Di nuovo nel paese del Sol Levante. Anche se oggi fa nuvolo

Dopo un viaggio di quasi venti ore, l'ultima e più corposa parte del quale l'hai trascorsa in groppa a un volo Air France, iscritto in uno dei microseggiolini che tanto piacciono alla compagnia di bandiera d'oltralpe, costretto a ripiegare su un insapore nipporiso in bianco pur di non avvicinare quanto di pericolosamente lontano da un manzo commestibile insisteva a propinarti una hostess brutta, bassa e anche particolarmente antipatica. Rinnovata per l'ennesima volta la tua convinzione che i francesi, negli ultimi 3000 anni, di buono abbiano prodotto solo Sophie Marceau, hai scoperto all'arrivo che il limousine bus da Narita per il tuo albergo sarebbe partito solo due ore più tardi. Too bad. Hai scelto quindi a caso uno di quelli con rotte finitime, e quindi corretto il tiro con un taxi. Il tuo albergo, che si sviluppa dalla metà di un grattacielo in su (la reception è al ventiseiesimo piano, per dire), è a un tiro di sputo dal palazzo della Sony, già testimone di una tua sortita assieme al Duffman (non priva di figure di merda particolarmente significative) durante l'ultimo TGS. Seguendo il consiglio di un amico, ormai investito del grado di tuo cicerone tokyense ufficiale, vi siete buttati quindi in una izakaya al quarto piano di uno stabile piuttosto anonimo, in un vicolo fumoso di un quartiere che, giga stazione di Shinagawa a parte, anonimo lo è un po' tutto. Il sashimi di tonno e branzino però c*zzo se era buono.

In foto: le ore trascorse a sonnecchiare, assiso sul microseggiolino francese, e il fuso orario hanno presentato il conto. Sono le quattro meno un quarto, fuori è ancora notte fonda, e tu hai dormito solo due ore. Ad essere generosi. E per quanto sai che la stanchezza tornerà presto a farti visita, magari proprio stasera, quando meno vorresti, non è tanto questo che ti turba. E' che all'apertura dei negozi di Akihabara mancano ancora sei ore, porca paletta.

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