The Neon Demon, la recensione senza spoiler
"Dal regista di Drive", ti ricordava ieri sera la locandina di The Neon Demon, il nuovo film di Nicolas Winding Refn. "E di Valhalla Rising", aggiungeva una vocina nel tuo cervello, mentre ammiravi questa composizione di una modella-bambola sanguinante iscritta nel simbolo della Triforza di Zelda rovesciato e fatto di neon azzurri. Sei uscito dal cinema abbastanza spiazzato, perché sì, The Neon Demon è per molti aspetti un parente più prossimo a Valhalla Rising che a Drive. Il Valhalla Rising del crudele mondo della moda di Los Angeles. Girato da un fan danese di Luis Buñuel, Lynch e Fellini. Pentito di averci speso due ore di vita e la bellezza di sei euro, nell'ultimo giorno di programmazione qui al solito multisala? No, nient'affatto [...]
L'idea di base, una macedonia di sesso e morte nel mondo glam della moda, è di per sé un tema vecchio come il cucco, se pensiamo che se n'è occupato trentuno anni fa pure Vanzina Carlo con Sotto il vestito niente. Solo che The Neon Demon non è un thriller classico e, anzi, non è manco un thriller. È un film in cui per un'ora e mezza succede narrativamente poco e nulla, con un'esplosione di violenza finale più dalle parti dello slasher movie che del giallo.
Jesse (Elle Fanning) è una ragazzotta di provincia che arriva a Los Angeles e si trova catapultata nel giro delle modelle che contano, sotto gli occhi e le attenzioni morbose di due colleghe, una truccatrice che se ne va in giro con il cartello SONO LESBICA, EH! appeso al collo, un fotografo che non parla, uno stilista che pure lui non lo pagano a battute, uno spasimante parcheggiato in friendzone, un proprietario di motel becero e violento e addirittura con la faccia di Keanu Reeves. Siccome è una ragazza ingenua, considerata da tutti bellissima perché fresca, Jesse accumula per quell'ora e mezza lì sguardi carichi d'odio ovunque: tutti, come in Totò Diabolicus, sembrano avere un buon motivo per farla fuori. "L'innocenza è pericolosa", c'è scritto sulla locandina. Eh.
La storia, sostanzialmente, è tutta qui, una trama così esile che potresti scriverla in un haiku e farti avanzare pure una manciata di parole. Il che, vero, è un tratto comune di molti film di Refn, ma altrove quel poco bastava a creare una qualche struttura, mentre qui tutto è volutamente piatto e monocorde e il messaggio che ne vien fuori è un gigantesco, lampeggiante buongiorno a Ciccio. In Drive c'è il tema della natura violenta che prima o poi torna a galla, la rana e lo scorpione, quelle robe lì; in Solo Dio perdona c'è questa storia di depravazione e morte e vuoto cosmico; in Valhalla Rising c'è la ferocia senza limiti dello stato di natura. In tutti c'era l'attesa di qualcosa: l'autista silenzioso strippa? Julian vuole davvero vendicare il fratello? Che diavolo troveranno 'sti vichingi oltreoceano? Qui è uguale, solo che la storia di Jesse è talmente impalpabile e scontata che non si crea alcuna connessione.
Quello della moda è un ambientino feroce, dove tutti non si vogliono davvero bene-bene, ma sono pronti a sbranarti se gli freghi il posto? Un branco di iene in cui la carne fresca va messa in riga? Le quattro donne che formano la Triforza con Jesse sono i quattro volti della stessa ossessione? La passerella e il successo sono un catalizzatore di demoni al neon che ti trasformano in superstronza? Uh, ok, e quindi? Perso nel vuoto pneumatico, prima dell'attesa e puntualissima deflagrazione finale, ti sei concentrato sul resto. È un film visivamente impeccabile, alla Refn, The Neon Demon? Sì. Per la maggior parte del tempo, sì. Si parte proprio dalle luci al neon dai colori fluo, da inquadrature e riflessi e ikebana di immagini meravigliosi, che ovviamente si sposano benissimo con un'altra colonna sonora elettronica di Cliff Martinez (Drive). Con i campanellini della magia qui e là, alla Blade Runner, ché tanto queste modelle bionde son tutte replicanti piovute sulla Terra, chiaro.
Hai scritto "per la maggior parte del tempo" perché la confezione di cinema artistico, la pera sinestetica di luci e suoni, inciampa ogni tanto in un glam così glam da sembrare uno spot di Calvin Klein. No, meglio, un collage di mille spot di Calvin Klein o di altri profumi assortiti. La scena in cui Jesse scopre l'autoerotismo è una delle tante in cui manca solo il logo sovraimpresso di un Eau di qualcosa. Voluto, visto l'ALTRA scena a cui si alterna nel montaggio da rigetta il popcorn? Probabile. Fatto sta che il piglio artistico del regista scivola, vista l'ambientazione, nel glam visto e rivisto, da cui riesce a scivolar via alla fine solo inzaccherandosi nel sangue.
Ecco, il finale. Che è una roba di quelle che è meglio cenare prima del cinema. E però, telefonato quanto vuoi nell'assenza di una storia vera, in una trama piatta quanto le modelle protagoniste, dà senso al tutto, estremizza la metafora di fondo, azzarda, disgusta. Col risultato che per quanto perplesso ti possa sentire all'uscita, qualcosa ti lascia, fosse pure solo lo stomaco ribaltato. Non è Drive, che è un film per tutti, e non è neanche un narcolettico ma sensato viaggio nella follia come Valhalla Rising, o una storia di vendetta carpiata, silenzi e anti-dialoghi come Solo Dio perdona. È stile senza sostanza. Anzi, no: come leggevi da qualche parte, è stile che la sostanza la divora.
Un film talmente fuori dai canoni consueti che un voto, mai come adesso, vale quello che vale. Cioè niente. C'è chi vi dirà che non è cinema, perché non c'è una storia, e chi invece che è IL cinema, arte svincolata dalle esigenze di una storia, di una mangiatoia bassa, per tutti. Te? Non ti ha fatto impazzire, ma sei contento comunque di averlo visto, ché oh, "perplesso ma interessante" è sempre meglio di "mi hanno ciulato sei euro per la solita cagata americana".
L'idea di base, una macedonia di sesso e morte nel mondo glam della moda, è di per sé un tema vecchio come il cucco, se pensiamo che se n'è occupato trentuno anni fa pure Vanzina Carlo con Sotto il vestito niente. Solo che The Neon Demon non è un thriller classico e, anzi, non è manco un thriller. È un film in cui per un'ora e mezza succede narrativamente poco e nulla, con un'esplosione di violenza finale più dalle parti dello slasher movie che del giallo.
Jesse (Elle Fanning) è una ragazzotta di provincia che arriva a Los Angeles e si trova catapultata nel giro delle modelle che contano, sotto gli occhi e le attenzioni morbose di due colleghe, una truccatrice che se ne va in giro con il cartello SONO LESBICA, EH! appeso al collo, un fotografo che non parla, uno stilista che pure lui non lo pagano a battute, uno spasimante parcheggiato in friendzone, un proprietario di motel becero e violento e addirittura con la faccia di Keanu Reeves. Siccome è una ragazza ingenua, considerata da tutti bellissima perché fresca, Jesse accumula per quell'ora e mezza lì sguardi carichi d'odio ovunque: tutti, come in Totò Diabolicus, sembrano avere un buon motivo per farla fuori. "L'innocenza è pericolosa", c'è scritto sulla locandina. Eh.
La storia, sostanzialmente, è tutta qui, una trama così esile che potresti scriverla in un haiku e farti avanzare pure una manciata di parole. Il che, vero, è un tratto comune di molti film di Refn, ma altrove quel poco bastava a creare una qualche struttura, mentre qui tutto è volutamente piatto e monocorde e il messaggio che ne vien fuori è un gigantesco, lampeggiante buongiorno a Ciccio. In Drive c'è il tema della natura violenta che prima o poi torna a galla, la rana e lo scorpione, quelle robe lì; in Solo Dio perdona c'è questa storia di depravazione e morte e vuoto cosmico; in Valhalla Rising c'è la ferocia senza limiti dello stato di natura. In tutti c'era l'attesa di qualcosa: l'autista silenzioso strippa? Julian vuole davvero vendicare il fratello? Che diavolo troveranno 'sti vichingi oltreoceano? Qui è uguale, solo che la storia di Jesse è talmente impalpabile e scontata che non si crea alcuna connessione.
Quello della moda è un ambientino feroce, dove tutti non si vogliono davvero bene-bene, ma sono pronti a sbranarti se gli freghi il posto? Un branco di iene in cui la carne fresca va messa in riga? Le quattro donne che formano la Triforza con Jesse sono i quattro volti della stessa ossessione? La passerella e il successo sono un catalizzatore di demoni al neon che ti trasformano in superstronza? Uh, ok, e quindi? Perso nel vuoto pneumatico, prima dell'attesa e puntualissima deflagrazione finale, ti sei concentrato sul resto. È un film visivamente impeccabile, alla Refn, The Neon Demon? Sì. Per la maggior parte del tempo, sì. Si parte proprio dalle luci al neon dai colori fluo, da inquadrature e riflessi e ikebana di immagini meravigliosi, che ovviamente si sposano benissimo con un'altra colonna sonora elettronica di Cliff Martinez (Drive). Con i campanellini della magia qui e là, alla Blade Runner, ché tanto queste modelle bionde son tutte replicanti piovute sulla Terra, chiaro.
Hai scritto "per la maggior parte del tempo" perché la confezione di cinema artistico, la pera sinestetica di luci e suoni, inciampa ogni tanto in un glam così glam da sembrare uno spot di Calvin Klein. No, meglio, un collage di mille spot di Calvin Klein o di altri profumi assortiti. La scena in cui Jesse scopre l'autoerotismo è una delle tante in cui manca solo il logo sovraimpresso di un Eau di qualcosa. Voluto, visto l'ALTRA scena a cui si alterna nel montaggio da rigetta il popcorn? Probabile. Fatto sta che il piglio artistico del regista scivola, vista l'ambientazione, nel glam visto e rivisto, da cui riesce a scivolar via alla fine solo inzaccherandosi nel sangue.
Ecco, il finale. Che è una roba di quelle che è meglio cenare prima del cinema. E però, telefonato quanto vuoi nell'assenza di una storia vera, in una trama piatta quanto le modelle protagoniste, dà senso al tutto, estremizza la metafora di fondo, azzarda, disgusta. Col risultato che per quanto perplesso ti possa sentire all'uscita, qualcosa ti lascia, fosse pure solo lo stomaco ribaltato. Non è Drive, che è un film per tutti, e non è neanche un narcolettico ma sensato viaggio nella follia come Valhalla Rising, o una storia di vendetta carpiata, silenzi e anti-dialoghi come Solo Dio perdona. È stile senza sostanza. Anzi, no: come leggevi da qualche parte, è stile che la sostanza la divora.
Un film talmente fuori dai canoni consueti che un voto, mai come adesso, vale quello che vale. Cioè niente. C'è chi vi dirà che non è cinema, perché non c'è una storia, e chi invece che è IL cinema, arte svincolata dalle esigenze di una storia, di una mangiatoia bassa, per tutti. Te? Non ti ha fatto impazzire, ma sei contento comunque di averlo visto, ché oh, "perplesso ma interessante" è sempre meglio di "mi hanno ciulato sei euro per la solita cagata americana".
The Neon Demon
Recensito da: DocManhattan Data: July 07 2016
Voto:
Recensito da: DocManhattan Data: July 07 2016
Voto:
Tempo fa prendevo in giro la mia ragazza,visto i suoi gusti filmici prevalentemente femminili,le dissi: "Ieri sera ho visto "I Mercenari",questo su che è un film in neanche un minuto sono morte 50 persone!" Ovviamente mi ha mandato a fancoolo.
RispondiEliminaScherzi a parte non sono così becero da guardare solo cose simili,mi piacciono anche cose impegnate e d'autore,però questo mi sa tanto che non rientra nei miei canoni.. Boh mi sa tanto che lo si guarda giusto per attendere il movimentato finale.
Magari mi sbaglio
Doc come lo racconti sembra quasi il cigno nero
RispondiEliminaHo fatto lo stesso accostamento mentale, mentre lo guardavo. Soprattutto nella scena della passerella. Ma no, per quanto sia onirico Il cigno nero, Aronofsky va da tutt'altra parte. E infatti quello è facile consigliarlo a tutti, questo molto meno.
EliminaChe poi pure il Cigno Nero non è che fosse un manifesto di originalità, visto che il buon Aronofsky era amicicio e fan della buonanima di Satoshi Kon... Perfect Blue anyone?
Elimina" C'è chi vi dirà che non è cinema, perché non c'è una storia, e chi invece che è IL cinema, arte svincolata dalle esigenze di una storia, di una mangiatoia bassa, per tutti. "
RispondiEliminaE' un falso problema perchè tutto è storia e ha una storia nel momento in cui semplicemente decidi di guardare proprio lì anche se è solo un bimbo che compone un haiku sul retro di un kleenex con quanto ha trovato dopo una rapida ispezione nella narice di un nasino quasi piatto come una modella di un film di Vanzina.
Tutto è raccontabile ergo ha una trama. Detto questo, caro Doc, credo che per i prossimi cento anni eviterò di andare in un multisala se il film che mi aspetta dura più di novanta minuti. Piuttosto un mediometraggio secondo lo stramaledetto dogma di von trier con un tizio che cammina naso in giù seguendo una pista di cose che un bimbo ha seminato poco prima dopo averle rintracciate con una ispezione eccetera. E lo dico anche a te, o brillante director senza nome che so leggi con attenzione questo blog, che è il caso che la smetta di infliggere 140 minuti di storia con il primo tempo interlocutorio a chi è già bollito dopo mezz'ora di commercials di sale bowling della zona. Fai il bravo.
a me ha fatto venire in mente il dogma, che detesto (parlo della recensione, il film non credo lo vedrò)
EliminaVolevo vederlo al tempo, innamoratomi come non mai di un film come con drive, ma anche per bronson (non citandolo, penso tu non l'abbia visto, eppure è più "vedibile" di drive sotto molti punti di vista -già da quel film si capisce l'immensità dell'allora sconosciuto tom hardy-), fino a film meno digeribili ai più come OGF e VR. Ma, ahimè, esami e quant'altro , sono arrivato a fine giugno che non c'era più da nessuna parte. Mi intriga, molto. forse fin troppo estremo nel glam da quel che leggo, ma comunque da vedere.
RispondiEliminaSpero che un giorno refn torni a fare film vedibili ai più (che quei più sono sempre pochi), che, da buon nordico, spesso risulta fin troppo distaccato dagli eventi, e se non ci metti una storia che slisci, si rimane, appunto, a spot di tecnicismo e bravura (cosa cercata e perfezionata in questo film)
Come si evince, sono e sarò sempre confuso da un personaggio come refn e dai suoi film, per questo lo adoro
Ho visto Bronson e mi è piaciuto.
EliminaNon l'ho citato perché - pur nel suo essere onirico e grottesco e senza apparente traccia cronologica - è un biopic e fa storia a sé.
giusto, non l'avevo minimamente considerato come fattore vista la lontananza dai canoni di biopic
Eliminamagari, anzi sicuramente, non c'entra niente, a parte l'alta moda (peraltro molto sui generis), ma mi permetto di suggerire a chi non l'ha letto Fashion Beast del grande Alan Moore...
RispondiEliminaBoh, Valhalla Rising mi faceva voglia di aprirmi le vene per avere almeno un'emozione, la tua recensione, Doc, non mi fa proprio venire voglia di vedermi anche questo.
RispondiEliminaMa povera Aurora, che brutta fine!
RispondiEliminaSi, se hai una bambina piccola questi sono i tuoi riferimenti culturali. ;-)
beh le fiabe sono tutte basate su archetipi, in fondo! :-D
EliminaSono indietro con i film usciti al cinema, devo ancora vedermi Now you see me 2 e già sono uscite le tartallegre 2 e settimana prossima Tarzan, dato che la tua recensione conferma alcune mie impressioni suscitate dal trailer credo che lo vedrò quando uscirà in home video.
RispondiEliminaDalla locandina, pensavo fosse il film di 4chan...
RispondiEliminaE' un film che capisco poco, nel senso buono del termine. No voglio dire che è brutto ma ho il sospetto che sia un esercizio di estetica portato alle sue più estreme di conseguenze. Non mi dice molto così a occhio ma una minima parte di me vorrebbe vederlo.
RispondiEliminaForse su I 400 calci scrivevano quella cosa che l'estetica/forma qui è sostanza.
In tutti i suoi film la forma è sostanza. Solo che altrove ci si lasciava distrarre da altro (poco). Qui quell'altro, una parvenza di trama non c'è, resta solo la forma.
EliminaDetto questo, avercene di registi come Refn.
Secondo me è stato proprio questo l'intento.. Mi spiego, non che la fotografia degli altri film sia banale o brutta, ma qui esprime proprio il concetto del film, che si basa solo e unicamente sulla "bellezza" o "perfezione" senza contenuto. Se non ricordo male ad una certa lo stilista dice una frase del tipo "..la bellezza non è importante, è tutto.". Io in quella frase ci ho visto tutto il film. Ha reso vuota la trama come è vuota la vita delle protagoniste, ha reso perfette le immagini come perfette sono le protagoniste.
EliminaE poi c'è Keanu Reeves che fuma.
Ecco, so già che mi frangerò le gonadi come so altrettanto fermamente che non potrò fare a meno di vederlo...Refn come Trier sono la mia 'Cura Ludovico Van'
RispondiEliminaQuesto lo passo.
RispondiEliminaBronson e Drive mi erano piaciuti, ma dopo quella roba a mio parere inguardabile che è Solo Dio Persona Refn mi è scaduto molto come regista.
Adesso che ho letto il tuo articolo mi attira meno di zero questo film.
RispondiEliminaSarà che sono abituata alla videoart, alla fine è un po' anche questo. La fotorafia è bellissima, Elle mi è piaciuta tanto, ma sì, c'è qualcosa che non torna e sarà pure la trama moscia, ma di trame mosce è pieno il mondo.
RispondiEliminaHai visto "Un piccione seduto su un ramo riflette sull'esistenza"? E' da trip mentale. Io ogni tanto ci ripenso e mi chiedo come si arrivi a fare un film del genere.
È quello che ha vinto il Leone d'Oro?
EliminaCuriosità.
RispondiEliminaNumero di spettatori in sala?
Sei.
EliminaE noi eravamo in tre :)
recensione interessante.
RispondiEliminaGrazie.
Non credo comunque che sia un film nelle mie corde.
Un incrocio tra Black Swan, Zoolander e Thriller - En Grim Film
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