Là dove si annida ancora la sana competizione arcade. E un sacco di gente sudata

Se, metti, un pomeriggio lento e un po' svogliato, mentre attendi il tuo volo all'aeroporto di Narita, vedi questo libro che si intitola Arcade Mania e ha in cover un verde Ryu che sparaflasha un Hadouken ed è stato scritto da Brian Ashcraft (una delle menti, si perdoni il termine, dietro quell'eccezionale dispenser di meenkiate che è Kotaku), che fai? Non lo prendi? La cosa meravigliosa di "Arcade Mania - The Turbo-Charged World of Japan's Game Centers" è che, nonostante spieghi di fatto le origini di molti generi da sala, nonchè quella di grossi nomi dell'industria videoludica, non è e non vuole essere un testo storico. Né uno sterile elenco di nomi, aziende, tipologie di gioco. Già la suddivisione in capitoli, e l'ordine nel quale gli stessi vengono affrontati, ha del geniale: in pratica, il libro è strutturato esattamente come una sala giochi odierna. Quindi all'ingresso ci sono gli Ufo Catcher, poi le macchinette del Purikura, e solo esplorando i piani superiori (o l'interrato) trovi gli spara-spara, i picchiaduro, i giochi con le card collezionabili. Quella tratteggiata da Ashcraft, peraltro, è una carrellata di animali da sala niente male: scegliendo il giocatore tipo per ogni categoria di giochi arcade, l'autore mette uno accanto all'altro la modella maniaca delle foto adesive e la Bestia di Street Fighter (no, non Blanka: Daigo Umehara), il bambinetto con duecento card del gioco di Ultraman e Suda 51, la professionista del pachinko elettronico e il gestore della sala giochi retro Kaikan Monaco di Shibuya. Insomma, gli bastano meno di duecento pagine, una vagonata di foto e qualche illustrazione per far capire a noialtri come la scena arcade, pur profondamente diversa rispetto a un tempo, sia ancora bella viva in Nippolandia, e popolata da un'eterogenea fauna di individui: salaryman, impiegate, pensionati, mamme, bambini, ragazzette col parruccone in testa. E dire che da queste parti, quando ancora esistevano, le sale giochi erano piene solo di tamarri col pacchetto di sigarette arrotolato nella manica, gufi e noi temerari ludowanker. Perennemente in minoranza.

In foto, la cover del libro. I duemila yen che l'hai pagato qualche settimana fa erano, allora, un prezzo molto ragionevole. Ma con il tracollo subìto dall'euro negli ultimi giorni sono diventati un capitale.

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