L'amico fighetto di Giatrus il primo uomo

Su un MD diretto da Narita alla volta di Amsterdam, solo prima tappa dei tre voli in cui è frammentato il tuo rientro (e ancora ignaro che l'ultimo di questi non farai a tempo a prenderlo, e sarai di conseguenza costretto a uno sbattimento supplementare mica indifferente), scorri svogliato il generoso elenco di film messi a disposizione dalla KLM. Svogliato perché buona parte di quanto interessante c'è in lista (American Gangster, per dire) l'hai già visto su voli simili negli ultimi tempi. Ripieghi quindi, non senza i dovuti timori, su 10.000 AC. Pellicola che una qualche pulsione incomprensibile ti stava quasi trascinando a vedere al cinema, quando il nome inquietante di Emmerich sulla locandina ti aveva fortunatamente suggerito di lasciar perdere. Fortunatamente perché 10.000 AC è davvero qualcosa di inverecondo. E non solo per la storia, tristemente simile a quella di un Conan il Barbaro e di una qualsiasi puntata dell'A-Team, e spudoratamente uguale (ma proprio uguale, eh) a quella di Apocalypto (i cattivi, mascherati e a cavallo di neri destrieri per sembrare ancora più cattivi, arrivano, ti incaprettano e portano via mezza tribù, facendola marciare alla volta della loro peccaminosa città, e a te, guerriero con la faccia da guerriero da film, tocca l'eroico cimento di passare al fil di spada i felloni e recuperare i tuoi compagni di merenda e, in questo caso, più che altro la tua donna). E nemmeno solo per il fatto che veder recitare in inglese shakespeariano dei primitivi, dopo lo stesso Apocalypto, puzza di ridicolo e pretestuoso. E' tutto il resto, sostanzialmente, a far acqua. Che il remake ante litteram della favola di Androclo e il leone (protagonisti il personaggio principale e una tigre dai denti a sciabola), che la carica dei mammuth giù per il fianco della piramide, che il crogiuolo di popoli che al grido di United colors of benetton! si staglia contro il nemico comune non fa epico. Fa solo ridere. Per tacere di primitivi con tagli di barba da fighetto, sopracciglie sfoltite, nasi enginereed, corpi privi di un qualsivoglia segno della pur agitatissima vita condotta, scenari che passano in un giorno di cammino dalle cime himalayane alla piana del Serengeti, o giù di lì. Il film, a ogni modo, te lo sei sorbito fino alla fine, resistendo alla tentazione di lasciarti scivolare, le cuffie noise reduction ben calcate in testa, in un sonno rimediatore. Che hai sperato fino all'ultimo in un minimo di originalità, in un tocco amaro che allontanasse da uno scontato finale alla saccarina, in qualche scena finalmente potente. Inutile dire che, prima dei titoli di coda, nulla di tutto questo è giunto in tuo soccorso.

In video, e in attesa di un film che scimmiotti anche Vicky il Vickingo, la sigla del mitico Giatrus. La cui vita era scandita sostanzialmente dalle stesse priorità di quelle degli slanciati protagonisti del film di Emmerich: sopravvivere, cacciare i mammuth, sopravvivere, magnarseli e sì, farsi una pennica con il moccolo gonfiabile al naso.

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