Grazie, Capitano
Hai aspettato fino all'ultimo per pubblicare questo post, scritto la settimana scorsa. Hai aspettato l'858esima e ultima partita con l'Inter di un uomo chiamato Javier Zanetti, arrivato dall'Argentina con una busta del supermercato in mano e finito nella leggenda [...]
Si dice che nel calcio non esista la riconoscenza. Che i giocatori siano buoni finché tirano la carretta, e, per quello che guadagnano, quando la carretta non la tirano più vanno fatti accomodare altrove senza troppe cerimonie. Sarai un povero idiota romantico, ma non ci hai mai creduto. E di certo non ti ha aiutato a farlo questo giovane neoquarantenne, capace fino a non troppo tempo fa di disintegrare l'autostima di giovanotti con la metà dei suoi anni. Lui, Zanetti, finché ce l'ha fatta, ha tirato molto più della carretta. In questi diciannove anni di nerazzurro, il tizio arrivato a Milano nel '95 con il ciuffo di lato e il sacchetto del supermercato in mano, considerato solo la ruota di scorta di Sebastian Rambert dai giornalisti sportivi italiani che non avevano visto la Copa America, ci ha messo la faccia. Ci ha messo la faccia negli anni bui delle contestazioni e del non si vince una mazza, Zanetti, presentandosi in conferenza stampa dopo ogni sconfitta clamorosa con quelle due-tre frasi di rito (Tutte finali, dobbiamo ritrovarci), ché in quelle occasioni lì che vuoi dire. Però l'ha fatto. È rimasto al suo posto, e quando è arrivato il momento di vincere tutto, Zanetti era lì, a sfiancarsi i bicipiti. Una storia di determinazione e rivincita, una storia di sport, di quelle che a Sfide fanno venire i lucciconi. Guardate la sua faccia, quando solleva la coppa dalle grandi orecchie in quella notte di Madrid:
guardate la gioia smisurata del più misurato dei calciatori. Per questo quella Champions, più che la Champions di Mou e di Milito (che salutava stasera anche lui, assieme a Cambiasso e Samuel), l'hai sempre considerata la Champions di Zanetti. Cioè la tua. Cioè la vostra. Di chi c'era stato e aveva sofferto e piangeva pure quella sera, come lui. Ma dalla gioia. Poi è rimasto lì, Zanetti, col suo ciuffo invulnerabile, quando avrebbe potuto chiudere la carriera e salutare tutti. Perché? Perché ce la faceva ancora. Un calciatore che prima che tale è un atleta, che - sorretto da un fisico adeguato, certo - ha dimostrato come una vita sana e seria riesca a prolungare la carriera di un professionista ben oltre la media. Ora prendete un Adriano qualsiasi, uno dei tanti talenti bruciati ancora prima dei trent'anni da donnine, discoteche, alcol, brigittebardò o semplicemente da una formidabile testa di meenchia, e fate il più impietoso dei paragoni.
Javier Zanetti da Buenos Aires è stato e resterà sempre una bandiera. Una delle poche rimaste nel calcio italiano. Uno di quei giocatori che si son meritati il rispetto dei tifosi avversari e di chiunque ami lo sport, perché in grado di ammutolire anche la più becera bestia da curva. Uno come Totti o Del Piero, di quelli che non ne fanno più. Corretto, onesto, col ciuffo di adamantio inscalfibile. Fai fatica a immaginare un'Inter senza Zanetti, e con tutto che si doveva, con tutto che era ormai il momento, ché un altro po' e mandava a giocare il nipote, con tutto quello che vuoi, ti scende il lacrimone. Ciao Capitano, ti si saluta con il gesto di un pari grado a cui da queste parti si è voluto e si vuole altrettanto bene:
Si dice che nel calcio non esista la riconoscenza. Che i giocatori siano buoni finché tirano la carretta, e, per quello che guadagnano, quando la carretta non la tirano più vanno fatti accomodare altrove senza troppe cerimonie. Sarai un povero idiota romantico, ma non ci hai mai creduto. E di certo non ti ha aiutato a farlo questo giovane neoquarantenne, capace fino a non troppo tempo fa di disintegrare l'autostima di giovanotti con la metà dei suoi anni. Lui, Zanetti, finché ce l'ha fatta, ha tirato molto più della carretta. In questi diciannove anni di nerazzurro, il tizio arrivato a Milano nel '95 con il ciuffo di lato e il sacchetto del supermercato in mano, considerato solo la ruota di scorta di Sebastian Rambert dai giornalisti sportivi italiani che non avevano visto la Copa America, ci ha messo la faccia. Ci ha messo la faccia negli anni bui delle contestazioni e del non si vince una mazza, Zanetti, presentandosi in conferenza stampa dopo ogni sconfitta clamorosa con quelle due-tre frasi di rito (Tutte finali, dobbiamo ritrovarci), ché in quelle occasioni lì che vuoi dire. Però l'ha fatto. È rimasto al suo posto, e quando è arrivato il momento di vincere tutto, Zanetti era lì, a sfiancarsi i bicipiti. Una storia di determinazione e rivincita, una storia di sport, di quelle che a Sfide fanno venire i lucciconi. Guardate la sua faccia, quando solleva la coppa dalle grandi orecchie in quella notte di Madrid:
guardate la gioia smisurata del più misurato dei calciatori. Per questo quella Champions, più che la Champions di Mou e di Milito (che salutava stasera anche lui, assieme a Cambiasso e Samuel), l'hai sempre considerata la Champions di Zanetti. Cioè la tua. Cioè la vostra. Di chi c'era stato e aveva sofferto e piangeva pure quella sera, come lui. Ma dalla gioia. Poi è rimasto lì, Zanetti, col suo ciuffo invulnerabile, quando avrebbe potuto chiudere la carriera e salutare tutti. Perché? Perché ce la faceva ancora. Un calciatore che prima che tale è un atleta, che - sorretto da un fisico adeguato, certo - ha dimostrato come una vita sana e seria riesca a prolungare la carriera di un professionista ben oltre la media. Ora prendete un Adriano qualsiasi, uno dei tanti talenti bruciati ancora prima dei trent'anni da donnine, discoteche, alcol, brigittebardò o semplicemente da una formidabile testa di meenchia, e fate il più impietoso dei paragoni.
Javier Zanetti da Buenos Aires è stato e resterà sempre una bandiera. Una delle poche rimaste nel calcio italiano. Uno di quei giocatori che si son meritati il rispetto dei tifosi avversari e di chiunque ami lo sport, perché in grado di ammutolire anche la più becera bestia da curva. Uno come Totti o Del Piero, di quelli che non ne fanno più. Corretto, onesto, col ciuffo di adamantio inscalfibile. Fai fatica a immaginare un'Inter senza Zanetti, e con tutto che si doveva, con tutto che era ormai il momento, ché un altro po' e mandava a giocare il nipote, con tutto quello che vuoi, ti scende il lacrimone. Ciao Capitano, ti si saluta con il gesto di un pari grado a cui da queste parti si è voluto e si vuole altrettanto bene:
Grazie di tutto.
Mo' il ciuffo te lo puoi tagliare.
Mo' il ciuffo te lo puoi tagliare.
Da milanista ho vissuto gli stessi magoni con gli addii di Baresi e Maldini.
RispondiEliminaQuando se andrà anche Totti, sarà davvero finita l'epoca delle bandiere intramontabili.
Zanetti: ah, che bel giocatore, Zanetti.
Un grande.
Un mito.
Poco da aggiungere, da cugino rossonero, tanto rispetto e tanta ammirazione.
Non avrei potuto usare parole migliori!
EliminaBen detto Doc!!!
RispondiEliminaFinisce un mondo bello, di sudore, fatica e sogni, resta il mondo dei Balotelli. Siamo un po' piu' poveri stasera.
RispondiEliminaAspettavo con ansia un tuo commento sul capitano e mi chiedevo del perché non arrivava.Ora ho capito.Un addio malinconico anche per gli altri Argentini,con una partita insignificante e pure persa(tanto per cambiare...).Mi ricordo quando arrivo' nel '95.Lui a destra e Roberto Carlos a sinistra(Hodgson...ma li mort...).E'vero il capitano le ha viste di tutte i colori.Da perdere una Coppa Uefa ai rigori con lo Shalke (e storica litigata con Mr.Roy)salvo poi vincerlal'annodoposegnando tra l'altro in finale.Dal prendere 6 sberle dal Milan in un derby che non credo sia mai esistito e in pieno periodo nero che piu' nero non si puo',fino a vincere tutto e di piu' con la stessa costanza : l'umilta',la dedizione e la costanza.Un grande uomo degno capitano dopo Bergomi.Vederlo con gli occhi alla Schillaci mentre sollevava la coppa con le orecchie (quando solo 4 anni prima sembrava una presa per il coolo sentirlo dire) e dopo piangere in campo come un bimbo.Poteva mollare quella sera. ma perché ? C'era da vincere la coppa del mondo per club (mica era colpa sua se in finale c'era il Mazem..ehh?Chiiiiiiiii ???????????)e poi con tanta tanta dignita' e umilta' e' arrivato a domenica scorsa dove si e' meritato la registrazione da My sky.Stasera non esiste anche perché Cambiasso,Milito e Samuel non si meritavano un addio cosi' mesto e insigificante.
RispondiEliminaGrazie Capitano.Trovare un altro degno come te di quella fascia (che non se ne vada per altri lidi al primo soffio di vento) non sara' facile.
Oh io ho sempre visto l'Inter come una pessima società incapace di gestire il comportamento dei propri giocatori (vedi appunto Adriano e compagnia cantante). Zanetti è sempre stato un professionista. Aldilà delle prestazioni sul campo proprio come uomo è eccezionale. Quindi addio a un grande del calcio
RispondiEliminaora si dedicherà solo alla carriera di papa.
RispondiEliminaalla sua età era diventato stressante fare milano roma tutte le settimane.
Che bel commento, è che la 4 non sia più indossata, ci spero io ci sperano tutti i nostri tifosi nessuno credo, da qui in avanti farà ciò che il pupi ha fatto per la nostra maglia, attaccamento al di là di ogni cosa grande capitano per me altro capitano non ci sarà grazie di tutto
RispondiEliminaGrazie Javier!
RispondiEliminaAh, scusa se faccio il PdF, ma è Rambert. A meno che non fosse una storpiatura fantozziana per la sua insignificanza. :D
Da Juventino, apprezzo molto l'operato di Zanetti fatto all'Inter.
RispondiEliminaE' uno di quei campioni che si apprezza sempre la classe, in base al gusto calcistico!
Grazie Javier, anche per i fantacalci che mi hai fatto vincere :)
sebbene nasca milanista, passione andata svanendo negli anni, l'ultimo anno che ho seguito con piacere il calcio italiano è stato quello del triplete dell'inter, di mou, di milito, di etoo e di Zanetti, di stankovic e così via. Era la passione che non vedevo da tanti anni quella negli occhi di quei giocatori, e la felicità di Zanetti si riflesse anche sul mio spirito da appassionato, e capì cosa voleva dire giungere alla cima di un monte altissimo, per molti impossibile da scalare, ma che con la sola forza di volontà, l'incredibile amore per il gioco, ha portato ad issare la bandiera neroazzurra lì dove mancava da 45 anni. Questo dovrebbe essere il calcio, il calcio dovrebbe essere Zanetti.
RispondiEliminaMeraviglioso, intramontabile capitano!
RispondiEliminaL' inter di Zanetti, nel bene e nel male.. un Campione, Umile, Altruista, dedito ai sacrifici quando la squadra non andava (Quanti ne ha fatti di sacrifici)! da quando ho memoria calcistica c' era sempre lui... Matthaus e compagnia bella ne ho un vaghissimo ricordo. Per questo non vederlo in panchina o in campo a ricordare che cosa vuol dire essere campioni ai giocatori di turno mi tornerà strano d' ora in poi.
Bravo Doc! Bel messaggio!!
Di uomini con la sua coerenza,il suo cuore e il suo coraggio ne restano ancora pochi in un mondo,quello del calcio,in cui i soldi fanno le regole.
RispondiEliminaDoc è da tanto che seguo il tuo blog, ma è la prima volta che scrivo e non potevo esimermi dal farlo, se non per un post riguardante il CAPITANO.
RispondiEliminaCome lui non c'è nessuno per una serie infinita di ragioni, a partire dal fatto che è sempre rimasto a milano nonostante le sirene milionarie di madrid, al fatto che in 19 anni di carriera è rimasto sempre lo stesso (il suo segreto forse sta nella lacca che usa per i capelli), a molti altri che, per elencarli tutti, dovrei e dovremmo stare qui giorni interi.
Grazie per tutte le gioie immense che ci hai regalato. Un saluto, un abbraccio ed un in bocca al lupo per il tuo futuro.
JZ4ever
Doc, ma Lambert in luogo di Rambert è un lapsus del tuo inconscio che pensava all'highlander Javier?
RispondiEliminaReduce settimana scorsa dai brividi dell'Olimpico per il quarantennale dello scudetto del 74 della banda Maestrelli, so bene cosa significhi omaggiare i propri Campioni che hanno fatto la Storia della nostra squadra dell cuore. Poi, quando a questo si aggiunge anche il fatto che a lasciare sia una persona eccezionale, l'e!mozione è doppia...
RispondiEliminaNon sono interista, nè milanista, nè juventino. Mi piace il calcio. Quello bello, giocato, pulito, dove il più forte vince, o dove dopo 90 minuti di lotta salvo recupero si emerge per maggior determinazione e (ogni tanto) per coolo, perché il pallone è rotondo. Mi piacciono i campioni, non i fenomeni da baraccone che segnano un gol e la domenica dopo ti fanno cadere la faccia col pianeta. Quelli che che ti inorgoglisce pensare rappresentino il calcio italiano nel mondo e che sono campioni tutti i santi giorni della loro vita perché lo sono oltre che nei piedi, nella testa e nell'animo. Mi piace il Capitano Zanetti. Senza di lui il calcio sarà più povero.
RispondiEliminaC'ho i lucciconi Doc.! Già sabato scorso assieme a Blulight lassù al secondo anello blu si era commossi, ma ieri vedere tutti assieme Diego, Esteban, Walter e Javier salutare i tifosi è stato veramente triste. E' finita un'era. Grazie Capitano
RispondiEliminaSarò anche juventino ma sono giocatori come Zanetti che ti fanno amare davvero il calcio...
RispondiEliminacome non quotare tutto il post ma in particolare questo pezzo:
"Javier Zanetti da Buenos Aires è stato e resterà sempre una bandiera. Una delle poche rimaste nel calcio italiano. Uno di quei giocatori che si son meritati il rispetto dei tifosi avversari e di chiunque ami lo sport, perché in grado di ammutolire anche la più becera bestia da curva. Uno come Totti o Del Piero, di quelli che non ne fanno più. "
Quando anche le bandiere come loro scompariranno, cosa resterà di buono in questo calcio malato e sempre meno sport?
Sono personaggi che ancora ti riconnettono con il senso vero del calcio, che sta scomparendo nella misura in cui scompare anche il divertimento in questo che una volta era uno sport bellissimo. Grande persona Zanetti, grande professionista, massima stima e rispetto anche da un giallorosso :) Ora rimane praticamente solo Totti, quando (a breve) anche lui smetterà sarà caduto l'ultimo bastione...
RispondiEliminaIl mio consorte interista matto, che urla per i gol a favore e smadonna per quelli contro, ciò nonostante ha salutato il Capitano e gli altri argentini con un "ma sì, andatevene, avete fatto il vostro tempo" leggermente schifato. Va beh, Mr. Ginny è un tipo pratico e concreto, che vive nel presente, mentre io sono sentimentale e nostalgica e la lacrimuccia mi è scappata.
RispondiEliminaVa beh, a proposito di pacchi postali, vogliamo ricordare Brehme a rimorchio di Matthaeus? o Jonk come giunta di Bergkamp? Tante volte il gadget fa una figura migliore, o almeno equivalente, rispetto alla superstar a cui è allegato :)))
RispondiEliminaDa juventino grandissimi applausi per Zanetti, Capitano con la C maiuscola, atleta strepitoso e grandissima persona. Il capitano che tutti vorrebbero avere, peccato non vederlo più in campo. Speriamo che arrivino altre persone come lui.
RispondiEliminaSei tu, sei tu, il nostro...
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminasorry per il commento precedente, mi ero scordato di cambiare il nome profilo e ho lasciato quello vecchio. dicevo....
RispondiEliminacaro doc, ti seguo da tanto ma prima volta che ti scrivo.
però non potevo non ringraziarti a nome del mio papone, interista da sempre. io di calcio non ci capisco una fava e manco una rava, ma gli ho passato l'argomento e lui ha apprezzato. quindi grazie e tanti complimenti per il resto :D
mi tolgo il cappello (che non ho) e faccio un lungo inchino.
RispondiEliminabellissimo post Doc!!!
Io che non tengo per nessun club di serie A (seguo il Lecce quando arriva in A o in B o se non si vende le partite....) ho sempre ammirato giocatori come Maldini, Baresi,Cabrini, Rossi, Vialli, Del Piero e ....Zanetti. Ma non per attaccamento alla maglia ma per quel loro contributo che han dato all'aggettivo "sportivo". Grandi uomini prima di grandi giocatori.