Metroid Other M: troppa Samus
C'è qualcosa di incredibilmente sbagliato nella prima ora di gioco spesa su Metroid: Other M. E no, non è il fatto che Samus la si sia tornata a guardare dal di fuori. […]
Chi è Samus Aran? Cosa ne abbiamo mai saputo di questa cacciatrice di taglie bionda, al di là del fatto che fosse una cacciatrice di taglie e che fosse bionda? E sarà poi bionda naturale o si è tinta? Mistero. Un mistero che è sempre stato parte integrante del fascino dei Metroid tutti. Non serviva sapere altro, ed era bello incontrarsi di nuovo così, ogni tanto, come vecchi amici. Con il passaggio alla prima persona della trilogia Prime, avevi smesso anche di vederla, Samus. Il vostro era diventato ormai un amore puramente platonico, che si ridestava unicamente quando ti ricordavano che quella dentro la corazza era una donna: tornavi a vederne il viso solo quando si appannavano i vetri del visore, come le coppiette in macchina.
Ma se già l'inizio di Metroid Prime 3 ti aveva lasciato confuso, calandoti in mezzo ad altre persone che non erano i soliti pirati spaziali, in mezzo a tutta quella gente procacciata da un certo tarantini o tarantino con la quale non bastava più comunicare a colpi di laser, Metroid: Other M si sforza di fare molto peggio, raccontandoti per decine di minuti la rava, la fava e la lava del passato da cadetta della federazione galattica di Samus. Il suo rapporto con l'ufficiale nel quale scorgeva una figura paterna, il suo voler essere, giovane ribelle e un po' stronza, con quel caschetto biondo alla Rita Pavone.
Ma una volta lasciati finalmente alle spalle le chiacchiere, i distintivi e i marine spaziali (o quello che sono) che impiegano meno di quindici secondi a citare Aliens - Scontro Finale, dopo un'oretta fuffaldina si passa finalmente all'azione vera, alla solita ricerca condotta con il naso al livello del suolo delle solite porte da aprire con i soliti supermissili e colpi caricati e bombe e gigabombe. Solo che di solito qui c'è tutto, ma non c'è più nulla: è tutto così uguale ma anche tutto così perversamente diverso. Tiri via la patina di nuovo e ti accorgi di quanto marcio ci sia in Danimarca.
Il passaggio alla grafica in terza persona e l'adozione di una struttura di gioco a tratti fin troppo bidimensionale, intendiamoci, a te starebbero benissimo. Non fosse che il gioco ti costringe a passare dall'impugnatura orizzontale del wiicoso (tenuto sdraiato come una trota tra le mani, in modo da affidare al pollice sinistro la croce direzionale e a quello destro i pulsanti 1 e 2 per fuoco e salto) a quella canonica, per puntare oggetti sullo schermo con una visuale in soggettiva sulla falsariga di quella della trilogia precedente, leggerne i punti deboli e - attenzione al colpo di genio - scagliare i missili. Così, nel bel mezzo di uno scontro, dopo aver ammorbidito il carapace di un mostrillo qualsiasi a colpi di laser, devi cambiare impugnatura e passare alla prima persona per fargli gentile dono di una testata tattica riappacificatoria.
Solo che con la visuale in soggettiva non puoi muoverti. Il che significa che se non cambi DI NUOVO impugnatura al volo le prendi senza motivo, il che significa dov'è che sei finito, stronzo?, il che significa che ogni combattimento che non sia giocato sull'impiego della palla che balla per me balla bella, diventa fastidionoiavomitorabbia. Ma tanto, si sono detti quei quattro malati del Team Ninja, ci buttiamo dentro questa cosa pro-niubbi di missili ed energia ricaricabili senza impegno, comodamente a casa propria smanettando con il telecomando, e stiamo a posto con la coscienza. Checcefrega.
E ancora: la scansione di ogni singola forma di vita con il visore non era nei Prime un semplice orpello studiato da Retro Studios per i maniaci del collectaton. Era conoscere un mondo alieno un pezzo dopo l'altro, senza che a raccontartelo fossero un filmato spiegone o un ufficiale con l'aria impostata. Era imparare a dare del tu, un po' per volta, a un'ambientazione cui bastava una musica splendida e qualche effetto per farti sentire l'Indiana Jones dello spazio profondo.
E allora, se il contesto resta sempre quello, i nemici restano sempre quelli, Samus resta sempre quella, ma ti vengono a sfilare via da sotto ai piedi la voglia di combattere e quella di esplorare, cosa resta di Metroid?
Già, il Team Ninja: parliamone. Pur orfani dell'Alvaro Vitali del Giappone, il noto maniaco Itagaki, restano sempre quelli che hanno campato una vita di tette e ultraviolenza. E qui dell'ultraviolenza non c'è traccia, per dire. Nelle mani dello sviluppatore delle bocce rimbalzanti dei Dead or Alive, Metroid viene fuori evidentemente come un titolo molto più giapponese dei suoi predecessori dal cuore texano: nella storia stucchevole e superflua che deve per forza gettare un ponte tra Super Metroid e Metroid Fusion per GBA (senza che nessuno gliel'abbia chiesto), nei litigi con la telecamera che resta fissa anche quando non dovrebbe, nel voler dare a tutti i costi una dimensione drammatica a quella che per quattordici anni è stata semplicemente la più grande, tosta, determinata figlia di puttana della galassia.
Si dirà, ok, ma è chiaro che Nintendo ha voluto prendersi i suoi rischi con un'operazione del genere. Vero, ma l'azienda di Kyoto l'ha fatto fino a un certo punto. Perché se ti ostini a infilare il fantasma dei Prime in un gioco d'azione in terza persona completamente diverso, non lo fai per tenere buoni i fan della serie, ma per tentare un compromesso impossibile tra i desideri di questi ultimi e le esigenze dell'utenza casualona che spadroneggia sulla tua console. Intento seguendo il quale non puoi che ritrovarti alla fine incastrata in un vicolo stretto. Un vicolo stretto senza molte probabilità, ma con parecchi imprevisti.
La Aran in compagnia degli sceriffi delle stelle |
(no che non viene nessuno, tranquilla) |
Più che l'esercito della federazione galattica, l'esercito del surf |
A Copenaghen c'è anche del buono, va detto |
Sì, ci sono pure le fatality |
La comodissima visuale in soggettiva, apprezzabile solo dagli abbonati della Curva Scirea di Torino |
E allora, se il contesto resta sempre quello, i nemici restano sempre quelli, Samus resta sempre quella, ma ti vengono a sfilare via da sotto ai piedi la voglia di combattere e quella di esplorare, cosa resta di Metroid?
(le tette di Samus?) |
Sì, Fenice degli X-Men inclusa |
Tra pro e contro(lli), un altro titolo da podio della tua wishlist personale tramutato dalla prova del pad in un banalissimo giocodasettesudieci. Sadness and sorrow senza Naruto |
Si, è proprio così...
RispondiEliminaUna prima ora di gioco spaccamaroni, quasi alla kojima, una storia di cui se ne faceva volentieri ameno.
E poi quell'opzione FPS, gettata nella mischia senza un perchè, dato che i combattimenti si affrontano meglio con terza persona e qualche hadouken.
La svolta che avevo desiderato fin dal primo giorno a cui ho giocato a metroid si è avverata!
RispondiEliminaSono felicissimo!
@Anonimo
RispondiEliminaNon potevi desiderare un altro gioco?
LOL.
RispondiEliminaPer me voi state male di testa, questo è un gioco spettacolare, come sistema di gioco risulta il migliore incrocio tra vecchio stile e i prime
RispondiEliminalasciamo perdere prime
RispondiEliminanon ha paragoni.
non è che un gioco lo fa il team ninja e diventa bello.
Guardate che in prima persona si schivano i colpi...
RispondiEliminaNon so neanche se leggerai questo commento (arrivano notifiche per ogni commenti con blogger?)...cmq la penso ESATTAMENTE come te. Metroid Other M(erd) l'ho mollato dopo 3 ore al massimo, PEZZENTE è l'unico modo in cui lo definisco.
RispondiEliminai controlli sono pietosi, la prima persona ferma è un palo scilipoto noisappiamodove, ma soprattutto l'atmosfera generale è SBAGLIATA e la Samus frignona che vive in adorazione del auo vecchio superiore è la cosa + triste, avvilente, ed in definitva schifosamente maschilista che potessero fare. Skn contento di aver trovato qualcun altro che la penai come me perchè ovunque mi sono imbattuto in fan della terza ersona, che quindi elogiavano il gioco a gran voce, confondendo (ihmo) una visuale con un'atmosfera.