Star Wars e i Supplenti di Teras Kasi

C'è chi dice che il fatto stesso che Jar Jar Binks esista rappresenti il punto più basso mai raggiunto dall'universo espanso di Star Wars. C'è chi dice che no, il punto più imo sono quei romanzi con il Luke Skywalker passato al lato oscuro. Che un cattivo con il caschetto di Nino D'Angelo non s'era mai visto. C'è chi dice che l'amore oggi non ha più valore.Ma è facile dimenticare che l'orrore, il peggio del peggio tra tutte le puttanate targate Star Wars buttate sul mercato negli ultimi due decenni virgola cinque per ciulare i soldi a tutti i poveri cristi che ancora si emozionano a sentire quella dannata musica di John Williams, è uno e uno soltanto. Che tutte le cose improbabili e le trovate pinocchie e il pur urticante Jar Jar Binks scompaiono di fronte all'ardire di Star Wars: Masters of Teras Kasi. Trattasi di un picchiaduro dell'anno di nostro Signore 1997, in cui Luke, Leia, Han Solo, l'immancabile feticcio nerd Boba Fett ("Boba chi?!?"), e un altro paio di tizi (tra cui uno con la faccia da porco. Ma non nel senso che guarda le donne in modo viscido. No, c'ha proprio i tratti suini) si menano al rallentatore, nel contesto di una manciata di scenari inquietanti. Ora, il fatto più meraviglioso è che ci sono anche le armi, ma un colpo di spada laser in piena fronte fa meno male di un calcetto su un ginocchio. Veramente. Ma mai quanto fa male restare più di tre minuti davanti a questo Soul Blade alla amatriciana, un gioco progettato male, assemblato peggio, più inespressivo di Boba Fett ("Boba chi?!?").

In foto, il gioco in tutta la sua opacità. Campione di svariate classifiche dei titoli più dimmerda per la PSone, deve il suo nome a un'arte marziale fittizia, il Teras Kasi, consistente evidentemente nel prendere a calcetti, ceffoni e sputi gli avversari. Che poi "Teras Kasi" vorrebbe dire in finlandese pugno d'acciaio: come Tekken, ma senza Tekken.

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