London Calling, Doc answering (di rane, capre e piccoli cani alcolisti)

Alla fine Alitalia, nella sua enorme bontà, ha permesso. Io e l’infido notebook tutto tempeshtatdiswarovski siamo a Londra. In questo preciso istante, per amor di cronaca, sono svaccato su un letto di un hotel di Chelsea, impegnato a digitare sulla tastiera che puzza di plastica da action figure le parole: “impegnato a digitare sulla tastiera che puzza di plastica da action figure le parole”. E se di GTA IV non parlo – un po’ perché non posso, e temo le potenziali rappresaglie della security Rockstar (che nel pensier mi fingo concettualmente prossima a quella al servizio del Grande Fratello in 1984: ubiqua e pure telepatica), un po’ perché ci devo già scrivere un reportaggio per PlayGeneration, e non è che stiamo qui parlare a vanvera delle stesse cose – il resto della giornata ha avuto qualcosa di mistico. Dal tassista tifoso-hooligano del Chelsea (a riconferma di come tutti i tassinari londinesi siano fanatici di calcio. O, quantomeno, di come quelli che lo sono me li becchi sempre tutti io) che Mourinho lo vuole morto, al ragazzo di Rockstar che lo vuole santo (subito). E pranzo a base di cibi strani, italiani col riporto selvaggio e la spilla del Lion a spasso, la consueta teoria di vetrine londinesi incorniciate in colori improbabili, il mio rientro in albergo fisicamente e mentalmente distrutto, con i canali girati nervosamente, preda di uno zapping frenetico nel corso del quale sento qualcuno domandare a Maddalena Corvaglia se per lei è un sentimento importante, l’amicizia. Una domanda che mi induce a una pausa di riflessione: smetto di scrivere quanto sto scrivendo (“quanto sto scrivendo”, per l’esattezza) e rivolgo pensieri di stima alla giornalista in grado di partorire domande tanto ficcanti. Poi proseguo lo zapping dirigendo risoluto su qualcosa di più colto e stimolante: un documentario sull’allattamento delle capre.
Nel mezzo, subito prima di amicizia e capre, c’è stata la cena, in un ristorante francese in cui si servivano rane e un cagnolino da passeggio beveva la birra dal boccale della padrona. Cena durante la quale sono lì che cerco di spiegare come sia possibile che la mia città, pur essendo così piccola e scarsamente popolata, abbia tutto quel cazzo di traffico. Le ragazze della stella rockettara sorridono, educate, convinte sia una specie di gag, una qualche forma di umorismo italiano che non colgono. Proprio non ci vogliono credere, insomma. E, alla fine, se ci pensi è pure naturale. Un po’ come il sentimento di amicizia della Corvaglia.

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