Le origini del manga di Akira, il capolavoro cyberpunk prima del cyberpunk

Akira Storia Manga Katsuhiro Otomo

Nuovo appuntamento con la rubrica - ancora senza nome. Ne avete suggeriti tanti, grazie, ne va solo scelto uno - sulla genesi dei capolavori del fumetto mondiale. Questa volta tocca a Renat... ad Akira. Al fumetto che raccontava in un certo senso gli eventi futuri, sì, per quella faccenda di Tokyo e delle Olimpiadi, ma che soprattutto imbottigliava un fulmine chiamato cyberpunk. Prima che si iniziasse a parlare di un genere chiamato cyberpunk [...]

Akira Storia Manga Katsuhiro Otomo

Si dice spesso che i geni regalano all'umanità i loro capolavori quando sono ancora giovani. Ora, senza scomodare il solito Mozart come esempio, è innegabile che questo è molto vero - per varie ragioni - nel mondo dei manga. Anche quando parliamo di Katsuhiro Otomo.

Nato a Tome, nella prefettura di Miyagi, nell'aprile del 1954, a fine anni Settanta Otomo è un mangaka ventenne già conosciuto e apprezzato, e in procinto di cimentarsi con l'opera della sua consacrazione. Otomo non lo sa, come probabilmente non lo sanno buona parte delle figure coinvolte in questa storia, ma è in atto una clamorosa convergenza di idee a livello globale. Nella sua testa, sedimentandosi sui lavori precedenti, come vedremo tra un attimo, balena l'idea di Akira, che verrà considerato uno dei capisaldi del cyberpunk a fumetti, ma il cyberpunk ancora formalmente non esiste.

Il mondo prenderà davvero consapevolezza del sottogenere letterario che di lì a poco brucerà in un lampo breve e intensissimo, almeno quanto i programmi di difesa di Chrome, solo con il romanzo manifesto del cyberpunk, Neuromante di William Gibson, nel 1984. Ma i racconti cyberpunk esistono già da tempo - Frammenti di una rosa olografica dello stesso Gibson, per dire, è del '77. E Philip K. Dick e altri precursori ne avevano già sviluppato alcuni aspetti decenni prima - e Oltreoceano e nel Regno Unito anche la fantascienza a fumetti sta già cogliendo quel mood, mettendo a frutto quelle idee.
Il cyberpunk è del resto, prima che un genere, prima che il termine stesso venga coniato da Bruce Bethke come titolo del racconto omonimo (dell'80, ma pubblicato nell'83), prima di ogni altra cosa, una sensibilità comune.
E mentre questi autori gaijin imbottiscono il loro futuro di Giappone, con storie di Johnny Mnemonici vari alle prese con la Yakuza, le grandi corporation zaibatsu e tutto il resto, Ridley Scott fa lo stesso per il suo Blade Runner (1982). Il Giappone rampante e avveniristico dell'epoca È il futuro: la fantascienza, in tutte le sue forme, non può girarsi dall'altra parte.

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Gang di motociclisti: nel 1981, Otomo realizza questa illustrazione per la cover di Okami tachi no koya, romanzo di Haruka Takachiko (membro fondatore di Studio Nue e creatore, tra le altre cose, di Crusher Joe e Dirty Pair).

Intanto, proprio in Giappone, questo ragazzo che ama Star Wars, Katsuhiro Otomo da Tome, dà il via a uno dei più significativi contributi al genere. Un fumetto che, attraverso la sua trasposizione cinematografica, fungerà da volano per una clamorosa seconda ondata di interesse per il cyberpunk, aprendo gli occhi di Hollywood nei confronti degli anime e di determinati temi. Il giovane Otomo vive in una cittadina senza molti cinema, il che lo costringe a lunghe trasferte in treno per coltivare la sua passione. Intanto studia alla Sanuma High School, dove anni prima si è diplomato il grande Shotaro Ishinomori.

Nel '73 Otomo si trasferisce a Tokyo per inseguire il suo sogno, diventare un mangaka. Il suo primo lavoro viene pubblicato nell'agosto di quell'anno. Si intitola Mateo Falcone ed è l'adattamento di una storia breve del 1829 di Prosper Mérimée su un tizio della Corsica dall'ottima mira e con dei grossi casini in famiglia, diremo. Poi si dedica a una serie di storie brevi per la rivista Action, che verranno in seguito raccolte in volumi come Highway Star.
Ma è la fantascienza a chiamare a sé Otomo come una sirena, e la sua prima opera lunga, nel 1979, è, non a caso, la storia di una città gestita da un supercomputer chiamato Atom e di un gruppo di ribelli dotati di poteri ESP che vuole sabotarlo: Fireball
Otomo si scoccia praticamente subito della storia ("Dopo le prime venti pagine", dirà) e la molla, lasciandola incompiuta per dedicarsi a un altro manga, che ne sviluppi meglio le idee. Il tema dei poteri mentali di Fireball viene ripreso quindi in quello che è un altro gradino importante verso AkiraDomu - Sogni di bambini, con la sua storia di case popolari, emarginazione, facoltà extrasensoriali e palazzi che crollano.

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Il successo di pubblico e critica di Domu (1980-1981), su cui Otomo affina il suo stile, così lontano dagli standard di tanti manga coevi, lo porta a cullare un progetto molto più ambizioso. Riprende ancora una volta lo spunto della psicocinesi e lo pompa al massimo, buttandoci dentro anche tante altre cose che gli piacciono. A cominciare dai fumetti di Moebius - eccolo il collegamento diretto, la radice comune con Blade Runner - come Arzach, che ha scoperto qualche anno prima e che lo hanno colpito molto.

Ma anche Tetsujin 28-go di Mitsuteru Yokoyama, da cui prenderà in prestito tanti nomi, a partire dal suo protagonista, Shotaro Kaneda (ma pure Tetsuo, il colonnello Shikishima o il numero 28 con cui è contrassegnato Akira vengono da lì), e i film sulla gioventù anarchica e ribelle girati da Sōgo Ishii. In particolare la banda di teppisti in moto (in Giappone si chiamano bosozoku) dall'animo punk e dal look aggressivo di Crazy Thunder Road (1980). Praticamente i cugini più grandi dei Capsule di Kaneda, Yamagata e gli altri.

La serializzazione di Akira parte sulle pagine di Weekly Young Magazine, rivista seinen della Kodansha, il 6 dicembre del 1982. Giusto una manciata di mesi dopo l'approdo nelle sale di Rick Deckard. L'avventura di Akira andrà avanti per oltre 2.000 pagine, pubblicate tra l'82 e il '90 e poi raccolte in sei volumi. Volumi che arriveranno a vendere milioni di copie.

Del primo, nell'84, la Kodansha tira inizialmente trentamila copie. Entro due settimane, ne stampa dieci volte tanto per soddisfare la domanda. Il fenomeno Akira esplode come la sua Neo-Tokyo.

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Appunto.

Mentre la serializzazione di Akira fa esplodere anche le vendite di Weekly Young Magazine, Otomo si dedica pure ad altro. E cioè sempre ad Akira. L'autore - scottato a quanto sembra dalla sua esperienza nel settore anime, come character designer nel film Harmagedon - La guerra contro Genma (Genma taisen, 1983) - accetta infatti di veder trasformare il suo manga in un film per il grande schermo solo a patto di conservare il controllo creativo sull'opera.

Ne nasce il film d'animazione all'epoca più costoso della storia del cinema giapponese (oltre un miliardo di yen) e il cui impatto sull'immaginario planetario è enorme. Anche per chi è convinta, ai tempi dell'arrivo in Italia, che "Akira" significhi "Renato", sì.

Il film viene realizzato dunque a serie ancora in corso, e ne altera in modo significativo gli eventi nella seconda parte, per poi convergere verso un finale simile. Otomo non è felicissimo peraltro di quello del manga, di finale, perciò aggiunge nella raccolta in volume un epilogo di 35 pagine, quella parte con l'approdo delle forze ONU e quelle ultime battute tra i protagonisti. Il finale originale, invece, è la scena a pagina 403 del sesto volume.

Dell'anime di Akira si diceva qui.

Qualche mese dopo l'uscita del film (in Giappone il 16 luglio dell'88), Akira sbarca negli USA grazie alla Marvel. La Casa delle Idee è alla ricerca di prodotti diversi per la sua linea di fumetti maturi, la Epic Comics. Akira è uno dei primi manga a venir pubblicato per il mercato americano, ma si sceglie un formato non troppo lontano da quello dei comics. Nelle dimensioni quanto nel contenuto: si decide di colorare insomma tutta l'opera, affidandola a un colorista affermato, Steve Oliff.

Akira Storia Manga Katsuhiro Otomo Marvel Epic Glenat
La cover del numero 5 Marvel/Epic diventerà due anni dopo quella del numero 1 dell'Akira di Glénat Italia, "L'Autostrada".

Oliff non ha mai sentito parlare di Akira, ma è stato lo stesso Otomo a sceglierlo, e gli sono piaciute le prove realizzate dal colorista. I due si incontrano negli uffici della Marvel a New York e Oliff ottiene il lavoro. E un fiammante IBM 286 da 12mhz, con un programma di colorazione in DOS, per mettersi all'opera (come racconta lui stesso sul suo blog). Un PC con cui Oliff vuole fare qualcosa di mai visto prima nel campo della colorazione, ma che gli si pianta ogni tre secondi.

L'edizione Marvel/Epic di Akira coprirà 38 numeri, in cui i colori, spiega Oliff, non sono mai del livello desiderato per una storia di braccino corto da parte di Marvel (che nel corso della pubblicazione continua ad aumentare il prezzo dell'albo per rientrare dei costi). Il tutto, influenzerà comunque un fan di Akira con cui Oliff si troverà a lavorare di lì a poco, tale Todd McFarlane. Non conosci, non sai.
Ah, sì. L'edizione USA sposta di dieci anni in avanti gli eventi del manga. La terza guerra mondiale nel '92, l'inizio della storia nel 2030. 
La versione colorata Marvel è anche la prima di Akira ad arrivare da noi, per Glénat Italia, nell'aprile del '90. Chiuse casa editrice e serie nel '94, gli ultimi due volumi a colori vengono pubblicati in seguito da Planet Manga, prima di una edizione in bianco e nero da 13 uscite (1998-2000) e finalmente di una in sei volumi come l'originale, la Akira Collection (2005-2006). Nessuna di queste ha però l'ordine di lettura in giapponese, ragion per cui debutterà in questi giorni una nuova edizione, sempre per Planet Manga e in sei tomi, con nuove traduzioni e senso di lettura originale.

Akira Storia Manga Katsuhiro Otomo

Cosa resta di Akira, a quasi quarant'anni dall'inizio della sua epopea, e a trenta dalla sua conclusione? Beh, tanto, tantissimo. Hai finito di rileggerlo per l'ennesima volta giusto qualche giorno fa. E non è solo la fantascienza pura che trasuda da ogni snodo narrativo, il modo di Otomo di raccontare e ri-raccontare la storia (il bombardamento degli americani su Neo-Tokyo, metti), il rapporto a base di amicizia e morte che lega fino all'ultimo istante i due ex ragazzini disadattati Kaneda e Tetsuo.
Akira è il livello di dettaglio incredibile di ogni tavola, quei palazzi in frantumi, quel mecha design di moto, armi, satelliti spazzatutto. 
I mille tratti e i fiumi di inchiostro e le tonnellate di retini su ogni singolo elemento sullo sfondo. Il lavoro svolto da Otomo e dai suoi assistenti (Yasumitsu Suetake, Makoto Shiosaki, Satoshi Takabatake. E, non accreditato, un ragazzo di bellissime speranze chiamato Satoshi Kon), su una serie con i tempi di pubblicazione folli dei magazine nipponici, ha semplicemente dello sbalorditivo. Non ti stancherai mai di guardare quelle pagine, o di sfogliare il fondamentale volume Akira Club.

Akira Storia Manga Katsuhiro Otomo Olimpiadi Tokyo 2020

E poi, sì, c'è la faccenda alla Simpson del futuro predetto trentotto anni fa. Nel 2019, che è sempre l'anno pure di Blade Runner, perché tutto torna, la Neo-Tokyo di Akira si prepara a ospitare i Giochi della XXXII Olimpiade. Come avrebbe dovuto fare la Tokyo vera, quest'anno. Ed è là che la realtà insegue la fantascienza in una serie di modi intriganti/inquietanti. Come Doraemon, gatto ambasciatore delle Olimpiadi (perché sì) che si trasforma nel filmato di presentazione, subendo le deformazioni corporali di Tetsuo. Come il cantiere di un grande magazzino a Shibuya addobbato per diversi mesi da cantiere di Akira. Per umarell nipponici cyberbulli nell'animo.

O come il fatto che le Olimpiadi di Tokyo 2020 non si svolgono, né in Akira né nella realtà. Lì per quella storia del ragazzino con i poteri sconvolgirealtà e tutte quelle bolle di energia che devastano a più riprese la metropoli, qui per la storiaccia del COVID-19, che costringe i giapponesi a rimandare tutto all'anno prossimo (ma conservando il nome Tokyo 2020, per non buttare il merchandising).

Akira è tra noi, parte fondamentale del nostro immaginario. E non ha in programma di andarsene. "Corre voce che Akira sia ancora vivo", dicono gli scienziati stranieri in una delle ultime pagine del manga. Oh, puoi scommetterci, ciccio.

GLI ALTRI POST DI QUESTA RUBRICA SULLA GENESI DEI CAPOLAVORI DEL FUMETTO (MA "RUBRICA SULLA GENESI DEI CAPOLAVORI DEL FUMETTO" È UN NOME TROPPO LUNGO)

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Commenti

  1. Niente da dire sull'impatto devastante di Akira e sulla sua forza visiva. Mi ricordo quel primo numero Glenat che apparve a Lucca, e che anche per me cambiò tutto. Peccato però che la storia si sfilacci nella seconda parte, associandosi al film in un "bello, ma" che nulla toglie alla sua importanza.

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  2. Davvero un bel post. C'è sempre fame di Akira, sempre. Di Otomo ho sempre trovato incredibile la resa delle architetture e ogni volta rimango sgomento nel pensare alla fatica spesa per disegnare quelle migliaia di finestre. Poi il taglio delle inquadrature e la precisione delle pose: ricordo che mi innamorai del suo stile per come un soldato imbracciava un mitra. Lessi parte del'edizione Glénat, poi tutta quella in 13 volumi di Planet Manga, prestata da un amico. Tempo fa mi sono deciso a fare la Collection in 6 volumi. Ho preso i primi tre e ora sono indeciso se continuare o meno, dato che la nuova edizione mi interessa molto, soprattutto perché non è ribaltata.
    Ma quanto è inquietante il povero Doraemon-Tetsuo?

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    1. Il lavoro incredibile su quegli sfondi, quei palazzi dalle mille finestre, è soprattutto - come spesso accade - dei citati assistenti di Otomo. In particolare, Takabatake.

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    2. Si, quando vedo certe cose nei manga peso sempre ai poveri assistenti 😅 Stavo velocemente controllando Akira Club su eBay. Il più accessibile è in inglese. Ci sto facendo un pensierino 😭

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    3. In Giappone si trova usato a prezzi accessibilissimi, nel giro dei Mandarake e simili. Ho a casa la copia di Effe (vedi foto su Instagram), perché la mia non so che fine abbia fatto. Su Amazon, oltre a quella in inglese. ne vedo una versione in spagnolo che non conosco e non so se sia stampata bene o meno (ma di sicuro il testo, e ce n'è, è più comprensibile di quello in giapponese): amzn.to/3c6yjyD

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  3. quindi l'edizione in volume ha un finale diverso,lo ignoravo,dovrò prendere l'ultimo volume quindi

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    1. Diverso dalla prima pubblicazione su rivista in Giappone, come riportato da diversi libri. Ma tutte le versioni di Akira viste in Occidente, a partire da quella Marvel, contengono già le pagine dell'epilogo. Curiosità: l'edizione USA Marvel/Epic accumulò dei ritardi notevoli, proprio perché Otomo non era contento di alcune cose di quella giapponese, pare. Tra il numero 33 e il 34 c'è uno stacco di tre anni e mezzo. Negli ultimi due numeri, il 37 e il 38, le pagine di ogni albo (una settantina) sono divise tra Akira e gli Akira Tributes, storie e pin-up realizzate da autori USA (Texeira, Larry Hama, Madureira...). Il risultato è che la storia di Akira si chiude sul 37 con il finale originale, mentre sul 38 ci sono finite le altre 35 pagine dell'epilogo.

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  4. Bellissimo articolo Doc.
    Scoprii Akira nella pubblicità in un numero del batman glenat; incuirosito ne presi un numero...il mese dopo la glenat chiuse battenti :'( ...avrò portato sfiga? bah
    Anni dopo recuperai il film, grazie al mio team di karate composto da nerd dell'animazione giapponese.
    Poi grazie alla Planet\Panini finalmente riuscìì a leggermi tutto il manga

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  5. Se ripenso al film mi ricordo lo sbrocco dei vetri infranti che cadono dai palazzi e le animazioni dei tubi divelti che perdono ozono nel cantiere..........

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  6. Mi hai fatto venire tanta ma tanta voglia di leggerlo.
    Pistola alla tempia Doc: meglio il manga o l'anime?

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    1. Il manga. Ma qui si fa presto ad amarli entrambi, sia pure per ragioni un po' diverse.

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  7. Doc, cosa ne pensi di Bartkira, genio o follia?

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    1. La seconda. Idea simpatica, risultato 'nzomma. Ma anche perché di mash-up con Akira si è vista davvero la qualsiasi.

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    2. Ho visto solo qualche immagine del fumetto, ma immagino che leggerlo tutto sia pesante. Però il trailer video è veramente qualcosa.

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  8. sai che in questo genere di articoli si apprezza tanto quanto tu sia bravo a scrivere?

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  9. Temo che anche questa rubrica ormai rischi di rimanere innominata, cionondimeno io ci riprovo:

    “Fumetti Irrinunciabili. Genesi, Approfondimenti, Teorie, Eredità. Arte Sequenziale Trattata Rispettosamente da Autori Lungamente Influenti”



    Se è troppo lungo si può usare l’acronimo.

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  10. La potenza di Otomo mi lascia sempre esterrefatto sia nel manga che nell'anime . Ma voglio confessare il mio piccolo segreto : adoro il,doppiaggio storico, perché il nuovo sarà anche più corretto ma non ne ha la forza. E poi la colonna sonora è sempre nel mio stereo :)

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  11. Su Akira ho già detto a più riprese. Capolavorò assolutò (per auto-citare il mio commento al post sul film) e amore a prima (e seconda, terza, ecc) vista, sia manga che anime, ma anche capolavorò imperfettò, a mio modesto (e contestabilissimo) parere.
    Il film riassume un po' troppo ed è funestato da un adattamento pessimo (ma questo non è ovviamente colpa di Otomo), il manga allunga un po' il brodo in alcuni punti, ma comunque siamo in zona "pietra miliare della storia dell'arte". Sul fronte animazione ho sempre preferito il suo "compagno di banco" Ghost in the shell, mentre per quanto riguarda il manga mi piace di più Renato.
    Realizzo solo adesso che mi ci fai riflettere che una tale cura maniacale nella resa di fondali, dettagli, ecc, con i tempi folli delle consegne giapponesi ha dell'incredibile. E' anche vero che i giapponesi ci hanno "abituato male", perché i disegni di Kishiro, Shirow, Urasawa, Taniguchi, Miura o Nihei (e ci aggiungo anche una recente piacevole scoperta, Kamome Shirahama di "Atelier of witch hat") non sono da meno di quelli di Otomo...

    E ora vado in OT selvaggio!
    Ho finito di vedere la divertentissima live Twitch con Nick Carrassi (non ce la faccio a reggere il ritmo, recupero pian pianino un po' alla volta...), sempre grandissimo (anche se alcune cose già le aveva dette ;P)! Ci ho messo tre sere a sentirla tutta tanto era lunga: il secondo giorno mia moglie è arrivata a mezzanotte e 20, "Vieni a letto che è tardi!", io: "Aspetta un attimo, finisco di sentire la frase". A mezzanotte e 35 la moglie è tornata: "Allora, è finita 'sta frase?!?..." (col tono da "ho capito che me stai a cojonà"). Io ho spento il computer, sentendomi un po' colpevole, ma in realtà no, la frase non era mica ancora finita XD ...

    OT-2: BillissimissimISSIMA l'intervista a Paolo Linetti sulle origini del manga, sapere che in Giappone c'erano edicole, fumetterie e case editrici quando qui si andava in giro vestiti come il Conte Uguccione mi ha lasciato estasiato...

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  12. Ma... C'è in giro una versione italiana non ribaltata o mi rassegno a prenderla in giapponese?

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    1. "Nessuna di queste ha però l'ordine di lettura in giapponese, ragion per cui debutterà in questi giorni una nuova edizione, sempre per Planet Manga e in sei tomi, con nuove traduzioni e senso di lettura originale."

      C'è scritto, neh :)

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    2. Damn... devo smetterla di leggere di fretta e furia. Sorry. :)

      Cheers

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  13. E sempre sia lodato il FuoriOrario di Rai3 per avercelo fatto conoscere.

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  14. Insieme a Devilman e Ken il Guerriero, una delle letture che più mi ha colpito seriamente alla fine dei '90.

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  15. Vabbè Ren....Akira, ma di Berserk ne vogliamo parlare? Di Akira ho il DVD super special comprato alla Fnac ( quando c'era ) e visto il film in prima visione ( Sempre a Milano ) in un cinema di Corso Lodi che ora non c'è più.

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  16. Si sa il manga che il film, miti assoluti

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  17. Verissimo, grazie a Fuori Orario oltre ad Akira ebbi la possibilità di vedere Tetsuo di Tsukamoto.
    Aiuto la nostalgia mi travolge...

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