Il barbatrucco di LocoRoco

Ci sono degli eventi che non esiti a definire epocali. Come quando, per esempio, passi davanti a una cartolibreria (una delle tre che sono rimaste in Italia) e vedi i pupazzetti dei Barbapapà. E scopri che, no, quella non è una cartolibreria vintage, con i residuati degli anni 80 tipo Brivido e gli altri scatoloni della MB. È proprio che la barbosa famiglia nippo-francese è tornata. In TV, nei libri a fumetti, con i pupazzi. Magari la sigla cantata da Lippi e dalla Berti (e scritta da Vecchioni) non c'è più, ma loro imperversano. E la colpa, diciamolo, è tutta di LocoRoco, ché avevi voglia a incensarlo come titolo originale: si vedeva lontano un miglio che era un parente dimenticato della barbosa famiglia (il fratello non troppo sveglio di Barbaforte e Barbabella, sospetti). I Barbapapà. Che ti ricordano quella volta, a Tokyo col Nick, quando nella mega-sede della Kodansha a Bunkyo-ku (con grandi vetrate e vista panoramica sui grattacieli della città. Tipo ufficio medio di un boss di fine livello in un picchiaduro a scorrimento) li hai visti in una vetrinetta, tra mille pupazzi su licenza, e hai detto : "Hiii, i Barbapapà!!", e la signorina Kodansha ha riso così forte che, complici i denti storti a far da deflettore, ha spruzzato tutto il té verde che stava bevendo. Sulla tua giacca. E poi si è prodigata in mille inchini di scuse, tutta rossa in volto. E tu, signorile, le hai detto che non faceva nulla. Ché tanto sapevi che, dopo, il suo capo l'avrebbe fatta fustigare a morte per quell'offesa ai suoi ospiti. Quella volta lì. Che poi sei uscito, nella gelida ma tranquilla prima sera di Tokyo. E la giacca era sempre, irreparabilmente macchiata, e tu continuavi a pensare: "Hiii, i Barbapapà!!".

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