Porco Rosso (i film dello Studio Ghibli)
Con la scusa della recente uscita in raggioblù, hai rivisto l'altra sera in 1080p Porco Rosso (紅の豚, Kurenai no buta, "Il maiale rosso", 1992), uno dei tuoi film preferiti dello Studio Ghibli. Così simile eppure così diverso dalle altre produzioni di Miyazaki, forte di un'ambientazione e di un protagonista di quelli che non dimentichi. E infatti, ventidue anni dopo, siamo ancora qui a parlare di questo maiale che fuma a nastro sigarette Gitanes, assomiglia al Rick Blaine di Casablanca e proprio non vuole saperne di volare per i fascisti […]
A differenza di altri film Ghibli, a far da sfondo alle storie dei quali ci sono mondi di fantasia, Porco Rosso ha delle coordinate spaziotemporali precise: l'Italia e l'Istria degli anni 20, Milano, l'America; la prima guerra mondiale in cui Porco ha affrontato gli aerei austro-ungarici, il camion con il logo FIAT, i poster di Hollywood. Poi, chiaro, i contorni del reale sono smussati dalla fantasia, Milano al posto del Naviglio Grande ha un grande fiume, le isole dell'Adriatico croato ospitano squadre di pirati del cielo e le scritte in italiano non sono prive di torroni più o meno grossi, ma non importa.
Quel che importa è che Porco Rosso riesce a rendere perfettamente lo spirito del tempo. Pur con tutto il fantastico a diluirne le connotazioni storiche, si percepisce in modo netto l'oppressione del regime fascista, la precarietà del vivere sul filo, la crisi economica che picchia duro: i pacchi di banconote a causa dell'iperinflazione, l'azienda Piccolo a Milano che è sull'orlo del fallimento e in cui lavorano anche le donne anziane, e Fio che segue Porco non solo perché vagamente invaghita di lui e della sua vita avventurosa, ma per fingersi ostaggio ed evitare che la sua famiglia venga accusata di aver collaborato con un ricercato.
Porco Rosso nasce come noto dal manga di 15 pagine Hikōtei Jidai ("L'era dell'idrovolante"), realizzato da Miyazaki ad acquerello per la rivista Model Graphix, che lo pubblica in tre parti nella primavera nel 1989. Un progetto personale del regista, quindi, e più che altro un passatempo a beneficio di chi, come lui, ama gli aeroplani. Ma per quanto la storia del manga sia stata ripresa in modo abbastanza fedele dal film (i pirati della banda Mamma Aiuto, lo scontro con l'americano - nel manga Donald Chuck anziché Donald Curtis - la riparazione dell'aereo a Milano e la nuova battaglia con Chuck), il Porco Rosso del manga è un personaggio molto più allegro e il tono è nel complesso totalmente diverso. L'idea originale di Miyazaki, cioè quella di trarre dal suo fumetto un cortometraggio da trasmettere durante i voli della Japan Airlines, si trasformò infatti dapprima in un lungometraggio, poi in un lungometraggio dal tono molto più cupo. Un cambio di registro dettato anche e soprattutto dalla guerra in Jugoslavia, scoppiata durante la lavorazione della pellicola.
E torniamo così a Porco, il cui vero nome è Marco Pagot in omaggio all'omonimo autore italiano, figlio di Nino Pagot e collaboratore di Miyazaki con la sorella Gi(na) ai tempi de Il Fiuto di Sherlock Holmes. Porco Rosso, personaggio che fa un po' ridere chiamarlo così, ma dotato di un enorme carisma. Un aviere trasformato in maiale da un qualche sortilegio, ma siccome questa non è la Disney, non ci sono spiegoni sul perché Porco Rosso sia quello che è, su cosa sia questa maledizione e perché gli sia piovuta sul collo. Di Porco Rosso sappiamo pochissimo. È un aviatore, è antifascista, fa il cacciatore di taglie, d'accordo: ma cosa desidera? Che cosa pensa di Gina? Il film non te lo dice, e questo ne accresce quel carisma, riuscendo miracolosamente a trasformare in bel tenebroso un maiale con i baffetti. E sempre siccome non è la Disney, il finale di questa versione intimista de La Bella e la Bestia, la storia d'amore platonico con la bella Gina, si chiude vent'anni dopo come solo loro due e Fio Piccolo sanno. Un finale delicato e malinconico, quello del giardino segreto, per merito/colpa anche delle note del solito, enorme Joe Hisaishi.
Ma se il finale - così come il flashback con i piloti caduti nella Prima Guerra Mondiale - ha quell'agrodolce da film noir, se il tema della guerra imminente, la voglia di libertà di quest'uomo tramutato in maiale (animale simbolo dell'ignoranza nel buddismo, ma anche molto simpatico a Miyazaki) che esclama fiero "Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale" ne fanno un Harlock suino, uno spirito libero che non intende piegarsi a nessuno, l'ironia di fondo della storia originale riesce comunque a farsi largo a sprazzi in più punti della pellicola. Per quanto malinconica e disillusa possa essere la figura di Marco, il cacciatore di taglie a bordo del suo idrovolante rosso che chiama gli avversari pezzenti e immondizia (e, in uno slancio fantozziano del doppiaggio tricolore, finanche merdacce), il mondo di Porco Rosso è un altro mondo di buoni, dove non esistono personaggi negativi in senso assoluto.
I baffoni della banda Mamma Aiuto, cloni di Bruto di Braccio di Ferro, rapiscono bambine e tentano di abbattere il protagonista, ma hanno alla fine un cuore buono pure loro. Lo stesso vale per l'americano spaccone Curtis e per i loro alleati: volano raffiche di mitra e bombe a mano, ma non si ferisce nessuno, perché - spiega Porco con una mitragliatrice per il suo idrovolante in mano - quella non è la guerra. E ancora: Marco è in fuga dalle spie e dagli aerei dell'aviazione militare fascista, ma è un fascista, l'ex commilitone Ferrarin, ad aiutarlo a trarsi in salvo. Uno dei tanti temi, quello dell'assenza di cattivi veri e propri, che legano Porco Rosso al resto della produzione, precedente e futura, dello Studio Ghibli, insieme a quello della maledizione (Mononoke, Spirited Away, Il castello errante di Howl) e alla presenza della tipica ragazzina energica e volitiva come Fio, simbolo delle generazioni future da cui quella del regista - uomo di mezza età come il protagonista - si aspetta grandi cose.
Ma Porco Rosso, scrivevi all'inizio, è una pellicola molto simile ma anche molto differente dagli altri film di Miyazaki. Non sai esattamente spiegare il perché, e la cosa non ti sorprende neanche più di tanto. Abbiamo detto già tante volte, in questa rassegna, del linguaggio universale di cui credi capaci i film dello Studio Ghibli. Di quell'idioma che permette loro di interfacciarsi direttamente con l'animo dello spettatore predisposto, grazie a subdoli trappoloni audiovisivi in cui ti fanno cascare con tutte le scarpe. Bene, è come se Porco Rosso utilizzasse la stessa lingua e parte delle stesse espressioni, ma per dirti una cosa diversa. Sì, come spiegazione fa un po' pena, te ne rendi conto, ma è il meglio che hai saputo tirar fuori, e ci hai pensato pure cinque minuti. Andiamo avanti.
E poi? E poi c'è Gina, la diva per antonomasia da film in bianco e nero, una Ingrid Bergman che ha perso tre mariti aviatori e a cui basta uno sguardo per zittire tutti, ma che ancora sogna quel suo amico d'infanzia che non sembra corrispondere i suoi sentimenti, troppo impegnato com'è a vivere le sue avventure su un idrovolante rosso. Ma Gina ti riporta al finale e il finale ti riporta alla malinconia, e non se ne esce. Preferiresti ricordarlo come un film divertente, perché, giuri, in larga parte lo è, ma proprio non ci riesci. Resterà sempre il tuo Casablanca di Miyazaki, con un maiale sarcastico avvolto dal fumo di sigaretta. Suonala, Sam. Suona Mentre il tempo passa, ché ci son da smitragliare pirati e aspiranti divi di Hollywood.
Per vedere un'edizione italiana di Porco Rosso ci son voluti quasi vent'anni. Dopo che Buena Vista ha palleggiato di ginocchio con i diritti per un sacco di tempo, quei diritti sono passati alla Lucky Red, che ha portato in sala Porco Rosso nel 2010, con un doppiaggio curato dal solito Gualtiero Cannarsi. Un pensiero, già che siamo in argomento, per Armando Bandini: ascoltare il signor Piccolo con la voce del Rigel di Goldrake ti ha precipitato in un tunnel di ricordi interamente foderato di bruschette. Bandini ci ha lasciato poco dopo, nel maggio 2011.
Altro? No, hai già scritto una lenzuolata, va bene così. Se non avete mai visto Porco Rosso, recuperatevi il raggioblù o quello che vi pare e prendetevi una serata libera: c'è un idrovolante pronto al decollo che vi aspetta. E se l'avete già fatto? Beh, tornate a guardarvi il finale e provate a non farvi portar via dalla malinconia, avanti. Su.
L'idrovolante pilotato da Porco è il frutto della fusione di due idrovolanti da corsa realmente esistiti: il SIAI S.21 e il Macchi M.33 |
Quel che importa è che Porco Rosso riesce a rendere perfettamente lo spirito del tempo. Pur con tutto il fantastico a diluirne le connotazioni storiche, si percepisce in modo netto l'oppressione del regime fascista, la precarietà del vivere sul filo, la crisi economica che picchia duro: i pacchi di banconote a causa dell'iperinflazione, l'azienda Piccolo a Milano che è sull'orlo del fallimento e in cui lavorano anche le donne anziane, e Fio che segue Porco non solo perché vagamente invaghita di lui e della sua vita avventurosa, ma per fingersi ostaggio ed evitare che la sua famiglia venga accusata di aver collaborato con un ricercato.
Porco Rosso è il primo film Ghibli basato su un soggetto originale di Miyazaki dai tempi di Nausicaä della Valle del vento |
E torniamo così a Porco, il cui vero nome è Marco Pagot in omaggio all'omonimo autore italiano, figlio di Nino Pagot e collaboratore di Miyazaki con la sorella Gi(na) ai tempi de Il Fiuto di Sherlock Holmes. Porco Rosso, personaggio che fa un po' ridere chiamarlo così, ma dotato di un enorme carisma. Un aviere trasformato in maiale da un qualche sortilegio, ma siccome questa non è la Disney, non ci sono spiegoni sul perché Porco Rosso sia quello che è, su cosa sia questa maledizione e perché gli sia piovuta sul collo. Di Porco Rosso sappiamo pochissimo. È un aviatore, è antifascista, fa il cacciatore di taglie, d'accordo: ma cosa desidera? Che cosa pensa di Gina? Il film non te lo dice, e questo ne accresce quel carisma, riuscendo miracolosamente a trasformare in bel tenebroso un maiale con i baffetti. E sempre siccome non è la Disney, il finale di questa versione intimista de La Bella e la Bestia, la storia d'amore platonico con la bella Gina, si chiude vent'anni dopo come solo loro due e Fio Piccolo sanno. Un finale delicato e malinconico, quello del giardino segreto, per merito/colpa anche delle note del solito, enorme Joe Hisaishi.
Ma se il finale - così come il flashback con i piloti caduti nella Prima Guerra Mondiale - ha quell'agrodolce da film noir, se il tema della guerra imminente, la voglia di libertà di quest'uomo tramutato in maiale (animale simbolo dell'ignoranza nel buddismo, ma anche molto simpatico a Miyazaki) che esclama fiero "Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale" ne fanno un Harlock suino, uno spirito libero che non intende piegarsi a nessuno, l'ironia di fondo della storia originale riesce comunque a farsi largo a sprazzi in più punti della pellicola. Per quanto malinconica e disillusa possa essere la figura di Marco, il cacciatore di taglie a bordo del suo idrovolante rosso che chiama gli avversari pezzenti e immondizia (e, in uno slancio fantozziano del doppiaggio tricolore, finanche merdacce), il mondo di Porco Rosso è un altro mondo di buoni, dove non esistono personaggi negativi in senso assoluto.
Sulla
destra, il capo della banda Mamma Aiuto, doppiato da Paolo Buglioni.
Cioè, per un sacco di tempo, la voce dei programmi di Rai 2 |
Ma Porco Rosso, scrivevi all'inizio, è una pellicola molto simile ma anche molto differente dagli altri film di Miyazaki. Non sai esattamente spiegare il perché, e la cosa non ti sorprende neanche più di tanto. Abbiamo detto già tante volte, in questa rassegna, del linguaggio universale di cui credi capaci i film dello Studio Ghibli. Di quell'idioma che permette loro di interfacciarsi direttamente con l'animo dello spettatore predisposto, grazie a subdoli trappoloni audiovisivi in cui ti fanno cascare con tutte le scarpe. Bene, è come se Porco Rosso utilizzasse la stessa lingua e parte delle stesse espressioni, ma per dirti una cosa diversa. Sì, come spiegazione fa un po' pena, te ne rendi conto, ma è il meglio che hai saputo tirar fuori, e ci hai pensato pure cinque minuti. Andiamo avanti.
E poi? E poi c'è Gina, la diva per antonomasia da film in bianco e nero, una Ingrid Bergman che ha perso tre mariti aviatori e a cui basta uno sguardo per zittire tutti, ma che ancora sogna quel suo amico d'infanzia che non sembra corrispondere i suoi sentimenti, troppo impegnato com'è a vivere le sue avventure su un idrovolante rosso. Ma Gina ti riporta al finale e il finale ti riporta alla malinconia, e non se ne esce. Preferiresti ricordarlo come un film divertente, perché, giuri, in larga parte lo è, ma proprio non ci riesci. Resterà sempre il tuo Casablanca di Miyazaki, con un maiale sarcastico avvolto dal fumo di sigaretta. Suonala, Sam. Suona Mentre il tempo passa, ché ci son da smitragliare pirati e aspiranti divi di Hollywood.
Per vedere un'edizione italiana di Porco Rosso ci son voluti quasi vent'anni. Dopo che Buena Vista ha palleggiato di ginocchio con i diritti per un sacco di tempo, quei diritti sono passati alla Lucky Red, che ha portato in sala Porco Rosso nel 2010, con un doppiaggio curato dal solito Gualtiero Cannarsi. Un pensiero, già che siamo in argomento, per Armando Bandini: ascoltare il signor Piccolo con la voce del Rigel di Goldrake ti ha precipitato in un tunnel di ricordi interamente foderato di bruschette. Bandini ci ha lasciato poco dopo, nel maggio 2011.
Altro? No, hai già scritto una lenzuolata, va bene così. Se non avete mai visto Porco Rosso, recuperatevi il raggioblù o quello che vi pare e prendetevi una serata libera: c'è un idrovolante pronto al decollo che vi aspetta. E se l'avete già fatto? Beh, tornate a guardarvi il finale e provate a non farvi portar via dalla malinconia, avanti. Su.
Porco Rosso
recensito da DocManhattan il 2014-03-04
Rating:
recensito da DocManhattan il 2014-03-04
Rating:
Capolavoro asdoluto e mio film preferito di Miyazaki, nonostante gli errori con l'Italiano e l'adriatico che sembra il pacifico. Tenero e potente con un eroe piccolo e delicato, contro la guerra e contro la morte inutile. Porco Rosso vola per sempre con il suo biplano ed aspetta in una piccola isola dove tutti vorremmo andare
RispondiEliminaT_T [bruschette... tante bruschette]
RispondiEliminaQuesto è il mio secondo Miyazaki preferito [il primo, per narrazione complessità rimane La Città Incantata]. Splendido... Indimenticabile... L'ho aspettato così tanto doppiato in Italiano che l'ho preso subito, appena pubblicato dalla Lucky Red... MA NON L'HO ANCORA VISTO! Ormai sono affezionato al Porco in giapponese, con i sottotitoli che al tempo mi ero fatto io... XD
E visto che siamo in tema...
Qui http://goo.gl/Z78jpn il Savoia S21 in LEGO con "istruzioni"
E qui http://goo.gl/26rpDM l'R3C-0 di Curtiss
T_T [basta bruschette! mettile via!]
Nella mia classifica personale del Maestro c'è un podio con il solo numero "1" e sopra tre titoli completamente diversi:
RispondiElimina- Mononoke Hime (MALEDETTI FATELO USCIRE DI NUOVOOOO!!!)
- Totoro
- Porco Rosso
E non posso che concordare: Porco Rosso fa ridere tantissimo ma ogni volta che è finito ti trovi addosso una malinconia che non ti riesci a spiegare. Forse è la narrazione di un passato sfavillante che riesci ad identificare, forse è il fatto che ti viene sbattuta in faccia la realtà per cui "niente si può rimediare".
La trasformazione di Porco ne è l'emblema: amava il volo, è finito in guerra, ha ucciso e ha visto morire. Non tornerà ad essere umano, per scelta e perchè è così: non c'è riparazione, non c'è espiazione, si tira avanti a testa alta, per sempre separato.
L'edizione Lucky Red va commendata anche per un doppiaggio di alta qualità, in un periodo in cui il doppiaggio italiano sembra avere solo più "professionisti" ma nessun "artista". Massimo Corvo riesce ad essere più Porco Rosso del doppiatore originale, con la risata fragorosa a bocca larga che ti investe. E Roberta Pellini che dà la voce a Gina... ci si può innamorare di una voce e lei lo conferma.
Io ai titoli di coda piango sempre come un vitello. Ad ogni modo sono l'unico a pensare che l'isola di Gina sia l'isola Bella? Sbagliavo?
RispondiEliminaIl mio preferito di Miyazaki assieme a Nausicaa!
RispondiEliminaConosco la storia dell'amicizia tra Miyazaki e i Pagot, all'epoca seguivo l'orribile trasposizione in fumetto dello Sherlokko canide realizzata proprio da questi ultimi per Il Giornalino.... siamo sicuri fossero amici? XD
Visto sottotitolato, lo ricordo con affetto e malonconia. Ho regalato il modellino dell'idrovolante ad un mio amico e il dvd al figlio di una mia cugina (dubito l'abbia visto, uno ci prova ad educare al bello).
RispondiEliminaVoglio rivederlo!
Per il resto concordo con il Doc, è un film diverso dagli altri dove il maestro vede il mondo dagli occhi disillusi ma non arresi del protagonista anzichè raccontarci la vita, i sogni e le aspettative di chi ha ancora tutta la vita davanti.
completamente d'accordo...non serve aggiungere altro...bravo Doc...
RispondiEliminaPenso sia il film di Miyazaki che ho visto meno... Urge replica! Ma ricordo che mi piacque, ovviamente, parecchio!
RispondiElimina@quest'uomo tramutato in maiale (animale simbolo dell'ignoranza nel buddismo, ma anche molto simpatico a Miyazaki)
RispondiEliminasicuro?
io ho sempre pensato fosse una scelta "politica"visto cosa rappresenta quell'animale nell'immaginario collettivo,vedi La fattoria degli animali
Miyazaki nei suoi fumetti rappresenta quasi sempre sé stesso e gli altri esseri umani maschi con le fattezze di maiali e maialini. Anche il fumetto da cui è tratto l'ultimo film "Kaze Tachinu" vede il protagonista Jiro con il muso da maiale occhialuto, sebbene sia stato umanizzato nella trasposizione animata. Credo che non ci sia una motivazione di tipo politico, anche se potrebbero esserci altre ragioni che non so, a parte la nota passione di Miyazaki per i suini.
EliminaDimenticavo, menzione d'onore all'antrista che a Lucca ha fatto un Cosplay perfetto di Porco Rosso.
RispondiEliminaQuoto Fabfab, anche per me il preferito insieme a Nausicaa...e non solo perchè sono un patito dell'aviazione. In questo film i temi Miyazakiani classici (come il rapporto con la natura) sono relegati in un angolo per far posto ad uno degli (anti)eroi animati che più ti rimangono appiccicati addosso...il paragone con Casablanca è perfetto ma a differenza di Rick Marco da un lato non ha mai abdicato ai suoi ideali nè dall'altro viene coinvolto in un qualche "riscatto" morale: la sua storia personale, il suo essere è il perno attorno a cui il film ruota e in un modo circolare finisce esattamente dove è iniziato. Splendida IMHO la sequenza di "umanizzazione" di Marco che nella sua temporaneità, sembra dirci che ciò che è stato rimane dentro di noi ma non può tornare. Ok, direi che si capisce abbastanza che il film mi piace assai :-D
RispondiEliminaLa scena di Porco durante la Prima Guerra Mondiale, quando vede i suoi commilitoni salire in quella parata celeste di aerei insieme a tutti gli aviatori caduti prima di loro... quella scena è di una potenza rara.
RispondiEliminaMiyazaki, dannato genio che non sei altro.
Cheers
P.S. Quando arriverai a Laputa parleremo di quello che forse è l'unico vero cattivo assoluto di un film di Miyazaki. ;)
«...ma siccome questa non è la Disney, non ci sono spiegoni sul perché Porco Rosso sia quello che è, su cosa sia questa maledizione e perché gli sia piovuta sul collo...»
Elimina[mode PdF/ON]
Si tratta di una metafora, nemmeno troppo velata, in verità.
Marco Pagot precipita con gli altri, ma non muore, rimane però orrendamente sfigurato.
Pare infatti che la figura di "Porco Rosso" sia ispirata a un vero aviatore che, rimasto coinvolto in un incidente, si ritrovò terribilmente ustionato.
Ripresosi dopo molto tempo, rimase con un colorito rossastro, dovuto alle moltissime cicatrici, e privo del naso appariva simile a un maiale, da cui il soprannome. [mode PdF/OFF].
Film che ho visto solo per la presenza di Bandini (anche se lo avevo sbirciato prima coi sottotitoli) e come al solito Miyazaki mi pare sempre troppo autocompiaciuto.
Film piacevole, ma troppo "astratto", manca di concretezza e questo me lo fa apprezzare poco.
Meno shintoismo e più buon senso non sarebbero male in un film Ghibli, prima o poi.
E un adattamento in Italiano, non in "cannarsiano" sarebbe la ciliegina finale ^^
Grazie per la PDFata, ma quello l'ho capito. Ma, metafora a parte, Porco è un maiale per un sortilegio cui si fa solo accenno e che alla fine... Il tema da La Bella e la Bestia ci sta tutto, solo che, appunto, è trattato in modo diverso.
EliminaTi parrà strano, Doc, ma la metafora dell'incidente e delle ferite sfiguranti, non l'aveva colto nessuno dei miei amici, fuorviati dalla "dolce dolcezza" dei "disegnini carini" di Miyazaki.
EliminaAvevano davvero creduto alla balla del "sortilegio", senza chiedersi da dove cavolo venisse fuori, vista l'ambientazione NON magica della storia.
Per me un film che lascia lacune simili, è inevitabilmente "sbagliato" in partenza.
Perchè sottende la trama alla resa grafica.
Per questo parlo di auto-compiacimento miyazakiano.
E non mi piace
Mmmh, è una lettura interessante ma sinceramente non mi sembra essenziale: la causa della condizione di Marco appare del tutto secondaria rispetto alla storia (se ne potrebbe quasi fare a meno)...piuttosto vi si potrebbe vedere una rappresentazione "estetica" delle ferite interiori
EliminaFa.Gian.: la metafora è interessante e a suo modo affascinante, ma è una chiave di lettura che si può usare solo analizzando il film dall'esterno. Dall'interno, ovvero narrativamente, la metafora non esiste minimamente: esiste la maledizione che ha trasformato Marco in Porco, e che viene indirettamente citata di continuo (le frasi già riportate, soprattutto quella emblematica "Piuttosto che diventare un fascista, meglio essere un maiale").
EliminaSinceramente non ci vedo niente di sbagliato, dato che non è e non vuole essere minimamente un film realistico (o come dici tu, non-magico; tuttii film di M. sono magici, o non sarebbe M.).
Non conoscevo la teoria del muso da maiale come metafora delle reali citatrici dell'incidente. Quella che conosco tramite le esegesi di Bencivenni e Cannarsi, e che anch'io ho formulato durante la visione del film, è che la "maledizione" dipenda dal, o consista nel fatto che Marco è l'unico sopravvissuto del suo gruppo. Ciò lo rende colpevole, o lo fa sentire tale, pertanto Marco si allontana dal contesto umano e "diventa un maiale" fin quando Fio non lo restituisce al mondo.
EliminaA parte i tipici maialini dei manga miyazakiani, anche nei titoli di coda del film i personaggi hanno tutti il muso porcino, e non credo che siano tutti sfigurati. Penso dunque che la metafora abbia più a che fare con l'alienazione dal mondo esterno, per vergogna o per il desiderio di dedicarsi solamente alla propria passione, che ai segni di tremende ferite.
Io anche condivido l'ipotesi del sortilegio (e della fine dello stesso, come il finale fa intuire), e penso che la causa, comunque accennata, sia da individuarsi nel senso di colpa di Pagot per essere sopravvissuto ai suoi amici e commiltoni (emblematica, in tal senso, l'offerta al suo amico sposato e con figli di prendere il suo post tra i caduti). Comunque, il film dello studio Ghibli che mi è piaciuto di più in assoluto. L'ho visto al cinema Eden a Roma, famoso per una clientela agèè ("All'Eden so più quelli che entrano che quelli che escono!", cit. locale), in un giorno di pioggia devastante, ma ciò nonostante, e nonostante il finale malinconico, al termine per me era primavera.
EliminaBellissima scena, non del tutto originale: è ispirata ad un racconto di Roald Dahl, grande scrittore per ragazzi, sceneggiatore di telefilm e, naturalmente, ex aviatore
EliminaCapolavoro e quella frase poi...più che condivisibile. :D
RispondiEliminaBel post,questo dello studio ghibli non l'ho ancora visto,prima o poi dovrò farlo.Ma vorrei anche sapere in generale cosa ne pensi di cartoni Disney e perchè,visto che da quanto ho capito non li apprezzi molto.
RispondiEliminaBeh, non ho scritto che non mi piacciono i cartoni Disney, ho scritto che l'impostazione di base è diversa: Porco Rosso nasce come film per gli uomini d'affari in viaggio con la JAL, le pellicole Disney come film per ragazzi, e quindi con lo spiegone sull'autofire e uno schema sempre uguale. Il che non significa che non mi piacciano, però. Sono cresciuto con i classici e anche qualcosa della produzione recente mi garba (soprattutto la roba Pixar e in particolare il bellissimo Up!), ma ormai roba come Frozen, con i personaggi che cantano e le solite mascotte caricaturali in ruoli di supporto, non la mando proprio giù.
EliminaAh ok allora avevo frainteso.Comunque non so,io della Disney ho sempre ammirato la capacità di rimanere apprezzabile(nella maggior parte dei casi),anche adesso che ho vent'anni,e di riuscire a sfornare film che tutto sommato invecchiano molto bene.Per gli ultimi film si,riconosco che un po' sono calati,ma ad esempio Ralph spacca-tutto lo trovo ottimo,e Frozen,tolto l'eccesso di canzoni(alcune molto irritanti)secondo me è davvero godibile.Comunque son gusti in fondo,e per fortuna che sono diversi
EliminaSì, Ralph è sembrato anche a me, per tante ragioni, un gran bel film. Frozen, sono d'accordo, senza tutte quelle dannate canzoni sarebbe stato molto più godibile.
Eliminaconcordo su Ralph, ma Frozen sinceramente non mi dice proprio nulla. a mio avviso, non ha meritato nessuno dei 2(!) oscar vinti, ma ormai quel che è stato è stato...
EliminaFonte di one-liner mica da ridere (anche "un maiale che non vola è solo un maiale" mi è sempre rimasta nel cuore), film bellissimo e sì, diverso dagli altri della produzione del Maestro. Ho sempre avuto l'impressione che Porco Rosso parli direttamente a un pubblico differente da quello universale degli altri film, più adulto e consapevole, in grado di rapportarsi con la poesia crepuscolare di quella sindrome del sopravvissuto che ti rende impossibile tornare a essere quello di prima (o forse no, che quel finale ambiguo è meraviglioso). Anche i temi sono diversi dal solito, non il rapporto con la natura, la scoperta col meraviglioso, ma una storia tutta umana di soldati paradossali che rifiutano di fare del male e che assistono alla fine di un mondo in cui credevano di poter sfuggire alla guerra... Porco Rosso ha un posto speciale nella storia dello Studio Ghibli (e in quella dei modelli da montare troppo belli per non provarci, anche se con quei pezzettini e la colla non ci sei mai andato d'accordo!)
RispondiEliminaquesto film andrebbe fatto vedere nelle scuole. è, personalmente parlando, perfetto.
RispondiEliminaAvevo già intenzione di provvedere.
EliminaSpero che quei fetenti dei miei alunni non me lo schifino come hanno fatto con Hero di Zhang Yimou (maledetti filistei).
Piccoli ingrati. Fingi che si chiamino tutti Giachetti e bocciali. ;)
EliminaSolito grandissimo film del maestro, hai perfettamente ragione Doc è un miscuglio agrodolce di battute e bruschettitudine.
RispondiEliminaNon sono un gran fan di Miyazaki: di suo ho visto poco, e non tutto mi è piaciuto. Ma Porco Rosso sì, Porco Rosso l'ho trovato un vero capolavoro.
RispondiEliminaBellissimo, non riesco a fare una classifica dei film di Miyazaki ma Porco Rosso è sicuramente uno dei migliori. Visto oltre 10 anni fa in giapponese coi sottotitoli, rimasi incantato da questa versione parallela dell'Italia fascista e dal personaggio protagonista. oltretutto all'epoca studiato ingegneria aerospaziale quindi anche tutto il lato aeronautico mi colpì in modo indelebile. ottima analisi sui piani di lettura.
EliminaQuello che mi piace tantissimo di questa rubrica è che nonostante non condivida tutti i giudizi di Alessandro sui vari lungometraggi, la recensione mi fa vedere da diversa prospettiva questi film anche se li conosco molto bene e mi sento "coinvolto" e "invogliato" a rivedermeli nonostante tutto :)
RispondiEliminaA me personalmente Porco Rosso piace, ma non lo trovo "compiuto" rispetto ad altri lavori dello studio, la sua natura di progetto che è diventato qualcos'altro per me emerge qui e lì e in alcune sue parti lo ho trovato sia un po forzato che forse sin troppo "buonista" e idealista.
Come ben detto nella recensione il tono e il setting sono differenti dal "solito" di Miyazaki, traspare tutta la sua grandissima passione per l'aviazione ad esempio, ma troppo spesso sembra come che il regista cerchi di mettere "una pezza" per richiamare il suo pubblico abituale virando sulle macchiette e fin troppo sul "volemose bene".
Mi ha sempre dato l'impressione che Miyazaki avesse in mente una storia e poi ci ha dovuto buttare dentro altro che non centrava nulla per ammorbidire un po i toni e allungare la durata della pellicola...ovviamente non con roba buttata li tanto per, ma con classe, motivo per cui per me rimane un film più che discreto per lo standard (ALTO) Ghibli ma non tra i migliori :)
Anche uno dei miei preferiti: di Miyazaki o non (oserei dire di animazione o no).
RispondiEliminaE', come appunto dici, un piccolo film perfetto, in bilico tra la risata e la lacrima, un ode al pilota poeta e all'ingegnere meccanico, una critica alla guerra e alla dittatura, ma mai saccente.
Un porco usato per citare Bogart è il massimo, ma funziona!
E' il Maestro ai suoi livelli più alti.
Gran bel post, doc, per un film da grande bruschetta, concordo.
RispondiEliminaIl film come il buon Marco cambia direzione all'improvviso verso la metà, sbucandoti alle spalle per mitragliarti con proiettili carichi di sentimento. Il flashback di loro due bambini fatta in quella maniera, con lui che innocentemente arrossisce abbinato a quella musica, è stato da lacrime vere.
RispondiEliminaUno dei suoi più grandi film insieme a Totoro,la sua è un'Italia che non c'è più...o che non c'è mai stata,ma in ogni caso l'ha resa incredibilmente romantica.
RispondiElimina"Meglio essere un porco che un fascista". Hayao ama tanto l'Italia che deve aver studiato la storia sui libri di scuola italiani...
RispondiEliminaPerchè? Quelli stranieri raccontano una storia diversa?
Elimina"Il silenzio degli Alleati - la responsabilità morale di inglesi ed americani nell'olocausto ebraico" (di Richard Breitman, Mondadori), "Mussolini, il fascismo e gli Ebrei" (di Filippo Giannini, Nuove Idee) direi che qualche sorpresa la regalano.
EliminaEnrico Fermi (ebreo) era fascista. Guglielmo Marconi era fascista. Luigi Pirandello (nobel per la letteratura) era fascista.
Benedetto Croce e Giovanni Gentile (tra i più grandi filosofi italiani) furono ministri sotto il fascismo.
Per non parlare di tutti quegli esponenti della cultura e dello spettacolo che aderirono alla Repubblica di Salò, salvo poi cambiar bandiera per salvare la pelle.
http://www.youtube.com/watch?v=XXrAtdvDgfE
Vabbé che Miyazaki è come un dio pagano per i suoi fan, ma che sia più grande di tutti loro messi assieme...
E poi, cosa dovremmo fare? Andar fieri di loro con gli altri Paesi, e tra noi vergognarci e ritenerli meno che porci solo per amor di politically correct?
Non è sicuramente il posto per discettare di politica, ma visto cos'è stato il fascismo (una dittatura) e cos'ha portato a questo sempre disgraziato paese (un regime totalitario prima, una guerra poi), direi che non è Miyazaki a sbagliarsi.
EliminaE anche un genio scientifico (non politico) come Fermi se ne accorto quando sono state introdotte le leggi razziali. ;)
Sulle leggi razziali ci sono molte cose non dette, e ti invito di nuovo a leggere i libri di cui sopra: scoprirai che colpe e meriti vanno spartite in modo molto meno netto di quanto ci abbiano sempre raccontato...
EliminaDetto questo, qui non si discute di politica, e nessuno mette in dubbio le colpe del fascismo.
Quello che mi chiedo è cosa insegnerebbe Miyazaki se fosse un maestro di scuola italiano. Che Pirandello vale meno di Camilleri solo perché il primo è uno stronzo fascista mentre il secondo è un comunista sfegatato che vuole Berlusconi morto (il che oggi è sufficiente per avere il patentino d'intellettuale)?
Le opinioni politiche sono legittime, ma non possono cancellare i fatti.
E il fatto è che molti italiani dai grandi meriti (artistici, culturali, scientifici ecc.) aderirono al fascismo.
Piaccia o meno, dobbiamo farcene una ragione.
Se poi per Miyazaki è giusto e normale negare ogni merito e ogni dignità a chi al pensa diversamente da lui. Beh, direi che più fascista di così... ;)
Il discorso è complesso, anche perché "aderire a una dittatura" non è cosa che si fa sempre e comunque con grande convinzione. Vedi il giuramento di fedeltà al fascismo dei primi anni 30 imposto ai docenti universitari. Certo, c'era l'alternativa (fuggire, restare senza lavoro, finire nel libro nero), ma non era un'alternativa facile. C'è chi rimase nella vana speranza di cambiare le cose dall'interno. Quali che siano i libri su cui ha studiato Miyazaki, è meglio essere maiali che aderire spontaneamente (sottolineo, spontaneamente) a QUALSIASI regime totalitario. Ieri, oggi, sempre.
Eliminail fatto che molti italiani dai grandi meriti aderirono al fascismo vuol solo dire che anche molti italiani dai grandi meriti hanno fatto una solenne stronzata.
EliminaScusate, signori, ma il problema di principio rimane. Non cerco di giustificare il fascismo, ma mi delude l'ipocrisia (passatemi il termine) di Miyazaki.
EliminaGià, perché quando uno che per tutta la vita s'è fatto la bocca larga a predicare la pace, la tolleranza e la non-violenza, se ne esce con una frase così lapidaria, così carica di rabbia e di odio... beh, è di cattivo gusto o quantomeno contraddittoria.
Come se uno facesse tutto un pistolotto contro il tifo violento, e poi rovinasse il discorso chiudendo con
"... e comunque, meglio avere un figlio frocio, piuttosto che laziale."
O non ha compreso le sue stesse parole, o forse non ci ha mai creduto fino in fondo... :(
Ma guarda che dire "odio i fascisti" o "vaffanculo Hitler" non è covare rabbia e odio: è dire l'unica cosa possibile. Qualsiasi essere umano dotato di raziocinio DEVE condannare QUALSIASI regime totalitario. Senza se e senza ma. Cioè, davvero: di che stiamo parlando?
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EliminaNon so tu che la butti in politica, ma io sto parlando di coerenza. Scott dice:
Elimina"il fatto che molti italiani dai grandi meriti aderirono al fascismo vuol solo dire che anche molti italiani dai grandi meriti hanno fatto una solenne stronzata."
Va bene, ma questo cancella automaticamente ogni loro merito e li rende meno che porci?
Oggigiorno Miyazaki è venerato più di un dio. La differenza è che il Dio cristiano -diceva Manzoni- perdona tante cose per un'opera di misericordia. Mentre il dio Miyazaki perdona tanti meriti per una sola stronzata.
Ecco perché parlo di ipocrisia ed incoerenza. Pietà, giustizia e tolleranza o sono per tutti, senza se e senza ma, o non sono.
Non vedo contraddizioni in quello che ha scritto Scott, scusami. E, come scrive PDA, c'è comunque un contesto da tener presente. Parlare di fascismo è una cosa, parlare di persone che vivevano sotto il fascismo è un'altra. Miyazaki non ha offeso gli italiani dell'era fascista, mostrando anzi delle persone perbene come i Piccolo e Ferrarin. Ha offeso il regime, cosa sulla quale non vedo alcun problema di coerenza. Ma questo è quello che penso io. Te liberissimo di vederci tutte le ipocrisie che vuoi, ci mancherebbe. Basta, sia chiaro, che nessuno si permetta di venir qui a giustificare il fascismo. So che non è il tuo caso, DocWyatt, ma hai visto mai qualche testa di cippa di passaggio.
EliminaEcco, era esattamente questo che non mi tornava. :)
EliminaNo che non cancella i meriti. Non si stà facendo una valutazione complessiva di un essere umano, ma si sta valutando esclusivamente l'aspetto dell'essere fascista. Ecco, comparato a quello, meglio essere un maiale.
EliminaE' l'unico film di Miyazaki (devo vedere ancora Nausicaa e Kiki) che non mi è piaciuto...non saprei neanche spiegare perché, semplicemente l'ho trovato noioso. Lo dico a malincuore visto che tra l'altro è dedicato all'Italia... Forse l'avrò visto nel periodo sbagliato.
RispondiEliminaNON HAI VISTO KIKI??????
Elimina"Meglio essere un porco che un fascista"
RispondiEliminaE' una delle migliori frase che abbia mai sentito in un film!
Ricordo che lessi un fumetto tratto dal film su "Storie di Kappa". Era tipo il 1997
Ma vogliamo parlare delle mitiche scazzottate alla Miyazaki?
RispondiEliminami hai fatto ritornare la voglia di guardarlo, visto che ricordo che i piacque parecchio.
RispondiEliminahttp://faithjano.blogspot.it/2011/09/piuttosto-che-diventare-un-fascista.html
Bellissimo commento, scritto davvero bene. Ho il titolo nella wishlist da un bel po': con questo mi hai convinta, lo devo vedere.
RispondiEliminaRicordo che quando era uscita la versione italiana, lì nel 2010 o giù di lì, sul Giornale di Vicenza gl'avevano dedicato un bel articolo a piena pagina per via della presenza del vicentino Ferrarin :)
RispondiEliminaA me questo film m'ha riempito il cuore, come in genere anche gli altri...
soprattutto per le citazioni storiche (son grande appassionato di storia di quegli anni), a sentire Visconti...
Ma tu, Doc, cosa pensi del doppiaggio di Cannarsi? Alcuni in rete lo odiano, altri lo amano, senza mezzi termini...
RispondiEliminaRiguardo al finale ... si può intuire come è andato a finire ...
RispondiElimina... quanfo Fio "grande" sorvola l'albergo per una frazione di secondo si intravede il retro dell'albergo stesso con attraccato al molo privato un Idro rosso ...
... a voi le conclusioni ;)