Stand by me, ricordo di una Guerra (la Nostra)


"L'inattesa piega degli eventi", questo romanzo che seguiva le vicissitudini del giornalista sportivo Lorenzo Pellegrini, spedito in missione punitiva a seguire il calcio delle ex colonie africane perché non aveva saputo tenersi su i calzoni, aveva un background troppo affascinante perché Enrico Brizzi non lo sfruttasse a dovere. Un anno e mezzo dopo, ecco perciò planare in libreria, temerario come i voli del maresciallo dell'aria Balbo, "La nostra guerra": un librone da 650 pagine che ci porta a conoscere più da vicino questo universo parallelo in cui l'Italia non si è schierata al fianco dei nazisti. 
Dei nazisti, piuttosto, ha subìto l'agressione, li ha combattutti con gli alleati e si è seduta infine al tavolo dei vincitori accanto a Churchill, Roosevelt e Stalin. Attraverso il punto di vista di un Lorenzo bambino e poi protoadolescente, seguiamo la famiglia Pellegrini prima in vacanza, quindi tra le famiglie di sfollati dell'Appennino. Viviamo, con grande dovizia di dettagli, una guerra che l'Italia non ha mai conosciuto, ma che alla fine è fin troppo simile a quella su cui ci rompevano i coglioni da piccoli i nostri nonni. Che i partigiani son partigiani anche con una camicia di colore diverso, che i furbi restan furbi, che Hitler aveva pur sempre un solo testicolo e mezzo neurone. E lavoravano in sincrono.
Forse un pelo troppo lungo, resta comunque un interessante incrocio tra un bildungsroman (romanzo di formazione. Così avete imparato un termine nuovo. Ditemi grazie. Prego) e un dettagliatissimo romanzo di guerra narrato con toni da MinCulPop. Che il BriZ(z)i non sarà Ammaniti, ma a raccontare le storie di un ragazzino, tra sogni mostruosamente proibiti a occhi aperti e lunghe pedalate in sella a una wilier, è bravo uguale.


In foto, la copertina. Chi non lo legge è un mona e un visdecazzo.

Commenti