Come Ammaniti Comanda
Schivando per il rotto della cuffia le pulsioni masochistiche dell'altra metà della famiglia, che ieri voleva trascinarti a vedere quel cazzo di cinepanettone, sei stato finalmente a vedere Come Dio Comanda. Del film che ripropone il ticket Salvatores - Ammaniti (e che sarà, a occhio e croce, il ventesimo interpretato da Elio Germano che vedi negli ultimi tempi) avevi letto le peggio recensioni. Nepoti su Repubblica lo descriveva, in buona sostanza, come un teatrino di personaggi troppo rigidi, troppo incatenati ai loro ruoli; la Tornabuoni ne parlava come di una roba lenta e incompiuta; qualcun altro diceva qualcos'altro che proprio non ricordi, ma comunque non erano rose e fiori e se pure erano fiori erano davvero ma davvero brutti. Ora, è vero che, per asciugare dalle centinaia di pagine del romanzo una storia da un'ora e quaranta si è tagliato molto, e in quel molto sono finiti uno dei personaggi che ti piacevano di più (Danilo Aprea, che completava il trittico di sbandati con il padre di Cristiano e Quattro Formaggi) e molte nuance psicologiche di quelli rimasti (la spiegazione del perché, a un certo punto, il pacifico Quattro Formaggi, il tizio scemo ma buono, sbrocchi e diventi un maniaco omicida); ed è anche vero che Cristiano scivoli sullo sfondo, e i riflettori finiscano addosso alla figura ben più ingombrante del padre (un Filippo Timi che, quando non scrive cazzate su Rollinstònz, sa essere un attore in gamba). Ma il film regge, e lo fa rispettando quantomeno lo spirito del romanzo (non a caso Ammaniti ha partecipato al film come co-sceneggiatore), l'atmosfera fredda, umida e spietata del nord est più desolato e desolante. Ecco, l'unica cosa che proprio non hai capito è quale interesse abbia avuto il Friuli Venezia Giulia a (come si evince dai titoli di testa) patrocinare un film del genere: da quelle cave marziane, da quelle case basse scolorite dalla pioggia, da quei centri commerciali vuoti, da quella popolazione di zombie, non vieni incoraggiato mica a farti un week-end in Friuli, eh.
In foto, la locandina del film. Il cui finale è l'unico punto in cui la trama si discosta un attimo dalla lettera del romanzo. Ed è una scelta felice, perché colpisce.
Cazzo ci deve andare a fare uno in Friuli, poi. Mah.
In foto, la locandina del film. Il cui finale è l'unico punto in cui la trama si discosta un attimo dalla lettera del romanzo. Ed è una scelta felice, perché colpisce.
Cazzo ci deve andare a fare uno in Friuli, poi. Mah.
Ma esisterà poi veramente, il Friuli? Mah..
RispondiEliminaGuarda, se esiste il Molise...
RispondiElimina..E cosa sarebbe 'sto Molise? E' forse simile al Moige?
RispondiEliminaA volte è anche un po' peggio ^__^'
RispondiEliminabah... non ho ancora visto il film, sicuramente lo farò, ma questo qui non è rino zena! o almeno, non è lo stesso rino zena del libro, la rappresentazione fisica è un aspetto fondamentale per un personaggio del genere... questo rino proprio non ce lo vedo a prendere a calci in culo un max marchetta che chiama la vodafone con le strisce sbaincanti appiccicate ai denti... poi va beh...
RispondiEliminaoggi in compenso mi riguardo per l'ennesima volta l'ultimo capodanno, che film cazzo!
buon anno doc!
Dici? (buon anno anche a te). A me è sembrato un Rino fin troppo fedele. Semmai, a tratti, poco verosimile, ma fedele alla controparte cartacea. Guarda il film che poi ne riparliamo.
RispondiEliminaE sì, l'incompreso L'Ultimo Capodanno rulla.
non dire ti prego Friuli Venezia Giulia. Puoi parlare male del Friuli, ma non del Friuli Venezia Giulia!
RispondiEliminaSaluti
un triestino