Enrico Brizzi e la videocrazia vista dal di dentro
Per buona parte delle sue 298 pagine, l'ultimo libro di Enrico Brizzi non è un libro di, sulla, per la politica. Così come il precedente "La vita quotidiana a Bologna ai tempi di Vasco" non era semplicemente un libro sul rocker di Zocca, quanto piuttosto uno spaccato della vita nella città felsinea negli anni in cui Vasco era ancora Vasco, con "La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio" Bri(z)i ripercorre l'evoluzione involuzione politica e (si perdoni il termine) culturale del nostro paese per come l'ha vissuta lui, bolognese classe 1974, dalla fine degli anni 70 in poi. Berlinguer e SuperGulp, Pertini e Bim Bum Bam, il Pentapartito e il Drive-In, le monetine a Craxi davanti al Raphael e Colpo Grosso, la Lega e Non è la Rai. Sullo sfondo, questo palazzinaro milanese che continua a comprare televisioni, quest'uomo che in tutto il libro non viene chiamato mai per cognome, ma sempre e solo "Il Silvio". Una persona di cui bisognerà pur fidarsi, visti i milioni che va generosamente donando sulle sue tivvù con il signor Mike, no? [...]
"La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio" è la storia di come una fetta determinante del nostro paese si sia accodata scodinzolante a chi gli sventolava davanti agli occhi una carota farcita di gettoni d'oro e pentole antiaderenti. Non è un caso se "Videocracy. Basta apparire" venga citato più volte, anche con la figura dell'amico dell'autore, Iuri Giacobbi, impegnato nello stesso accostamento ardito di ballo e arti marziali del mito Riccardo. Ma è anche la storia dell'inconsistenza di una sinistra autoselionista ai confini delle randellate sui coglioni di Tafazzi, e soprattutto delle (vane? Ingenue?) speranze di rinnovamento, di ripartenza di un giovane scrittore che nel frattempo finiva da Costanzo, nello studio di Harem, impantanato in situazioni surreali ad UnoMattina. Non ha peli sulla lingua, il Briz(z)i nello spiegare il suo punto di vista sulla bomba in via dei Georgofili del maggio '93, il disinvolto approccio da KGB con cui l'informazione viene adoperata per punire i nemici del Silvio o le vere motivazioni della discesa in campo del sorridente, e l'ultima parte del libro, che arriva a raccontare della fine dell'idillio tra l'uomo delle televisioni e Fini, si infittisce di fatti e citazioni, nel tentativo di star dietro alle sgangherate cronache di un governo da terzo mondo, coccolato e protetto da mezzibusti televisivi compiacenti e premurosi. Sempre pronti a dirti che va tutto bene, brutto stronzo ingrato di un calabrese che non sei altro. Tanto che i capitoli conclusivi de "La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio", non fosse per lo stile inconfondibile del Briz(z)i, sembrerebbero quasi presi di peso da un libro di Travaglio. Magari al Nostro il paragone potrebbe pure andare bene. Giusto non parlategli di Santoro.
Ora, fatevi un favore e compratevene una copia (Editori Laterza, solo 12 euro. Non facciamo i barboni). Anzi, compratene due: la seconda regalatela a un vostro amico a caso simpatizzante per il Silvio. Prima, però, per andare sul sicuro ricordatevi di spiegargli cosa sia un libro e come si utilizza.
"La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio" è la storia di come una fetta determinante del nostro paese si sia accodata scodinzolante a chi gli sventolava davanti agli occhi una carota farcita di gettoni d'oro e pentole antiaderenti. Non è un caso se "Videocracy. Basta apparire" venga citato più volte, anche con la figura dell'amico dell'autore, Iuri Giacobbi, impegnato nello stesso accostamento ardito di ballo e arti marziali del mito Riccardo. Ma è anche la storia dell'inconsistenza di una sinistra autoselionista ai confini delle randellate sui coglioni di Tafazzi, e soprattutto delle (vane? Ingenue?) speranze di rinnovamento, di ripartenza di un giovane scrittore che nel frattempo finiva da Costanzo, nello studio di Harem, impantanato in situazioni surreali ad UnoMattina. Non ha peli sulla lingua, il Briz(z)i nello spiegare il suo punto di vista sulla bomba in via dei Georgofili del maggio '93, il disinvolto approccio da KGB con cui l'informazione viene adoperata per punire i nemici del Silvio o le vere motivazioni della discesa in campo del sorridente, e l'ultima parte del libro, che arriva a raccontare della fine dell'idillio tra l'uomo delle televisioni e Fini, si infittisce di fatti e citazioni, nel tentativo di star dietro alle sgangherate cronache di un governo da terzo mondo, coccolato e protetto da mezzibusti televisivi compiacenti e premurosi. Sempre pronti a dirti che va tutto bene, brutto stronzo ingrato di un calabrese che non sei altro. Tanto che i capitoli conclusivi de "La vita quotidiana in Italia ai tempi del Silvio", non fosse per lo stile inconfondibile del Briz(z)i, sembrerebbero quasi presi di peso da un libro di Travaglio. Magari al Nostro il paragone potrebbe pure andare bene. Giusto non parlategli di Santoro.
Ora, fatevi un favore e compratevene una copia (Editori Laterza, solo 12 euro. Non facciamo i barboni). Anzi, compratene due: la seconda regalatela a un vostro amico a caso simpatizzante per il Silvio. Prima, però, per andare sul sicuro ricordatevi di spiegargli cosa sia un libro e come si utilizza.
DOC vaiassa :)
RispondiEliminaCerto che "Videocracy" è proprio una minchiata roboante eh.
RispondiEliminaMa, converrai, la storia di Riccardo, il Ricky Martin Van Damme padano era troppo, troppo commovente
RispondiElimina"Ha da tornà baffone!" [cit.].
RispondiEliminaRicky, il VanDamme padano, è mio collego, e or ora sta infilando pezzi di plastica in forni industriali, mentre sogna di incontrare Lele Mora (e questo la dice lunga)
RispondiEliminacollega, scusate la dislessia
RispondiEliminaUn uomo un mito: salutacelo
RispondiEliminaAssolutamente idolo. Ne convengo. Però quella roba lì dà anche tutta la misura del documentario_film.
RispondiEliminaPerché era il classico momento michaelmoore. Hai presente nei film di Moore, quando lo vedi che prende il megafono e fa le scenette, o quando si sofferma su una scena per cinque minuti, con lo slowo e la musichetta triste per farti venire il magone? Lo vedi e pensi che senza, i suoi film, sarebbero di gran lunga migliori. Ma almeno in Moore c'è tutto il resto, laddove altri registi meno bravi si fermano alle scenette, purtroppo per loro
RispondiEliminaE cosa dire di Corona che si trastulla beatamente la minchia?
RispondiEliminaAl contrario di buona parte del lavoro di Moore, però, le argomentazioni buttate là da Videocracy sono state confutate. Mi sembrano troppo il lavoro di un fighetto snob emigrato che sparge merda we we.
Lo trovo gran materiale onanistico per chi quelle cose spera di sentirsele dire. Vogliono farmi credere che la tv prima degli anni '80 era più meglio, ma tutti quelli che si sono interessati al documentario la tv pre anni '80 non l'hanno manco vista.
Sia ben chiaro, la TV oggi E' merda.
Scusate per la digressione.
Ecco, come ho scritto nel post su Videocracy, quelle riprese di Corona che si massaggia il puparuolo erano un attimo troppo insistite. Qual è il messaggio? Corona è un edonista? Corona ce l'ha lungo? A me che filmo piacciono gli uomini? Belen che minchia - appunto - ti sei persa?
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