Press tour: fenomenologia di un falso mito (parte 1)

Sui press tour della stampa specializzata, su questa cosa che i giornalisti ludowanker vengono infilati in un aereo per andare a vedere i giochini, anziché il contrario, scrisse anni fa un bellissimo post Simone Crosignani sul forum di TFP. Ma come i filosofi che, giusto per amor di aprir bocca, tentano perennemente un nuovo approccio su questioni ormai pacifiche da settecento anni, ti va di iniziare a sezionare in laboratorio il mito del press tour. Quei sorrisi con l'occhiolino di amici e lettori. Quel collezionismo di timbri sul passaporto che, per soggetti mediamente sottopagati e alle prese con una professione cui viene riconosciuta rispettibilità sociale un pelo inferiore a quella dei ricettatori di rolex falsi, è chiamato a riempire il bagaglio emotivo di esperienze, le più assortite. E il bagaglio a mano di magliettine extralarge già slabbrate all'origine, le più orrende...

Press Tour di tipo 1: "Se ne vada in seconda classe, vedrà che starà benissimo!"
Nella summenzionata analisi, il Crosignani elencava le scuse accampate dai pièrre (sì, i soggetti che per rifilarti un coverage del gioco sull'Anitra WC ti chiedono sempre come stanno i tuoi figli. Quelli che non hai) per scrollarsi di dosso i temibili Press Tour andata-ritorno in giornata, quelli che le redazioni rifilano a collaboratori e redattori di grado sub-slave. Oggi non usa più. Non ci pensano nemmeno a prometterti una loro presenza. Ti danno gli orari dei due voli, un indirizzo, e assicurano l'esistenza di un'auto prenotata per te che, guarda, cascasse una pannocchia sarà là ad attenderti. Così arrivi, nella gelida mattina piovosa di un giorno qualunque, in una ridente campagna del Sarcazzenshire (il press tour, in questa forma basica, si svolge SEMPRE nelle più remote provincie inglesi). Ma non c'è nessuna macchina. Non ci sono taxi. Non c'è più religione. La gente del luogo parla un idioma strano che solo estenuanti sforzi ermeneutici riescono a ricondurre nell'alveo della lingua inglese. Quando realizzi che quel "Nauaauaa" che continua a ripetere il vecchietto con berretto, baffi a manubrio e sguardo bovino è un semplice "No", abbandoni ogni speranza di intavolare un dialogo finalizzato a procacciarti indicazioni utili, e ti avvii in silenzio nella nebbia, in una direzione qualsiasi. Dopo due ore a girovagare nel nulla, farai così pena che la prima contadina albionica che incontri ti mette in mano una moneta da due sterline. Tenga, brav'uomo.
Arriverai in qualche modo, giusto in tempo per i saluti. Ti rifileranno un panino surgelato improponibile, un DVD con quattro foto, una pacca sulla spalla. E, nel congedarsi cercando di trattenere un rutto dall'alto tasso alcolemico, un ludosviluppatore con la pancia importante sblusata sui pantaloni ti inviterà a prendere una maglietta (sempre nera, sempre con loghi orribili, sempre con la consistenza del pannocarta) da un tavolino. Taglia XXXS o Taglia Godzilla, vedi tu ciaograzie. Burp!

Press Tour di tipo 2: "Un po' di pheega qui? Oops..."
In questa tipologia già subentra un elemento importante: il pernottamento. A seconda dei casi, trascorrerai una/due notti in un albergo bellissimo o in un allevamento intensivo di piattole, a due passi dagli uffici del team di sviluppo o in un'altra zona/città/regione. In un caso limite vi hanno mandati un attimo a dormire in un altro paese. No, davvero.
A caratterizzare il press tour del secondo tipo sono le pheeghe. Nel senso che buona parte degli sviluppatori della minkia di strategici, sparatutto, sparatutto strategici, strategici sparatutto, sparatutto sparatutto, hanno sede legale e uffici in Svezia, Norvegia, Repubblica Ceca, Ucraina, Ungheria. Per questo motivo, a partecipare a questi viaggi della speranza sono o ludowanker consumati, già appagati nella loro conoscenza in senso biblico dell'universo femminile e quindi ampiamente vaccinati dal pericolo di strabismo da avvistamento di pheeghe multiple allo stato brado, o al contrario nerd allupatissimi con la bava alla bocca che riescono a far prevalere la propria bramosia su ogni gerarchia redazionale. Esempio del primo tipo, ovviamente tu (anche perché tua moglie legge il blog). Esempio del secondo tipo, ovviamente Stefano F. Brocchieri. Trascinati a mangiare gulash e salmone crudo in un qualche pub vichingo, inevitabilmente incontrerete gnocca locale, drappelli di italiani a caccia di gnocca locale, mafiosi russi, drogati autoctoni, gentaglia con la faccia di Stefano F. Brocchieri. In quest'ultimo caso scatta in automatico il gemellaggio tra il vero Brocchieri e il suo sosia dell'Est, con baci, abbracci e crescendo di brindisi in finto italiano.

[CONTINUA...]

Commenti

  1. Aahahah, comunque il più alto concentrato di miei sosia li ho beccati ad LA, dalle parti dei quartieri messicani. È sintomatico come ogni volta che andavo a comprarmi anche solo una bottiglietta d'acqua o un pacchetto di sigarette mi chiedessero i documenti, pensando probabilmente che avessi appena cruzado la frontiera. ^^

    -Stefanino

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