La (vera) battaglia di cartone. Aka: "Lo scheletro di un finto attore belga nell'armadio di Capcom"

Ci sono cerchi che non andrebbero mai chiusi. Meglio lasciarli aperti. Meglio, se proprio, buttarli via. Solo perché da Street Fighter hanno tratto un, si perdoni il termine, film, non è che poi necessariamente devi farci il tie-in. E se pure ti senti per una qualche ragione in dovere di farlo, non è che devi andare - tu, Capcom - a scopiazzare Mortal Kombat.
Enter, invece, il triste "Street Fighter: Real Battle on Film", che cala (ma sarebbe forse più appropriato "getta") Guile, Ryu e compagni di merende in uno scialbo picchiaduro con grafica fotorealistica. Peraltro molto più foto, visto che al massimo si sfiorano i 10 frame l'ora e si controllano delle sagome di cartone, che realistica. Ora, il fatto veramente inquietantenon è però questo, né lo story mode con le sequenze del,
si perdoni il termine, film. E neanche che, tra i tanti picchiaduro Capcom per Saturn che hai da provare, ieri tu abbia voluto sprecare dieci minuti della tua vita proprio su questo. E no, nemmeno la presenza della nana Minogue con il basco in testa. Inquietante è il mieloso giudizio che del, si perdoni sempre il termine, gioco dà questo tizio. Chiaramente il fratocugino del lead designer del capolavoro in questione.

In foto, l'unico, vero modo per prendere a calci in culo Van Damme, sopravvivere per raccontarlo e poi vergognarsi di averlo fatto.


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