Perché la 112 Abarth ha sempre il suo bel perché

Altra sera, altro polpettone in DVD da subire mestamente sul divano. Così, mentre su schermo scorrevano le nefandezze de La promessa dell'assassino (peraltro trattasi del solito fuorviante titolo italiano. Che l'originale si chiama Eastern Promises, e qui di omicidi ce ne sono pochi - e tutti collaterali rispetto alla trama principale - e di promesse non ne fa proprio nessuno), mentre guardavi questa roba di Cronenberg in cui la Watts è un'infermiera che non si fa i cazzi suoi, Cassel un mafioso russo orecchione e Mortensen un mafioso russo tutto d'un pezzo ma troppo buono per essere davvero un mafioso russo tutto d'un pezzo (e infatti...), mentre lo stesso Mortensen accoltellava due omaccioni ceceni in una sauna correndo e saltando con il pisello (peraltro piccolissimo, va detto) di fuori, mentre un finale telefonatissimo arrivava a risolvere l'unico nodo della trama (mater semper certa est, pater nunsisà), pensavi che GTI Club+: Rally Côte d'Azur per PSN è un signor gioco. E non tanto per il fatto che puoi scorazzare per la città più finta, tamarra, piena di pensionati scorreggioni con il riporto posticcio e ad alto tasso d'evasione fiscale del pianeta come Montecarlo. No. E nemmeno perché quei simpaticissimi monegaschi lì, mentre se ne vanno in giro incautamente in sella a uno scooterino, puoi spatafasciarli contro un muro. Nemmeno. E, prima che lo si pensi, neppure perché nel gioco, in questo gioco di corse che è un remake in HD di un titolo da sala di dodici anni fa, puoi scegliere il tuo percorso per arrivare al traguardo, e questo spesso ti porta da tutt'altra parte, in mezzo a vicoli anonimi popolati solo da abbronzatissimi Jean Pierre e Jean Philippe. Il gioco Konami piace perché, al volante di una cazzuta e sempiterna A112 Abarth puoi, nonostante la fisica farlocca e le auto leggere come i pensieri di una velina, dar la paga online ad altri tamarri fieramente alla guida di Mini Cooper, Golf GTi, Renault 5 e financo Deltone integrale. In pratica più o meno le stesse scene cui si assisteva, vuoi pure con un setting un attimino meno glamour, nelle edizioni anni 80 della Coppa Sila.

In foto, una replica de "L'ombra dello scorpione".


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