A casa di Peter P. (Spider-Day, Part One)

Ci si conosce da quasi trent'anni, con il vecchio Peter.
Ne hai seguito le avventure con tenacia anche negli anni bui, quelli del dopo-Corno, che ne videro la scomparsa dalle edicole. Quando ancora non c'erano gli zaini e le cartelle e le gomme e le patatine e le babbucce e i Dolci Preziosi a tema. Quando, intento com'eri a scrutare le pagine di un albo Star sull'autobus, qualche catoblefa ginnasiale ti sorrideva, ironica nel suo essere muliera vertical in divenire, e commentava di ricordarne i cartoni animati, di quell'uomoragno lì. Poi vennero i Raimi, i Tobey Maguire, le Kirsten Dunst che a MJ non somigliavano neanche per un cazzo, la riscoperta planetaria del Ragno, con una trilogia della quale, questa sera, andrai a vedere l'ultimo capitolo. Animato da quel misto di esaltazione, trepidante attesa e terror panico che ti sono stati fedeli compagni già nella visione dei due film precedenti.
E per prepararti adeguatamente, sei partito in training autogeno sin dal primo mattino, sondando gli anfratti dello Spider-Man 3 per Xbox 360. Un titolo che, convieni dopo le prime tre ore ininterrotte di gioco, vuol fare tante cose. Alcune delle quali gli riescono decisamente bene (lo spenzolio di Spidey tra i canyon di vetro e cemento di una New York, tutto sommato, convincente), altre innegabilmente peggio (la struttura di buona parte delle missioni, le combo durante i combattimenti). Ma poco importa. In fondo non devi divertirti per forza: è solo un modo come un altro (probabilmente il più pertinente) per consumare l'attesa. Mancano meno di sette ore, rifletti, e forse faresti meglio a non pensarci tutto il tempo...

Commenti