Fracture: in genere ci vuole il gesso


L'impatto di Fracture, videogioco di LucasArts del tardo 2008, nel sottogenere degli sparatutto in terza persona, è stato rilevante quanto "Fermati, o mamma spara" nel curriculum di Stallone. Strano, perché si sentiva davvero fortissimo il bisogno di un altro marine del futuro sfregiato, col cranio rasato, con duecentoventi chili di corazza e armi addosso, e la personalità di un francobollo già leccato...
Eppure, nonostante i soliti nemici del ventiduesimo secolo con la tutina antisudore lana-lana cotone-cotone e la maschera antigas, nonostante il solito carosello di armi fucile mitragliatore-lanciarazzi-cecchino-armachenonserveauncazzoefasoloscena, nonostante i nidi di mitragliatrici asserragliati astutamente giusto dietro una catasta di barili esplosivi, nonostante l'intelligenza artificiale una bella minchia dei nemici tutti lì a prendersi le laserate in faccia come cirocioppobbuonaferrara, Fracture c'ha comunque messo del suo, va detto. Con questa storia dei geologi che mentre si sparano addosso fanno alzare il terreno e poi fanno abbassare il terreno e poi ci dicono ora su due zampe, rotola, vieni qua, tieni un osso, bravo terreno, attaboy. Con le granate che non si limitano ad esplodere come tutte le brave granate da videogioco, ma provocano l'erezione dal suolo di falli di pietra alla gionòlmz giganteschi. Con questa cosa della seconda guerra civile americana, che vede contrapposte la repubblica di Paris Hilton a ovest e l'alleanza del parrucchino di Donald Trump a est. Insomma, a dire qualcosa di originale Fracture c'ha pure provato. Ma quel giorno c'aveva la voce bassa per il mal di gola, la farmacia era chiusa, e nessuno ha sentito niente. Bottanonvà, bel tentativo, rimessa del portiere.


In foto: il memorabile protagonista del gioco, il sergente sticazzi.

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