BioShock in my town (velvet underground)

E così stai giocando a BioShock. Per essere precisi, stai incendiando, folgorando e prendendo a colpi di chiave inglese in fronte in una città in fondo al mare dei malati di mente, che si muovono tutti storti, piegandosi in continuazione sulle ginocchia come Franco Battiato nel video di "La Stagione dell'Amore". Stai scaricando interi caricatori su dei palombari dalla voce gutturale ma muniti di trivella che proteggono delle bambine. Stai decidendo se farle fuori, quelle bambine, per ottenere una dose maggiore di una roba chiamata Adam. Panorama scriverebbe che vince chi ammazza le bambine per drogarsi di più: e stavolta, in un certo senso, non andrebbe troppo lontano dal vero. Insomma, stai facendo tutte queste belle cose, mentre le casse della tivvì propagano cigolii, urla disumane, raffiche di mitra falcidia di bande (cfr. "Fight the Faida"). Tua moglie ti chiede cosa siano tutti questi cigolii, urla disumane, raffiche di mitra e soprattutto falcidia di bande, che si sentono fin dalla cucina. E poi i vicini si incazzano. E allora tu, proprio mentre stai aprendo il cranio a colpi di chiave inglese a una tizia con una maschera da coniglio che sembra un'amica cessa delle tipe che si bombava Tom Cruise in Ais Uaid Sciàt, le dici di badare agli affari propri, donna. Che quello è un capolavoro dei videogiochi, un caposaldo della storia dei videogheimz: lei non può capire. E, più che altro, ti sta rovinando l'atmosfera, cazzarola.

In foto, quella che, sempre in un certo senso, è la pusher del tuo personaggio. E che tu finirai per non ammazzare perché, in fondo,
nonostante quegli avatar aggressivi che continui a usare, sei un ludogeek dal cuore d'oro. Diciamolo, su.

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