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A volte hai come l'impressione che la tua esistenza sia il puntino colorato di un quadro di Roy Lichtenstein. Per sapere che faccia abbia, devi guardarla dalla giusta distanza. Venerdì piangevi le cuoia tirate dal trecentosessanta, sempre venerdì tua moglie ti faceva trovare un pacco piccolo ma pesantissimo, con dentro un altro trecentosessanta (domanda: puoi non amare una donna così? Risposta: forse puoi, quando pensi che la vecchia console ha iniziato a dare segni di squilibrio interiore dopo esser stata a)travolta, b)trascinata violentemente al suolo proprio da tua moglie la scorsa estate). Insomma, ora hai in casa, in mezzo a tutto quel pattume tecnologico, in quell'orgia di pad, cavi, adattatori e giochini, DUE trecentosessanta. In pratica un settecentoventi.

In foto, "Whaam!". Whaam!, e non Wham!: il quadro di Lichtenstein, non il gruppo di George Michael e quell'altro che nel 1984 cantavano "ueik mi ap bifòr iu go-go". La geniale rappresentazione ante litteram, da parte del grande artista pop newyorkese, del leggiadro manifestarsi (sulla tua come sulla console di tutti gli altri) di quel cazzo di red ring of death.

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