Dall'altra parte

Mi chiamo Franz. Oppure Abdullah. Di professione faccio il cattivo nei videogiochi. Sono un SS negli ultimi mesi che precedono il tracollo dei nazisti. Oppure il membro di una cellula terrorista che ha appena preso d'assedio un piccolo villaggio messicano, un casinò, una piattaforma petrolifera. In entrambi i casi, devo restare per contratto su questo maledetto terrazzo/parapetto/passarella a beccarmi un proiettile esploso, con un fucile da cecchino, da una mano malferma a millemila chilometri di distanza. Zitto, immobile, con l'aria da fesso dipinta negli occhi, sotto l'elmetto grigio o il passamontagna nero. Facendo finta, sempre da contratto, di non aver visto i miei compagni patire la stessa sorte due secondi prima.
Oppure sono a guardia di una stanza inutile: uno sgabuzzino, un archivio, un cessetto. E anche se sento gli spari nella stanza accanto, anche se nella stanza accanto volano tonnellate di piombo, anche se la cavolo di stanza accanto la stanno tirando giù, parete dopo parete, a furia di sparare, devo far finta di nulla. Al massimo mi è concesso un "Cos'è stato?", ma solo se pronunciato con tono abbastanza casual e seguito da un pronto "Non è stato nulla" e/o "Sarà stato un animale. Tornare ai propri posti". Di professione faccio il cattivo nei videogiochi. Il cattivo stupido. La mia aspettativa di vita non è granché, ma spesso è superiore a quella dei videogiochi che mi ospitano. Almeno quello.

Commenti