Mondiali 2010, Giappone - Paraguay in 9 foto: i samurai se la sono presa in saccoccia
Anche l'ultima squadra asiatica se ne torna a casa, e da quel che hai appena visto nella sintesi raia Giappone - Paraguay è stata una palla allucinante. Però il tuo solito pusher danese ti ha passato un po' di quelle fotine divertenti della gara: che dite, si fa un altro giro? Massì, dai. [...]
La fortissima nazionale paraguagia che ha dominato il girone dell'Italietta si presenta al Loftus Versfeld Stadium con il suo bel codazzo di deficienti. Va detto, a parziale giustificazione della squadra sudamericana, che dopo la sanguinosa Guerra della Triplice Alleanza in tutto il paese erano rimasti solo 28.000 maschi: darwinianamente, il meno che puoi aspettarti è che duecento anni più tardi a tifare per te ci siano solo dei pagliacci del genere.
Ti sei guardato bene finora, nel parlare della nazionale giapponese, dai soliti, triti accostamenti con il cartone di Holly e Benji. Eppure c'è indubbiamente qualcosa, nella spaccata assassina del brasiliano naturalizzato giapponese Marcus Tulio Tanaka che ricorda quantomeno gli epici duelli nel fango di Arrivano i Superboys.
Ecco, appunto. Perché un giapponese (in questo caso il guappo di cartone Keisuke Honda) non è culturalmente in grado di capire che se resti in piedi anziché azzardare un dropkick hai maggiori possibilità di contrastarlo, quel tiro.
O quest'altro omino, Yugo Nagatomo. Che dal basso del suo metro e dieci colpisce di testa qualunque cosa gli si trovi a portata di fronte: una palla, una nuca di McKinley, una tibia di Benetti. Sullo sfondo, l'allenatore dei biancorossi Gerardo Martino rivolge un pensiero a un collega tornato a casa. "Lippi suca", si intuisce dal labiale.
Il portierone Eiji Kawashima ha appena preso una botta nelle palle. Ma stoicamente digrigna i denti e resiste, preparandosi a una lotteria dei rigori in cui sceglierà sistematicamente ogni volta l'angolo sbagliato verso cui buttarsi.
Ci siamo: finiscono anche i tempi supplementari e i giocatori sono stremati. Due paraguagi muoiono, e vengono trascinati via dal campo senza dare troppo nell'occhio dai beccamorti della FIFA. Il loro capo Blatter, nel frattempo, sta ancora dando dello stronzo al telefono a Platini.
I giapponesi si caricano in vista dei calci di rigore, ripetendo lo stesso giochino cui si sono dedicati qualche giorno fa i giocatori del Ghana. Naturalmente, per ben noti limiti antropologici, qui la gara è a chi ce l'ha più piccolo.
Il dramma di un uomo: il numero 3 Yuichi Komano si dispera. Ha appena calciato sulla traversa il rigore che si rivelerà fatale per i giapponesi, ma soprattutto si è appena reso conto di avercelo più piccolo di tutta la squadra.
La fortissima nazionale paraguagia che ha dominato il girone dell'Italietta si presenta al Loftus Versfeld Stadium con il suo bel codazzo di deficienti. Va detto, a parziale giustificazione della squadra sudamericana, che dopo la sanguinosa Guerra della Triplice Alleanza in tutto il paese erano rimasti solo 28.000 maschi: darwinianamente, il meno che puoi aspettarti è che duecento anni più tardi a tifare per te ci siano solo dei pagliacci del genere.
Ti sei guardato bene finora, nel parlare della nazionale giapponese, dai soliti, triti accostamenti con il cartone di Holly e Benji. Eppure c'è indubbiamente qualcosa, nella spaccata assassina del brasiliano naturalizzato giapponese Marcus Tulio Tanaka che ricorda quantomeno gli epici duelli nel fango di Arrivano i Superboys.
Ecco, appunto. Perché un giapponese (in questo caso il guappo di cartone Keisuke Honda) non è culturalmente in grado di capire che se resti in piedi anziché azzardare un dropkick hai maggiori possibilità di contrastarlo, quel tiro.
O quest'altro omino, Yugo Nagatomo. Che dal basso del suo metro e dieci colpisce di testa qualunque cosa gli si trovi a portata di fronte: una palla, una nuca di McKinley, una tibia di Benetti. Sullo sfondo, l'allenatore dei biancorossi Gerardo Martino rivolge un pensiero a un collega tornato a casa. "Lippi suca", si intuisce dal labiale.
Il portierone Eiji Kawashima ha appena preso una botta nelle palle. Ma stoicamente digrigna i denti e resiste, preparandosi a una lotteria dei rigori in cui sceglierà sistematicamente ogni volta l'angolo sbagliato verso cui buttarsi.
Ci siamo: finiscono anche i tempi supplementari e i giocatori sono stremati. Due paraguagi muoiono, e vengono trascinati via dal campo senza dare troppo nell'occhio dai beccamorti della FIFA. Il loro capo Blatter, nel frattempo, sta ancora dando dello stronzo al telefono a Platini.
I giapponesi si caricano in vista dei calci di rigore, ripetendo lo stesso giochino cui si sono dedicati qualche giorno fa i giocatori del Ghana. Naturalmente, per ben noti limiti antropologici, qui la gara è a chi ce l'ha più piccolo.
Il dramma di un uomo: il numero 3 Yuichi Komano si dispera. Ha appena calciato sulla traversa il rigore che si rivelerà fatale per i giapponesi, ma soprattutto si è appena reso conto di avercelo più piccolo di tutta la squadra.
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