C'era una volta a... Hollywood, una vita per il cinema (la recensione senza spoiler)

C'era una volta a hollywood tarantino recensione

C'è che C'era una volta a... Hollywood (Once Upon a Time in Hollywood) ti è piaciuto. C'è che non ci hai trovato dentro i timori di un Tarantino alla frutta di cui hai letto un po' ovunque nel corso dell'estate, ma, anzi, ti sei sciroppato con piacere due ore e quaranta di pellicola (quasi tutta 35mm), ti sei divertito e ti sei trovato davanti pure l'Uomo-Ragno. Beh, un Uomo-Ragno [...]

C'era una volta a hollywood tarantino recensione

È facile descrivere C'era una volta a... Hollywood con l'abusatissima figura della lettera d'amore al cinema, puntellata dall'altrettanto scontata cartolina amarcord della Los Angeles di fine anni 60. È facile perché è esattamente quello che il film di Quentin è e vuole essere, innanzitutto. Dopo aver riversato nelle sue pellicole per oltre un quarto di secolo la passione per exploitation movie, western e B-movie stranieri divorati in VHS, Tarantino va oltre, arrivando a rappresentare tutto l'entertainment a mollo nel quale è cresciuto da ragazzino, vecchie serie TV comprese. Dal di dentro.

Mostrando tra un fondale da polveroso vecchio West dipinto su un pannello mobile, un camper del truccoeparrucco, qualche whiskey sour di troppo per un attore la cui carriera è in stallo e rischia la picchiata, come funziona la macchina dei sogni. Le stelle e la loro polvere.

E, già che c'è, Tarantino cita anche se stesso, più e più volte. E non solo con i suoi feticci, le sue compiaciute fissazioni, i suoi feticismi da piedi sporchi in primo piano, da fondamentalista della riflessologia plantare. Il se stesso regista e i suoi film, come Bastardi senza gloria, ma anche il Tarantino giovane essere umano emozionato dal vedere il proprio nome su una locandina, mentre cerca di convincere i gestori di un cinema a lasciarlo entrare senza pagare il biglietto. Perché quel nome lì in fondo, quello dello sceneggiatore di Una vita al massimo, è proprio il suo.

C'era una volta a hollywood tarantino recensione

A Cannes, prima che il suo film venisse salutato da sette minuti di applausi, Tarantino ha spiegato che l'idea per C'era una volta a... Hollywood gli è balenata in testa una decina di anni fa, quando ha lavorato - probabilmente sul set di Bastardi senza gloria, considerate le tempistiche - con un attore che si portava sempre dietro il suo stuntman personale, a cui era legato da una profonda amicizia.

Un caso non unico in quel di Hollywoo(d) - in tanti hanno citato il rapporto simile tra Burt Reynolds e il suo cascatore di fiducia, Hal Needham - ma che colpisce la fantasia di Quentin Jerome da Knoxville, Tennessee, purtroppo non parente del tuo amico d'infanzia D. Tarantino.

E il rapporto tra la stella appannata dei western televisivi alla Lancer - vecchio show che in un gioco di rimandi continui che affianca e mescola, con tanto di trucchi digitali alla Forrest Gump, serie e film veri a produzioni e personaggi immaginari, ha grande spazio nel film - Rick Dalton (Leonardo DiCaprio) e lo stuntman Cliff Booth (Brad Pitt) rappresenta l'ossatura del film.

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La prova dei due attori va dall'ottimo di Pitt al semplicemente eccezionale di DiCaprio, che tira fuori praticamente tutto il repertorio, dalla cazzonaggine sotto quaalud di The Wolf of Wall Street, all'euforia da mano (veramente) sanguinante di Django Unchained, fino ai suoi personaggi più tormentati. Manca solo torni l'orso di Iñárritu a tentare di inchiappettarselo un'altra volta.

Il frullatone postmoderno in cui ogni singolo fotogramma è praticamente un omaggio a qualcosa, e in cui i due protagonisti sono due adorabili pistola - se mettiamo un attimo da parte le ombre del passato di uno dei due, almeno - sembra però cozzare con i vicini di casa di Dalton e la loro tragica storia. Lì a Cielo Drive abitano i Polanski, c'è Sharon Tate, arriverà la Famiglia di quel coglione convinto di essere stocazzo a compiere quel massacro insensato, nella scia di sangue che ha mandato in soffitta il sogno dei figli dei fiori. Hanno vinto i cannoni, purtroppo.
A un certo punto del film ti chiedi perciò come il clima cazzone e l'inevitabile esplosione di violenza che nei film di Quintino prima o poi arriva per forza, come il Bacio! Bacio! a un matrimonio, possano coniugarsi con quella terribile pagina di cronaca nera e follia umana. 
Ma è Tarantino, può farlo e ci riesce, con un finale che dà un altro senso al titolo del film, al di là dell'affettuoso saluto a Sergio Leone.

C'era una volta a hollywood tarantino recensione Margot Robbie

La figura di Sharon Tate è trattata nel film con un rispetto pazzesco, e l'atteggiamento che ha nei suoi confronti, in un momento preciso, Dalton/DiCaprio è l'imbarazzato rispetto di Tarantino per una giovane donna figlia e vittima della follia dei suoi tempi. Cioè dei nostri tempi. Cioè di tutti i tempi. Ché le teste di cippa convinte di fare i messia con una banda di scoppiati al seguito non mancano mai.

In tutta quella lunga sequenza di Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm (fantasioso titolo italiano di The Wrecking Crew), al Fox Bruin Theater di Westwood, LA - in cui un esaltato Tarantino sarebbe riuscito a imbucarsi con quella storia lì dello sceneggiatore molti anni dopo - la donna che interagisce sullo schermo con Dean Martin o sfoggia le arti marziali apprese da Bruce Lee non è Margot Robbie, ma la vera Sharon Tate.

Niente ritocchi digitali, prendendosi il rischio di salutare con la manina la sospensione dell'incredulità, perché stai guardando contemporaneamente lo stesso personaggio con due volti diversi, sotto quei capelli biondi. Ma sSe ne capisce il senso, il rispetto di fondo, va bene così: come la fotografia o una clip di un personaggio alla fine del suo biopic.

Parla poco, molto poco la Robbie, e anche in questo hai trovato una forma di deferenza, di riguardo verso la povera, incolpevole Tate, qui quasi trasformata in un personaggio etereo. In un simbolo di quella spensieratezza da ciondolanti anni 60 che sta per finire brutalmente. Una tragica Gwen Stacy in carne e ossa.

C'era una volta a hollywood tarantino recensione Bruce Lee

Là dove di rispetto non ce n'è stato neanche un po', e la cosa ti ha fatto girare decisamente le balle quasi quanto metaforicamente le ha fatte girare a Shannon Lee, figlia di Bruce Lee, è stato per il padre di quest'ultima. Tutti sanno quanto duro sia stato per il povero Bruce venir trattato da macchietta sul set de Il Calabrone Verde. Lui che da ragazzo aveva girato già una quantità enorme di film a Hong Kong, vittima della supponenza venata non poco di razzismo, riservata all'ombra di Hollywoo a quello che alla fine, tolti i uattà e i calci volanti, veniva visto come un muso giallo qualsiasi. Ma Tarantino non la vede così.

Sa e ripete che Lee era uno stronzo borioso sul set di Green Hornet e così lo rappresenta.

Il, uh, confronto con Cliff è basato sul vero rapporto che Lee ebbe con Gene LeBell, detto Judo Gene, ex wrestler, stuntman, secondo di Ronda Rousey in UFC e tante altre cose nella sua vita, compreso il raddrizzatore di torti. Pare fosse difficile far capire a Bruce che non doveva far esplodere gli stuntman con calci e pugni troppo forti, e venne chiamato LeBell a fargli comprendere il messaggio.

Fu proprio Judo Gene a insegnare a Lee l'importanza delle prese, in seguito incorporate sia nei film di Bruce che nel suo Jeet Kune Do. Il resto della storia potete leggerlo qui. Ma sia quel che sia, il Bruce Lee del film - interpretato da Mike Moh, attore americano e non foggiano, visto nella versione yankee di Kamen Rider Ryuki, Kamen Rider: Dragon Knight, e come Triton in quella spazzatura indifferenziata di Inhumans - è una macchietta, e questo non va bene. Per niente.

C'era una volta a hollywood tarantino recensione Luke Perry
La tristezza. Esci finalmente dall'ombra dei tuoi successi giovanili, trovi una nuova dimensione in TV, il cinema importante ti chiama... e la vita è stronza. Nel film c'è anche il figlio di Luke, il wrestler Jack Perry.


Il che è anche, grosso modo, una delle poche critiche che ti senti di muovere a C'era una volta a... Hollywood. Sì, due ore e quaranta sono tante, e qualcosa si sarebbe potuto tagliare in fase di montaggio. C'è una fase di stanca a metà, in particolare, che a tuo umile giudizio avrebbe beneficiato di qualche leggera sforbiciata. Ma non ditelo a Tarantino. Il primo cut tirato fuori dal montatore Fred Raskin era di oltre quattro ore, perché Quentin gli aveva chiesto essenzialmente di buttarci dentro tutto.

I 161 minuti finali al regista vanno comunque stretti, e a Cannes ha promesso/minacciato la possibilità di rimetterci mano, per una versione più estesa (come aveva fatto, credi, con Inglourious Basterds proprio dopo averlo mostrato a Cannes). Alla fine la durata è rimasta quella. A questo punto la versione da quattro ore (per la quale si è parlato di un possibile approdo su retepellicole in futuro) te la vedresti pure volentieri, però a casa, appunto, con un paio di pause bagno alla bisogna e più che altro al bisogno, metti.

Ti sei nel complesso goduto questo film, e neanche poco. Come dicevi ieri sera nelle impressioni a caldissimo su Twitch - sei passato praticamente dal cinema al microfono - non ti interessa tanto stare a fare classifiche. Dopo che a trent'anni giri Pulp Fiction e stupisci il mondo, inventando di fatto un genere pastiche, non è facile superarsi, perciò non ti interessa stabilire se la sua ultima fatica sia meglio o peggio di questo o di quell'altro lavoro del regista americano.

C'era una volta a hollywood tarantino recensione Margot Robbie


C'era una volta a... Hollywood ti ha ricordato quanto siano importanti per Tarantino, ancora oggi, tutti quei film truci che ti sei sciroppato in VHS una vita e mezzo fa, i lavori dei - stavolta citati esplicitamente - Corbucci (Sergio, quello di Django. Ma mettiamoci anche suo fratello Bruno) e Margheriti (chi non ha visto i suoi spaghetti sci-fi, quel capolavoro del risparmio stile discount del cinema che era il suo Ciclo di Gamma Uno, non può capire). È da lì che viene e lì torna, perché può permetterselo e perché è quella la storia d'amore per la celluloide, la vita per il cinema anche se non sei John Holmes, di cui parlavamo all'inizio.
La Grande Fuga, Leone e pure i film di genere di Antonio Margheriti da Roma, perché no.
Ti sei, soprattutto, gustato la magia del cinema nel suo frappè di vero e fictionalized, magia tale che il regista e la troupe scompaiono letteralmente quando l'attore è preso dalla sua scena. Ti ha fatto pensare a come l'approccio tarantiniano ai cattivi, la sete di giustizia sterminanazisti di Donnie Donowitz o il massacro di Django Freeman, non siano solo la versione ad alto budget e da tappeto rosso di Cannes dei bagni di sangue finali da cinema di serie C e D degli anni 70, ma incarnazione di una visione anche infantile di giustizia. Che se qui non fa solo ghignare, scuotendo la testa divertiti mentre si rumina popcorn come in Death Proof, è per il contesto storico in cui questa visione è calata.


Perché sì, a tanti non è piaciuto per niente e oh signora mia quel Tarantino lì è finito, anche se salutava sempre. Ma a te è garbato, e questo è il tuo giudizio, e siccome hai speso sette euro (x2) per maturarlo, il giudizio, e non stai neanche contando il popcorn, nessuno ti può dire una well-loved.

E oh, l'avete visto l'Uomo-Ragno, sì?

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Commenti

  1. Visto ieri sera.Mi e' piaciuto tantissimo.C'e' veramente tutto l'amore viscerale per il cinema da parte di Tarantino.E questa volta cita e omaggia anche film di genere piu' "alto" (Il Gigante,La Grande Fuga,Krakatoa a Est di Giava,Romeo e Giulietta).C'e' veramente veramente tanto tanto amore per il cinema in tutte le sue declinazioni (bellissima la battuta della Robbie/Tate : "ma fanno anche le premiere dei film sporchi" ? ).
    A me e' piaciuto molto Pitt che intepreta un personaggio malinconico e senza futuro ma che mantiene una grandissima dignita'. mentre continuo a non vedere perfettamente centrato Di Caprio nel cinema di Tarantino : e' bravissimo e da una grande performance ma mi sembra sempre un po' fuori posto come in Django Unchained).
    La Robbie e' strepitosa : concordo totalmente con te.Un interpretazione di una delicatezza e di un rispetto per il personaggio pazzeschi.
    COncordo anche sulla parte centrale un po' lenta : io avrei tagliato quasi di netto il dialogo con la bambina / attrice che rallenta infinitamente il film.
    Avrei messo un po' di piu' Manson per dare un crescente senso di tensione nell'andare verso il finale del film : in questo senso e' ottima la scena nello SPAHN RENCH inquietante al punto giusto.
    Esilarante la scena durante i titoli di coda dove Di Caprio prende palesemente in giro se stesso.
    Non ho visto l'uomo ragno ma ho sentito la musichetta di Batman durante i titoli di coda.
    Vogliamo parlare poi negli end credits della presenza di Tim Roth con scritto tra parentesi : CUT !!!!????
    Voglio vedere la versione da 4 ore !!!!!!!!!!!

    Non se ne ha mai abbastanza di cinema cosi' !!!!!

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  2. Tarantino lo si va a vedere sempre (anche se, ammetto, Death Proof l'avevo saltato, non ricordo perchè, e tutto sommato va bene così). Le prime recensioni avevano un po' intiepidito le aspettative, dopo questa rece ho di nuovo una scimma notevole.
    Doc ma Dark Phoenix l'avevi visto? Giudizio?

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    1. No e neanche ci tengo, sinceramente :)

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    2. Combinazione, ieri sera - a un orario improponibile - davano proprio Death Proof, confermo la prima impressione: va bene il Grindhouse, ricalcare fotografia e topos di certi film, il divertissment, ma in definitiva un film perdibile e - sempre per i miei gusti - un paio di spanne sotto la produzione del buon Quentin. Doc, a te era piaciuto?

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    3. Mi ha divertito, ai tempi, ma sì, trascurabile.

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    4. Va detto che Death Proof ebbe una storia produttiva particolare, a beneficio di chi la ignora mi limito a dire che Tarantino&Rodriguez volevano portare al cinema uno show che facesse provare al pubblico l'esperienza di quando da giovani andavano nei cinema più lerci di L.A. per assistere al compra 2 - paghi 1 anche chiamato Grindhouse, ovvero due film scrausi e di durata ridotta al prezzo di un solo biglietto.
      Death Proof e Planet Terror, con durate inferiori a quelle poi giunte in sala, dovevano venir proiettati in sequenza e intervallati dai trailer farlocchi (tipo Machete) per ricreare quell'esperienza di cinema scassato nei moderni multisala. Gli Weinstein non lo capirono e fecero uscire i due film separatamente, con durate inusitatamente lunghe, Planet Terror alla fine funziona decisamente meglio di Death Proof e questo è un fatto. Death Proof lo vidi in sala all'epoca e non ho mai più sentito il bisogno di rivederlo...

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    5. Contro-corrente...ma a me Grindhouse-Death Proof ha divertito un sacco (anche senza Planet Terror)...non profondo certo, e forse più Rodrigueziano che Tarantiniano...ma divertente dal primo all'ultimo minuto, colonna sonora super, macchine, girls, fights & blood, Carsploitation ai massimi livelli (Convoy e Vanishing Point come miraggi sullo sfondo), Stuntman-Mike in gran forma e una lap-dance da urlo! Rivisto più volte e Sountrack in auto...Down in Mexicooo!

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  3. E comunque qui ci sta la semicit. "lei è la signora Tarantella?" "No, Tarantino"! Coincidenze? Non credo.

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  4. Ieri sera ho visto un frammento della sua presentaz x un film su RaiMovie e spero davvero che qualcuno giri un film di novanta minuti con Tarantino e Sorrentino che parlano uno zinzino di cinema vestiti di nero in un magazzeno, ma due ore e quaranta minuti di Pitt che prende per il lato B Lee e di Margot che parla poco così da permettere a Leo di fare tutte le ruote che sa fare trascendono il mio controllo, come direbbe Valmont, e penso che semmai lo vedrò a spizzichi e bocconi alla tele, dopo il crepuscolo, quando e se. Produttori di tutto il mondo ! abbiate un occhio ed un orecchio di riguardo per tutti coloro che sono cresciuti con Dumbo e Duel e credono nel fattore D = Due Ore Sono Troppe A Meno Che Non Si Tratti Di Un Concerto Di Bowie. Ciao

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  5. Visto ieri, in lingua originale sottotitolato. Piaciuto TANTO, una sorta di La La Land in salsa Tarantiniana (con le ovvie differenze di generi). DiCaprio e Pitt entrambi spettacolari, la Robbie perfetta in quel che rappresenta.

    La macchiatta di Lee ha lasciato interdetto anche me, vederlo poi mentre "allena la Tate" per The Wrecking Crew mi ha un po' riappacificato con la cosa (un po'...non del tutto..no)

    ***--- ROVINATORE, assai blando, ma il disclaimer lo metto lo stesso ---****

    Personalmente ho apprezzato molto anche la presenza appena accennata (a livello "fisico") del "coglione convinto di essere stocazzo", sapere chi è, vederlo passare dì lì, vedere il ranch e la Family, non veder più lui ma sapere dove si va a parare ne fa una sorta di "incombenza" che in qualche modo per quanto mi riguarda ha aumentato la tensione arrivando verso il finale.

    ***----fine ROVINATORE---***

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  6. Ciao Doc, forse un altro piccolo neo del film, ma magari e' una cosa solo mia: non hai notato una carenza di quei dialoghi "brillanti e surreali" di cui sono solitamente costellati i film di Tarantino a favore di un fraseggio, anche se sempre molto ben costruito, piu' terra a terra e unicamente finalizzato alla trama?

    Mi riferisco ad esempio al, da te gia' citato nella live di Twitch, "like a virgin" o "la mancia alle cameriere" de Le Iene, o "il massaggio ai piedi", ancora, di Pulp Fiction etc..

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    1. Mhh, non so. Hai citato due esempi degli inizi, e secondo me quel tratto distintivo del suo cinema è qualcosa da cui Tarantino si è un po' affrancato. A mio modo di vedere, a ragione. Ieri sera citavo su Twitch il pippotto di Bill su Superman in Kill Bill 2. Molto tarantiniano, ma anche un pelo fuori contesto in quel momento. Qui il film scorre, i dialoghi pure, non ci sono grosse forzature, per me è meglio così. Ma è solo il mio parere ovviamente, eh :)

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  7. opinione a quanto pare controcorrente ma: a me ha lasciato parecchio insoddisfatto (per un film di Tarantino, eh).
    I suoi film mi piacciono, oltre a l'amore infinito per il cinema che trasudo da ogni fotogramma, principalmente perché son infarciti di personaggi interessanti, nella di cui compagnia è 'stimolante' passare il tempo (la prima scelta era 'piacevole', ma poi ho pensato che non userei la parola 'piacevole' per Landa).
    Percui le infinite digressioni, la verbosità, non sono solo tollerabili, ma son anche strumento per scoprire un poco alla volta questi personaggi, imparare a conoscerli, fare un pezzo di strada assieme.
    Ecco, tutto questo non l'ho trovato qui, o l'ho trovato molto meno di quello di cui sentivo l'esigenza per farmi passare adeguatamente un film prolisso alla Tarantino.
    L'unico momento in cui scrutiamo un momento in Sharon Tate, è la bellissima scena del cinema.
    Rick e Booth? 'Inquadrati' da subito. Rick attore in cerca di un breakthrough di alto livello, Booth che cerca di esser un buon amico (è letteralmente la sua prima e la sua ultima battuta).
    La Manson family, totalmente disinnescata. Capisco che era l'obiettivo, però lo 'sfogo' finale perde di significato imho, non è al livello Aldo Raine che scarnifica Landa.
    Per una volta, il citazionismo (e l'autocitazionismo) e la love letter non mi son bastati.

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    1. Bé, anche in Jackie Brown si ritrovano dialoghi decisamente più scorrevoli di quelli del resto della sua filmografia. Non è esattamente la sua prima volta, in questo senso.

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    2. rileggo ed effettivamente son stato ambiguo: intendevo che i dialoghi sono, come al solito, lunghi, verbosi, circonvoluti, ma contrariamente al solito, non vanno da nessuna parte. sono autorefernziali e fini a se stessi.
      mi è sembrato, insomma, un Tarantino stanco, che fa le cose per automatismo, perché quelli son i 'dialoghi alla Tarantino' (o il citazionismo alla Tarantino, il finale splatter alla Tarantino etc.). un po' come le band all'n-esmo album che cercao disperatamente di autoimitarsi.

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    3. Con estremo ritardo..ma visto adesso e concordo con la tua analisi MarKino...anche a me è parso troppo, praticamente solo (auto)referenziale, perso nel cercare l'inquadratura ad effetto, la strizzata d'occhio qui, la citazione là...insomma il frappè di cinema anni '70 caro a Quentin ma oscuro a molti (ammetto di non aver visto/colto molte delle citazioni da filmacci VHS dell'epoca..a parte il gigante Corbucci e gli spaghetti-western)...e che in tutto questo rincorrere perde di vista la trama principale (troppo annacquata, troppo lunga) e la tensione (l'unico vero momento suspense al Ranch...risolto un po' in meh..) verso un finale piuttosto atteso (che si andasse a parare a *quella notte* era abbastanza chiaro...esito incerto, ma c'era da aspettarselo)...tutto a mio modesto parere eh!
      Boh forse non mi ha preso molto anche perchè ho sentito molto distante il periodo storico, la Hollywood di quegli anni, l'omicidio Tate...e quattro riferimenti al cinema italiano dei '70s non mi son bastati ad avvicinarmelo...lasciamo stare la scenetta con Lee (per far vedere quanto è ancora macho Pitt??).

      Eresia di inizio anno: si crocefigge JJA che fa un fan-service spintissimo e citazionistico (copy-stico) e perdoniamo tutto al buon Quentin che tuttosommato fa un self-service auto-edonistico e fine a sè stesso? Ok...crocefiggetemi in sala mensa ;)

      Morale: preferito di gran lunga Inglorious Basterds, The Hateful Eight (molta più tensione palpabile lungo tutto il film!) e, in tema spaghetti-splat anche Django (un gradino sotto)

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  8. Non l'ho ancora visto, ma volevo comunque far sapere a tutti che amo profondamente Margot Robbie

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  9. Ennesimo centro perfetto, dunque.
    Rimangono solo due cose.
    Una e' la stessa critica che ai tempi venne mossa a Django Unchained e a Bastardi Senza Gloria.
    E cioe' se e' lecito spettacolarizzare simili tragedie e soprattutto rileggerle sotto una luce cosi' diversa.
    E' la magia del cinema, gente. Rendere plausibile l'inverosimile.
    Se puoi mostrare un ex - reduce che torna sul suo vecchio campo di battaglia a cambiare il corso della guerra...allora si puo'.
    E' una vita che avrebbero dovuto fare un film sulle stragi di Bel Air. Ma nessuno voleva farlo.
    Roba che scottava, e troppo scomda. Perche' portava alla luce il lato oscuro e sommerso di un mondo da fiaba.
    Fatto di droga, festini, abusi. E di amicizie sconvenienti con la gente che quella roba te la procurava.
    Ci ha provato Quentin. A suo modo. Omaggiando col massimo rispetto dei poveretti che forse, in vita loro, quel rispetto non l'ebbero. E la cui unica colpa era di essere ricchi, un po' faciloni e dediti a qualche vizietto.
    Ma uno merita forse di morire per una cosa simile? Direi proprio di no.
    Poi c'e' la questione Bruce Lee.
    Da appassionato e' dispiaciuto anche a me. Ma Bruce e' stata una figura controversa, a suo modo.
    Le sue intuizioni hanno rivoluzionato le arti marziali, e i suoi film le hanno fatte salire alla ribalta.
    Anche se i suoi concetti (il JKD, lo stile aperto, l'assorbire tutte le tecniche che possono risultare utili ed adattarle al contesto e alle proprie capacita'. Sono le idee che stanno alla base del Vale Tudo, dello Shooto e delle MMA) non erano certo nuovi.
    Persino i fondatori stessi di Karate e Judo sostenevano l'importanza di provare ed imparare tutto quello che capitava a tiro, nel campo del combattimento.
    Il punto e': Bruce Lee era davvero cosi' abile come lui e gli altri dopo di lui hanno tentato di far credere?
    Non so. E' stato uno che ha sperimentato tantissimo ed in primis su se' stesso, questo e' innegabile.
    Era anche un filosofo, ed un artists a tutto tondo.
    Ma molti sostengono anche che fosse un pessimo combattente ed un pessimo istruttore. Che si preoccupasse piu' di stringere amicizie con i VIP e andasse in giro a raccontare quattro bubbole approfittando della loro ignoranza in materia. Insomma...un venditore di fumo.
    E che fosse un montato e un arrogante buono solo a bullarsi con gli stunt. E che le volte che abbia fatto alle mani sul serio (tipo con Chuck Norris, ad esempio) le abbia solo prese.
    C'e' da dire che lui vendeva un prodotto. E ci teneva a venderlo nel miglior modo possibile.
    Certo, non va dimenticato tutto quello che ha passato. Col mondo dello spettacolo in mano a bianchi ricchi e razzisti che lo relegava a ruoli marginali. Spesso solo quando c'era da rompere qualcosa a calci.
    Logico che ti girano, ad un certo punto.

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    1. Aggiungo che forse Quentin fa vedere come risultasse Bruce Lee agli occhi di molta della gente bianca che bazzicava il cinema ed il jet - set.
      Insomma, si sa. A chiunque non fosse un viso pallido era concesso di muoversi sono negli interstizi, di quel mondo. Dando nell'occhio il meno possibile. Ma Bruce voleva fare di tutto tranne che passare inosservato.

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    2. la mia impressione è stata che se Lee trovandosi nella situazione di vivere e lavorare in una società A. ignorante in materia B. ignorante per altri motivi e quindi latamente razzista (perchè nel momento in cui i soldi arrivavano il razzismo finiva sullo sfondo, per cui razzismo tout court non era ma più cafonaggine) semplicemente aveva deciso (e potuto) ambientarsi e sfruttare da un lato l'ignoranza in materia e dall'altro assumere la facciata boriosa (che magari veniva anche normale) come risposta e come ulteriore mezzo di pubblicità. Semplicemente "quel personaggio" è molto pane al pane vino al vino e se ne frega di tutte le apparenze (tipo Jep in La grande bellezza quando smonta davanti a tutti l'amica). Chiudo dicendo che una discussione leggermente simile era nata riguardo a I Mercenari, quando a detta di tutti (stunt compresi) Couture era al top di "pericolosità", con Lundgren dietro e Jet Li, nonostante la classe e la fluidità dei movimenti (forse specie per quello, visto il substrato anche di "teatralità" del Wushu), molto più indietro di quanto i fan credessero

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  10. Dunque, come non fare spoiler? Ecco, avvertiti.
    Insomma, diventa un film stratosferico, a mio parere, per il motivo - principale, oltre gli altri mille - per cui Tarantino lo gira: per cambiare il corso di una sola storia (come del resto fece con i Bastardi). She stayed alive.
    Al di là di Sharon Tate... non vedo citata e ho trovato inarrivabile (anche, sì, soltanto per la bellezza che esprime e mostra) Margaret Qualley che tiene in piedi praticamente da sola tutta la parte dell''avvicinamento' di Pitt alla comune.

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  11. Mi immetto nella discussione solo per dire che l'attore australiano che interpreta Manson è una goccia d'acqua con l'originale, specie per via della barba, e pure un attore fantastico, l'ho visto in Mindhunter e dominava la scena sin dal momento in cui è entrato nella stanza.

    P. S. OT Jake Perry o Jungle Boy in 1...No, facciamo 2-3 anni sarà la stella dell'AEW, è veramente talentuoso come pochi

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  12. Una recensione che mi invoglia assai ad andare a vederlo. Avevo già una mezza intenzione, ma ero nel dubbio. È' dal 2004 che non vedo un film di Tarantino sul grande schermo, dal volume 2 di Kill Bill. Diciamo che nell'ultimo decennio mi sono allontanato anche dall'entusiasmo che mi suscitava il buon Quentin, direi soprattutto perchè non amo molto i generi a cui (pur alla sua maniera, naturalmente) si è dedicato interamente nelle pellicole più recenti, cioè il western e il film di guerra. Death Proof è stato invece un piacevole episodio di amore ri-sbocciato, sebbene in quella sorta di esperimento insolito per il pubblico europeo di film concepito per uscire in abbinamento con una seconda pellicola (Planet terror, peraltro molto più fracassone e divertente). Ho letto, riguardo a come viene messo in scena il Bruce Lee tarantiniano, una maggioranza di critiche negative ma anche alcune disamine che hanno apprezzato il tono ironico della cosa tacciando di eccessivo fanatismo gli ammiratori di Lee. Vedremo come mi apparirà...

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  13. Lo avevo già nella lista di film da vedere e adesso quindi a maggior ragione.

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  14. Visto ieri sera e soddisfattissimo. Per quanto riguarda il trattamento di quanto accaduto in Cielo Drive Tarantino fa il contrario di quanto uno si aspetterebbe. A grandi linee si potrebbe dire che in un film di QT la realtà/storia venga alterata/esagerata in crescendo fino all'esplosione di violenza finale "irrealistica", in questo caso l'alterazione produce un finale più "morbido" e canonico della realtà che noi conosciamo.
    A pensarci bene dopotutto siamo stati avvisati fin dal titolo : cosa inizia con "c'era una volta..." se non le fiabe e nelle fiabe "vissero tutti felici e contenti"...
    P.S. ragneschi :
    l'accostamento Margo Tate = Gwen Stacy ci sta tutto e lei è fantastica (ma comunque #teamFelicia )
    se l'Uomo Ragno che hai visto è l'antennista biondo allora non può essere che un Ben Reilly

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  15. D'accordissimo su tutto, tranne che su Tate/Robbie. Troppo "bimbaminkia" imho (complice il doppiaggio non adatto?), e balla una (due? tre?) volta (e) di troppo.

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  17. Visto ieri sera e ne sono uscito con un mah, dovuto solo alla lentezza nella parte centrale e soprattutto al fatto che me l'hanno pezzato con l'intervallo. Insopportabile.
    Per il resto, amo Tarantino ed anche se questo non è il suo capolavoro è comunque un film degnissimo. Ho apprezzato la storia, di come si sia svolta lanciando indizi sottili per poi stravolgerla alla Inglorious Bastards. Ho sentito voci schifate dietro alle spalle, ma si sa che non solo i fan di Tarantino vanno a vedere i suoi films.
    Piccola nota personale. Damien Lewis: wow, sembrava davvero Steve.

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  20. Questo disse Bruce Lee, parlando di Cassius Clay (davveramente):

    Guarda la mia mano. È una piccola mano cinese. Lui mi ucciderebbe.

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    1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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    2. Il commento di Hans l'ha triturato l'antispam perché conteneva la parola p0rn0sz scritta normalmente, perciò ne riporto qui io il contenuto: quella frase non l'ha trovata da nessuna parte, la ricerca ha restituito solo link a siti zozzi.

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  21. Non ho ancora visto il film.
    Scrivo solo per dire che, secondo me, la gag "Hollywoo" ha fatto il suo tempo.

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  22. A Tarantino non faccio più credito dai tempi di Kill Bill. Mi perdonino i fan.

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  23. Scusami Doc per il mezzo OT, ma guardando il film (che mi è piaciuto molto) non ho potuto che apprezzare ancora di più il lavoro di Rockstar nei suoi ultimi giochi: il mood e le ambientazioni della L.A. di GTA5 sono similerrime a quelle portate al cinema da Tarantino (anche la casa di Dalton sembra una delle case che "conquisti in GTA5) ed anche l'amore per il western e per i relativi film trasuda allo stesso modo da RDR2 che dalle ultime opere del Maestro.

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  24. Sulla questione Bruce Lee non c'è molto da dire se non che il cinema di genere italiano dell'epoca riceve il suo stesso trattamento nel film: affettuosamente perculato e ridotto a macchietta. Ma nessuno se ne è lamentato, perché è noto a tutti il rispetto che Tarantino nutre per quel cinema e per i suoi autori che -diciamocelo- un po' ridicoli a volte lo erano per davvero. Così come pure Bruce Lee, con quel suo repertorio di urletti, è SEMPRE suonato ridicolo a chiunque. Del pari, sia Bruce Lee che il cinema italiano sono in Once Upon etc. etc. per uno scopo ben preciso, ovvero per costruire personaggi e far camminare la storia.

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  25. Visto ieri, molto bello, ma sotto la media di Tarantino. Il giudizio sul trattamento riservato a Bruce Lee dipende - IMHO - dal proprio rapporto affettivo con l'attore: io ho trovato quella scena simpatica (forse quella che mi ha fatto ridere di più), sicuramente irreverente (ma - Sharon Tate a parte - quasi tutti i personaggi vengono ridicolizzati). Bravissimi Di Caprio e Pitt (cercherò poi anche di vederlo in lingua originale; solo io ho trovato un po' meno efficace del solito Sandro Acerbo come voce di Brad Pitt?), bellissima e delicata Margot Robbie.
    Ho apprezzato molto la tensione che si percepisce allo Spahn Ranch
    Dopo tanti film di Tarantino, ancora trovo distubranti certi eccessi gore/splatter (mai capito se c'è una differenza). Mi è mancato il suo cameo, così come quelle cifre stilistiche/vezzi dei primi film, tipo i dialoghi lunghissimi ma funzionali che avete citato. Ma - ovviamente - de gustibus

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  26. SEMI OT: intanto ti abbraccio.

    A proposito del film, invece, il rapporto tra i due protagonisti non ti ha fatto venire in mente quello di Schwarzy col defunto Columbu (che nessuno ha ricordato, in Italia)?

    https://www.lastampa.it/cronaca/2019/08/30/news/addio-al-culturista-franco-columbu-l-amico-sardo-di-arnold-schwarzenegger-1.37397308?refresh_ce

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