It's me! Pusher Mario!

Ieri sera, ore 00,20. Mi aggiro per la location incredibilmente trendy del matrimonio di due cari amici. Sono alla disperata ricerca - con la stessa faccia, immagino, di un drogato alla stazione che chiede il mezzo euro per "il biglietto" - di un energy drink che mi aiuti A) a non crollare sulla torta prima di aver salutato gli sposi e preso la bomboniera, B) guidare fino a casa. Adocchio un sergente-cameriere-istruttore dall'aria non troppo feroce, e lo supplico di trovarmi una cazzo di Red Bull. Una Burn. Finanche uno di quegli e.d. scrausi che vendono negli ipermercati (Carrefour drink e tristezze simili). Qualunque cosa: purché abbia dentro un sacco di caffeina e non sia caffé, nei confronti del quale il mio sistema gastrico nutre una crudele intolleranza. Il tipo mi studia con uno sguardo alla Clint Eastwood e dopo un paio di secondi d'interminabile silenzio mi fa: "No, signore - pausa scenica - Ma abbiamo dell'ottimo Falanghina del 2002". Ma vaffanculo.
Solo la sorte vuole che a quel punto, ormai nervoso come una mosca, ricordo di avere ancora da qualche parte, nel cofano della Corsa, una della dozzina di lattine di Power Up, il drink energetico di Super Mario, comprate a $1.99 l'una al Nintendo Store di NY. Lattine che i Nintendocommessi tenevano sotto il bancone ("Perché non sono adatte ai bambini", mi spiegava uno dei giovani in polo azzurra. "E la nostra clientela è al 90% composta da bambini"). Corro. La trovo, ma calda. La bevo uguale tutta d'un sorso. Ha un sapore indefinibile, ma comunque pietoso. "Mamma mia!". Fa nulla. Forse basta. Forse no. Alla fine è uguale. "It's me, Mario!". Alla fine ce la faremo a non precipitare sulla torta e a tornare a casa. Prevalga l'Inghilterra. O, al limite, anche il Galles. Alla fine è uguale.

In foto, Power Up, l'energy drink preferito dagli idraulici italo-americani. Ingredienti elencati sul retro della lattina: taurina, caffeina, guaranà, ginseng, zucchero, coloranti, aromi. I funghetti di Mario saranno compresi in quest'ultima voce?

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