Basta apparire. Se poi sei gnocca, tanto di guadagnato.
Contrariamente a quel che pensano in molti, "Videocracy. Basta apparire" non è un documentario sulla vita di SilviePernascone, né sul modo in cui ha fatto fortuna.
E', semmai, uno spaccato del tipo di (si perdoni il termine) cultura che la sua tv commerciale ha contribuito a rendere via via presente, importante, dominante, monopolizzante nel nostro paese. Quella, in buona sostanza, delle tette e dei culi.
Guardare Videocracy ti ha messo addosso una tristezza indicibile. E non perché Lele Mora mostra orgoglioso il video "inno al fascio" sul suo cellulare. O perché Corona si massaggia il puparuolo davanti alla telecamera. Né per i filmati delle aspiranti veline, o le fighe di cui è farcito il Billionaire in una sera d'estate qualunque, o il karaoke di "Meno male che Silvio c'è" (chi vuole può goderselo in versione integrale nella dependance), o la voce narrante del regista, che sembra uno a cui hanno appena iniettato del Pentothal Sodium.
Ti ha reso così triste la storia di Riccardo, che apre e chiude il documentario. Operaio di ventianniequalcosa bresciano, karateka da una vita e fan sfegatato in egual misura di Van Damme e Ricky Martin, Riccardo sogna di sfondare nel mondo della tivvù. Unendo le doti ginnico-artistiche dei suoi due beniamini. In pratica, mentre canta "She Bangs" si butta per terra e si rialza al volo con un colpo di reni che manco bruslì. Ora, ti chiedi: mai possibile che nei palinsesti nazionali non ci sia un po' di spazio per un talento del genere? Magari sotto la tetta di qualche velina. Magari in una televendita con Mastrota. Magari come opinionista di un riàliti. Che colpisce con un calcio volante in piena faccia signorini e lo finisce con una padella mondial casa.
In fondo (e in foto): basta apparire. Basta poco, checcevò.
E', semmai, uno spaccato del tipo di (si perdoni il termine) cultura che la sua tv commerciale ha contribuito a rendere via via presente, importante, dominante, monopolizzante nel nostro paese. Quella, in buona sostanza, delle tette e dei culi.
Guardare Videocracy ti ha messo addosso una tristezza indicibile. E non perché Lele Mora mostra orgoglioso il video "inno al fascio" sul suo cellulare. O perché Corona si massaggia il puparuolo davanti alla telecamera. Né per i filmati delle aspiranti veline, o le fighe di cui è farcito il Billionaire in una sera d'estate qualunque, o il karaoke di "Meno male che Silvio c'è" (chi vuole può goderselo in versione integrale nella dependance), o la voce narrante del regista, che sembra uno a cui hanno appena iniettato del Pentothal Sodium.
Ti ha reso così triste la storia di Riccardo, che apre e chiude il documentario. Operaio di ventianniequalcosa bresciano, karateka da una vita e fan sfegatato in egual misura di Van Damme e Ricky Martin, Riccardo sogna di sfondare nel mondo della tivvù. Unendo le doti ginnico-artistiche dei suoi due beniamini. In pratica, mentre canta "She Bangs" si butta per terra e si rialza al volo con un colpo di reni che manco bruslì. Ora, ti chiedi: mai possibile che nei palinsesti nazionali non ci sia un po' di spazio per un talento del genere? Magari sotto la tetta di qualche velina. Magari in una televendita con Mastrota. Magari come opinionista di un riàliti. Che colpisce con un calcio volante in piena faccia signorini e lo finisce con una padella mondial casa.
In fondo (e in foto): basta apparire. Basta poco, checcevò.
Meno male che Silvio c'èèèèèèèè...
RispondiEliminaTristezza diffusa mista a fastidio.
RispondiEliminaBisogna che aggiorni la foto, Ale.
RispondiEliminaAlmeno due di quei denti sono andati, ieri sera.