Stranger than Fiction (Chuck Palahniuk fa il reporter)

"La scimmia pensa, la scimmia fa", versione mondadoriana (al solito, tradotta con i piedi. E tutti e due sinistri) di "Stranger than Fiction", era l'unico libro di quel pervertito di Palahniuk che non avevi ancora letto. Dopo la soporifera esperienza di "Portland Souvenir", pensavi che i suoi lavori non fiction fossero un bel po' pallosi. Questa, invece, è una lettura che scorre via piacevole. Questa, invece, oltre a presentare una carrellata di soggetti umani inquietanti (appassionati del demolition derby delle mietitrici, costruttori di castelli, frequentatori del Festival del Testicolo, sommergibilisti sodomiti in incognito, culturisti dopati fino alle orecchie, Marilyn Manson) spiega tra le righe un sacco di cose proprio sull'autore. Gli articoli che compongono il libro (pubblicati in origine su una decina di riviste diverse) presentano un Palahniuk inedito, un reporter allucinato ma presente, che nel portare a termine il suo lavoro di inviato, nello sbrogliare i soliti casini degli inviati (chi non è mai stato rapito, a Beverly Hills, da un autista di limousine che no, non pensa proprio che il dovuto possa metterlo sul conto della rivista che ti manda?), parla della famigerata sorte toccata al padre, degli inizi come scrittore, dei soldi arrivati con Fight Club, del come abbia seguito DAVVERO (ma con una buona scusa) tutti quei gruppi di sostegno di cui si parla in Fight Club. E allora un po' lo capisci. Come faccia a scrivere cose così inquietanti, cioé.

In foto, La scimmia pensa, la scimmia fa. Ma cosa pensa? E cosa fa? E' carica quella Glock? E non era forse meglio il titolo originale?

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