Cosplay, perché? Ma soprattutto, per chi?


Settembre 2009. Periferia estrema di Tokyo.
Fendi la bolgia che popola il Makuhari Messe per il TGS, alla disperata ricerca di un bagno. E quando finalmente ne trovi uno, la scena che ti si presenta davanti è piuttosto inquietante: sulla sinistra, per il bagno degli uomini, due persone in fila. Sulla destra, per quello delle donne, settecentoventisei ragazzine nippe. Tutte con il trolley. Non fai a tempo a chiederti cosa cazzo si portino dietro queste giapponesi per rifarsi il trucco o quanto grandi possano mai essere le confezioni di nuveniapòchetsicuraevai in Giappone, che vedi balenare da una borsa una parrucca da lapdancer. Solo allora realizzi che l'esercito delle 726 donnine al cesso ci sta andando per cambiarsi...

Cosplayer. Gente che spende soldi, tempo e pazienza per agghindarsi come i peggiori protagonisti di anime, videogiochi e manga. Giorni-mesi-anni di lavoro per poi esporsi, orgogliosi e felici, finalmente al pubblico ludibrio. Per farsi scattare intere SD di foto upskirt da pervertiti messi ancora peggio di loro. Ma chi glielo fa fare? ti chiedi. Ma non gli farà freddo? pensi. Ma non era meglio buttarsi direttamente sulle droghe pesanti e via? E, soprattutto, se una al bagno ci doveva andare davvero? Due ore di fila lo stesso?

In foto: dall'alto di un cazzo (e pure con una vena di ipocrisia piuttosto spinta. Che ricordiamo tutti, guarda, i tuoi trascorsi nipponici con addosso una giacca di Char. Anche se non era tua. Anche se era stata comprata in un negozio e non cucita in una cameretta. Anche se l'hai tenuta su giusto il tempo di una foto), non ti lasci mai sfuggire occasione per prendere questa povera massa di mentecatti per il culo. Cosa manca? Una bella carrellata di foto condite da didascalie sarcastiche? Ah, sì, certo.

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