Anna di Niccolò Ammaniti, la recensione senza spoiler
Tutto nasce, grossomodo, da Il cowboy con il velo da sposa. È stato guardando e riguardando quei vecchi film Disney che la Rai mandava in prima serata negli anni 80, tipo quello lì, con le finte gemelle, o I ragazzi di Camp Siddons, che ti sei ritrovato in gola per la prima volta il Magone da Fine Storia™, quella straniante sensazione che ti prende quando arrivi alla fine di un film o, meglio ancora, di un libro, e ti dispiace esser spinto fuori da quel mondo a cui ti stavi affezionando e venir riprecipitato nel tuo. I romanzi più belli di Niccolò Ammaniti, la sacra trilogia guaglionica composta da Ti prendo e ti porto via (in assoluto il tuo preferito) e dai più celebri Io non ho paura e Come Dio comanda, avevano un Magone da Fine Storia™ fortissimo. Arrivavi all'ultima pagina divorandoli, prendendoti ogni secondo libero della giornata per consumarne un altro pezzetto, e giunto lì, di fronte al baratro dopo cui non c'è più nulla, se non l'indice, di trovavi in compagnia di un MdfS™ fuori scala. Un po' per il malinconico destino che inevitabilmente attendeva Pietro, Michele, Cristiano, i ragazzini di Ammaniti, un po' perché, appunto, in quel mondo per te lettore non c'era più spazio. Ma l'ultimo dei tre, Come Dio comanda, è un libro di nove anni fa. Nel mezzo, solo l'incerto Che la festa cominci (2009), bell'incipit, finale grandguignolesco da inizio carriera dell'autore, quando giocava a chiudere con un massacro i racconti di Fango, e Io e Te (2010), più un (dimenticabile) racconto che un romanzo. Cinque anni più tardi, Niccolò torna in libreria con Anna. Stamattina, verso le 6 e un quarto, sei arrivato alla 274esima e ultima pagina di questo nuovo romanzo. E? E non credevi, ma alla fine un po' di MdfS™ era là ad aspettarti con un cartello con il tuo cognome scritto male, come in aeroporto [...]
Non si impiega molto a snocciolare la sinossi di Anna. La protagonista è una ragazzina che, insieme a suo fratello, vive in una Sicilia dove - come nel resto d'Europa e forse del pianeta - non ci sono più adulti. Un morbo che si porta via tutti poco dopo la pubertà ha lasciato solo ragazzini e bambini a tirare avanti in un mondo in cui, senza gli adulti, nulla è più come prima. Un po' (molto) La strada di McCarthy, un po' (molto) Il signore delle mosche di Golding. Ora, i romanzi di Ammaniti hanno avuto il meritato successo che hanno avuto, per quel che è il tuo umile parere, soprattutto per due ragioni. Per il modo incredibile in cui lo scrittore romano riesce a dipingere la psicologia di un ragazzino e il mondo che lo circonda, visto a quell'altezza, e per l'abilità nel tratteggiare la meschinità degli adulti, tutti a loro modo emblemi perfetti di uno dei tanti volti della miseria umana. Arrivisti, vendicativi, stronzi, volgari, snob, popolari. In Anna ci sono, sia pure in misura diversa, entrambe le cose.
Anna e suo fratello Astor ci presentano uno scenario postapocalittico in cui i bambini, a seconda dei casi, sono costretti a diventare uomini o liberi di dar sfogo alle loro pulsioni più infantili e di crearsi le regole che vogliono, non essendo più soggetti ad alcun controllo. Un luogo reale, concreto, la Sicilia che Ammaniti "ha imparato ad amare", tra il trapanese, Palermo e Messina, ma trasformato da anni di zero assoluto tecnologico, privato di ogni spoglia di ordine, di civiltà. Non ci sono i militari, come nei film degli zombie, e non ci sono strutture sociali vere e proprie, ma solo istinti. Quello di sopravvivenza, quello di sopraffazione di chiunque possa garantirti di sopravvivere. Così i piccoli uomini diventano tribù, pubblico, cacciatori, predoni.
La parte, a tuo modo di vedere, meno forte del romanzo è proprio quella centrale, il grande segreto della Picciridduna e dei riti che la circondano, sviluppato poi volutamente in un certo modo, non all'altezza delle aspettative. O almeno delle tue aspettative. Ma tutto il resto ti è piaciuto. Ammaniti supera il cimento di dedicare la ribalta questa volta a una giovane protagonista anziché a un altro maschio, e Anna è un gran bel personaggio. Non ti quadra solo una certa cosa che fa a un certo punto, ma per il resto è credibilissima. Lotta, si fa forte di un coraggio che non può permettersi di non avere, ma vive anche le sue paure, s'incazza, piange, si offende, si commuove quando qualcosa le ricorda com'era prima. Lei, tredicenne, nel ruolo di vecchia anziana in una dimensione in cui i bambini più piccoli di quel prima non sanno nulla.
Quanto al secondo ingrediente, quello che nella sacra trilogia dei romanzi di Ammaniti tipicamente ti proietta un sorriso da scemo sul volto prima di schiantarti il cuore contro il finale, si vede in misura minore. Di adulti da prendere per il culo in giro non ce n'è più, e allora ci si può concentrare solo sul passato, sui flashback che indagano la figura del primo padrone di Coccolone, il papà fondamentalmente bigamo di Anna, il background di Pietro.
Non è il miglior romanzo di Ammaniti e un posto accanto a quei tre probabilmente non lo trova. Però questo non ne fa affatto un brutto romanzo. Perché la storia, sia pur sbandando in qualche curva, regge e ha un bel finale, e perché è scritto, beh, come Dio comanda. Ogni descrizione di un luogo, ogni panoramica su questo o quello scenario devastato dagli incendi, mangiato dall'incuria e dal saccheggio, è dipinto con le pennellate di un quadro espressionista. Un El Greco da appendersi nel salotto buono mentale a ogni pagina.
Uno dei personaggi di Che la festa cominci era uno scrittore tormentato dal successo del suo primo romanzo, che non riusciva ad eguagliare con i libri successivi. Quando sei uno scrittore tormentato dal successo di almeno tre romanzi, non hai manco la scusa che te n'è venuto buono solo uno e, oh, ciao. Avrai creato uno stuolo di lettori che ti vogliono bene e che si aspettano un nuovo capolavoro dietro l'angolo, ogni volta che il tuo nome finisce su una copertina. E, oh, non è mica semplice. Questo per dire che no, Anna non è un capolavoro. Non è un libro che consiglieresti a chiunque, come Ti prendo e ti porto via e i suoi due fratelli. Ma non è neanche Io e te: è un bel libro, e quel po' di magoncino di lana da avvolgervi al collo, alla fine dell'avventura di questa piccola, fragilissima guerriera postapocalittica, non ve lo toglie nessuno.
Non si impiega molto a snocciolare la sinossi di Anna. La protagonista è una ragazzina che, insieme a suo fratello, vive in una Sicilia dove - come nel resto d'Europa e forse del pianeta - non ci sono più adulti. Un morbo che si porta via tutti poco dopo la pubertà ha lasciato solo ragazzini e bambini a tirare avanti in un mondo in cui, senza gli adulti, nulla è più come prima. Un po' (molto) La strada di McCarthy, un po' (molto) Il signore delle mosche di Golding. Ora, i romanzi di Ammaniti hanno avuto il meritato successo che hanno avuto, per quel che è il tuo umile parere, soprattutto per due ragioni. Per il modo incredibile in cui lo scrittore romano riesce a dipingere la psicologia di un ragazzino e il mondo che lo circonda, visto a quell'altezza, e per l'abilità nel tratteggiare la meschinità degli adulti, tutti a loro modo emblemi perfetti di uno dei tanti volti della miseria umana. Arrivisti, vendicativi, stronzi, volgari, snob, popolari. In Anna ci sono, sia pure in misura diversa, entrambe le cose.
Anna e suo fratello Astor ci presentano uno scenario postapocalittico in cui i bambini, a seconda dei casi, sono costretti a diventare uomini o liberi di dar sfogo alle loro pulsioni più infantili e di crearsi le regole che vogliono, non essendo più soggetti ad alcun controllo. Un luogo reale, concreto, la Sicilia che Ammaniti "ha imparato ad amare", tra il trapanese, Palermo e Messina, ma trasformato da anni di zero assoluto tecnologico, privato di ogni spoglia di ordine, di civiltà. Non ci sono i militari, come nei film degli zombie, e non ci sono strutture sociali vere e proprie, ma solo istinti. Quello di sopravvivenza, quello di sopraffazione di chiunque possa garantirti di sopravvivere. Così i piccoli uomini diventano tribù, pubblico, cacciatori, predoni.
La parte, a tuo modo di vedere, meno forte del romanzo è proprio quella centrale, il grande segreto della Picciridduna e dei riti che la circondano, sviluppato poi volutamente in un certo modo, non all'altezza delle aspettative. O almeno delle tue aspettative. Ma tutto il resto ti è piaciuto. Ammaniti supera il cimento di dedicare la ribalta questa volta a una giovane protagonista anziché a un altro maschio, e Anna è un gran bel personaggio. Non ti quadra solo una certa cosa che fa a un certo punto, ma per il resto è credibilissima. Lotta, si fa forte di un coraggio che non può permettersi di non avere, ma vive anche le sue paure, s'incazza, piange, si offende, si commuove quando qualcosa le ricorda com'era prima. Lei, tredicenne, nel ruolo di vecchia anziana in una dimensione in cui i bambini più piccoli di quel prima non sanno nulla.
Quanto al secondo ingrediente, quello che nella sacra trilogia dei romanzi di Ammaniti tipicamente ti proietta un sorriso da scemo sul volto prima di schiantarti il cuore contro il finale, si vede in misura minore. Di adulti da prendere per il culo in giro non ce n'è più, e allora ci si può concentrare solo sul passato, sui flashback che indagano la figura del primo padrone di Coccolone, il papà fondamentalmente bigamo di Anna, il background di Pietro.
Non è il miglior romanzo di Ammaniti e un posto accanto a quei tre probabilmente non lo trova. Però questo non ne fa affatto un brutto romanzo. Perché la storia, sia pur sbandando in qualche curva, regge e ha un bel finale, e perché è scritto, beh, come Dio comanda. Ogni descrizione di un luogo, ogni panoramica su questo o quello scenario devastato dagli incendi, mangiato dall'incuria e dal saccheggio, è dipinto con le pennellate di un quadro espressionista. Un El Greco da appendersi nel salotto buono mentale a ogni pagina.
Uno dei personaggi di Che la festa cominci era uno scrittore tormentato dal successo del suo primo romanzo, che non riusciva ad eguagliare con i libri successivi. Quando sei uno scrittore tormentato dal successo di almeno tre romanzi, non hai manco la scusa che te n'è venuto buono solo uno e, oh, ciao. Avrai creato uno stuolo di lettori che ti vogliono bene e che si aspettano un nuovo capolavoro dietro l'angolo, ogni volta che il tuo nome finisce su una copertina. E, oh, non è mica semplice. Questo per dire che no, Anna non è un capolavoro. Non è un libro che consiglieresti a chiunque, come Ti prendo e ti porto via e i suoi due fratelli. Ma non è neanche Io e te: è un bel libro, e quel po' di magoncino di lana da avvolgervi al collo, alla fine dell'avventura di questa piccola, fragilissima guerriera postapocalittica, non ve lo toglie nessuno.
Anna
recensito da DocManhattan il 2015-10-16
Rating:
recensito da DocManhattan il 2015-10-16
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non so se c'entra, ma mi pare che l'argomento sia simile al capolavoro seguente...
RispondiEliminahttp://www.rwedizioni.it/negozio/lineachiara/collezione-altuna-01-lultima-gioventu/
merita!
Ha comunque una bella cover che sarebbe piaciuta al mio amico ed ex allievo Dave Lapham e quegli alberi radiografati sono esattamente quanto vede una delle ragazzine di Stray Bullets sdraiata nel bosco dopo aver subì to le ire di alcuni ragazzini cattivi che Ammo Ammaniti probabilmente non racconterebbe.
RispondiEliminaNon ho ancora letto Anna, ma so già che inciamperò prima o poi in una copia del libro e che farò le sei del mattino per arrivare alla fine e poter dire ad Ammo - non che sarà lì, come non lo sono Carver o Poe o altri con cui parlo, ma loro sono giustificati dalla Grande Mamma - che il titolo palindromo non vale e che Stile Libero si è sentito libero di rifiutare il mio Amma - la storia di una scrittrice che non riesce a scrivere un secondo romanzo decente e quindi libera sul mondo un virus che rende tutti analfabeti, ma i bimbi si riuniscono, dopo il crepuscolo, per leggere fumetti senza balloons come Infierno di Faraci e Ziche - perchè " stava per esser pubblicato un probabile bestseller con un titolo simile ". Pfui, Cattivi.
Non ho mai letto un libro di Ammanini (e prima di raggiungere queste coordinate manco sapevo chi fosse) ma sono ignorante, quindi è un problema mio.
RispondiEliminaDetto questo la trama mi ricorda un episodio di Star Trek TOS in cui i nostri eroi, con il solito manipolo di magliette rosse, sbarcavano su di un pianeta in cui ci sono solo ragazzi. In quel caso gli adulti avevano ideato un virus che doveva rallentare l'invecchiamento ma l'effetto era stato quello di rallentare l'invecchiamento dei bambini e di strinare tutti quelli che avevano raggiunto la pubertà.
Miri, giusto?
EliminaGiusto, proprio quello.
EliminaIo di Ammaniti ho letto solo "ti prendo e ti porto via" e pareva un libro di King con tutti i topos kinghiani a parte l'elemento sovrannaturale.
RispondiEliminaE quindi boh, si faceva leggere, ma mi ha dato una sensazione di derivativo che mi ha portato ad ignorare altri suoi libri.
Ah no, di Ammaniti ricordo anche una bellissima recensione di Zelda: the wind Waker pubblicata su rolling stone(?) decenni fa.
io di Ammaniti ho letto solo "il momento è delicato" e sinceramente a me era piaciuto...cmq a casa ho anche "come Dio comanda" che nasce come regalo ma alla fine ho preferito tenerlo per me...dovrebbe essere la mia prossima lettura...anche se non ho capito bene se è collegato agli altri due che elencata il Doc...cm anche per me Ammaniti ha qualcosa di King...
RispondiEliminaNo, tranquillo, non sono romanzi collegati tra loro. Li accomuna solo la giovane età del protagonista.
EliminaDopo "Io e te" Ammaniti da lo compro a scatola chiusa è diventato...lo compro se lo trovo sulle bancarelle.
RispondiEliminaCapisco che imbroccare tutti best seller se non ti chiami Stephen king sia .
Ovviamente si compra anche questo non fosse altro che sembra interessante
nel riferimento a King nella frase manca "dura"
EliminaNon ho mai letto nulla di Ammaniti, ma l'ambientazione di questo romanzo mi sembra molto interessante... Poi leggo qualche commento precedente al mio e capisco che era un'idea gia' utilizzata.
RispondiEliminaSto leggendo pochissimo in questo periodo, ma se trovo uno dei tre "imperdibili" da te citati ci faccio un pensierino.
dopo i 10 euro di "io e te" col ca**o.
RispondiEliminaLeggerò anche questo, glielo devo.
RispondiEliminaDopo aver letto dopo aver letto i 2 capolavori e altri romanzi di contorno, credo che, dovrò leggere pure questo.
RispondiEliminaLa mia personale classifica della top 3 dei romanzi di Ammaniti vede appaiati al primo posto "Come Dio comanda" e "Ti prendo e ti porto via" (veri capolavori a mio avviso), e un gradino sotto "Io non ho paura" (bello sì, magoncino compreso, ma non stupendo come gli altri due). A seguire Fango, Che la festa cominci, Branchie e così via... Riguardo "Anna", l'ho visto pochi giorni fa in libreria per la prima volta e sinceramente la scelta di una protagonista femminile mi ha spiazzato un po': sto ancora riflettendo se leggerlo subito o meno. Ma questa recensione del Doc probabilmente mi aiuterà a prendere una decisione! ;-)
RispondiEliminaHo letto il romanzo e l'ho trovato molto bello. Molto. Concordo: non un capolavoro, ma avercene...
RispondiEliminaDi Ammanniti ho letto qualche racconto, ma soprattutto ho letto molto su di lui, oltre a vedere e farmi piacere i film tratti dalle sue opere. Dopo aver letto Anna, mi viene voglia di prendere in mano i suoi romanzi precedenti, ben più celebri.
Altra osservazione: nei circoli fantascientifici s'è fatto gara a stroncare questo romanzo per due motivi: 1) perché la trama è poco originale; 2) perché l'autore in primis, e tutti gli altri recensori "fighi" in secundis, hanno fatto i salti mortali per evitare la definizione di romanzo fantascientifico. Polemiche sterili. Io sono un lettore SF, scrivo SF, recensisco SF, e questo romanzo l'ho divorato, per poi infilarlo meritatamente nella mia personale collezione di Romanzi Distopici Italiani, che conta a questo punto un bel po' di titoli.
Amen.
PS: C'è un passaggio nel romanzo che sembra copiato spudoratamente da una scena del film The Signs, di M. Night Shyamalan. Vero?