Badass Bastards: The Lost Platoon 2, parte 10
Ed eccoci qui, solo due mesi dopo il nono, in compagnia del decimo capitolo di Badass Bastards. I nodi sono arrivati al pettine e siamo praticamente alla fine: ce ne sarebbe per altri due capitoli, ma hai una mezza idea di chiudere la prossima volta con un unico capitolo lungo il doppio. Un grazie formato magnum come sempre a Francesco Codolo per la flippotrippissima copertina; i capitoli precedenti sono invece qui, per chi non l'avesse ancora fatto e gli venisse voglia di leggerli (è sabato, piove, cavolo c'avrete d'altro da fare? Appunto). Andiamo? Andiamo.
Gian Maria Ferri, aka il Povero Stronzo, non l'ha presa bene, diresti. E lo diresti un po' per le urla, un po' per quella faccia da idiota contratta in una maschera mostruosa. Silvia Pupazzini, da cinque minuti la vostra ex PR, lo guarda come si guarda una lucertola che ti taglia la strada all'improvviso. Quel misto di indifferenza e repulsione. Ha un'età indefinibile, Silvia, sotto quei 2 cm di fondotinta coprente leggero. Bisognerebbe guardarle dietro le orecchie: dice che le rughe che uno c'ha dietro le orecchie sono l'unico modo sicuro per verificarne l'età. Ti chiedi com'è che sai una roba da medico legale del genere, ma non riesci a darti una risposta. L'hai letto su qualche Diabolik? Vallo a sapere. […]
Il resto della ciurma ha smesso di remare e continua solo a sbattere i remi sull'acqua. Si tira avanti senza una direzione ben precisa, nessuno sa più come mandare avanti la baracca: la proprietà è troppo terrorizzata da quello che ha visto affacciandosi dal baratro, per dettare una linea. Giorno dopo giorno, FEARLESS Bastards si arricchisce di cazzate inutili, diventa, per quanto sia difficile da credere, un gioco ancora più brutto e inutile. Una grande macchia d'olio che più la strofini con la pezza sbagliata e più si espande, allargando il diametro del disastro, decorando con garbo la bara di pernacchie in cui il gioco sarà sepolto alla sua uscita. Dopo che stampa e siti specializzati vi avranno raschiato via anche le ossa.
Sempre che ci si arrivi.
Marcio, Pietro, Subotnik. Hanno lo sguardo smarrito dell'impiegato delle poste a cui si blocca improvvisamente il terminale. Se giri per i cubicoli dell'open space, li trovi sul web, a cercare un template accattivante per il proprio curriculum. Non sanno cosa fare: in un periodo del genere, il grande disco rotto di un'intera generazione. A Silvia Pupazzini, invece, non gliene frega un cazzo. Sta lì a sorbirsi le urla di Ferri quando, giuri, su quel volto da Venere di Rimmel appare un mezzo sorriso. Grida pure, sta dicendo quel mezzo sorriso al coglione che si trova davanti. Coraggio, sfogati. Questi mesi alla New Life Interactive sono già soltanto una voce nell'elenco infinito di esperienze formative per la maestra della spontaneità simulata. Domani sarà in un ufficio migliore, circondata da gente migliore, e non c'è assolutamente nulla di sbagliato in questo, anche se Ferri non è ovviamente in grado di capirlo e deve montare la sua sceneggiata napoletana.
La capisci, Silvia. Per la prima volta da quando lavori con questa giovane donna-ragazza-bambina-adulta capisci perfettamente quello che non-prova. Perché anche a te, in questo preciso istante, non te ne frega un cazzo.
Avete accettato la proposta. Le proposte. Tu quella della compagnia di Nakamura, Phoebe la tua. Tra due mesi e venti giorni sarete a Tokyo. Tra due mesi e venti giorni tutto questo sarà un ricordo di quelli neutri, né belli né brutti, di quelli che però fanno numero. Tra due mesi e venti giorni ti riprendi la tua vita: che sembra una di quelle frasi ridicole da corso motivazionale, ma oh. C'è solo un piccolo, grandissimo problema, perché…
Marcio ti tira via le cuffie, i Massive Attack sfumano nelle urla di Ferri, e ora senti anche tu perfettamente i ridicoli principi di fedeltà alla causa a cui si sta aggrappando a voce alta, dietro il vetro del suo acquario.
«Ma che ti prende? Non mi frega niente di quello che si dicono quei…», dici a Marcio dopo esserti girato al rallentatore, in una pallida imitazione del signor White. E se non finisci la frase è perché vedi che faccia ha su il tuo collega.
«La moglie di Galassi», dice. E non c'è bisogno di aggiungere altro.
Due giorni dopo, Galassi è di nuovo al suo posto, con un bottoncino nero sulla giacca, come ancora usano quelli della generazione dei tuoi. Quest'uomo che è un concentrato di saggezza popolare lombarda di cui nessuno di voi conosce il nome di battesimo, Galassi che per tutti è semplicemente Galassi e basta, è tornato a presidiare l'ingresso, con lo sguardo perso nella desolazione della periferia oltre il vetro con il logo aziendale. Il fatto è che hai sempre odiato la parola Condoglianze. Non significa niente. Devo dirti qualcosa perché hai subìto un lutto in famiglia, perciò eccoti la parola inutile selezionata per la circostanza dalle consuetudini sociali: Condoglianze. Ma cosa dici a una persona che soffre e alla quale, alla fine, di quello che le dici non frega niente? Mi dispiace? È una delle ragioni per cui hai vigliaccamente sempre evitato i funerali. O chi da un funerale è appena uscito, come Galassi. Solo che a metà pomeriggio scendi a prendere un caffè alla macchinetta e te lo trovi davanti.
«Io, beh…», balbetti come un idiota, poggiando una mano sulla spalla del vostro receptionist e stringendola il giusto.
Galassi ti regala un sorriso tristissimo, fa segno di sì con la testa, gli occhi gli si bagnano di dolore. Sessanta secondi dopo, ti ritrovi a tirare su con il naso davanti alla macchinetta, per una persona che non hai mai conosciuto. Certe scene fanno parte della vita di tutti i giorni, nasci-mangia-muori, ma quando le hai davanti non sei mai pronto. Non siamo mai pronti. Un giorno Galassi, un occhio sulla Gazzetta e l'altro al monitor che dà sul cancello d'ingresso, ti spiegò il suo concetto di Dio.
«Dio è nelle piccole cose, dottor Zainer. Siamo noi, quando le cose ci vanno bene, e siamo noi quando finisce tutto in vacca e pensiamo che la vita sia una merda. Il destino, la sorte... quelle robe lì. Io le chiamo Dio. Non sono credente, ma se hai qualcuno da ringraziare o con cui prendertela, viene più facile».
Il traffico verso Milano scorre lento come melassa gettata su un piano solo leggerissimamente in pendenza. Piove a dirotto, ma anche senza pioggia la scena è sempre uguale. Giri le stazioni della radio finché non salta fuori qualcosa che ti piace, e prima che arrivi un qualche deejay fintosimpatico con la voce impostata a spezzare il momento, aggiorni il conto alla rovescia. Meno due mesi e diciannove giorni. Lo specchietto retrovisore inquadra in 16/9 gli occhi di un adulto che sorride come uno scemo da solo in macchina, sotto il diluvio, anello di una coda di serpente di metallo lunga chilometri. Poi ti ricordi cosa non hai ancora fatto e non sorridi più.
Non hai ancora trovato il coraggio di dirlo a Gloria. Che la lasci, che è tutto finito. Perché? Perché sei un coglione.
Per convincerti, continui a ripeterti che sia l'unica cosa da fare. La cosa migliore anche per lei, per non regalarle un futuro di rancori repressi e occasioni mancate da rinfacciarsi; perché in fondo non sei la persona che vuole accanto; perché il ritorno alla fase Gloria 1.0 non durerà ancora a lungo e, molto presto, tornerà a trattarti di merda. E lo sai. Lo sai benissimo. Solo che alla Gloria di qualche mese fa avresti detto Addio in mezzo secondo, perché se lo meritava. Ma ora…
Soffrirà? Che domanda del cazzo, certo che soffrirà. E come fai ad essere felice quando sai che il prezzo in sofferenza lo pagherà in contanti un'altra persona? Perché la nostra felicità dovrebbe valere più di quella degli altri? Come diavolo fai ad essere così egoista? Ad andar via come se nulla fosse? Fottuto senso di colpa. «Fregatene di quello che pensano gli altri, la gente: fai sempre e solo la cosa giusta», ti ha detto quel giorno tuo padre sul lago.
Ci provo, papà. Te lo giuro.
A casa Gloria non c'è. Sulla lavagnetta della spesa in cucina trovi scritto con il gessetto blu "Sono fuori con mamma, torniamo presto, baci". Ti sorprendi felice della notizia, stupido vigliacco, perché con la scusa della madre a cena anche stasera non potrai dirle nulla. Apri il file Romanzo-Crociata.doc sul portatile e butti giù in fretta gli appunti per un capitolo che ti è venuto in mente mentre eri alla guida, prima di dimenticare tutto.
- I crociati cristiani si ritirano: il loro attacco è fallito. Gli arabi picchiano duro su tutto il fronte, facendo avanzare i carri dopo aver bombardato l'area a tappeto.
- Presi in mezzo tra il fuoco dell'artiglieria e le forze mobili schierate dal nemico, Matt e quanto resta degli altri Guerrieri di Gesù si ritirano nelle rovine di una vecchia roccaforte nel deserto.
- Calata la notte, alcuni uomini cercano di scappare, ma vengono catturati e sottoposti a torture da inquisizione spagnola.
- Chi si occupa delle torture fa parte di un'unità chiamata Limpieza de Sangre. Le vite dei fuggitivi si spengono tra urla disumane, mentre i sopravvissuti aspettano l'alba e pregano per l'ultima battaglia che si porterà via tutte le loro vite.
- L'esaltazione e la sete di vittoria di ieri hanno lasciato spazio alla paura e alla disperazione.
Magari ne viene fuori qualcosa di decente, ti dici, mentre metti via il portatile per andare ad aprire la porta. La madre della donna che non ami più è accompagnata dal padre della donna che non ami più. Entrambi sorridono come iene, nei loro cappottini grigi. Una qualche forma di istinto primordiale ti dice che non è una cosa buona. Gloria è dietro di loro, e lei non sta sorridendo: ride. Ride, e quando ride è ancora la donna bellissima che è sempre stata. Mentre si sfila la giacca, fai per chiedere cosa sia successo, cosa ci sia da rid… Ma lei ti piazza l'indice sulle labbra, facendolo scivolare verso il basso per sigillarle ermeticamente.
«Proprio questa mattina pensavo che questa casa fosse troppo grande per noi», dice. «Ma questa mattina eravamo ancora in due: un'ora fa ho scoperto che saremo presto in tre». Spalanchi gli occhi, in quella che da fuori potrebbe anche sembrare un'espressione di gioia.
Domanda: che rumore fa un mondo intero che ti crolla addosso?
.10
Le urla si sentono anche dalla tua postazione. Nonostante le cuffie e quello che stai ascoltando ad alto volume. Non distingui le parole, ma in compenso, se apri e chiudi gli occhi molto velocemente, riesci a vedere la scena come sotto una luce stroboscopica. «Techno, techno, techno», dici, sprofondando nella tua poltroncina girevole. Gian Maria Ferri, aka il Povero Stronzo, non l'ha presa bene, diresti. E lo diresti un po' per le urla, un po' per quella faccia da idiota contratta in una maschera mostruosa. Silvia Pupazzini, da cinque minuti la vostra ex PR, lo guarda come si guarda una lucertola che ti taglia la strada all'improvviso. Quel misto di indifferenza e repulsione. Ha un'età indefinibile, Silvia, sotto quei 2 cm di fondotinta coprente leggero. Bisognerebbe guardarle dietro le orecchie: dice che le rughe che uno c'ha dietro le orecchie sono l'unico modo sicuro per verificarne l'età. Ti chiedi com'è che sai una roba da medico legale del genere, ma non riesci a darti una risposta. L'hai letto su qualche Diabolik? Vallo a sapere. […]
Il resto della ciurma ha smesso di remare e continua solo a sbattere i remi sull'acqua. Si tira avanti senza una direzione ben precisa, nessuno sa più come mandare avanti la baracca: la proprietà è troppo terrorizzata da quello che ha visto affacciandosi dal baratro, per dettare una linea. Giorno dopo giorno, FEARLESS Bastards si arricchisce di cazzate inutili, diventa, per quanto sia difficile da credere, un gioco ancora più brutto e inutile. Una grande macchia d'olio che più la strofini con la pezza sbagliata e più si espande, allargando il diametro del disastro, decorando con garbo la bara di pernacchie in cui il gioco sarà sepolto alla sua uscita. Dopo che stampa e siti specializzati vi avranno raschiato via anche le ossa.
Sempre che ci si arrivi.
Marcio, Pietro, Subotnik. Hanno lo sguardo smarrito dell'impiegato delle poste a cui si blocca improvvisamente il terminale. Se giri per i cubicoli dell'open space, li trovi sul web, a cercare un template accattivante per il proprio curriculum. Non sanno cosa fare: in un periodo del genere, il grande disco rotto di un'intera generazione. A Silvia Pupazzini, invece, non gliene frega un cazzo. Sta lì a sorbirsi le urla di Ferri quando, giuri, su quel volto da Venere di Rimmel appare un mezzo sorriso. Grida pure, sta dicendo quel mezzo sorriso al coglione che si trova davanti. Coraggio, sfogati. Questi mesi alla New Life Interactive sono già soltanto una voce nell'elenco infinito di esperienze formative per la maestra della spontaneità simulata. Domani sarà in un ufficio migliore, circondata da gente migliore, e non c'è assolutamente nulla di sbagliato in questo, anche se Ferri non è ovviamente in grado di capirlo e deve montare la sua sceneggiata napoletana.
La capisci, Silvia. Per la prima volta da quando lavori con questa giovane donna-ragazza-bambina-adulta capisci perfettamente quello che non-prova. Perché anche a te, in questo preciso istante, non te ne frega un cazzo.
Avete accettato la proposta. Le proposte. Tu quella della compagnia di Nakamura, Phoebe la tua. Tra due mesi e venti giorni sarete a Tokyo. Tra due mesi e venti giorni tutto questo sarà un ricordo di quelli neutri, né belli né brutti, di quelli che però fanno numero. Tra due mesi e venti giorni ti riprendi la tua vita: che sembra una di quelle frasi ridicole da corso motivazionale, ma oh. C'è solo un piccolo, grandissimo problema, perché…
Marcio ti tira via le cuffie, i Massive Attack sfumano nelle urla di Ferri, e ora senti anche tu perfettamente i ridicoli principi di fedeltà alla causa a cui si sta aggrappando a voce alta, dietro il vetro del suo acquario.
«Ma che ti prende? Non mi frega niente di quello che si dicono quei…», dici a Marcio dopo esserti girato al rallentatore, in una pallida imitazione del signor White. E se non finisci la frase è perché vedi che faccia ha su il tuo collega.
«La moglie di Galassi», dice. E non c'è bisogno di aggiungere altro.
Due giorni dopo, Galassi è di nuovo al suo posto, con un bottoncino nero sulla giacca, come ancora usano quelli della generazione dei tuoi. Quest'uomo che è un concentrato di saggezza popolare lombarda di cui nessuno di voi conosce il nome di battesimo, Galassi che per tutti è semplicemente Galassi e basta, è tornato a presidiare l'ingresso, con lo sguardo perso nella desolazione della periferia oltre il vetro con il logo aziendale. Il fatto è che hai sempre odiato la parola Condoglianze. Non significa niente. Devo dirti qualcosa perché hai subìto un lutto in famiglia, perciò eccoti la parola inutile selezionata per la circostanza dalle consuetudini sociali: Condoglianze. Ma cosa dici a una persona che soffre e alla quale, alla fine, di quello che le dici non frega niente? Mi dispiace? È una delle ragioni per cui hai vigliaccamente sempre evitato i funerali. O chi da un funerale è appena uscito, come Galassi. Solo che a metà pomeriggio scendi a prendere un caffè alla macchinetta e te lo trovi davanti.
«Io, beh…», balbetti come un idiota, poggiando una mano sulla spalla del vostro receptionist e stringendola il giusto.
Galassi ti regala un sorriso tristissimo, fa segno di sì con la testa, gli occhi gli si bagnano di dolore. Sessanta secondi dopo, ti ritrovi a tirare su con il naso davanti alla macchinetta, per una persona che non hai mai conosciuto. Certe scene fanno parte della vita di tutti i giorni, nasci-mangia-muori, ma quando le hai davanti non sei mai pronto. Non siamo mai pronti. Un giorno Galassi, un occhio sulla Gazzetta e l'altro al monitor che dà sul cancello d'ingresso, ti spiegò il suo concetto di Dio.
«Dio è nelle piccole cose, dottor Zainer. Siamo noi, quando le cose ci vanno bene, e siamo noi quando finisce tutto in vacca e pensiamo che la vita sia una merda. Il destino, la sorte... quelle robe lì. Io le chiamo Dio. Non sono credente, ma se hai qualcuno da ringraziare o con cui prendertela, viene più facile».
Il traffico verso Milano scorre lento come melassa gettata su un piano solo leggerissimamente in pendenza. Piove a dirotto, ma anche senza pioggia la scena è sempre uguale. Giri le stazioni della radio finché non salta fuori qualcosa che ti piace, e prima che arrivi un qualche deejay fintosimpatico con la voce impostata a spezzare il momento, aggiorni il conto alla rovescia. Meno due mesi e diciannove giorni. Lo specchietto retrovisore inquadra in 16/9 gli occhi di un adulto che sorride come uno scemo da solo in macchina, sotto il diluvio, anello di una coda di serpente di metallo lunga chilometri. Poi ti ricordi cosa non hai ancora fatto e non sorridi più.
Non hai ancora trovato il coraggio di dirlo a Gloria. Che la lasci, che è tutto finito. Perché? Perché sei un coglione.
Per convincerti, continui a ripeterti che sia l'unica cosa da fare. La cosa migliore anche per lei, per non regalarle un futuro di rancori repressi e occasioni mancate da rinfacciarsi; perché in fondo non sei la persona che vuole accanto; perché il ritorno alla fase Gloria 1.0 non durerà ancora a lungo e, molto presto, tornerà a trattarti di merda. E lo sai. Lo sai benissimo. Solo che alla Gloria di qualche mese fa avresti detto Addio in mezzo secondo, perché se lo meritava. Ma ora…
Soffrirà? Che domanda del cazzo, certo che soffrirà. E come fai ad essere felice quando sai che il prezzo in sofferenza lo pagherà in contanti un'altra persona? Perché la nostra felicità dovrebbe valere più di quella degli altri? Come diavolo fai ad essere così egoista? Ad andar via come se nulla fosse? Fottuto senso di colpa. «Fregatene di quello che pensano gli altri, la gente: fai sempre e solo la cosa giusta», ti ha detto quel giorno tuo padre sul lago.
Ci provo, papà. Te lo giuro.
A casa Gloria non c'è. Sulla lavagnetta della spesa in cucina trovi scritto con il gessetto blu "Sono fuori con mamma, torniamo presto, baci". Ti sorprendi felice della notizia, stupido vigliacco, perché con la scusa della madre a cena anche stasera non potrai dirle nulla. Apri il file Romanzo-Crociata.doc sul portatile e butti giù in fretta gli appunti per un capitolo che ti è venuto in mente mentre eri alla guida, prima di dimenticare tutto.
- I crociati cristiani si ritirano: il loro attacco è fallito. Gli arabi picchiano duro su tutto il fronte, facendo avanzare i carri dopo aver bombardato l'area a tappeto.
- Presi in mezzo tra il fuoco dell'artiglieria e le forze mobili schierate dal nemico, Matt e quanto resta degli altri Guerrieri di Gesù si ritirano nelle rovine di una vecchia roccaforte nel deserto.
- Calata la notte, alcuni uomini cercano di scappare, ma vengono catturati e sottoposti a torture da inquisizione spagnola.
- Chi si occupa delle torture fa parte di un'unità chiamata Limpieza de Sangre. Le vite dei fuggitivi si spengono tra urla disumane, mentre i sopravvissuti aspettano l'alba e pregano per l'ultima battaglia che si porterà via tutte le loro vite.
- L'esaltazione e la sete di vittoria di ieri hanno lasciato spazio alla paura e alla disperazione.
Magari ne viene fuori qualcosa di decente, ti dici, mentre metti via il portatile per andare ad aprire la porta. La madre della donna che non ami più è accompagnata dal padre della donna che non ami più. Entrambi sorridono come iene, nei loro cappottini grigi. Una qualche forma di istinto primordiale ti dice che non è una cosa buona. Gloria è dietro di loro, e lei non sta sorridendo: ride. Ride, e quando ride è ancora la donna bellissima che è sempre stata. Mentre si sfila la giacca, fai per chiedere cosa sia successo, cosa ci sia da rid… Ma lei ti piazza l'indice sulle labbra, facendolo scivolare verso il basso per sigillarle ermeticamente.
«Proprio questa mattina pensavo che questa casa fosse troppo grande per noi», dice. «Ma questa mattina eravamo ancora in due: un'ora fa ho scoperto che saremo presto in tre». Spalanchi gli occhi, in quella che da fuori potrebbe anche sembrare un'espressione di gioia.
Domanda: che rumore fa un mondo intero che ti crolla addosso?
[CONTINUA]
AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH
RispondiEliminaEhm, scusa Doc ma mi è partito il Grido Spontaneo Perchè Stoppi Sempre Sul Più Bello (da ora GSPSSSPB)
EliminaHo solo un ossimoro per te: con grande amicizia ti odio profondamente.
RispondiEliminaBello ma una svolta così è una carognata tremenda. Adesso bisogna che mi dici come va a finire che qui la gente non dorme la notte.
PS: bravo come sempre e complimenti.
E vai, che era ora!!! :-)
RispondiEliminaAdesso purtroppo devo lavorare che c'ho una scadenza per lunedì, ma dopo pranzo me lo gusto con tranquillità.
Alessandro, VOGLIO IL ROMANZO EXTENDED VERSION E PURE LA GRAPHIC NOVEL!!! Vedi che devi fare, ma fallo! ;-)
MA!!! MA!! MA DOC!!! MA CHE CAZZ.... MA NON SI FA COSì!!! ma sei scorretto,porca pupazza!!!
RispondiEliminaFinalmente il nuovo capitolo!...certo che non posso che immedesimarmi nella storia, avendo chiuso una storia di 5 anni ormai stanca da mesi...se fosse successo un "fattaccio" sarebbe stato veramente un incubo...
RispondiEliminaE adesso, quale è la cosa giusta?
RispondiEliminaE adesso, quale è la cosa giusta?
RispondiEliminaBeh, a voler essere quel signor White, le soluzioni ci sarebbero ma ben lontane dall'essere la cosa giusta. E adesso ci vuole una bella dose di fegato per uscirne.
RispondiEliminaSai che c'è? Click sul pulsantino "Send to kindle" pure per questo capitolo :)
RispondiEliminal'avevo detto che avevo un brutto presentimento...:-)
RispondiEliminal'illustrzione di Codolo sembra appena uscita da un fumetto di Urasawa (e ti assicuro che è un complimento)
Un super complimento direi. Magari
EliminaMamma mia...brividi davvero. Adesso dobbiamo solo aspettare il 32 di aprigosto per leggere come finisce.
RispondiEliminaE' bellissimo. Lo è sul serio.
RispondiEliminaSono sempre tra i tanti lurkers silenziosi, leggo e commento poco, ma BB è seriamente bellissimo. A parte la scrittura che è seriamente buona, a ottimo livello davvero, ma sopratutto dà tutto quello che cerco dalla lettura in generale. Dà emozioni. C'è quel piccolo morso allo stomaco che condividi con il protagonista, quel sollievo e quella disperazione empatica. E' bellissimo e basta.
Beh due mesi mi pare fosse la scadenza prefissata no :D?
RispondiEliminaPer me vai conc alma scrivi quando ti senti e il prossimo, o prossi mi capitoli, pubblicali quando lo ritieni opportuno, senza dover "correre" ;)
Io faccio come coi fumetti: aspetto l'ultimo episodio e poi mi leggo tutto assieme!
RispondiEliminaLa presa di ferro con cui reggo il tablet da cui leggo, scaturita spontaneamente dai tuoi finali con sorpresa, sta rendendo il mio iPad sempre più ergonomico.
RispondiEliminaho quasi fiondato il portatile fuori dalla finestra.
RispondiEliminaTi amodio.
Ok, ho capito tutto. In verità il fintoromanzo sui crociati è la realtà ontologica ed uno di loro sta scrivendo un racconto su uno sviluppatore di VG... :P
RispondiEliminaFacezie a parte, quando finisci, ci piddieffi il tutto, vero? ;)
Grazie a tutti, gente. Sto pensando a un doppio capitolo finale perché - ormai l'avrete capito - tutti i precedenti si sono chiusi con un cliffhangerone da telefilm vintaggio di Batman: non avrebbe funzionato bene tra 11 e 12. Perciò, quando sarà, in un'unica botta e via. È stato molto divertente scrivere gli ultimi tre o quattro capitoli, perché ho sperimentato un modo nuovo per me di scrivere narrativa e la storia è andata avanti un po' per conto suo. Ma avremo modo di parlarne meglio una volta arrivati al traguardo. Il diciannenti di aprarzo.
RispondiEliminaMa una bella storia su queste Crociate futuristiche Doc? Che ne pensi? xD
RispondiEliminaHa un senso anche quella, ma limitato alla storia di Gabriele. Appena finito, magari parliamo anche di questo.
EliminaBellissimo capitolo. Non vedo l'ora di leggere il finale, non farci stare troppo sulle spine!
EliminaFico! Fa un po' tristezza pensare che con il prossimo si chiuda, ma c'è proprio la scimmia di leggerlo.
RispondiEliminaPS: qualcuno ha detto Frankie?
Più in là, finito questo e dopo l'uscita di Per il potere di Grayskull, Frankie lo riprendiamo. Spero. ;)
Eliminacavolo doc, me lo sono letto tutto di un fiato quando ho visto che stava per finire (la serialità in letteratura non la digerisco) e .... sembra raccontare (e raccontare molto bene) il periodo che sto vivendo. Il deserto dei Tartari, la vita impantanata, l'occasione improvvisa quando non ci speravi più, il coglierla, l'euforia di pensare: "mollo tutto sul serio!" Visto gli sviluppi finali di questo capitolo, il fatto che il tumulto sentimentale di Zainer io non lo stia vivendo, spero mi risparmi il rischio che la storia si riveli per me profetica!!!!
RispondiEliminaCi siamo passati tutti, prima o poi. In bocca al lupo per tutto, sperando davvero che quei casini lì si lasciano a Zainer :)
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