Occhio d'aquila, cervelli da gallina
Eagle Eye è questo film dimmerda dal regista di Disturbia. Ora, è vero: di solito impieghi almeno cinque righe per dire che l'ultimo thriller visto ti ha fatto scendere il latte alle ginocchia. Ma in questo caso si può tranquillamente fare un'eccezione, via.
Anche il protagonista è quello di Disturbia, il solito Shia Labeouf, che oltre ad avere un cognome ridicolo è sempre attorniato nei suoi film dalle migliori fighe. La, si perdoni il termine, trama di Eagle Eye (Cherry) parla di questo ragazzino coinvolto assieme alla figa di turno in una girandola di fancazzate che dovrebbe celare fino alla fine il mistero dell'identità dei cattivi. Solo che bastano tipo quattro minuti per capire chi o meglio cosa il casino l'abbia messo in piedi, per un finale talmente telefonato che gli è stata dedicata un'apposita categoria dalle centraliniste dell'89-24-24. Alla fine, dopo le solite manfrine tecnofobiche sulla giungla di città che si stava meglio quando si stava peggio, riprese peraltro di peso dall'ultimo Die Hard, solo un'eroica e acutissima mossa di una mai così fuori posto Rosario Dawson riuscirà a salvare la giornata. Che magari, se a una fottuta macchina gli stacchi la spina anziché menare il torrone per due ore, è tutto molto ma molto più semplice. Ah, e ovviamente la tipa figa, quel LaBeouf dal nome ridicolo lì, sui titoli di coda se la ciula. E ti pareva.
In foto, un momento di incredibile pathos della pellicola diretta dal noto mago del mixer di origini trinacre D.J. Caruso. Da notare il baffo piazzato su LaBeouf per conferirgli un aspetto incredibilmente più maturo e credibile. E a chi si stia chiedendo cosa ti abbia spinto a vedere fino in fondo questa roba (che peraltro in Italia non è ancora manco uscita. Pare ci voglia venerdì), rispondi che quando ti trovi su un inquietante volo AirFrance Parigi - Los Angeles, e l'unico altro titolo umano al netto di mille insulse commedie in francese e per francesi (l'almodovariano Vicky Christina Barcellona di Allen) l'hai già visto, non è che puoi star lì a far troppe storie, eh.
Anche il protagonista è quello di Disturbia, il solito Shia Labeouf, che oltre ad avere un cognome ridicolo è sempre attorniato nei suoi film dalle migliori fighe. La, si perdoni il termine, trama di Eagle Eye (Cherry) parla di questo ragazzino coinvolto assieme alla figa di turno in una girandola di fancazzate che dovrebbe celare fino alla fine il mistero dell'identità dei cattivi. Solo che bastano tipo quattro minuti per capire chi o meglio cosa il casino l'abbia messo in piedi, per un finale talmente telefonato che gli è stata dedicata un'apposita categoria dalle centraliniste dell'89-24-24. Alla fine, dopo le solite manfrine tecnofobiche sulla giungla di città che si stava meglio quando si stava peggio, riprese peraltro di peso dall'ultimo Die Hard, solo un'eroica e acutissima mossa di una mai così fuori posto Rosario Dawson riuscirà a salvare la giornata. Che magari, se a una fottuta macchina gli stacchi la spina anziché menare il torrone per due ore, è tutto molto ma molto più semplice. Ah, e ovviamente la tipa figa, quel LaBeouf dal nome ridicolo lì, sui titoli di coda se la ciula. E ti pareva.
In foto, un momento di incredibile pathos della pellicola diretta dal noto mago del mixer di origini trinacre D.J. Caruso. Da notare il baffo piazzato su LaBeouf per conferirgli un aspetto incredibilmente più maturo e credibile. E a chi si stia chiedendo cosa ti abbia spinto a vedere fino in fondo questa roba (che peraltro in Italia non è ancora manco uscita. Pare ci voglia venerdì), rispondi che quando ti trovi su un inquietante volo AirFrance Parigi - Los Angeles, e l'unico altro titolo umano al netto di mille insulse commedie in francese e per francesi (l'almodovariano Vicky Christina Barcellona di Allen) l'hai già visto, non è che puoi star lì a far troppe storie, eh.
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