Ghost in the Shell 2: Innocence

Ghost in the Shell 2 Innocence poster recensione
Dopo aver parlato del primo Ghost in the Shell, nella sua versione remix 2.0 con quelle robe inutili, ci andiamo a occupare oggi del suo seguito. A.D. 2004: nove anni dopo il primo film, Mamoru Oshii porta finalmente a compimento il sequel su cui sta lavorando da quasi un lustro. In Giappone, però, il film si intitola semplicemente Innocence (イノセンス, Inosensu), è solo in Gaijinlandia che diventa Ghost in the Shell 2: Innocence. Perché a Oshii stanno sui cabbasisi i seguiti hollywoodiani e vuole confezionare una storia che, pur essendo cronologicamente successiva agli eventi del primo Ghost in the Shell, sia perfettamente fruibile a sé e non abbia i tratti tipici del sequel. Segue produzione faraonica con budget da 20 milioni di petroldollari, e siccome Production I.G. non c'aveva tutti questi yen, hanno bussato alle porte dello Studio Ghibli chiedendo: "Oh, vi va di fare una coproduzione?". E quelli prima hanno fatto finta di non essere in casa, come quando ti citofonano i tizi della folletto, poi hanno risposto "Occhei" [...]
Come già avvenuto per il primo film, Oshii parte dal manga di Shirow - nella fattispecie dal sesto capitolo di Ghost in the Shell, Robot Rondo - e ne prende solo quello che gli interessa, ossia lo spunto iniziale e qualche elemento del finale. Per il resto va a ruota libera, infilandoci dentro tutta la filosofia e la religione che gli pare, dal Vecchio Testamento a Cartesio, da Confucio a Milton. Shirow, del resto, gli aveva dato un'altra volta carta bianca. Fai tu e fai tutto, gli aveva detto, in ossequio a un antico adagio nippocalabrese.
Il Maggiore Kusanagi non c'è più. Non come la conoscevamo, almeno. Così, quando scoppia questo caso delle ginoidi che impazziscono e uccidono i loro padroni, tocca a Batou e a Togusa, che porta in testa ancora quel mullet orribile da mafioso giapponese anni 90, indagare. Nel manga, Batou dice che questa "rivolta dei robot sembra uscita da un B-movie di fantascienza", ma nella versione di Oshii le ginoidi diventano dei robot da compagnia, in quel senso, e tutto fa immediatamente tanto Blade Runner
Si parte dalle atmosfere noir dell'indagine, in una città che è cambiata rispetto al primo film. Se lì il regista aveva abbandonato la metropoli giapponese di Shirow per piazzare la vicenda del Burattinaio in una Hong Kong neanche troppo lontana da quella attuale, supergrattacieli sullo sfondo a parte, questa volta si sente subito l'influenza di New York City. Durante il lungo tour in giro per il pianeta a caccia di materiale, Oshii finisce nella Grande Mela: è lì per una mostra sulle disturbanti bambole del tedesco Hans Bellmer, che fungeranno da modello per le ginoidi del film, ma finisce inevitabilmente per restare stregato da quella "megalopoli che sembrava un enorme tempio". 
Torniamo alle indagini, alle atmosfere noir, esacerbate dai prolungati onanismi mentali di Batou (cyberpugnette?) sul concetto di umanità. Batou vive da solo con il suo cane, ispirato al Bassett Hound di Oshii, Gabriel, presenza costante in tutti i film del regista. Ma sarà un cane vero o clonato? E la famiglia di Togusa sarà reale, o un pallido impianto mnemonico, come quella del netturbino nel primo film? Gli androidi sognano pecore elettriche? E nei loro incubi?
Come ogni buon noir che si rispetti, arriva il momento di far cantare le armi, e il Batou amico degli animali diventa macchina di morte, Terminator con la voce italiana di Terminator (vedi i casi della vita). Ma, insieme all'assalto finale alla nave della Locus Solus, è uno dei pochissimi momenti action della pellicola. 
La vicenda si sposta in un'altra città, dove il coretto nippobulgaro accompagna un'altra lunga sequenza su un corso d'acqua. Nel primo GitS si trattava del barcone da cui il Maggiore vedeva uno dei suoi doppi, il che faceva virare il suo umore sul nero pece, qui assistiamo invece a un'incredibile parata di carnevale su un fiume, una carrellata di carri allegorici bellissimi, per realizzare la quale, leggi sul libretto che accompagna il raggioblù italiano, ci sono voluti due anni. Due. Anni. Meico, come dicono a Osaka.
Dopo aver ammirato dall'alto la versione sci-fi del Duomo di Milano, ed esser atterrati in questa città asiatica gotica, Batou e Togusa si ritrovano invischiati in una sorta di trappola alla Inception, una matrioska di realtà virtuale dentro un'illusione informatica infilata dentro un artificio artificiale, che al mercato mio padre comprò. Fortuna che Batou può contare sul suo angelo custode per venirne fuori, prima che il ritmo rallenti fino a diventare uno slideshow di fotografie. Per quanto ti riguarda, e per quanto strano possa suonare, questa è, al contempo, una delle scene più affascinanti e meno forti del film. Affascinante per il coraggio di tentare una cosa del genere, meno forte perché all'ennesima citazione di Confucio con cui è stata zavorrata ti è apparso il fantasma di Ten di SuperGulp con il suo "Dice il saggio...". E l'ultimo chiuda lo shell. Anche il primo GitS era pieno di citazioni esplicite e dello stesso tenore, si dirà. Verissimo, ma forse dosate meglio lungo il suo minutaggio, senza colli di bottiglia in cui è stato infilato troppo tutto insieme.
Il citato attacco alla nave della corporation villanzona, raggiunta con l'ennesimo veicolo dai tratti animaleschi (un mini sottomarino-delfino, che seguiva l'elicottero-rapace di poco prima) chiamato a mettersi in mostra in un mondo privo per qualche ragione dei fujikoma, chiude la pellicola con l'intervento di quell'angelo custode. La soluzione del noir, le perplessità di un Batou ormai più interessato alle macchine che agli esseri viventi in carne e ossa. Se nel manga, salvate le bambine al centro di questa brutta storia di duplicazione dei ghost, Batou si incazzava per le vittime umane provocate, il suo gemello diverso sfornato da Oshii piange le povere ginoidi che ci sono andate di mezzo. 
Per allontanarsi da quel maledetto "effetto Matrix", ottenuto da Matrix
copiando il primo Ghost in the Shell, Oshii ha sposato il giallo, utilizzandolo
per tutte le schermate di computer e macchinari. Sopra: la signora in giallo /risateregistrate
Del resto in entrambi i film non c'è spazio per le battute, le note ironiche di Shirow e le faccette buffe del manga, ma solo per la disperazione esistenzialista di macchine che non hanno che un vago ricordo del proprio passato come esseri umani. Batou si dispiace per le bambole andate distrutte - dopo averne falciate lui stesso quel paio di dozzine abbondanti -, bambole identiche a quella abitata il tempo necessario a cavarlo dai casini dal suo angelo custode, bambola tra le bambole inquietanti di Bellmer e di Oshii. La colpa, scava scava, è sempre di quella stronza di Barbie.
Non ti viene facile esprimere un giudizio preciso su questo film. Meno iconico, per forza di cose, del suo predecessore, ha tanti spunti molto interessanti e dei momenti visivamente eccezionali, così come degli snodi del canovaccio tutt'altro che semplici o scontati. Questo compensa le parti in cui la riflessione filosoficospiritualeoldage appesantisce un attimo la tara zebedeica? E alcune impeccabili soluzioni di charadesign (la banda di mafiosi, per dire) e la qualità delle animazioni pareggiano quelle scene in cui non ti piace affatto come Batou e Togusa siano stati disegnati? A ognuno, con la sua autocoscienza o i suoi innesti cyber-neurali, la sua risposta. Intanto ricordate che oggi, undici anni dopo, la Grande Rete del fu Maggiore Kusanagi, quella in cui ognuno può diventare quello che vuole, ce l'avete in questo istante davanti agli occhi. Solo con molto meno giallo.

Ghost in the Shell 2: Innocence
recensito da DocManhattan il 2015-08-17
Rating: 3,5
19 

Commenti

  1. recensione molto bella, molto equilibrata. concordo. io però - affascinato tantissimo dalla qualità assurda dell'animazione - non sono riuscito a considerarlo bello. tutti quei pipponi filosofici che paradossalmente fanno molto shirow m'hanno appesantito troppo. stessa cosa accaduta con re:cyborg 009 qualche anno dopo: grafica impressionante costellata di considerazioni pesantone. poi è un'opinione personale, s'intende.

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    1. Anche io dissi peste e corna di Re:Cyborg009 quando uscì. Poi, dopo aver letto il manga originale di Ishinomori, nonché quello che c'è di disponibile del manga di questo film, l'ho capito un pochino di più. Capito, non apprezzato...

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  2. Quando si tratta della I.G. per la tecnica, c'è solo da levarsi tanto di Cappella. Pare che anche il nuovo film Arise-based (che non ho ancora visto purtroppo) sia da mascelle alla predator. Per il resto concordo, anzi secondo me è un filo troppo prolisso. Ci vedo un inquietante similitudine con Man Machine Interface.

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    1. oh guarda, sulla production IG concordo pienamente. ogni tanto riguardo jin roh e blood the last vampire e piango perchè sono robe perfettissime. ma pure FLCL e dead leaves per dire.

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  3. Uno dei miei film preferiti di tutti i tempi.
    Ne posseggo 2 versioni diverse in raggioblu JAP region A, l'edizione raggioblu ITA, vari DVD.
    L'audio (originale) è stato realizzato negli Skywalker Sound, invito chiunque abbia un impianto HT (vero) ad ascoltarlo con attenzione, è ad oggi un riferimento assoluto per dinamica, ambienza, realismo.
    Nella prima distribuzione italiana era stato chiamato "L'attacco dei Cyborg", qualcuno vuole parlarne? io evito per evitare di offendere l'imb..... il tipo che aveva avuto questa brillante trovata di Marketing.
    Credo che il ragionamento sarà stato una cosa del tipo "Innocence? (da leggere come si scrive ovviamente), ma chi se lo va a vedere, mettici una cosa figa tipo.... i Cyborg che uccidono!)

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    1. "Ma non sono cyborg!"
      "E stirazzi! Te metticelo uguale"

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  4. Visto al cinrma suo tempo, mi ha lasciato molto perplesso, oserei dire scontento. Troppo confusonario, nei tentativi di staccarsi-ma-non-troppo dal predecessore e, almeno per me, troppa CGI buttata lì senza un vero motivo. Dovessi esprimermi in presidentesse, ne darei 2.

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  5. Le recensioni di GitS e di questo sequel-ma-non-troppo mi impongono di recuperare la colpevole mancata visione di questi due film e possibilmente, anche il manga. Vediamo cosa il portafoglio permette... :)

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  6. A me non è piaciuto affatto, l'ho trovato inutilmente pesante e lento (come tutti, maledizione, i film di Oshii)..
    Tuttavia merita d'essere visto se non altro per l'impeccabile realizzazione tecnica.

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  7. Doc, un giorno ti invierò, solo per uso personale, una foto della mia copiosa collezione di vinili, ciddí, divvudí, accadidivvudí, laserdisc, raggioblu etc di Blade Runner, tu potrai comprendere ed apprezzare.
    Magari anche della collezione Ghibli/Hayao/Isao/Joe....

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  8. All'epoca rimasi molto deluso.. Mi aspettavo qualcosa di più

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  9. Devo rivederlo, la prima e unica volta che l'ho visto non mi è piaciuto. Forse troppo alto per me e troppo pieno di pippe mentali.
    Non ho amato anche la soluzione di introdurre il maggiore che ciccia fuori a mettere tutto a posto.

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  10. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  12. Film che è uguale o superiore al precedente: Oshii se frega di fare un sequel diretto del primo film come Hollywood avrebbe voluto (o docet). Ma amplifica le riflessioni filoofiche del primo film. Lo vedo molto in linea anche con Avalon.
    Visto alla prima uscita estiva in Italia ormai quasi dieci anni fa in una multisala quasi deserta: eravamo credo in dieci.
    E sempre notevoli le musiche di Kenji Kawai.
    Questo, come il primo, dovrò rivedermelo in giapponese sottotitolato.

    Su wikipedia Italia è ancora intitolato "Ghost in the Shell - L'attacco dei cyborg".....

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  13. Film bello, ma che non riesco ad apprezzare appieno (forse per la mancanza del maggiore per la quasi totalità delle scene). Sicuramente è molto evocativo dal punto di vista visivo anche se, concordando col doc, la parte più intensa visivamente (tutta la scena del viaggio mentale di batou e togusa) è quella meno forte dal punto di vista della narrativa.
    Ora attendiamo il tuo commento alle serie Stand Alone Complex.

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  14. Ho googlato Hans Bellmer ed è appena diventato uno dei miei artisti preferiti: erano gli anni '30 e lui aveva già inventato l'estetica disturbante di Marilyn Manson e Tsutomu Nihei...

    Non sono riuscito ad inserire commenti al post sul primo film (in ferie la connessione c'è e non c'è...): la città di GitS è secondo me ispirata alla città di Kowloon (o Caolun), nella regione di Hong Kong, che è stata rasa al suolo dal governo negli anni 90. Sembra un posto partorito da un incubo cyberpunk, ed è esistita davvero...

    http://www.meteoweb.eu/2013/09/cina-la-citta-piu-popolosa-del-mondo-demolita-21-anni-fa-ecco-cosera-kowloon-walled-city-foto/226862/

    A Kowloon ci hanno ambientato quella bellissima tamarrata di "Senza esclusione di colpi" ("Questa è la spada di Katana" "Katana chi? Tuo zio?" "Scusa, in inglese dicevano "katana sword" e io di cultura giapponese non so una mazza...").

    Il primo Ghost in the Shell è imho uno dei cartoni animati più belli di sempre, semplicemente perfetto per ritmo, trama, spunti filosofici. Questo secondo capitolo non lo ricordo molto perchè l'ho visto una volta sola anni fa, ma mi piacque parecchio. Non l'ho trovato tuttavia bello come il primo: un po' meno equilibrato, per tutto quello che ha scritto il Doc, in più non mi aveva convinto la computer grafica che a mio avviso non si amalgamava bene con i disegni 2D (vd l'immagine con il carro a forma di elefante 3D e le persone che sembrano sagome di cartone). A parte questi peccati veniali un ottimo film.

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  15. Per me questo sequel/non sequel è sempre risultato troppo pesante. Bello, belissimo da vedere, pregevole in modi assurdi, ma non riusciva a scorrere (sempre per me).

    Da questo punto di vista ho apprezzato molto di più le serie successive (sempre dello Studio IG) Stand Alone Complex che forse catturavano un po' meglio lo stile di Shirow, sì carico di cyberpugnette, ma con anche un lato più umano e scanzonato a fare da contrappunto.

    Film comunque imprescindibile da vedere per gli amanti del genere. ;)

    Cheers

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  16. E' un film di cui la tecnica non si discute.
    E' infarcito,ma di spunti ,per come la vedo io . Fortunatamente non ne avverto la pesantezza,ma anzi è il motivo per vederlo un'altra volta.
    Da vedere con il mood giusto,è lì per una buona birra, e catalizzare i pensieri in un flusso , una volta tanto coerente .

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