La vita che corre (anche più di Robinho)

Ieri mattina hai inseguito il tappeto per dieci chilometri. Ieri sera, mentre vedevi la Nano AC rimbalzare contro il muro di gomma eretto dalla squadra allenata dal capo della Banda Fratelli, per altri cinque. Così. Mentre Seedorf piangeva e la cosa incredibilmente ti dava del dispiacere, mentre Allegri riprendeva la sua solita faccia da Allegri testimonial della Nivea, le ginocchia ti hanno supplicato di smettere. "Ora basta, dai", ti dicevano. Poi hai scritto una roba lunghissima e inutile sul blog che forse un giorno vedrà la luce o forse no. Dipende. Poi hai dormito quattro ore. Poi ti sei alzato. Poi hai girato nervosamente per casa come fai sempre quando sei solo, e per completare la sofferenza autoinflitta perfettamente in linea con lo spirito quaresimale anche se non credi più in niente, tranne che nelle vans, sei andato all'avis a donare il sangue. E allora eri lì, ed eri la bolla d'aria gigante che vedevi formarsi nel boccione dell'acqua nel corridoio quando un tizio col camice se n'è versato un bicchiere mentre il sangue (s)correva e ti sentivi leggero come un astronauta dopo due bottiglie di lancers e la bolla saliva e saliva e saliva, e poi ha fatto bluuub. E ti sentivi morire. E non ti sei mai sentito più vivo di così.