DJ Hero: L'eroe della folla (sotto acido)

Come esperienza simulativa, come rilettura in chiave plasticosa del reale, DJ Hero è molto più lontano dal vero di quanto non lo sia Guitar Hero. Che se pigiare i tasti sul manico di un finto strumento ricalca quantomeno la gestualità di un vero chitarrista, premerli sul piatto di un finto DJ set ti lascia così, un po' stranito. E ancora: in GH le note scaturiscono quando premi i pulsanti, e ha un senso; qui accade la stessa cosa, ma un senso non c'è, perché i dischi dovrebbero girare da loro. Va decisamente meglio quando metti mano al crossfader, e saltelli da una traccia all'altra, ma di tutto questo in fondo a te tange sega. Non è realistico? Sai che palle se lo fosse stato. DJ Hero è un gioco sublime perché ha il soundtrack più cazzuto dell'intera Via Lattea. Lasciate ai rockettari in pigiama tutte quelle schitarrate da freak dei suoi cugini chitarrini, quei brani pallosi e insopportabili, quelle note tamarre di Santana, qui si approda su lidi a te più consoni, su pentagrammi di un certo livello. Dove i brani barbosi dei Queen e fighetti di una Gwen Stefani qualsiasi vengono destrutturati e riassemblati, con innesti di genuina musica elettronica (Daft Punk su tutti) e hip hop vecchia scuola (Beastie Boys, MC Hammer, Public Enemy). E allora sei lì, in mezzo al pubblico tipico della scena disco underground (cioè mediamente strafatto di kobret e chetamina), e fai girare due volte il piatto e schizzare a destra e sinistra il crossfader. Sei lì, e sulle note di un improbabile/incestuoso/osceno/galvanizzante mix di Grandmaster Flash, pieghi la testa di lato, a reggere tra orecchio e incavo della spalla un cuffione da DJ che non hai. Sarà pure finto, sarà pure plasticoso, sarà pure. Ma cazzo se funziona.

TASSO DI TACHIONI: Boom Boom Pow

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