Urbanamente pitonati (l'amicizia dei calci in c*lo)

Quando giochi a Urban Reign, quando sei lì che hai completato le prime quindici-sedici missioni, è facile che pensi qualcosa del tipo "ammazza che palle" oppure "ma ci sono solo due mosse porca vacca?!?" o anche "ma con quale coraggio, Namco, tu quoque". Qualcosa del genere. Ma, per quanto facile sia pensarlo, se lo pensi sei uno stolto, uno che di giochi non ne capisce una fava e financo un bel pirla. Che superata la missione venti, il gioco mostra il suo vero spessore: si sbloccano n mosse, si rendono disponibili n personaggi, si fanno cose, si vede gente. Enne gente. E, più che altro, la si prende a calci in c*lo. Il protagonista, tale Brad, è il portato perfetto del genere picchiaduro a scorrimento, la summa di tutti i vari Cody, Haggar, Axel Stone, Geppo il Diavolo Buono, Adam Hunter: grosso il giusto, con la faccia da narcotrafficante il giusto, pitonato il giusto. Ma, nelle sue scorribande urbane, Brad non è solo. Non si capisce infatti bene il perché, ma il prenderli a legnate nelle gengive incoraggia quelli che dapprima appaiono come suoi antagonisti a sposarne la causa. Il roster dei personaggi si infoltisce così presto di energumeni amanti del brèssling, della consueta cinesina smandrappata, del consueto tipo con banana da tamarrello del sud-est asiatico ma capace di ragguardevoli raffiche di calci in stile tamarrello del sud-est asiatico, del consueto karateka tutto d'un pezzo, dell'altrettanto consueto ninja dai capelli bianchi con l'aria un po frivola, di un paio di vecchie conoscenze tekkenare. E se la brutalità degli scontri, la cui furia devasta parcheggi, alberghi e bar (per la gioia dei proprietari, si immagina) potrebbe far pensare a uno stile di gioco votato al solo martellamento forsennato dei tasti... beh, potrebbe far pensare bene. Ma in determinate missioni, per avere la meglio in un epico scontro tra tamarri vestiti male almeno quanto il tuo personaggio, ti tocca impegnarti quel tanto che basta per stampare la faccia di un bestione da due quintali contro un muro, per poi proiettarlo al suolo con un suplex bresslinistico e, già che ci sei, tempestarlo di cazzotti una volta che adorna a pelle di leopardo il pavimento. Così le missioni si susseguono veloci, ti ritrovi a disposizione un numero sempre più consistente di mosse e prese e lottatori tamarri che manco sai cosa fartene, e arrivi alla 100 e tutto finisce e buonasera grazie ci si vede alla prossima rissa. E lì è facile che torni a pensare "ammazza che palle": ma, in questo caso, lo fai da esperto di giochi, non come un pirla qualsiasi.

In foto, Urban Reign. Titolo cui hai voluto dedicare peraltro la prima cover di PlayGen. A riconferma di quanto già allora il titolo Namco ti fosse piaciuto. E, più che altro, del fatto che quel mese lì, di uscite importanti, non c'era manco il cacchio.

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