Frankie se ne va a Hollywood, parte 2
Eccoci. Seconda parte del romanzo a puntate Frankie se ne va a Hollywood (la prima, chi non l'avesse ancora fatto, può leggerla qui). Dov'eravamo rimasti? Dunque: c'è il mostro di Frankenstein su un volo per gli Stati Uniti; c'è, quasi cento anni prima, suo padre Victor, che non è decisamente lo scienziato pazzo che vuol far credere di essere; ma c'è anche il resto della famiglia, e oggi andiamo a conoscerne un altro pezzo. Così va la vita.
.2
A differenza del marito, Dora Frankenstein, la moglie di mio padre, non era una brava persona. Per niente. Che non avesse sposato Victor per amore non era un mistero per nessuno, tanto meno per Victor, visto che la stessa Dora non faceva che ripeterlo. Nel castello, giù al villaggio, ovunque. [...]
Diceva di aver voluto sposare un Frankenstein perché aveva sempre sognato, nella sua infanzia trascorsa nelle sonnacchiose campagne di Ruttersteidt, di diventare nobile. Di vivere in un castello, con le posate d'argento, i candelabri alti un metro e con dodici braccia, la servitù e tutto il resto. Così, raccontava lei, quando era venuta a sapere di questo vecchio inventore, un po' avanti con gli anni e in possesso di un titolo nobiliare che non usava, ma pur sempre valido a tutti gli effetti, aveva deciso che sposarselo e sopportare le sue stramberie non erano un prezzo poi così alto da pagare per diventare baronessa. Anche se i candelabri del castello di braccia ne avevano solo sei, la servitù non metteva più piede in quel posto da oltre duecento anni, e tutto il resto erano solo sale fredde piene di provette, strani macchinari e ragnatele. Partito da queste premesse, il loro matrimonio era entrato in crisi praticamente subito. Dora non sopportava, non sopportava proprio il tono dimesso di mio padre, gli abiti vecchi che indossava per uscire, quella fama da scienziato pazzo che faceva di tutto per cucirsi addosso. Ma fin qui. Lei era pur sempre una baronessa, e quello era pur sempre il suo castello.
Fu quando i soldi iniziarono a scarseggiare che la baronessa Frankenstein perse letteralmente le staffe. E la goccia che fece traboccare il vaso, l'intera collezione di vasi con cui aveva riempito la buia sala da pranzo del castello, fui proprio io.
Diciamo che Dora non era esattamente entusiasta della mia creazione.
Il depliant che illustra i contenuti del servizio d'intrattenimento per i passeggeri indica che questo qui, invece, è un brano di Skin: Purple. Lei non andrebbe dove andrei io per te, dice la cantante senza capelli.
****
Quanto avrò avuto, allora? Tre, quattro settimane di vita? Me ne restavo tutto il tempo nella biblioteca, in quei vecchi locali polverosi nei quali gli avi di Victor erano riusciti a stipare qualcosa come settemila libri di ogni genere. Mi bastava sfogliare rapidamente le pagine di un volume per ricordarne tutto il contenuto, grazie al prodigioso cervello a valvole che quel brav’uomo di mio padre si era dannato tanto per impiantarmi, perciò in quei giorni impegnavo le mie giornate a mandare letteralmente a memoria l'intero scibile umano. Che detta così sembra una cosa molto difficile ma no, posso assicurarvi che non lo è. L'unico problema è che per un difetto di una delle logovalvole beta riuscivo a pronunciare allora soltanto le parole che iniziavano con le lettere C e G. Così va la vita.
«Non va bene, Victor! Così non va assolutissimamente bene!!!».
Le urla della baronessa avevano interrotto il flusso di pensieri generato nella mia mente artificiale dallo studio dei filosofi presocratici. Non era la prima volta che la sentivo gridare da quando avevo aperto gli occhi, ovviamente, ma gridava così forte che, stando a quanto avevo appreso poco prima da un testo di medicina, rischiava un attacco ischemico transitorio, detto anche colpo apoplettico, che si verifica quando l'occlusione di un vaso sanguigno interviene nella... Insomma, non buttava per niente bene. Perciò lasciai Eraclito l'Oscuro alle prese con il suo concetto di scorrevolezza del tutto e mi infilai nel corridoio per vedere cosa stesse accadendo.
Mio padre era sprofondato sulla sua poltrona di pelle preferita nel salone, davanti al grande camino. Si reggeva la testa tra le mani, con lo sguardo fisso verso il pavimento. Dora torreggiava su di lui, urlando, agitando le unghie laccate, misurando a grandi passi il tappeto di pelle d'orso steso ai suoi piedi.
«Ma Dora, amore...», provava a obiettare Victor, sempre con lo sguardo incollato al tappeto.
«Amore un corno! Sai cos'è che non funziona tra noi, Victor?», lo incalzava lei.
«C-cosa?».
«Tutto, ecco cosa! Passi che di fare il barone proprio non ne hai voglia, e te ne vai sempre in giro conciato in quel modo...».
«Sai come la penso al riguardo, Dora. Te l'ho sempre detto che...».
«Zitto e non interrompermi!», lo fulminò lei. «Passi pure che hai fatto lo smorfioso con quella cretina di una inglese, la scrittrice dei miei stivali, la settimana scorsa».
«Non ho fatto lo smorfioso. E lei non è affatto una cretina, e lo sai».
Il che, avrebbe detto Shakespeare in una delle sue commedie - che avevo letto tutte in circa dodici minuti il giorno prima - non era esattamente la frase adatta per calmare la furia di una moglie inviperita. Ma il povero Victor, come tutti gli esseri umani innamorati, pensava alle cose solo dopo averle dette.
«Ma bravo! Bravo! Ora difendila pure, l'inglesina. Tanto non mi importa. Non mi importa affatto. Quello che conta è che siamo rimasti senza un soldo, caro il mio Victor. Potevi venderti pure tutti i tuoi adorati libri e marchingegni, sai cosa mi importava. Ma non potevi, oh no, non potevi proprio vendere gli unici elementi d’arredo decenti in questo castello decrepito. I candelabri: li hai dati via tutti! Tutti! E perché? Avanti, rispondi: vediamo il tuo famoso genio all'opera! Perché l’hai fatto?».
«Beh, perché...»
«Zitto! Non provare nemmeno a difenderti. Non osare! Non l’hai fatto per mettere un po’ di soldi da parte e dare un futuro al mio piccolo Hanz. No. Né per compiere una volta tanto un gesto veramente nobile. Chessò, come regalare a tua moglie un castello finalmente consono al titolo nobiliare che così elegantemente porta. Nemmeno.
«L’hai fatto – proseguì Dora. E le vene sul suo collo erano talmente gonfie dalla rabbia da farmi temere uno sbalzo significativo nella pressione arteriosa sistemica la quale… sì insomma: che ora le prendesse per davvero un colpo – l’hai fatto per creare un abominio.
«L’hai fatto per comprare altre cianfrusaglie, come quell’assurdo parafulmine gigante, che ti servivano per dar vita… a quel mostro!!!».
Mostro.
Che ero tipo io.
Lei non andrebbe dove andrei io per te.
Così va la vita.
Me n’ero ritornato in silenzio nella biblioteca. Ma non riuscivo a riprendere ritmo nella lettura delle riflessioni del filosofo di Efeso, perché quella parola continuava a rimbalzarmi nelle valvole primarie.
Mostro.
Mostro.
Era la prima volta che qualcuno mi chiamava in quel modo, ma certamente non sarebbe stata l’ultima.
«Frankie?», mio padre entrò nella biblioteca e venne a sedersi accanto a me. Non mi serviva l’aver mandato a memoria il volume L’occhio e le sue secrezioni di Simon John Charles L. Bon per sapere che aveva appena pianto. Con gli occhi e il naso rossissimi, Victor non aveva impiegato che due secondi a capire cosa mi frullasse per le valvole.
«Lo so, lo so Frankie. Dora alle volte sa essere... beh, sai, la diplomazia non è mai stata il suo forte. Ma non è cattiva. Davvero. Frankie? Mi stai ascoltando?».
«Certo, Genitore».
Mi girai a guardarlo, e la tristezza che evidentemente vide sul mio faccione tornò a sollecitargli una reazione riflessa dei dotti lacrimali che… insomma, si rimise a piangere.
«Frankie? Frankie, guardami. Tu non sei un mostro, capito? Dora può pensare quello che vuole, ma tu sei e sarai sempre mio figlio. Mio figlio».
E a quel punto qualcosa non deve aver funzionato bene nella programmazione delle mie valvole primarie, perché anche a me, a sentire quella parola, iniziarono a scendere delle secrezioni lacrimose lungo le guance. Io, che i dotti lacrimali non ce li ho mai avuti.
****
Quanto a Dora Mara Rumenigge in Frankenstein, lasciò Victor e loro figlio Hanz qualche tempo dopo, buttando in faccia al marito la sua necessità di trovare altrove il suo destino. Il proprio futuro. Una nuova dimensione. Si venne a sapere, di lì a poco, che questa dimensione era coincisa per un capriccio del destino con i possedimenti di un azzimato nobiluomo che abitava in una sperduta provincia dell'Impero Asburgico. Dora divenne così la nuova moglie di questo conte ricchissimo e dall'aria elegante quanto, si diceva, inquietantemente sinistra, proprietario di un castello arroccato tra i monti della Transilvania. Da baronessa Frankenstein a contessa Tepes, moglie del Conte Dra...
«Sì, signorina? Mi ha portato i sei litri d'acqu... Ah, le serve il carrello delle bibite. Ok, mi dia solo un attimo per spostarmi, perché se mi piego troppo in avanti la giacca mi si rovi... Oh».
«No, non si preoccupi: fa nulla. Quando atterriamo vedrò di comprarne un'altra. In fondo il colore non mi piaceva neanche tanto...».
[La seconda parte di Badass arriva tra qualche giorno. State buoni]
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A differenza del marito, Dora Frankenstein, la moglie di mio padre, non era una brava persona. Per niente. Che non avesse sposato Victor per amore non era un mistero per nessuno, tanto meno per Victor, visto che la stessa Dora non faceva che ripeterlo. Nel castello, giù al villaggio, ovunque. [...]
Diceva di aver voluto sposare un Frankenstein perché aveva sempre sognato, nella sua infanzia trascorsa nelle sonnacchiose campagne di Ruttersteidt, di diventare nobile. Di vivere in un castello, con le posate d'argento, i candelabri alti un metro e con dodici braccia, la servitù e tutto il resto. Così, raccontava lei, quando era venuta a sapere di questo vecchio inventore, un po' avanti con gli anni e in possesso di un titolo nobiliare che non usava, ma pur sempre valido a tutti gli effetti, aveva deciso che sposarselo e sopportare le sue stramberie non erano un prezzo poi così alto da pagare per diventare baronessa. Anche se i candelabri del castello di braccia ne avevano solo sei, la servitù non metteva più piede in quel posto da oltre duecento anni, e tutto il resto erano solo sale fredde piene di provette, strani macchinari e ragnatele. Partito da queste premesse, il loro matrimonio era entrato in crisi praticamente subito. Dora non sopportava, non sopportava proprio il tono dimesso di mio padre, gli abiti vecchi che indossava per uscire, quella fama da scienziato pazzo che faceva di tutto per cucirsi addosso. Ma fin qui. Lei era pur sempre una baronessa, e quello era pur sempre il suo castello.
Fu quando i soldi iniziarono a scarseggiare che la baronessa Frankenstein perse letteralmente le staffe. E la goccia che fece traboccare il vaso, l'intera collezione di vasi con cui aveva riempito la buia sala da pranzo del castello, fui proprio io.
Diciamo che Dora non era esattamente entusiasta della mia creazione.
Il depliant che illustra i contenuti del servizio d'intrattenimento per i passeggeri indica che questo qui, invece, è un brano di Skin: Purple. Lei non andrebbe dove andrei io per te, dice la cantante senza capelli.
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Quanto avrò avuto, allora? Tre, quattro settimane di vita? Me ne restavo tutto il tempo nella biblioteca, in quei vecchi locali polverosi nei quali gli avi di Victor erano riusciti a stipare qualcosa come settemila libri di ogni genere. Mi bastava sfogliare rapidamente le pagine di un volume per ricordarne tutto il contenuto, grazie al prodigioso cervello a valvole che quel brav’uomo di mio padre si era dannato tanto per impiantarmi, perciò in quei giorni impegnavo le mie giornate a mandare letteralmente a memoria l'intero scibile umano. Che detta così sembra una cosa molto difficile ma no, posso assicurarvi che non lo è. L'unico problema è che per un difetto di una delle logovalvole beta riuscivo a pronunciare allora soltanto le parole che iniziavano con le lettere C e G. Così va la vita.
«Non va bene, Victor! Così non va assolutissimamente bene!!!».
Le urla della baronessa avevano interrotto il flusso di pensieri generato nella mia mente artificiale dallo studio dei filosofi presocratici. Non era la prima volta che la sentivo gridare da quando avevo aperto gli occhi, ovviamente, ma gridava così forte che, stando a quanto avevo appreso poco prima da un testo di medicina, rischiava un attacco ischemico transitorio, detto anche colpo apoplettico, che si verifica quando l'occlusione di un vaso sanguigno interviene nella... Insomma, non buttava per niente bene. Perciò lasciai Eraclito l'Oscuro alle prese con il suo concetto di scorrevolezza del tutto e mi infilai nel corridoio per vedere cosa stesse accadendo.
Mio padre era sprofondato sulla sua poltrona di pelle preferita nel salone, davanti al grande camino. Si reggeva la testa tra le mani, con lo sguardo fisso verso il pavimento. Dora torreggiava su di lui, urlando, agitando le unghie laccate, misurando a grandi passi il tappeto di pelle d'orso steso ai suoi piedi.
«Ma Dora, amore...», provava a obiettare Victor, sempre con lo sguardo incollato al tappeto.
«Amore un corno! Sai cos'è che non funziona tra noi, Victor?», lo incalzava lei.
«C-cosa?».
«Tutto, ecco cosa! Passi che di fare il barone proprio non ne hai voglia, e te ne vai sempre in giro conciato in quel modo...».
«Sai come la penso al riguardo, Dora. Te l'ho sempre detto che...».
«Zitto e non interrompermi!», lo fulminò lei. «Passi pure che hai fatto lo smorfioso con quella cretina di una inglese, la scrittrice dei miei stivali, la settimana scorsa».
«Non ho fatto lo smorfioso. E lei non è affatto una cretina, e lo sai».
Il che, avrebbe detto Shakespeare in una delle sue commedie - che avevo letto tutte in circa dodici minuti il giorno prima - non era esattamente la frase adatta per calmare la furia di una moglie inviperita. Ma il povero Victor, come tutti gli esseri umani innamorati, pensava alle cose solo dopo averle dette.
«Ma bravo! Bravo! Ora difendila pure, l'inglesina. Tanto non mi importa. Non mi importa affatto. Quello che conta è che siamo rimasti senza un soldo, caro il mio Victor. Potevi venderti pure tutti i tuoi adorati libri e marchingegni, sai cosa mi importava. Ma non potevi, oh no, non potevi proprio vendere gli unici elementi d’arredo decenti in questo castello decrepito. I candelabri: li hai dati via tutti! Tutti! E perché? Avanti, rispondi: vediamo il tuo famoso genio all'opera! Perché l’hai fatto?».
«Beh, perché...»
«Zitto! Non provare nemmeno a difenderti. Non osare! Non l’hai fatto per mettere un po’ di soldi da parte e dare un futuro al mio piccolo Hanz. No. Né per compiere una volta tanto un gesto veramente nobile. Chessò, come regalare a tua moglie un castello finalmente consono al titolo nobiliare che così elegantemente porta. Nemmeno.
«L’hai fatto – proseguì Dora. E le vene sul suo collo erano talmente gonfie dalla rabbia da farmi temere uno sbalzo significativo nella pressione arteriosa sistemica la quale… sì insomma: che ora le prendesse per davvero un colpo – l’hai fatto per creare un abominio.
«L’hai fatto per comprare altre cianfrusaglie, come quell’assurdo parafulmine gigante, che ti servivano per dar vita… a quel mostro!!!».
Mostro.
Che ero tipo io.
Lei non andrebbe dove andrei io per te.
Così va la vita.
****
Me n’ero ritornato in silenzio nella biblioteca. Ma non riuscivo a riprendere ritmo nella lettura delle riflessioni del filosofo di Efeso, perché quella parola continuava a rimbalzarmi nelle valvole primarie.
Mostro.
Mostro.
Era la prima volta che qualcuno mi chiamava in quel modo, ma certamente non sarebbe stata l’ultima.
«Frankie?», mio padre entrò nella biblioteca e venne a sedersi accanto a me. Non mi serviva l’aver mandato a memoria il volume L’occhio e le sue secrezioni di Simon John Charles L. Bon per sapere che aveva appena pianto. Con gli occhi e il naso rossissimi, Victor non aveva impiegato che due secondi a capire cosa mi frullasse per le valvole.
«Lo so, lo so Frankie. Dora alle volte sa essere... beh, sai, la diplomazia non è mai stata il suo forte. Ma non è cattiva. Davvero. Frankie? Mi stai ascoltando?».
«Certo, Genitore».
Mi girai a guardarlo, e la tristezza che evidentemente vide sul mio faccione tornò a sollecitargli una reazione riflessa dei dotti lacrimali che… insomma, si rimise a piangere.
«Frankie? Frankie, guardami. Tu non sei un mostro, capito? Dora può pensare quello che vuole, ma tu sei e sarai sempre mio figlio. Mio figlio».
E a quel punto qualcosa non deve aver funzionato bene nella programmazione delle mie valvole primarie, perché anche a me, a sentire quella parola, iniziarono a scendere delle secrezioni lacrimose lungo le guance. Io, che i dotti lacrimali non ce li ho mai avuti.
****
Quanto a Dora Mara Rumenigge in Frankenstein, lasciò Victor e loro figlio Hanz qualche tempo dopo, buttando in faccia al marito la sua necessità di trovare altrove il suo destino. Il proprio futuro. Una nuova dimensione. Si venne a sapere, di lì a poco, che questa dimensione era coincisa per un capriccio del destino con i possedimenti di un azzimato nobiluomo che abitava in una sperduta provincia dell'Impero Asburgico. Dora divenne così la nuova moglie di questo conte ricchissimo e dall'aria elegante quanto, si diceva, inquietantemente sinistra, proprietario di un castello arroccato tra i monti della Transilvania. Da baronessa Frankenstein a contessa Tepes, moglie del Conte Dra...
«Sì, signorina? Mi ha portato i sei litri d'acqu... Ah, le serve il carrello delle bibite. Ok, mi dia solo un attimo per spostarmi, perché se mi piego troppo in avanti la giacca mi si rovi... Oh».
«No, non si preoccupi: fa nulla. Quando atterriamo vedrò di comprarne un'altra. In fondo il colore non mi piaceva neanche tanto...».
[CONTINUA tra due settimane]
Grandissimo. Mi viene sol da dir questo.
RispondiEliminaLo scibile umano imparato in minuti...e scrive e si esprime cosi'???
RispondiEliminaOh Giusto Cielo & Grande Giove!
(Ci sono un paio di sviste di punteggiatura - magari voluti,oh!- negli incisi verso l'inizio)
Il romanzo originale, dell'inglesina, lo lessi una sola volta anni fa, e non l'ho mai sopportato, troppo umorale e poco pratico (stile tipico di una donnetta romantica 800entesca), ma certe intuizioni di questo seguito mettono in buona luce perfino il romanzo originale.
RispondiEliminaAd esempio quando la Creatura (non "mostro") impara a leggere e scrivere, far di conto e filosofeggiare, sbirciando dentro una casa dalla legnania... per tutto l'inverno).
Testo molto coinvolgente, davvero scorrevole e piacevole
Come diceva quello della pubblicità del caffè "A me me piace!"
RispondiEliminaSempre più curioso di sapere che piega prenderà la storia.
E poi Dora Mara RUMENIGGE!!! Geniale!! :)
GIOCHER:
RispondiEliminaOh, giocher, se vuoi te lo spiego subito perché si esprime così e cosa sia successo nei CENTO anni di cui non abbiamo ancora parlato. Anzi, se vuoi ti racconto pure subito il finale, così tieni fede al tuo proposito di due settimane fa riguardo ai commenti da PdF. Con affetto, eh. Giusto per capirsi.
Sei un genio ... non dico altro!
RispondiEliminaMa quindi Frankie non è un mostro fatto con pezzi di cadavere, ma un robot steampunk? Figo!
RispondiEliminaPS
Dora Mara Rumenigge = MaraDora Rumenigge. Con "un quarto di Zico e tre quarti di Edinho" (cit) :D
Sai che reagisco d'istinto Doc!
RispondiEliminaVabbe'...facciamo che mi escludo dai commenti fino all'ultimo capitolo di entrambi e 'un se ne parli cchiu',me sa...Eh?
(P.S. La scusa che lo stile stesso della prosa sia giustificato nel dipanarsi della trama lo trovo un sofisma un tantino 'alto',per un romanzo a puntate nerdstyle.Inoltre ti complica la vita nell'affrontare con serenita' i capitoli iniziali,rendendolo meno scorrevole...Poi che ne so io,infondo. ;). )
Modalità precisino fungia ON!
RispondiEliminaCome è diavolo è fatto Frankie? Ho letto i due capitoli mentro ero in metro e per strada camminando e non capisco come un essere dal cervello simile al maggiordomo di casa Strong abbia un rivestimento organico con cicatrici.
Per il resto bello ma l'altro romanzo e più del mio genere.
GIOCHER
RispondiElimina"Reagisco d'istinto".
Ah, tipo che RIprometti di startene buono fino alla fine e continui UN RIGO DOPO, ho capito.
/sospira
@Doc: forza, su, che voglio leggere il resto (intanto mi ascolto Purple un'altra volta). Per il commento dell'antrista rompicog... precisino: io dico solo che se non gli piace quello che legge nessuno lo costringe a star qui, visto che se n'è uscito con commenti brillanti uguali anche l'altra volta.
RispondiEliminaSi: una roba mas o meno cosi'. 8D
RispondiEliminaPero' davvero',dai..non fare il perseguitato....Ci vediamo alla fine.Cia'
Bello Doc. Mi sta scimmiando parecchio questo "Mostro". E, checchè ne dica il PdF, a me lo stile che usi piace parecchio. Ti fa entrare molto più in confidenza col personaggio a mio parere. Ah, e gli errori di punteggiatura non ci sono.
RispondiEliminaIo trovo che tutto sia scorrevole e la storia mi prende, che poi ci possano essere piccoli errori ci può stare, non stiamo leggendo Ken Follet, da cui non ci si aspetta nessun errore, che poi i libri commercializzati passano tra le mani di correttori di bozze e via dicendo.
RispondiEliminaQui il Doc. fa tutto in casa e da solo. Tipo i tortellini.
Se Giocher, come penso, in buona fede, voleva solo dispensare qualche consiglio, forse era meglio mandare una mail che così sul post suona troppo da correzione.
Io invece la scelta del problema linguistico l'ho trovata interessante, oltre che coraggiosa: mica facile ora gestire per i dialoghi passati di Frankie un testo di sole allitterazioni di C e G.
RispondiEliminaCioè, Alan Moore l'ha fatto con V, ma era un solo monologo. Ed era Moore.
Oh, sarà che ho sposato una logopedista... xD
@omoragno: Si parla di "difetto di una delle logovalvole". Magari poi Victor gliel'ha sostituita, oh :) Giocher parlava di stile, riferendosi credo al linguaggio colloquiale e moderno usato da Frankie. Che in un racconto di fantasia su un mostro di frankenstein robot che funziona a valvole e piange è come chiedersi come facesse Edward Mani di forbici ad andare al bagno. Gli errori di punteggiatura, negli incisi iniziali, non li vedo neanch'io, comunque, e anche se ci fossero quoto Bluecyber74.
RispondiEliminaGrazie BlueC :)
RispondiEliminaGiuro che,invece , mandargli una mail mi sarebbe sembrato piu' da correttore di bozza.Commentando qui ,speravo di offrire un termometro immediato e scanzonato,per quanto critico, sfruttando a pieno l'integrazione del blog con il vintaggissimo 'romanzo a puntate' che, per stessa ammissione dell'autore,e' tutt'ora da finire indi 'in progress'.Dubito che la sola claque possa essere utile al fine......ma ormai ho promesso e qui mi fermo.
@Omoragno: per me, te c'hai capito pochino... ;D
"Scusi, me na fa un altro paio d'etti?"
RispondiEliminaNon credevo, ma quando sono arrivato alla fine del post mi son detto "azz, già finito?".
Per me, buon segno.
Daje Doc, aspettando Badass!
Oh, qui mi si è frainteso.
RispondiEliminaNessun riferimento (critico o meno) ai post di nessuno, eh.
Anche perché ho trovato superflui sia i suggerimenti che gli interventi difensori della "claque", come è stata chiamata.
Cercavo solo di esprimere l'apprezzamento per una scelta interessante. Se poi è quell'invece, come credo, ad aver creato fraintendimenti, oh, lo togliamo eh...
La sig. Rumenigge in Frank... Dracula ha avuto quello che si meritava, alla fine.
RispondiElimina@omoragno: ho solo a) ipotizzato un possibile sviluppo della storia, b) espresso un mio parere sul commento di GIOCHER, c) scritto che, come Bluecyber74, ritengo più consona una correzione in privato che un commento di quel tipo. Non credo per questo di meritarmi l'appellativo di "claque", eh :(
RispondiEliminaMadò, tutti con la coda di paglia oggi! :D
RispondiEliminamitch, di nuovo, non mi riferivo a nessuno in particolare anche in questo caso. E, facci caso, non ho usato il termine "claque" (se vedi era virgolettato) per primo. Termine che non mi piace, tra l'altro, e che trovo fuori luogo qui nell'antro, dove nessuno applaude o dissente non spontaneamente, ma dietro compenso economico o di altra natura
@Omoragno: non parlavo del mio post ma di quello che sembravi aver capito sul linguaggio di Frankie.
RispondiEliminaCarina la wichipiedata sulla claque...La prossima volta sfoglia un dizionario e cerca nei significati NON letterali..;)
Ehi Doc, anche io come Crisciam mi sono detto "azz, già finito?!?" ergo merita di essere letto. Intanto aspettiamo Godot, ehm Badass.
RispondiEliminaBuoni, buoni.
RispondiEliminaBasta così.
Ché la gente che litiga sui forum è uno dei motivi principali per cui non frequento i forum. Pace, tutti amici, facciamo tornare l'armonia, Mitch passa che ti passo le ventimila lire di paghetta settimanale.
Ho quotato la wiki perché era quella che più si avvicinava al significato che avevo inteso leggendo il post.
RispondiEliminaNon pensavo si potesse litigare su un argomento "di ridere".
RispondiEliminaSe mi fate così al Doc gli viene il blocco dello scrittore.
Possiamo discutere su eventuali colpi di scena tipo: l'aereo su cui sta viaggiando Frenky è quello dell'inizio di Lost? Il riccone impettito è forse il capostipite di una valanga di architetti gay che popolano la TV, visto come veste?
Per domande così non dormo la notte! Se fate così non avrò mai le mie risposte.
Nono zerolitigi,pace,ammore e sigarette spiritose ppe' tutti,ci mancherebbe!
RispondiEliminaNon volevo accendere zolfanelli di flame manco per sbaglio.Chiedo venia.
Doc e' l'anfitrione e se uno a casa sua mi invita a leggere qualcosa di suo mi aspetto di poter fare osservazioni critiche a caldo e di poterne discutere,sopratutto con chi non fosse d'accordo.Detto cio'
SUERTE Y SALUD
Drakkan:
RispondiEliminaNon ci avevo pensato, grazie! Appena mi scoccio co' 'sta storia delle puntate pianto tutto, ché "altrimenti i ragazzi litigavano". :)
Ma la seconda parte di Badass Bastards?
RispondiEliminaMi sa che hai sopravvalutato l'utenza media, alla seconda puntata già ci stanno i correttori di punteggiatura su uno scritto umoristico su un blog internetto (che dai su damose na regolata manco fosse scritto con le k) e chi già chiede "ma quando la seconda parte dell'altro" che nemmeno è capace a leggere il post che commenta :D
RispondiEliminaBisogna segare un po di follower e rifare le selezioni che così non si conquista nulla :D:D:D
PS
e fatevele 4 risate mizzieca, più pesanti della xtina Aguilera :D
@Doc
RispondiEliminanon è che bisogna prendermi in parola ogni volta che scrivo una delle mie deliranti vaccate (dimentacando accenti, virgole e pezzi di parole).
@omoragno: peace, avevo capito male io, scusa.
RispondiEliminaChepppalle regà, state sereni...
RispondiElimina*Sangue, sangue!* Per riaccendere i litigi in modo gratuito e genuino dico subito che uno di voi puzza. HA! Non vi dico chi.
RispondiElimina(potrei anche essere io! O forse TU!)
[/momentodigrandematurità]
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaPiù calumet per tutti
RispondiElimina@O.T.Nad
RispondiEliminaahi scritto "ha" con la acca, blasfemo!!!!!
E io ho scritto hai ahi! Ahi!?!uno1!
wargrav è 1 bmbminkia!!!1!1 RAGA LA PS3 FA SKFO RAGA!!!1!
RispondiElimina...Ok, ce la smetto pure io, scusate :-P
io c'ho solo una curiosità, che magari l'ha già chiesta qualcuno e gli hai già risposto ma sono pigro e di leggermi tutti i commenti non ho voglia :P
RispondiEliminalo vedremo, prima o poi, racconlto in epub o in pdf? io c'ho proprio un problema serio con le letture letterarie sugli schermi retroilluminati...
bravo
RispondiEliminaHey Doc, continua a inserire i link videoclippi all'interno del testo, che durante la lettura ch'arricchiscono l'esperienza :)
RispondiEliminaPer me Doc sei un 10! Un 10 pieno, tu, i tuoi romanzi e il tuo blog. Cosí. Te lo volevo dire.
RispondiElimina