Kiki consegne a domicilio (i film dello Studio Ghibli)
Dopo Il castello errante di Howl e Il mio vicino Totoro, la rassegna antristica dei film dello Studio Ghibli prosegue con Kiki consegne a domicilio (魔女の宅急便, Majo no takkyūbin, ossia "Le consegne espresse della strega", 1989). Un film di Miyazaki con cui, almeno all'inizio, hai avuto un rapporto abbastanza problematico, ecco [...]
Perché? Perché l'invasione di cartoni majokko negli anni 80 ti ha reso fortemente indigeste le storie di streghe e maghette. In più Kiki è un film diverso da molte altre pellicole dello Studio Ghibli: gli manca quel layer di roba strana ma affascinante, di mostruosità che si trasformano in altre creature ancora più mostruose. Non ha il fascino esotico di elementi talmente legati all'immaginario mitico-religioso nipponico da risultare bizzarri ai nostri occhi di gaijin. Il dio cervo di Mononoke, il pesce con la faccia di Ponyo, il rondinone umano Howl, le metamorfosi esoteriche de La città incantata.
Eppure Kiki, nel suo essere uno dei film di Miyazaki più facilmente digeribili dagli occidentali, ha un fascino tutto suo. È, al contempo, una classica storia di formazione, il racconto - tratto dal romanzo illustrato del 1985 di Eiko Kadono e Akiko Hayashi, pubblicato in Italia da Kappa Edizioni - di una ragazzina che deve imparare ad essere indipendente in una grande città, ma anche un film pucciato al cento per cento nello stile Ghibli.
Dal momento in cui Kiki e Tonbo montano sulla bicicletta, la storia - letteralmente - decolla, giovandosi di quel pizzico d'avventura in più che trasforma l'apprendista strega in un'eroina per caso. Tutta la scena del dirigibile, con i marinai appesi alla corda uno sopra l'altro, come nelle indimenticabili piramidi umane montate ogni due secondi dai poliziotti di Scotland Yard nella serie Il fiuto di Sherlock Holmes (parliamo anche di quella prima o poi, tranquilli), ha di suo il sapore epico dei grandi momenti Adrianaaa, e, pur non presentando nulla di particolarmente nuovo o originale, ti lascia lì ogni volta a bocca aperta.
E ancora. Kiki è un film tutto al femminile. Tolti Tonba, che è un ragazzino, e il marito della fornaia, che non parla praticamente mai, tutti i protagonisti della storia sono donne. C'è Kiki, ci sono le persone che la aiutano a trovarsi un posto in quel nuovo mondo, e c'è Ursula. Donna fiera e indipendente che viaggia da sola e ha i modi di un maschiaccio. E rappresenta la versione futura di Kiki. Non a caso sia nella versione originale giapponese, sia nei due doppiaggi italiani (quello realizzato da Buena Vista per la prima uscita in DVD, nel 2002, e quello di Lucky Red, un anno fa), a doppiare Kiki e Ursula è la stessa persona. Un film di e per ragazze, innanzitutto, che quindi ha una canzone pop nei titoli di testa, un brano che al regista piaceva molto quando lavorava per la Nihon Animation (Rouge no Dengon, "messaggio col rossetto", di Yuming). Per Miyazaki, la storia di Kiki è una grande e neanche troppo sottile metafora. È la storia delle ragazze di allora, del 1987 in cui ha iniziato a lavorare al film, che lasciano i piccoli centri in cui sono cresciute per andare a vivere a Tokyo, alla ricerca di un'indipendenza economica, con tutte le difficoltà del caso. Delle tante aspiranti mangaka che sciamano verso la grande metropoli per inseguire a piedi un sogno come il suo. Se togli il fatto che sappia volare, Kiki è in fondo una ragazzina come le altre.
E allora il messaggio alla portata di tutti è che, nonostante la depressione degli inizi, Kiki o chi per lei può farcela, perché le persone che ha attorno a sé, gli altri, la gente là fuori, sono in fondo tutti buoni. Perfino la nipotina ricca che non vuole il pasticcio di aringhe della nonna: sembra una piccola stronza ingrata, ma in realtà è solo sincera. Si è rotta le balle di quei pasticci, ma non sa come dirlo alla nonna. Ci siamo passati tutti. È questo, come molti altri di Miyazaki, un mondo di buoni, dove nessuno tratta male la ragazzina di campagna vestita come una monaca volante, questa piccola Heidi cresciuta che cavalca una scopa. Ti aspetti la situazione tipica da film di Albano e Romina, il povero deriso alla festa dai ricchi, e invece la storia prende tutta un'altra piega. La Kiki che vola sui tetti dipinti in persona da Miyazaki, sui titoli di coda, è felice: non aveva la mangiatoia bassa come le altre maghette dei cartoni, ha dovuto sudare e volare sotto la pioggia e rischiare di finire aggisa a beccate dei corvi, ma alla fine ha scoperto che quel nuovo mondo l'ha accettata. Ha creato un collegamento con quella gente, e grazie a questo ha acquisito maggiore consapevolezza di sé.
Il gatto nero Jiji, in tutto ciò, rappresenta lo sbocciare della sessualità in Kiki, e non a caso lo vediamo trovarsi una compagna e riprodursi. Ma no, non si tratta del frutto di chissà quali elucubrazioni mentali da parte tua: l'ha scritto Miyazaki.
Questo e un sacco di altri retroscena e curiosità sul film, come il fatto che per Koriko, la città in cui va a vivere Kiki, ci si sia ispirati a Stoccolma, Visby e più in generale all'isola di Gotland; o quali nuove tecniche di animazione siano state impiegate e perché, le ragioni dietro l'adozione di un certo tipo di colori. Hai letto tutto questo, dopo aver rivisto il film qualche sera fa, in uno di quei meravigliosi artbook dello Studio Ghibli, con i bozzetti accostati alle scene chiave del film, le spiegazioni di Miyazaki (che confessa anche cosa e perché non sia venuto come voleva), la sceneggiatura completa, la genesi dei personaggi e così via.
Ne esiste anche una versione italiana, pubblicata da Panini in occasione dell'uscita in sala di Kiki la primavera scorsa: The Art of Kiki consegne a domicilio. Se vi capita, e amate lo Studio Ghibli, prendetelo: sono 25 carte, ma le vale decisamente tutte. In conclusione, c'erano tutti i presupposti perché Kiki non ti piacesse o, peggio ancora, non riuscisse a dirti niente. E invece quell'Europa del Nord idealizzata, quel posto in cui tutto è bello e pulito e colorato come in un fumetto dell'ispettore Bobop sul giornalino Più, questa storia di una maghetta che non è come le altre maghette, ti ha conquistato. L'altra sera, dicevi, quando hai finito di vederlo per la terza volta, ti sei ritrovato con il sorriso da scemo delle grandi occasioni. È un discorso che abbiamo già fatto e che, temi, toccherà ripetere altre volte in questa rubrica, ma in ballo c'è sempre quel tipo di comunicazione strana, quel fatto che film come questi, calandoti occhi e orecchie in una meraviglia audiovisiva unica, sono in grado di interfacciarsi direttamente con quella parte del cervello preposta a dispensare i genuini momenti emozione©. Non hai ancora ben capito come funzioni, ma funziona così.
Perché? Perché l'invasione di cartoni majokko negli anni 80 ti ha reso fortemente indigeste le storie di streghe e maghette. In più Kiki è un film diverso da molte altre pellicole dello Studio Ghibli: gli manca quel layer di roba strana ma affascinante, di mostruosità che si trasformano in altre creature ancora più mostruose. Non ha il fascino esotico di elementi talmente legati all'immaginario mitico-religioso nipponico da risultare bizzarri ai nostri occhi di gaijin. Il dio cervo di Mononoke, il pesce con la faccia di Ponyo, il rondinone umano Howl, le metamorfosi esoteriche de La città incantata.
Eppure Kiki, nel suo essere uno dei film di Miyazaki più facilmente digeribili dagli occidentali, ha un fascino tutto suo. È, al contempo, una classica storia di formazione, il racconto - tratto dal romanzo illustrato del 1985 di Eiko Kadono e Akiko Hayashi, pubblicato in Italia da Kappa Edizioni - di una ragazzina che deve imparare ad essere indipendente in una grande città, ma anche un film pucciato al cento per cento nello stile Ghibli.
Dal momento in cui Kiki e Tonbo montano sulla bicicletta, la storia - letteralmente - decolla, giovandosi di quel pizzico d'avventura in più che trasforma l'apprendista strega in un'eroina per caso. Tutta la scena del dirigibile, con i marinai appesi alla corda uno sopra l'altro, come nelle indimenticabili piramidi umane montate ogni due secondi dai poliziotti di Scotland Yard nella serie Il fiuto di Sherlock Holmes (parliamo anche di quella prima o poi, tranquilli), ha di suo il sapore epico dei grandi momenti Adrianaaa, e, pur non presentando nulla di particolarmente nuovo o originale, ti lascia lì ogni volta a bocca aperta.
E ancora. Kiki è un film tutto al femminile. Tolti Tonba, che è un ragazzino, e il marito della fornaia, che non parla praticamente mai, tutti i protagonisti della storia sono donne. C'è Kiki, ci sono le persone che la aiutano a trovarsi un posto in quel nuovo mondo, e c'è Ursula. Donna fiera e indipendente che viaggia da sola e ha i modi di un maschiaccio. E rappresenta la versione futura di Kiki. Non a caso sia nella versione originale giapponese, sia nei due doppiaggi italiani (quello realizzato da Buena Vista per la prima uscita in DVD, nel 2002, e quello di Lucky Red, un anno fa), a doppiare Kiki e Ursula è la stessa persona. Un film di e per ragazze, innanzitutto, che quindi ha una canzone pop nei titoli di testa, un brano che al regista piaceva molto quando lavorava per la Nihon Animation (Rouge no Dengon, "messaggio col rossetto", di Yuming). Per Miyazaki, la storia di Kiki è una grande e neanche troppo sottile metafora. È la storia delle ragazze di allora, del 1987 in cui ha iniziato a lavorare al film, che lasciano i piccoli centri in cui sono cresciute per andare a vivere a Tokyo, alla ricerca di un'indipendenza economica, con tutte le difficoltà del caso. Delle tante aspiranti mangaka che sciamano verso la grande metropoli per inseguire a piedi un sogno come il suo. Se togli il fatto che sappia volare, Kiki è in fondo una ragazzina come le altre.
E allora il messaggio alla portata di tutti è che, nonostante la depressione degli inizi, Kiki o chi per lei può farcela, perché le persone che ha attorno a sé, gli altri, la gente là fuori, sono in fondo tutti buoni. Perfino la nipotina ricca che non vuole il pasticcio di aringhe della nonna: sembra una piccola stronza ingrata, ma in realtà è solo sincera. Si è rotta le balle di quei pasticci, ma non sa come dirlo alla nonna. Ci siamo passati tutti. È questo, come molti altri di Miyazaki, un mondo di buoni, dove nessuno tratta male la ragazzina di campagna vestita come una monaca volante, questa piccola Heidi cresciuta che cavalca una scopa. Ti aspetti la situazione tipica da film di Albano e Romina, il povero deriso alla festa dai ricchi, e invece la storia prende tutta un'altra piega. La Kiki che vola sui tetti dipinti in persona da Miyazaki, sui titoli di coda, è felice: non aveva la mangiatoia bassa come le altre maghette dei cartoni, ha dovuto sudare e volare sotto la pioggia e rischiare di finire aggisa a beccate dei corvi, ma alla fine ha scoperto che quel nuovo mondo l'ha accettata. Ha creato un collegamento con quella gente, e grazie a questo ha acquisito maggiore consapevolezza di sé.
Il gatto nero Jiji, in tutto ciò, rappresenta lo sbocciare della sessualità in Kiki, e non a caso lo vediamo trovarsi una compagna e riprodursi. Ma no, non si tratta del frutto di chissà quali elucubrazioni mentali da parte tua: l'ha scritto Miyazaki.
Questo e un sacco di altri retroscena e curiosità sul film, come il fatto che per Koriko, la città in cui va a vivere Kiki, ci si sia ispirati a Stoccolma, Visby e più in generale all'isola di Gotland; o quali nuove tecniche di animazione siano state impiegate e perché, le ragioni dietro l'adozione di un certo tipo di colori. Hai letto tutto questo, dopo aver rivisto il film qualche sera fa, in uno di quei meravigliosi artbook dello Studio Ghibli, con i bozzetti accostati alle scene chiave del film, le spiegazioni di Miyazaki (che confessa anche cosa e perché non sia venuto come voleva), la sceneggiatura completa, la genesi dei personaggi e così via.
Ne esiste anche una versione italiana, pubblicata da Panini in occasione dell'uscita in sala di Kiki la primavera scorsa: The Art of Kiki consegne a domicilio. Se vi capita, e amate lo Studio Ghibli, prendetelo: sono 25 carte, ma le vale decisamente tutte. In conclusione, c'erano tutti i presupposti perché Kiki non ti piacesse o, peggio ancora, non riuscisse a dirti niente. E invece quell'Europa del Nord idealizzata, quel posto in cui tutto è bello e pulito e colorato come in un fumetto dell'ispettore Bobop sul giornalino Più, questa storia di una maghetta che non è come le altre maghette, ti ha conquistato. L'altra sera, dicevi, quando hai finito di vederlo per la terza volta, ti sei ritrovato con il sorriso da scemo delle grandi occasioni. È un discorso che abbiamo già fatto e che, temi, toccherà ripetere altre volte in questa rubrica, ma in ballo c'è sempre quel tipo di comunicazione strana, quel fatto che film come questi, calandoti occhi e orecchie in una meraviglia audiovisiva unica, sono in grado di interfacciarsi direttamente con quella parte del cervello preposta a dispensare i genuini momenti emozione©. Non hai ancora ben capito come funzioni, ma funziona così.
Kiki consegne a domicilio
recensito da DocManhattan il 2014-02-04
Rating:
recensito da DocManhattan il 2014-02-04
Rating:
film molto carino visto addirittura in sub :)
RispondiEliminaDoc tu hai 4 mani per scrivere tutta sta roba
RispondiEliminaSe ti dico che a scrivere questa recensione, fumettino con Boia e Jiji incluso, ci ho messo dieci minuti ci credi? No? Fai bene: ce ne sono voluti almeno quindici ;)
EliminaGioiellino troppo spesso sottovalutato e che invece ha alcune delle scene più toccanti di Miyazaki: prima tra tutte l'abbraccio padre/figlia prima della partenza. Peccato sia stato gravemente rovinato dal nuovo doppiaggio, vecchio problema Gualtiero Cannarsi, che pure nella prima versione della Disney aveva fatto un lavoro accettabilissimo. Sigh.
RispondiEliminaps: un discorso a parte dovrebbe essere aperto sui mutandoni del Maestro che in questo film raggiungono l'apoteosi e gli sono valsi più di un appellativo di otaku. ^_^
EliminaNon so se hai mai avuto la sfortuna di ascoltare il doppiaggio Buena Vista per il mercato USA, che snaturava tutta una serie di scene per renderle piùatatteaipampini.
EliminaSì, era orrenda! Ho sempre avuto il sospetto che, in quegli anni, Disney stesse cercando deliberatamente di affossare la Ghibli negli USA... ma questo sarebbe l'approccio di un complottista e non è degno di questo blog. T_T
EliminaQuella italiana invece non era assolutamente male, ci è voluto un bello sforzo da parte di Cannarsi per metterci tutte le nuove "stecche". Menomale che ho il DVD vecchio, me lo tengo strettostretto! ^_^
Piccola parentesi per il futuro: anche altri titoli Ghibli sono stati rovinati nelle nuove versioni; spesso è il doppiaggio francese (strano a dirsi o_O) ad essere il più adatto. Ad esempio, ovviamente, Porco Rosso con la voce di Jean Reno. Fine OT.
Dovrei rivederlo anch'io: la prima volta mi era piaciuto ma non ai livelli di altri capolavori Ghibliani.
RispondiEliminaPerò magari con davanti la tua interessante rilettura... chissà! :)
Davvero hai pensato che questo film non potesse piacerti prima di vederlo?
RispondiEliminaEretico! Blasfemo! Marrano!
XD
Comunque, a prescindere che andrebbe visto in lingua originale sottotitolato, tra i doppiaggi italioti preferisco il primo, targato Buena Vista.
Mi sa che devo recuperarlo...
RispondiEliminaP.S. Credevo di essere l'unico a ricordare l'ispettore Bobop :D
Eh. Se cerchi nel blog, è citato in almeno un paio di post ;)
EliminaFai un piacere, quando vuoi parlare de "Il fiuto di Sherlock Holmes" avvisami un paio di giorni prima che vado a fare scorta di fazzoletti.
RispondiEliminaOcché.
Eliminaè bello sognare e con Myazaki lo puoi fare guardando uno schermo, cosa vuoi di più dalla vita? un sabitter?
RispondiEliminaI post di 'Zaki sono i preferiti della Zietta Lardass, da sempre grande fan del cartoonis
RispondiEliminadoc, al prossimo giro fai Cagliostro? tipregotipregotipregotipregotipregotiprego
RispondiEliminaÈ uno di quelli che ho in raggioblù, quindi può essere. Vedremo :)
EliminaL'immagine finale col boia insieme a Jiji è il massimo XD
RispondiEliminaA parer mio, questo è uno dei film più "tranquilli" di Miyazaki, ma resta comunque una vera e propria chicca magica
Di Myazaki devo recuperare parecchi film tra cui questo. L'altra volta mi sono comprato il raggio blu di Totoro e questa volta mi fiondo dagli amazonici e faccio sfracelli.
RispondiEliminaOrmai sono convinto che lo Studio Ghibli sia il primo venditore al mondo di anti depressivi da assumere per via oculare. Le storie permettono di essere apprezzati a vari livelli di comprensione e i disegni rapiscono anche i piccolissimi (abbiamo visto addirittura i cani).
Aspetto fiducioso l'ultimo film di Myazaki dedicato al volo e all'ingegnere che ha progettato il Caccia Zero.
@Doc [con intonazione da coro da stadio]
Facci Nausicaa, Doc facci Nausicaa... facci Nausicaa... (rip. x 2).
Di Nausicaa, quando sarà, post multimediale anime + manga.
EliminaDai trailer che ho visto il film sull'ingegnere degli zero promette di essere da un lato molto maturo, dall'altro un megadrammone con rischio di fazzolettame da portarsi :)
EliminaBueno, ché sto giocando a War Thunder, e a furia di venire abbattuto alla guida di un Mitsubishi A6M sono già nel mood giusto. :) Si sa già quando esce? Non mi sembra di aver letto annunci da parte di Lucky Red.
EliminaPS
C'entra una mazza, ma domani parliamo del 'Kaiser.
Waaaah il manga di Nausicaaa! Artisticamente molto molto molto bello (e il maestro dice che non sapeva disegnare....mah) un po meno la sceneggiatura ma vabbè mica si può avere tutto :D :D :D
EliminaPer "Si alza il vento" io ho sentito solo voci per Primavera 2014....ma di ufficiale ufficiale purtroppo non ho sentito nulla :(
L'ho visto qui a Tolosa (originale subbato in gianfransualese) ed è belliffimo. Poi sono pure del mestiere (nonché maritato, e nel contesto della storia conta...), quindi mi è scattata l'identificazione col protagonista ed ho dovuto faticare a trattenere le lacrime napulitante!
EliminaIn Italia dovrebbe uscire a maggio: nel frattempo potete riscoprire un po' di storia patria... cercate su Wikipedia l'ing. Caproni ed il suo Ca.60
Quoto Wargarv sulle aspettative per il film e mi preparo per il post su Nausicaa perché Doc + Nausicaa Anime + Nausicaa Manga è un mix che definire esplosivo è offensivo, è una super nova.
EliminaIl manga di Nausicaa è pura poesia, leggendolo mi sono innamorato del personaggio di Kushana: bella, forte, carismatica e con una determinazione incrollabile; il suo esercito crede in lei in modo assoluto e lei diviene una vera guida per il suo popolo.
PS per Doc: lo Zero era un caccia che sacrificava la blindatura a favore dell'agilità, trai tu le conclusioni.
Tralasciando le metafore le cose che mi hanno sempre colpito di Nausica sono trama e ambientazione, la trama è epica al punto giusto, la salvezza della specie umana che va ricercata nell'equilibrio con le forze della natura, in un contesto di guerra con esse e tra volontà umane discordant. L'ambientazione poi è la più curata e dettagliata che il maestro abbia mai realizzato, assolutamente verosimile come gli umani si adattano hai cambiamenti creanco armi, veicoli e infrastrutture con i nuovi materiali, poi ti spiega pure come sono fatti i proiettili di nausica, roba che manco tolkien. La china rosa poi e magnifica. Scusate il fomento, comunque il post è favolo, mette in evidenza tutte le parti rilevanti ed è scritto benissimo (come sempre) W il Doc e W L'Antro!
EliminaLo vidi molti anni fa (MOLTI) in giapponese su LASERDISC!!! a casa di un amico che aveva diversi dischi dello studio tipo PorcoRosso, Nausicaa
RispondiEliminaGran bel pezzo di animazione (nel senso di tecnica) in assoluto.
!SPOILERINO!: c'è un cameo di Lupin travestito da "guardia" nel film ;)
gran bel film, ricordo lo svolazzo sul porto pieno di gente che
L'ho visto a cinema (ma l'avevo già visto a casina prima) e lo trovo davvero un film adorabile.
RispondiEliminaCome sempre i film di Miyazaki, pur essendo destinati ad un pubblico giovane, possono essere amati follemente anche dagli adulti :D
Io dico che il fil vada visto in giapponese. Anche se non si conosce il giapponese. Poi che si riveda la seconda volta nella lingua che preferite. Anche antico aramaico con sottotitoli in polacco. La terza volta lo si rivedrà' in ginocchio sui ceci. ma per propria volontà' e richiesta di una figlia non forzatamente. Sempre in giapponese. Aheeeemmmm mi sono dimenticato di dire che mia figlia vive a Kyoto. Ma non importa perbacco!
RispondiEliminaIl film è carino, ma l'ho trovato sotto tono ripetto ad altre produzioni Ghibli (ma comunque MOLTO al di sopra della media di film che si trovano in giro!)
RispondiEliminaPerò senti, chissene. E' sempre un piacere immergersi nelle atmosfere Miyazakiane e quei colori pastello! :-)
Anche io mi unisco al coro di chi preferisce la prima versione del doppiaggio targata Buena Vista, per il resto anche qui nulla da eccepire.
RispondiEliminaFilm effettivamente "medio/alto" nella produzione ghibli (quindi irraggiungibile per tanti altri :D) che nonostante sia "meno particolare" non è mai banale o scontato. Delizioso.
Mi ha fatto piacere scoprire che esiste una versione italiana dei BELLISSIMI volumoni ART OF dello studio ghibli, che ho DEPREDATO nei miei viaggi in giappone dai vari mandarake e dal ghibli museum....meravigliosi COMPRATELI se vi piacciono i film ghibli sono una vera goduria.
Innanzitutto un saluto da un antrista fino ad ora silente che si è deciso (finalmente!) a commentare.
RispondiEliminaIo ho avuto la fortuna di vedermi Kiki proprio appena prima di partire dalla mia piccola cittadina sperduta nelle nebbie per andare a cercare un lavoro a Londra. Inutile dire che il film non poteva risuonare di più in me.
Comunque i post sui film Ghibli sono sempre tra i più belli, e non vedo l'ora che arrivi quello su Porco Rosso!
Il terzo mio preferito. Dopo Cagliostro e Porco Rosso.
RispondiEliminaPer vari motivi mi stavo riascoltando la colonna sonora di questo film giusto ieri, e oggi sbuca il post! Mi sa che è giunto il momento di rivederselo!
RispondiEliminaP.S. Doc, hai sentito della nuova serie animata messa in cantiere dallo Studio Ghibli e che sarà diretta dal giuovine Goro?
Non sono esattamente un fan di Goro. Penso (come tutti) che la mela sia rotolata abbastanza lontano dall'albero. Spero però, ovviamente, che ne venga fuori una grande serie.
EliminaOvviamente è quasi impossibile essere all'altezza di un padre simile, infatti ho trovato giustissima la sua scelta di non competere; il suo film "La collina dei papaveri" è molto più takahataesco che miyazakico e, a mio avviso, assolutamente delizioso. ^_^
EliminaForse sono finiti i tempi degli spiriti e della poesia pura ma, fortunatamente, l'arte non si limita a questo. :D
A questo punto voglio un opinione su I Racconti di Terremare, merita o non merita. Personalmente ho sentito peste e corna ma un parere autorevole.
Elimina[...] mi manca.
Elimina"Terramare" ha i suoi momenti, ma nel complesso lo giudico un'occasione perduta: personaggi non abbastanza accattivanti, trama non abbastanza appassionante, mondo magico non abbastanza magico. "La collina dei papaveri" mi è piaciuto molto meno: ottima la ricostruzione storica, ma la trama da drammone familiare retrò (tra l'altro prevedibilissima) e la retorica sui bravi ragazzi di una volta mi ha lasciato freddo
Elimina(Ovviamente il mio non è un parere "autorevole", ma già che c'ero ho detto la mia :P)
EliminaTerramare è il punto più basso toccato dallo studio, veramente un bruttissimo film.
EliminaLa collina dei papaveri già era più digeribile anche se molto semplice e lineare come storia, si vede che era più nelle sue corde.
Per quanto riguarda il giudizio su Goro in se per se...insomma...ha un cognome pesantissimo e, a quanto avevo sentito, a livello personale i rapporti col padre pare non sono idilliaci(miyazaki uomo non credo che sia proprio una persona facile, come praticamente tutti i geni affermati)...mettiamoci poi tutta una serie di probabili complessi di origine nipponica....insomma Goro vuoi per capacità reali o vuoi per i motivi di cui sopra, non riesce ad avere la capcità di comunicazione del padre.
Personalmente mi pare come se non riuscisse ad avere una personalità propria, è un pò troppo anonimo, e purtroppo affidargli un lavoro complesso come terramare è stata un pò una cattiveria: già la riscrittura del romanzo in se per se era pessima, ma la regia l'ho sentita essere confusa, senza nessuno spunto o idea che spiccava.
Vedi Howl: io come gia detto lo ho trovato un brutto film dello studio, per tanti motivi, ma ha dei picchi positivi che si vedono, primo tra tutti il castello stesso....terramare non ha nulla è piatto, nè visivamente, nè spunti o idee...nulla.
La collina dei papaveri ha alcuni personaggi e spunti molto carini ma semplici (penso a molti abitanti del quartier latin, primo tra tutti il presidente del club di filosofia...ma anche il club di astronomia :D) che però funzionano, certo ecco se lo paragoni a kiki meglio lasciar perdere ;)
Grazie per i pareri autorevoli.
Elimina"Terramare"? Dopo 15 minuti dormivo profondamente
EliminaUh mia figlia di 4 anni adora Miyazaki a sua insaputa. Non segue la trama di film più tradizionalmente occidentali, tipo il kunfùpanda, e dopo un po' perde pure interesse, mentre si incanta a vedere i film dello studio Ghibli, e li segue pure eh. E' per quella cosa della comunicazione fatta per immagini volta a comunicare solo emozioni. E niente
RispondiEliminaCome tutti i film di Miyazaki, anche questo ti immerge in un'atmosfera di colori e sogno, ti tiene compagnia per una buona ora e mezzo, ti emoziona, e poi ti lascia un senso di soddisfazione e la ripromessa che prima o poi lo vorrai rivedere, magari in compagnia.
RispondiEliminaIl film parte in maniera forse fin troppo tranquilla, per decollare con la scena del dirigibile.
Bello come sempre .
RispondiEliminaIn arrivo pure il Live Action , o magari è pure già uscito .
L'ho rivisto per la terza volta l'anno scorso, la prima volta nel '90 in giapponeis , la seconda nel 2002 .. e devo dire che l'apprezzo molto di piu' adesso che ho 40 anni
RispondiElimina.questo mi dimostra che I film del maestro non hanno ne tempo ne limiti di eta' anagrafica
Leggere i tuoi post sui lavori dello Studio Ghibli, ha lo stesso effetto dei film: arrivi all'ultima riga sorridente, come se arrivassi da un altro mondo. Forse perché leggere riporta alla mente (e a tutto il resto) il film. Anche se Kiki non è uno di quelli che preferisco.
RispondiEliminaPost come sempre fantastico.
RispondiEliminaL'hai sentito della serie televisiva, la prima firmata Ghibli?
Alla regia c'è il figlio di Miyazaki. Tu cosa ne pensi di lui?
Vedi più su la risposta a Groviglio Prinz.
EliminaCon questi post mi viene sempre più voglia di recuperarmi tutti, tutti i film del maestro; possibilmente in raggioblù. Mi sento una persona estremamente brutta ad aver visto solo una piccolissima parte di questi capolavori.
RispondiEliminaNon ci sono tutti in raggio blu, sfortunatamente.
EliminaMi dovrei vergognare...
RispondiEliminaNon l'ho ancora visto!
Aggiungo solo una cosa (che poi vale un po' per tutti i suoi film): adoro la naturalezza con cui il maestro fonde l'elemento fantastico, soprannaturale, alla rappresentazione del reale, del quotidiano.
RispondiEliminaNe fa parte, è qualcosa di naturale quanto una donnina anziana curvata su campo di riso, quanto un'intera sequenza dedicata al vento che muove l'erba e le fronde degli alberi, o quanto il brulicare di gente in una città.
Mai qualcosa che spicca, che si evidenzia, troppo enfatizzato, stonato o "diverso", ma qualcosa che si osserva come attraverso gli occhi di un bambino, che guarda con naturalezza un pesce con la faccia da bambina, un gigantesco troll, dei mostriciattoli di fuligine o una streghetta apprendista volante: come parte del mondo che li circonda, ne più ne meno "normale" del normale.
La meraviglia, anche quando c'è, è verso la novità, verso la rarità, non è stupore verso l'irrazionalità dell'elemento magico/fantastico.
A me la produzione della famiglia Miyazaki piace tutta, senza eccezioni. L'educazione cinematografica di mia figlia è partita con Ponyo ed è arrivata fino a Kiki passando attraverso Totoro, La città incantata, Howl, Laputa, il castello di Cagliostro, la collina dei papaveri. E ci ho tirato dentro anche Country road, pensa te. Penso a quei poveretti dei suoi compagni di classe che non possono godersi questi pezzetti di magia per colpa di genitori ignoranti in senso lato, meno male che Rai Gulp ogni tanto ci mette una pezza (e son soddisfazioni in questi casi, come anche quando la classe è andata al cinema a vedere il castello nel cielo e mia figlia ha spoilerato il finale a tutti :D).
RispondiEliminaAnche il fatto che il gatto nero Jiji smetta di parlarle quando lei diventa "adulta" è indice del fatto che lui era solo una figura di supporto psicologico... Paola D.
RispondiEliminaSempre ottime le recensioni dei gioielli Ghibli, Doc!
RispondiEliminaMi raccomando, nel mazzo non puoi esimerti da spendere due parole per l'unica serie tv del maestro (anche se non prodotta direttamente dallo studio) che dopo 35 anni ancora può tenere testa al 90% della produzione attuale. ;)
Cheers
L'ho recuperato dopo aver letto la recensione e devo ammettere che è un piccolo gioiello. Non sarà Totoro, ma poco ci manca :)
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