Never-Ending Man: Hayao Miyazaki
Che immagine abbiamo di Hayao Miyazaki, co-fondatore, anima e volto dello Studio Ghibli? Un settantenne con la barbetta curata, una giacca e una camicia. O un papillon tutto storto se gli tocca ritirare un premio Oscar, metti. Mite, gentile, di cuore come i suoi film. Solo che quello che si vede in Never-Ending Man: Hayao Miyazaki, documentario della NHK del 2016, il vero Miyazaki nella vita (post)lavorativa di tutti i giorni, è un uomo molto diverso. Che s'incazza con i suoi subordinati, disintegra chi va a fargli una proposta sbagliata, lavora in preda a tic e sempre con un grembiule addosso. E soffre, soffre molto, per l'età e le cose tristi che si porta dietro, quando sei in pensione ma, come Fantozzi, fondamentalmente incapace di andarci davvero. Un documentario interessante, Never-Ending Man: Hayao Miyazaki? Sì. Bello? No, per niente [...]
Produzione televisiva della RAI giapponese, sbarcata da noi al cinema per un solo giorno lo scorso 14 novembre e disponibile in raggioblù e DVD, Never-Ending Man: Hayao Miyazaki è un documentario fiacchissimo, diretto con la verve di un narcolettico, che spreca un'enorme occasione. Quella di raccontare come si deve uno dei periodi più difficili della vita del maestro Miyazaki. Il contenuto, sia pure in soli 70 minuti, ci sarebbe pure, perché si lascia tanto parlare il protagonista, ma è confezionato male, grezzo, disordinato.
Nel 2013, dopo l'uscita di Si alza il vento, Miyazaki decide di mollare. Ha 72 anni, non regge più i ritmi lavorativi disumani che seguire (e cazzìare a muso durissimo) centinaia di animatori comporta per un film Ghibli (pr: gìbli). Due anni dopo, gli studi sono ormai vuoti, la polvere mangia le matite lasciate sulle scrivanie. Miyazaki trascorre il suo tempo nel vicino atelier: disegna illustrazioni per il museo, beve quantità importanti di tè e caffè, fuma sempre a nastro. E dà da mangiare a qualche passerotto persosi nella neve. Una dimensione pacata e intima perfetta per quello che immagini essere l'animo dell'autore, non fosse che il mondo gli ricorda di essere una brutta diobestia. I suoi amici, e i suoi ex collaboratori, gli muoiono attorno, lo sguardo è quello triste di chi sente l'anzianità divorare e tenere a freno l'impulso creativo.
Poi, però, accade l'improbabile. Anzi, no: l'impossibile. Dei giovani genietti della CGI gli mostrano quello che si può fare con un computer e, sia pure tra mille tentennamenti e crisi da ètuffofinitodiamofuocoaTotoro, nasce il progetto di un nuovo corto per il museo, tutto in computer graphic, Boro the Caterpillar (Kemushi no Boro, proiettato allo Studio Ghibli Museum dallo scorso luglio). E tra una ciabattata nervosa in giro per l'ufficio, con quelle pantofole tipiche e larghissime da anziano giapponese, il fuoco sacro della creatività torna ad ardere. La voglia di fare, di rimettersi in gioco, pur cosciente dell'età che avanza, del tempo che ci vorrà, del fatto che uno come lui non può permettersi di toppare, di rovinare quanto di buono fatto in una carriera spalmata su più di quattro decenni.
Miyazaki-sensei e il suo inseparabile grembiule con tasca portasigarette si mettono così al lavoro sugli storyboard di un nuovo film, Kimi-tachi wa Dō Ikiru ka / How Do You Live? Facciamolo, dice al produttore e amico Toshio Suzuki: vedi te come trovare i soldi, ma facciamolo. E se tutto va come deve, tra il 2020 e il 2021 avremo un nuovo film di Miyazaki al cinema, otto anni dopo quello che doveva essere l'ultimo. E tutto merito di un bruco fatto al computer e del nuovo entusiasmo che si è tirato dietro.
Never-Ending Man: Hayao Miyazaki merita una visione perché è un'occasione praticamente unica per entrare nella testa di un uomo a cui dobbiamo così tanto. Un uomo che del tipico aplomb da anziano giapponese se ne sbatte quando gli mostrano quella certa roba lì, o che mette da parte i preconcetti per smanettare in prima persona su una tavoletta grafica (una scena che non credevi avresti visto MAI). Resta però il rammarico per l'occasione sprecata, perché si poteva fare decisamente di meglio. Chiedergli più cose, affrontare meglio alcuni punti, anziché limitarsi a filmarlo mentre parla tra sé e sé, come un venerabile esemplare da zoo. In altre parole: se lo prendi per quello che è, un dietro le quinte sul corto di Boro in cui l'autore riversa pensieri e riflessioni, ok. Ma non è assolutamente il tributo a Miyazaki o, paradossalmente, un documentario su di lui com'è stato presentato al suo arrivo qui da noi.
TAAANTI ALTRI POST SULLO STUDIO GHIBLI (I FILM, I GADGET, IL MUSEO, TUTTO)
Poi, però, accade l'improbabile. Anzi, no: l'impossibile. Dei giovani genietti della CGI gli mostrano quello che si può fare con un computer e, sia pure tra mille tentennamenti e crisi da ètuffofinitodiamofuocoaTotoro, nasce il progetto di un nuovo corto per il museo, tutto in computer graphic, Boro the Caterpillar (Kemushi no Boro, proiettato allo Studio Ghibli Museum dallo scorso luglio). E tra una ciabattata nervosa in giro per l'ufficio, con quelle pantofole tipiche e larghissime da anziano giapponese, il fuoco sacro della creatività torna ad ardere. La voglia di fare, di rimettersi in gioco, pur cosciente dell'età che avanza, del tempo che ci vorrà, del fatto che uno come lui non può permettersi di toppare, di rovinare quanto di buono fatto in una carriera spalmata su più di quattro decenni.
Miyazaki-sensei e il suo inseparabile grembiule con tasca portasigarette si mettono così al lavoro sugli storyboard di un nuovo film, Kimi-tachi wa Dō Ikiru ka / How Do You Live? Facciamolo, dice al produttore e amico Toshio Suzuki: vedi te come trovare i soldi, ma facciamolo. E se tutto va come deve, tra il 2020 e il 2021 avremo un nuovo film di Miyazaki al cinema, otto anni dopo quello che doveva essere l'ultimo. E tutto merito di un bruco fatto al computer e del nuovo entusiasmo che si è tirato dietro.
Never-Ending Man: Hayao Miyazaki merita una visione perché è un'occasione praticamente unica per entrare nella testa di un uomo a cui dobbiamo così tanto. Un uomo che del tipico aplomb da anziano giapponese se ne sbatte quando gli mostrano quella certa roba lì, o che mette da parte i preconcetti per smanettare in prima persona su una tavoletta grafica (una scena che non credevi avresti visto MAI). Resta però il rammarico per l'occasione sprecata, perché si poteva fare decisamente di meglio. Chiedergli più cose, affrontare meglio alcuni punti, anziché limitarsi a filmarlo mentre parla tra sé e sé, come un venerabile esemplare da zoo. In altre parole: se lo prendi per quello che è, un dietro le quinte sul corto di Boro in cui l'autore riversa pensieri e riflessioni, ok. Ma non è assolutamente il tributo a Miyazaki o, paradossalmente, un documentario su di lui com'è stato presentato al suo arrivo qui da noi.
TAAANTI ALTRI POST SULLO STUDIO GHIBLI (I FILM, I GADGET, IL MUSEO, TUTTO)
E lo sapevo.
RispondiEliminaAlla fine il fuoco e' divampato di nuovo.
Grande Miyazaki!!
Ecco, quindi saltiamo sto film e aspettiamo il post bruco.
RispondiEliminaGrazie DOC
Vorrà dire che aspetteremo con ansia questo 2020 :)
RispondiEliminaDoc posso fare un OT? Ma come mai non hai fatto una recensione di The Punisher? Non lo hai finito o non ti è piaciuto?
La prima. Ogni settimana guardo serie diverse per la rubrica su Screenweek e spesso (quasi sempre) non c'è tempo per finire le altre. Ne ho lasciate appese un'infinità, Punitopo compresa.
EliminaBello il Punitopo! Magari il buon Ortolani potrebbe utilizzare l'idea per un nuovo crossover tra Rat Man e Frank! :)
EliminaOT
EliminaGuarda come serie animata "B: The Beginning". Fa veramente troppo strano perché ha questa ambientazione "italiani" ma finta spettacolare.
Le insegne dei negozi scritte in italiano e quello scorcio preso paro paro da Milano è sublime. Devo vedere se ne becco altri.
I cattivi mi lasciano un po' perplesso.
PS: magari gli autori dopo aver visto Piazza Missori sono andati a mangiare da Gastronomia Yamamoto.
Dove si può trovare la serie di cui parli, Drakkan?
EliminaNetflix
EliminaMiyazaki incazzoso, avrei dovuto sospettarlo...
RispondiEliminaIn viaggio di nozze ci siamo ritrovati in un ryokan delizioso, immerso nel verde, con una proprietaria dolcissima, una nonnetta simpatica e gentile. Poi ho cominciato a notare come tutto il personale dell'albergo ruotasse intorno a lei con la precisione di un orologio svizzero, tutti di corsa nel silenzio assoluto tranne i "HAI!!" quasi gridati a un semplice sguardo dell'adorabile vecchietta e tutto a un tratto ho cominciato a intravedere la signora Tsukikage dietro la maschera della benevolenza indossata davanti ai clienti.
Dopo un po' mi faceva quasi paura...
Io ricordo delle interviste allo staff di Conan Ragazzo del futuro, diretta appunto da Miyazaki, dove c'era gente che giurava e spergiurava che MAI avrebbe di nuovo lavorato con quell'orco perfezionista e sclerato. :D
EliminaCerto, i tempi di una serie tv sono molto diversi e il buon Hayao probabilmente pretendeva più di quello che si era abituati a dare al tempo... ma l'idea che fosse un regista intransigente già girava nell'ambiente da tempo.
Cheers
Sembra che i maestri di nippolandia, più sono famosi, più si rodono (e rodono) il fegato.
RispondiEliminaDeve far parte proprio della loro formazione!
Non so se vedrò il documentario, di certo l'idea è interessante. Mi piacerebbe (anche se con un po' di timore) entrare nello studio (e nella testa) di altri grandi autori, magari della carta stampata, ad esempio Miura, Takehiko Inoue, la Takahashi, Araki...)
Esistono documentari interessanti di altri autori, magari consigliati dall'antro?
Spero di vederlo prima o poi perché mi interessa moltissimo ;)
RispondiEliminaDevo recuperarlo, mi sembra interessante.
RispondiEliminaFinalmente un doc dove un giapponese si incavola! Basta con gli stereotipi che sono tutti omini gentili e ossequiosi! E poi diciamelo, uno, quando raggiunge gli anta e ha una capacità ed un'esperienza di tale livello può anche permettersi una sfuriata con lancio di ciabatta incluso. Anche se non sarà bello mi sembra comunque interessante.
RispondiEliminaPer quella che è la mia esperienza del Giappone trovo gli aspetti descritti da questo documentario (l'arroganza gratuita dei più anziani, soprattutto se famosi, nei confronti dei più giovani, il power harassment sul luogo di lavoro, ecc...) più rappresentativi dell'immagine edulcorata del timido genio col papillon storto. Sul fatto che poi Miyazaki abbia prodotto dei capolavori, il fumetto di Nausicaä della valle del vento su tutti, non ho nulla da obiettare. Mi azzarderei anche a dire che se lo studio Ghibli non è riuscito a partorire un degno successore di Hayao la colpa è probabilmente anche del suo egocentrismo che non gli ha permesso di coltivare un allievo che potesse raccogliere la sua eredità.
RispondiEliminaNon probabilmente. Nel documentario, Miyazaki ammette amaramente di aver "divorato" tutti i suoi possibili successori, al punto di non lasciarne nessuno.
EliminaC'era il regista di.. Mimi wo sumaseba mi pare.. che pareva potesse reggere abbastanza a lungo da raccogliere l'eredità.
EliminaMa poi è morto giovane... uhm... ora che lo meto per iscritto in effeti..
Cheers
Pensa a Goro che comunque da lui è e sarà sempre visto come indegno...ed è il figlio...
EliminaVisto giustamente come indegno, in quel caso :D
EliminaLOL
EliminaCoosa ? Ma Hiromasa Yonebayashi ?
EliminaPer non parlare di Hosoda, Shinkai e pure Anno che se ha fatto Evangelion è anche per merito di Nausicaa.
Ognuno a suo modo porta avanti l'eredità del mito. Magari Goro è un po' frustrato e comunque continua a lavorare nell'animazione, ma gli altri mi sembra se la passino benissimo.
Certo, ma ALTROVE.
EliminaIl discorso era quello di un erede che prendesse in mano lo Studio Ghibli dopo il pensionamento di Hayao-san. E non ce ne sono per le ragioni da lui stesso spiegate.
Eh anche io non sono certo al settimo cielo per la probabile fine del marchio Ghibli, ma il discorso sul divorare gli eredi è una beffa come metà di quello che dice il maestro, sempre catastrofista in modo buffo.
EliminaEffettivamente forse come questo documentario non è digeribilissimo, anche come giustamente sottolineavi è imperdibile. Ma secondo me è una specie di continuazione di https://en.wikipedia.org/wiki/The_Kingdom_of_Dreams_and_Madness che mi era piaciuto da matti.
Già lì si assisteva a Miyazaki che rispondeva alla domanda sul destino dello studio Ghibli dopo di lui.
E poi resta il museo.
Secondo me, in quel contesto, è un discorso chiaro e anche veritiero. Gli chiedono come mai gli studi siano lì a prender muffa, perché nessuno abbia portato avanti la sua eredità e lui spiega che, essenzialmente, li ha spremuti come limone e gettati via. Che poi abbiano fatto fortuna altrove è un bene per l'animazione giapponese, senza dubbio. Ma che lo Studio Ghibli finisca con Miyazaki è un peccato enorme. È come se Disney avesse smesso di produrre lungometraggi dopo Walt (parlando di boss dell'animazione fumantini).
EliminaScusate, ma Goro è così scarso? Avevo sempre pensato di dare una possibilità a "I racconti di Terramare", dite che non è il caso?
EliminaGoro non è male ma secondo me gli manca il senso dell'umorismo del padre. E ovviamente il paragone con un mostro sacro, probabilmente il più grande animatore della storia, è improbo per chiunque.
Eliminahttps://www.youtube.com/watch?v=52raDbtNpa4
Mi sembra molto interessante per l'argomento trattato, anche se probabilmente dopo questa descrizione penso che lo salterò. Detto questo, l'argomento Hayao e futuro dello studio è una questione un po' triste. Sembra, da totale ignorante della faccenda, che il museo, più che luogo di divertimento o interesse per i fan, sia stato fatto per non dimenticare cosa ha fatto lo Studio e che, probabilmente, non farà più
RispondiEliminaNon è uno stand alone a mio avviso. Anche se così lo hanno distribuito. Ma è una postilla, una giusta chiosa al precedente Il regno dei sogni e della follia. Qui il maestro si "ridesta" da quel letargo creativo con cui si chiudeva il precedente. O almeno così ce lo vogliono vendere.
RispondiEliminaFelicissimo per averlo visto!
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