanto, un volto gigantesco di Geronimo a cui mancavano un orecchino e una ciocca di capelli non si mosse di un millimetro. Sia perché Geronimo non era tipo da impressionarsi per faccende come quella, sia perché era un adesivo, e gli adesivi in effetti tendono a restare immobili. Ma per il proprietario di terza mano del veicolo era tutto un altro paio di maniche. 

"Dai, Johnny, esci. Lascia libero il bagno, ce n'è solo uno", gli diceva da fuori quella che non sapeva ancora di essere l'amore fiorefrutto della sua vita. 

Johnny sentì il respiro farsi affannato, mentre sulla camicia riemergeva anche il continente perduto di Atlantide. Dall'ombelico del mondo sentiva salirgli su tutta la birra. Chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi per trovare una soluzione. E svenne. 

[CONTINUA]

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Commenti

  1. Sono tornati <3
    Sono un millenial di merda e certi dettagli devo googolarli, ma l'atmosfera, quella no , ce l'abbiamo (ben) presente tutti.
    Grazie Doc
    Forza Johnny!

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    1. A volte mi chiedo come faccia l'umano di sesso maschile ad uscire dalla adolescenza quasi indenne. E non me lo chiedo per quelli di sesso femminile solo perché temo che le modalità siano diverse (e non le conosco), ma sono quasi sicuro che anche per loro sia un periodo tremendo.

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    2. Direi proprio di sì.
      Poi...inutile girarci intorno, per i nerd è sempre stata più dura.
      Almeno, fino a prima dell'internet.

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  2. bau ci bau.... e chi se la toglie ora dalla testa! grazie Doc! scommetto un gettone telefonico che finira' malissimo!

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  3. Tensione ben calibrata e implacabile in questo racconto, Doc. E che situazione da incubo. Meglio una bomba in quel water, quasi quasi.

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  4. Ma povero Johnny!

    Mi mancavano queste storie Doc.

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  5. Sto male per Johnny al solo pensiero!

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  6. E' sorprendente come nella vita reale possa accadere di vivere quello che a tutti gli effetti si presenta come un dramma epico attorno a ciò che a conti fatti è una minchiata. E' la prova di come tutto sia relativo al punto di vista dell'osservatore, come ci insegnava un famoso fisico del secolo scorso attualmente sfruttato per fare una pubblicità idiota per un supermercato...

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  7. ...storie di vita vissuta...e capisco sempre di più la mia scelta strategica della t-shirt nera, blu scuro o con stampa Iron Maiden/Hard Rock Cafè, sotto la camicia... poco rischio di "maglietta della salute" e di chiazze varie... il cruscotto della Fiat Coupè (una delle vetture proibite di quei tempi, per gli spiantati studentelli...) è la mazzata finale...

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  8. Bellissimo questo racconto, intenso e mariomerolo al punto giusto, mi ha fatto tornare indietro a quei tempi pure se allora ero in altro step dell'età, però sono atmosfere che ricordo come se fosse ieri e quindi ho vissuto in maniera molto sentita la vicenda di The Head ^_^

    | trivia | :
    » All'età di Johnny, nelle feste dove andavo di solito io, se una tipa (magari con la cresta) ti beccava con una cosa fenomentale fuori dal water in quel modo (magari non tua), ci stava che te la limonavi pure se non le piacevi, tuttavia...
    » All'epoca in cui si svolgono le vicende narrate (da quello che ho capito, tipo '92/'93) ero ancora un "monellotto" ma di feste ne erano capitate, e la tipa che ti puntava, e gli 883, e le prime birre (meglio le birreeeee)

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  9. Grazie a tutti, lieto sia stato di vostro gradimento. La prossima settimana - spero - la seconda parte.

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  10. Bella storia doc, ora aspettiamo con ansia la seconda parte: riuscirà The Head a non accollarsi la colpa, nonostante gli indizi remino contro?

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  11. Capitata una situazione simile, nei primi anni duemila. Per fortuna però il setting era il bagno di un autogrill e la compagnia composta da soli amici maschi ed ugualmente scapocchioni. Il tutto si risolse in un “OH RAGA VENITE UN PO’ A VEDERE QUA! 😂”

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  12. Quanto mi sono mancate ste storie!!

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  13. '...mentre sulla camicia riemergeva anche il continente perduto di Atlantide'

    Morto

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  14. E' passato qualche mese da quanto, mettendo a posto, sono saltati fuori alcuni sketch di Wendy Khane fatti da Francesco Codolo. [Non avete mai sentito parlare di Badass Bastards: The Lost Platoon 2 e dell'enigmatica Wendy Khane, male molto male].

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  15. BAU CIBAU e niente, va già bene così :D

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  16. Bellissimo non vedo l’ora di continuare!

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  17. Una battuta invero pesantuccia di un film americano che ora mi sfugge, pronunciata dal protagonista che si...alleggeriva sulla tazza, diceva più o meno: 'Mi è uscito Barry White dal c..o' Ecco, stessa situazione di Johnny😅

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    1. Il film in questione è "Amore a prima svista" (Shallow Hal), l'avrò visto un milione di volte :)

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  18. Mamma mia ancora rido!...però brutta situazione davvero accidenti 😂!...#team Johnny 😁...Doc sei il numero 1!

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  19. Spettacolo. Imparai con l'esperienza che quel tipo di stronzi, a kayak, vanno aiutati. Un paio di fogli di carta igienica, poi si tira l'acqua e si procede a spingere con lo scopino. :)

    Comunque bellissimo, tanti ricordi.

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  20. "dopo un'attenta selezione che aveva coinvolto tutte e tre le camicie a maniche lunghe del suo armadio" mi ha sbloccato una madeleine pazzesca, quando (ma ero già più grandicello) quella che avevo deciso sarebbe stata la madre dei miei figli (ma lei non l'avrebbe mai saputo), dopo il primo appuntamento, simulando mal di testa per non salutare, mi disse "certo che è brutta forte quella camicia eh!"
    E dire che avevo speso almeno mezz'ora prima di decidermi per quella camicia lì.
    La camicia l'ho buttata (con stupore dei miei, che sapevano quanto mi piacesse) e lei non l'ho mai più avvicinata.

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  21. Ora sono in ansia per la parte 2 ! . Sempre complimenti Doc

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