Badass Bastards: The Lost Platoon 2, parte 9

Con giusto qualche era geologica di ritardo, ecco il nono capitolo di Badass Bastards. Ti sentivi enormemente in colpa: nei confronti di tutti gli antristi che ti chiedevano che diablo di fine avesse fatto, e nei confronti di Francesco Codolo, la cui flippomeravigliosa copertina che vedete qui sopra giaceva a prender polvere di pixel in un cassettino del discoduro da un paio di mesi. Perciò facciamo che te la cavi con un grazie enorme a Francesco e a tutti i sostenitori di Badass Bastards e di Wendy Khane, il personaggio dei videogiochi inesistente e morto suicida di maggior successo di sempre. Detto che chi si è sintonizzato sulle antrofrequenze da poco può trovare qui capitoli precedenti, diresti che si può iniziare. Andiamo. 

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     Domenica sera. 
    
    Corre come se non ci fosse un domani. Corre, taglia l'angolo, si inzacchera tutti i pantaloni prendendo in pieno una pozzanghera, ma riesce a fermare il taxi verde e bianco prima che il tassista dia gas e si perda nelle luci là in fondo. Avrà dimenticato il portafogli sul sedile posteriore? Boh. Il tassista scende e si scusa, gesticolano, poi entrambi accennano un inchino. Guardi il mondo scorrere sotto l'albergo dalla finestra della tua stanza. Nuvoloni neri cozzano uno contro l'altro, piove senza sosta su Tokyo da giorni. [...]

    Non ti eri mai chiesto perché usassero quegli ombrellini trasparenti, ma basta starsene qui dieci minuti per capirlo: per vedere chi hai davanti. Per cercare di non andarci a sbattere contro. Quando però succede, nessuno si ferma. Tirano dritti, non c'è tempo per i mezzi inchini. Ti è sempre piaciuta Shinjuku, così come ti è sempre piaciuta questa città. Se cresci nutrito a cartoni animati e videogiochi, è il minimo. Sulla TV c'è un qualche special del telegiornale con le scritte giganti fucsia, ma gli ooooh registrati non si sentono perché hai tolto l'audio. La giornalista è molto carina, con i capelli scalati del maggiore Kusanagi: Pietro Torretta avrebbe apprezzato. Solo che al Tokyo Game Show Pietro non è venuto. Nessuno aveva il coraggio di affrontare quello che vi aspettava. Non lo avevi neanche tu. 
Qualcosa più di 48 ore fa hai dovuto mandare giù una delle più grandi umiliazioni della tua vita. Solo un giorno dopo, ed eri così felice che avresti voluto correre laggiù in strada e abbracciare tutti. Fa niente se hai lasciato il portafogli da qualche parte, distinto salaryman di quarant'anni con l'aria confusa. Il mondo è bello, fottitene.

   Sorridi, guardi i nuvoloni illuminati di rosso dalle prime luci sulla cima dei grattacieli e i treni che sfilano veloci sulle sopraelevate, come in un diorama super Perfect Grade assemblato da un Dio perfezionista. Ti viene in mente un brano che ti piace molto. Poggi la mano davanti a te e la fede che porti al dito fa tac contro il vetro. Ma non vuoi fare rumore. Non adesso.

  Due giorni prima, tardo pomeriggio.
   Ti ringraziano. Ti ringraziano, accompagnando quell'arigatoo gozaimasta con il solito accenno d'inchino. I giapponesi sono fatti così, e i giovani giornalisti che lavorano per riviste come Famitsu e siti come Supaida non fanno eccezione: gli hai fatto provare una della demo più brutte e stupide su cui abbiano mai posato gli occhi, e loro ti ringraziano. 
   Sei solo davanti alla micropostazione che la Multiversal ha ritagliato per il vostro gioco. Una singola console, un pad, i cordoncini per indirizzare una fila inesistente. I pochi giornalisti occidentali presenti non sono stati tanto teneri. Un ciccione con la maglietta dei Bad Religion scolorita ha posato il pad e ti ha chiesto cosa fosse quella merda. Che cazzo di fine avesse fatto quel gran gioco che era stato il primo Badass Bastards. Non hai saputo rispondergli niente, ma forse dalla tua faccia ha capito. Un altro, un ragazzo inglese che sei convinto di aver già visto da qualche parte, aveva una borsa a tracolla di Wendy. La Wendy in posa sul tetrapode da combattimento di Cressida, ritratta sulla cover della limited edition di Badass Bastards. È arrivato, si è guardato intorno, ha fissato per qualche secondo con aria perplessa quel logo, FEARLESS Bastards, mezzo sepolto sotto la spada gigante del cartonato di un altro gioco. Poi ha fissato te, poi lo schermo, poi di nuovo te. E poi è andato via. 
   Torni dal Makuhari Messe di Chiba con l'aria di uno a cui hanno appena ucciso il cane. Quello che doveva essere il TUO gioco era diventato altro. Un altro terrificante, ma nel senso sbagliato del termine. Il treno diretto a Shinjuku è carico di reduci dalla fiera, con le bustone giganti piene di ventaglietti e posterini in omaggio. Tutto il vagone è tappezzato di pubblicità di nuove uscite per 3DS e PS3, e alcuni sono giochi horror. Il vostro, invece, non lo è più.
   Quattro settimane fa, l'Unione Europea ha varato nuove leggi molto restrittive per il mercato dei videogiochi. Il nuovo clima di tensione internazionale, le pressioni della Germania, un super MOIGE segreto con agganci di un certo livello in Francia, qualcosa del genere. Vallo a sapere. Dalla mattina alla sera, non era più possibile sviluppare giochi horror in Europa. Avreste potuto vendere il vostro solo in Giappone e negli USA, volendolo, ma addio finanziamenti. E la New Life Interactive non era in grado di volerlo: il gioco di terrore suggerito, l'horror psicologico che quella testa di cazzo di Ferri vi aveva fatto convertire in un gioco splatter, doveva diventare immediatamente un'avventura spaziale, o la Multiversal vi avrebbe staccato la spina. Metà del lavoro è finita nel cesso. Di nuovo. Ma, quel che era peggio, l'altra metà non sarebbe piaciuta a nessuno. Non a voi, non alla Multiversal, non al pubblico. Non. A. Un. Cazzo. Di. Nessuno.
   Prendi un paio di gelati al combini sotto l'albergo e sali in camera: apri il computer e trovi una mail di Ferri, in triplice copia. Oggetto: Cosa cazzo sta succedendo? Indovina, genio. Cerchi di capire quanto si sia allargata la macchia di catrame nelle ultime ore: su Neogaf non si parla d'altro che di FEARLESS Bastards. Quattro pagine e quasi 200 commenti di gif animate. Volevi creare un gioco che colpisse le persone, che le facesse piangere, e pare tu ci sia riuscito. 
   "WTF". "ROTFL". "LULZ". 
   Le stai facendo piangere dalle risate.  

   Un giorno prima, sabato notte.
   L'unico localino che trovate ancora aperto è un buco di kaitensushi, i sushi bar con il nastro trasportatore. Si mangia in piedi, venti persone in dieci metri quadrati. Vi stringete accanto a un piccolo branco di salaryman costretti a una serie di brindisi infinita con birra da tre gradi dal loro capo. Vi notano, vogliono fare delle foto con voi, ridono come ragazzini. Quando riuscite ad afferrare gli unici piattini di nigiri non fagocitati dalla truppa di impiegati vestiti come iene da discount, ti rilassi finalmente un attimo e racconti com'è andata.
   Racconti come, nel caos indescrivibile del primo giorno di apertura al pubblico dopo i due riservati agli addetti ai lavori, FEARLESS Bastards continuasse ad essere l'unico gioco del faraonico stand della Multiversal che nessuno voleva provare. Si avvicinavano, guardavano girare l'attract mode della demo, andavano via. Tutti, tranne uno. Questo signore giapponese, un ex dipendente di Capcom, che tu avevi conosciuto anni prima, in una fiera in America. Questo signore giapponese dall'aria mite che alla fine, anche se ne dimostrava almeno dieci in più, aveva solo quarant'anni e aveva messo in piedi una start-up, una nuova software house specializzata in survival horror. Questo signore giapponese dall'aria mite e con un sorriso contagioso che considerava il primo Badass Bastards uno dei giochi più belli di sempre, e che sarebbe stato felice di sviluppare titoli come quello.

   Aveva cercato su Linkedin il tuo profilo, visto che nei crediti risultavi pur sempre il lead designer del gioco, al posto di quel coglione di Ferri. E poi è venuto a cercarti lì, abbandonato com'eri in quello stand davanti alla postazione deserta, per dirti che voleva offrirti un posto. Così, di getto. Buongiorno, mi chiamo Nakamura, vengo per proporle un lavoro.
   «E tu cos'hai risposto?», ti chiede.
   Così racconti anche il resto, di come hai chiesto alla PR capo di Multiversal se potevi lasciare la postazione e quella ti ha guardato come per dirti Sai che mi frega, quel gioco non importa a nessuno. Di come siete andati in un ristorante là fuori, vicino al Makuhari Messe, e quel signore giapponese all'aria mite e con un sorriso contagioso ti ha stupito. Perché vuole fare i giochi che vuoi fare tu. Vuole una nuova Wendy, ma dieci volte migliore di Wendy.
   Uscite e fuori ha appena ripreso a venir giù il diluvio. Siete senza ombrello, e a inzupparvi dalla testa ai piedi come i testimonial cretini di un profumo ci mettete molto meno di tre secondi. Vi fermate sotto una pensilina per aspettare che smetta, ma non smette. 
   «E allora?», ti chiede.
   «Allora cosa?».
   «Allora cosa vuoi fare?» ti incalza nel suo inglese sexy.
   «Allora potrei trasferirmi qui. Non sarebbe bello?». Lo dici, e lei allarga di nuovo il sorriso da piccola furbetta.

   Domenica sera
   Cosa c'è di più rilassante dei lampi? Se li guardi in una stanza dai vetri insonorizzati, spogliati della loro coda di tuoni, sono solo fuochi d'artificio di classe tripla A. Senti un fruscio alle tue spalle: hai fatto rumore con quel cacchio di anello, lo sapevi. Nel buio della stanza fa andare di nuovo Paradise Circus sulle casse della radiosveglia collegata al suo iPhone.
   Ha ancora addosso la tua camicia; ci ha dormito dentro, mischiando il suo odore al tuo. 
   Ti abbraccia da dietro, in punta di piedi, e senti naso e frangetta poggiarsi su una spalla. Ti giri a guardarla. 
   Quando hai sedici anni, la prima volta che ti innamori davvero, pensi che sia il sentimento più forte del mondo. Di essere il solo a capire cosa si prova. Dieci anni e una mezza dozzina di storie dopo, capisci quanto sei stato coglione, e ti convinci che amare una persona vuol dire solo starci bene assieme. Che le follie son cose da ragazzini, poi passano: un po' perché capisci come funziona il mondo, un po' perché ti indurisci dentro. Stai bene con una persona, ma è stare bene in una gabbia ogni giorno più stretta attorno, perché se quelle emozioni non puoi provarle più, a che serve tutto il resto? A che servono una macchina, un lavoro, i soldi, se non puoi essere più un povero stronzo innamorato come lo eri dieci anni prima? Ed è quello che pensano tutti, anche se non te lo vengono a dire. È il modo pacato e sbiadito con cui tanti vivono le proprie convivenze e i loro matrimoni, anche se si sentono una pallina da tennis nel petto quando rivedono la loro prima ragazza al supermercato. 
   Non succede più, ti dicono. Tanto, dopo, non succede più. 
   Solo che a te è successo. E allora anche se non ne hai il coraggio o il diritto, anche se non si può, anche se è tutto sbagliato, abbracci forte Phoebe e glielo chiedi.

[CONTINUA]
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Commenti

  1. ewwiwa, se ne sentiva la mancamza :) complimenti ancora per l'idea di rendere interattivi i capitoli coi video di brani da mettere in sottofondo. si attende con ansia la prossima parte

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  2. Bè, era ora.
    Non solo per l'attesa, ma anche per il finale Cliff-hanger bastardissimo del precedente capitolo, con il quale ci hai lasciato in sospeso. :-)

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  3. Grazie a voi, ragazzi, per la pazienza.
    Coraggio, ce l'abbiamo quasi fatta :)

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  4. Grazie Doc...

    Non c'è altro d dire...

    <3

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  5. Flipposissimo.
    E' opportuno farti una scontatissima richiesta sull'altro romanzo a puntate? :-)

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  6. La devo ancora leggere perché ora sono a lavoro, ma volevo dire solo una cosa:
    Dajeeee!!!

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  7. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  8. oh, adesso però non farci aspettare altri 2 mesi, eh!

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  9. Flipposissimo! Ora però ho proprio voglia di sapere come andrà a finire!

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  10. Grazie ma la sola colonna sonora che immaginavo per questo capitolo è questa:

    http://www.youtube.com/watch?v=p71MTnhNRLM

    Adesso mi devo mettere a lavore di buzzo buono e non perdere una singola goccia del pieno di energie che ho fatto leggendomi questo pezzo.

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  11. Risposte
    1. Grazie Marco. Tienti pronto, ché appena finiamo vengo a romperti le scatole per la versione ebook ;)

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  12. Dopo questo finale, nel bagagliaio della prossima macchina dei fighetto che ti mandano ci trovi pure il premio Strega. Con bottiglia di liquore omonimo, in edizione limitata, gusto fanta sgasata.

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  13. È passato tanto di quel tempo che dovrò fare un ripassone prima di leggere il nuovo episodio, quindi mi sa che slitta al weekend xD

    Piuttosto, l'annunciato e poi disdetto appuntamento con l'AIP è ancora in programma? Visto l'impegno che serve, anche da lettore, si riesce a piazzarlo in un weekend anziché in mezzo alla settimana?

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    1. Come ho scritto sui socialcosi la settimana scorsa, ci sono problemi teNNici. Il sistema di numerazione dei commenti e altro. Siccome ne capisco pochissimo (pochissimo = quasi zero) ho chiesto una mano agli antristi smanettoni. Ci si sta lavorando. Appena risolviamo, si riparte con l'AIP. Magari anche a cavallo di un week-end, perché no.

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    2. Roger. M'ero perso il passaggio facebookko.
      Intanto mi cerco un modo per farmi arrivare direttamente i post dei romanzi automaticamente sul kindle ;)

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  14. Ti avevo già spiegato qualche puntata prima come mai sono così affezionato a questa storia. Ancora una volta grazie

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  15. Beh, molto atteso e pure molto bello. Copertina compresa. Ora mi chiedo solo, continua? Ma questo sembra un gran bel finale.

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    1. Yep, continua. Mancano tre puntate alla fine: si chiuderà con il cap. 12

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  16. Io lo adoro. Lo.Adoro.
    Vaffancuore, domani salvo tutto, smonto l'hard disk e lo metto sulla libreria del trionfo: Tolkien, Gaiman, ... Apreda. Anche se ne manca ancora un pezzo.

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  17. Doc...avremo una versione a fumetti? Ci stai pensando?

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    1. Del racconto vero e proprio no: troppi monologhi, verrebbe una roba staticissima. Se e quando Francesco (il Codolo) vorrà, mi piacerebbe raccontare la storia di Wendy. Abbiamo già tutte queste copertine pronte ;)

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  18. grande Doc, mi unisco al coro dei grazie!!!

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  19. Sempre più flippotrippico, doc. Quando finisce vogliamo un bel .mobi con la copertina di Francesco (che merita la sua dose di complimenti per queste illustrazioni fighissime)

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  20. che dire...lo aspettavo da tanto e avevo quasi perso le speranze e invece me me esci a sorpresa con un capitolo così, con un sapore di rivincita e di ottimismo. Un po' lost in translation che non guasta...bravo!

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  21. ma la storia di Wendy ha un finale tremendo! Veramente vuoi farci affezionare a lei sapendo che fine farà?

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  22. Che dire si è fatto attendere (forse il giusto, forse troppo) questo nono capitolo e come al solito non delude le aspettative!!

    Bella Doc e Grazie ^_^

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