Chi ha tempo non aspetti che gli si dica beato te

Rientri, dopo un volo agitato non mescolato con temperatura in cabina inferiore ai 10 gradi, e a tarda notte vorresti pure tornartene a casa. Ma la tua valigia non si trova, non c'è, non sa, non risponde. Allora finisci di ingozzarti nervosamente con gli Oreo comprati a Los Angeles e la mattina dopo ti ritrovi a scendere, ancora più nervoso, la litoranea. Che la famiglia la stanchezza non la capisce. Che la famiglia, se ti sei fatto venti ore di viaggio e il jet lag non ti dà tregua e tutti quegli Oreo sulla panza nemmeno e la tua valigia l'hanno rintracciata ma si dà il caso che si trovi ora per una qualche ragione ad Hong Kong, la famiglia ha comunque i suoi tempi e i suoi riti. Non ci sono cazzi. Torni dal mare che è notte fonda, ma di farsi una bella dormita ancora non ti è dato: che la sveglia è puntata su un'ora oscena prima dell'alba. Esci che è ancora buio, infili l'autostrada, ti spari altri 200 km andata 200 ritorno prima di pranzo. Un camogli e una red bull fanno... quanto? Boh, e chi se lo ricorda più. Metti la cera, togli la cera. Arrivi in ufficio e le cose da fare sono molto più di mille, e la testa ti scoppia, e le tue aspirine americane ultra strenght per l'emicrania sono a Hong Kong, a tenere compagnia a una valigia rossa ritrovatasi involontaria globe trotter.

In foto, da quanto scattato in giro per LA: quanto può essere deviante, per la mente già fragile dei ragazzini iuessèi, farli giocare con un Meccano ribattezzato in questo modo?

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